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Marziano
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MessaggioInviato: 14/09/2012, 16:05 
Quello che mi piace di Stevenson è l'onestà intellettuale con cui presenta il proprio lavoro; non dice che si tratta di fatti che provano incontestabilmente la realtà della reincarnazione, ma si limita a dire che si tratta di indizi a favore di questa visione delle cose, indizi di cui non si può non tenere conto nell'esaminare la questione.
La cosa notevole è che in molti dei casi raccolti da Stevenson, i casi cioè di bambini che ricorderebbero di una vita precedente, si tratterebbe di una morte subitanea ed inaspettata, il che è perfettamente in linea con le numerose tradizioni che vogliono che la vita precedente (non necessariamente umana) si dimenticherebbe subito dopo la nascita, anche a causa del trauma della stessa, mentre invece in caso di morte inaspettata sarebbe più probabile che "l'impronta" del fatto si imprima con più forza e conduca ad una nuova rinascita umana proprio in virtù del fatto che la "sete" per l'esistenza umana sarebbe rimasta inaspettatamente inappagata nella vita precedente.

Del resto per il buddhismo la rinascita umana è cosa rara, raro e prezioso è rinascere uomini; c'era un immagine che paragonava la probabilità di ottenere una rinascita umana a quella che una tartaruga avrebbe di affiorare con la testa in un cerchio di legno galleggiante nell'immensità dell'oceano. Secondo il buddhismo sarebbe più probabile una rinascita in altri regni, in genere inferiori a quello umano.



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MessaggioInviato: 23/02/2014, 15:48 
Le prove della reincarnazione secondo Ian Stevenson

“Ian Stevenson” – professore di psichiatria presso l’Università della Virginia – si dedica da molti anni allo studio di bambini che spontaneamente presentano memorie di quelle che sembrano essere vite precedenti.

In qualità di psichiatra, Stevenson cercava di comprendere il perché di certe paure e fobie, o anche di certi talenti innati riscontrabili spesso nei bambini piccoli; voleva inoltre spiegarsi il motivo delle simpatie e antipatie che a volte i piccoli dimostrano fin dalla più tenera età.


Studiando questi aspetti, Stevenson si rese conto che i bambini, oltre a mostrare fobie o attitudini particolari, a volte ricordavano cose che non avrebbero dovuto sapere: parlavano di vicende di vita diverse da quelle attuali e soprattutto di episodi di morte (presumibilmente riferibili a vite precedenti), che sembravano spiegare e giustificare proprio quelle paure e quelle fobie.

In Ian Stevenson, che si dichiara di religione protestante, l’interesse per la reincarnazione nacque poco a poco, nel corso degli anni: gradualmente si rese conto che questo tipo di credenza, questa concezione della vita, per così dire, più “allargata”, poteva offrire spiegazioni plausibili a situazioni apparentemente enigmatiche ed inspiegabili. Una volta convintosi di questa possibilità, Ian Stevenson cominciò a girare il mondo proprio alla ricerca di bambini, i cui ricordi potevano essere, in questo senso, rivelatori. Ne ha ormai incontrati e studiati a centinaia, sia nei paesi che credono alla reincarnazione, come l’India, sia in quelli che non la contemplano.

Per le sue accuratissime indagini, Stevenson ha messo a punto una tecnica quasi poliziesca: parla coi bambini, interroga i familiari, i parenti e i vicini, analizza i ricordi, li mette in relazione con le situazioni reali, fa sopralluoghi nei posti che i piccoli dicono di ricordare e organizza incontri con le persone che i bambini asseriscono di aver conosciuto nella vita precedente.

I riscontri sono spesso straordinari: bambini di pochi anni che riconoscono con esattezza persone che non avevano mai visto, le chiamano per nome, discutono con loro di vicende passate, si muovono con disinvoltura in case e città dove non sono mai stati; a volte, addirittura, mostrano di conoscere lingue straniere che non sono state loro mai insegnate(anche perché molto piccoli) e che non hanno neppure mai udito, né in casa né altrove.

Libri sulla Reincarnazione:

Sulla sua casistica il professor Ian Stevenson ha scritto molto: il suo libro più importante, ormai un classico in materia, è “Reincarnazione – venti casi a sostegno”, pubblicato diversi anni or sono. Ma le sue indagini sulla reincarnazione non si fermano qui: esistono infatti altri elementi riguardanti questo fenomeno, che mettono in luce aspetti a dir poco inquietanti. Ed è a questi che facciamo ora riferimento.

Certi bambini infatti nascono avendo sul corpo segni inspiegabili, come cicatrici lasciate da ferite mai ricevute o presentando anomalie fisiche, di cui i medici non riescono a individuare l’origine. E appena incominciano a parlare, questi bambini affermano di essere morti di una morte violenta, che sono in grado di descrivere nei dettagli e che giustifica e spiega quelle cicatrici.

C’è per esempio “Jacinta Agbo”, una bambina nigeriana, che alla nascita (1980) presentava sulla nuca una strana, lunghissima cicatrice. Quando fu in grado di parlare, Jacinta descrisse una situazione che spiegava quella ferita: parlò di un uomo di nome “Nsude” che durante una lite era stato pesantemente ferito alla testa. Portato all’ospedale di Enugu, era stato operato e il chirurgo gli aveva praticato una lunga incisione sulla nuca. In seguito tuttavia l’uomo era morto. I fatti erano avvenuti nel 1970 e Stevenson ebbe modo di controllarli e di verificarne l’autenticità.

Un altro caso incredibile è quello di “Ma Htwe Win”, una bambina nata a Burma nel 1973. La piccola presentava fin dalla nascita strani segni e anomalie agli arti inferiori, che sembravano riconducibili ad anelli di costrizione alle gambe. Quando sua madre era incinta, sognò un uomo che si trascinava sulle ginocchia, che la seguiva e le si avvicinava sempre più. Quando la piccola fu in grado di parlare, rievocò la morte terribile di un uomo di nome “Nga Than”, che era stato brutalmente assassinato dalla moglie e dal suo amante, e poi legato con delle corde per poter essere meglio occultato. Il corpo fu in seguito a queste informazioni ritrovato e l’omicidio scoperto. E i segni che la bambina portava sul corpo, corrispondevano esattamente alle legature traumatiche a cui quell’uomo era stato sottoposto.

Citiamo infine il caso di “Semith Tutusmus”, un ragazzino turco nato con una pesante malformazione all’orecchio destro: anche lui ricordava la morte violenta di una personalità precedente, dovuta a colpi di arma da fuoco che, fra le altre cose, gli avevano maciullato un orecchio. Come si spiegano dunque questi fatti? Il professor Stevenson ritiene che questi segni presenti in alcuni bambini fin dalla nascita, confermino i ricordi dei bambini stessi, dimostrando la verità del processo di reincarnazione, ed anche che un’essenza vitale sopravvive alla morte fisica, influenzando con un’azione psicocinetica il nuovo corpo in formazione nel ventre materno.

Le prove della reincarnazione:

La teoria della reincarnazione spiegherebbe dunque alcune alterazioni della pelle, come le voglie, nonché altri più gravi difetti che alcuni individui presentano alla nascita. lan Stevenson, al fine di suffragare la teoria della reincarnazione con prove scientifiche, ha analizzato nel dettaglio centododici casi di persone, soprattutto bambini, che presentano segni sul corpo attribuibili ad eventi traumatici risalenti ad esistenze precedenti, di cui essi stessi hanno infatti memoria: incisioni chirurgiche, pugnalate, ferite d’arma da fuoco, morsi di serpente e persino tatuaggi.

Referti medici e autoptici, esame dei segni sui corpi, materiale fotografico, riscontri in loco delle dichiarazioni dei soggetti studiati, studio comparato del comportamento, della postura, dei tic , nonché interviste con familiari e conoscenti, rappresentano l’ampia documentazione che il medico ha raccolto per ogni caso, durante un ventennio dedicato allo studio serio e appassionato di questo fenomeno. La vasta casistica, l’approccio rigorosamente scientifico e critico, la cautela con la quale Stevenson azzarda delle conclusioni, convincono anche gli scettici ad assumere una posizione più “possibilista”, non escludendo “aprioristicamente” una teoria che affascina e sconvolge le salde certezze del pensiero occidentale.

Nel libro “Reincarnazione – 20 casi a sostegno”, Ian Stevenson esamina l’ipotesi della sopravvivenza della personalità umana (per molti l’anima, l’essenza vitale eterna) dopo la morte, presentando venti casi che sembrano suffragarla. I soggetti presi in esame sono in genere bambini o ragazzi che conservano precisi ricordi di un’esistenza precedente: se non si ammette l’idea della reincarnazione, ricordi di questo tipo (che si affievoliscono con il passare degli anni) rimangono inspiegabili. Il libro mette a disposizione del lettore tutto il materiale raccolto dall’autore nell’arco di molti anni di studio, dando vita a una suggestiva “geografia della reincarnazione”, che va dall’India allo Sri Lanka, dal Brasile all’Alaska sud-orientale.

“Bambini che ricordano altre vite” è un altro libro di Stevenson, nel quale l’autore presenta una ricerca sistematica e approfondita su altri dodici tipici casi di bambini (orientali e occidentali, americani ed europei) che affermano di ricordare vite precedenti. A questi sono aggiunti numerosi altri casi che illustrano particolari aspetti della reincarnazione. L’autore fornisce inoltre, un’ampia analisi delle più comuni convinzioni che negano la reincarnazione, dimostrandone l’infondatezza, sfatando anche numerosi pregiudizi sull’argomento. Inoltre, Stevenson sottolinea alcuni aspetti connessi, e spesso presenti, nei numerosi casi di reincarnazione da lui studiati: ovvero alcuni fenomeni paranormali quali apparizioni, impressioni telepatiche, sogni telepatici ecc., studiati anche dalla parapsicologia in questo ultimo secolo.

Rivisto da Fisicaquantistica.it

http://www.viteprecedenti.com/ian_stevenson.html

http://terrarealtime.blogspot.it


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MessaggioInviato: 30/03/2014, 22:38 
Ho seguito con interesse la discussione aperta dall'utente Nuvolo relativa a ipnosi regressiva e vite precedenti purtroppo chiusa per i motivi che conosciamo e su cui non voglio ritornare.

Vorrei invece cercare di affrontare il tema da un'altra angolazione ricordando che la reincarnazione, in occidente, era una credenza molto diffusa anche nell’antichità, basterebbe citare autori celebri come Platone, Pitagora, Empedocle, Cicerone, Virgilio e tanti altri filosofi, storici, scienziati. Nella reincarnazione credevano anche gli Esseni e i Farisei, gli Ebrei rabbini fondatori della Cabala, gli gnostici e tanti altri popoli.

E' infatti lo stesso S.Agostino a scrivere in Confessioni:

Cita:
"Dimmi, Signore, dimmi se la mia infanzia successe ad altra mia età morta prima di essa? E prima ancora di quella vita, o Dio, mia gioia, fui io forse in qualche luogo o in qualche corpo?"


E Origene ricorda

Cita:
"L’anima non ha principio né fine. Ogni anima entra in questo mondo fortificata dalle vittorie oppure indebolita dai difetti della vita precedente. Il suo posto in questo mondo, quasi dimora destinata all’onore o al disonore, è determinato dai suoi precedenti meriti. Il suo operato in questo mondo determina il posto che essa avrà nel mondo successivo Non è forse più conforme a ragione che ogni anima, per certe misteriose ragioni, venga introdotta in un corpo e ivi introdotta secondo i suoi meriti e le sue precedenti azioni?"


Partiamo dal presupposto che una Chiesa che aveva deciso di affiancare Roma, non poteva più essere la chiesa dell’Amore e del messaggio di Cristo. Diventò (com’è tutt’ora) una Chiesa di potere, di ricchezza e di forza; prese il posto proprio dell’Impero Romano che decadde definitivamente nel 476.

E molta di questa ricchezza è stata acquisita proprio grazie al Concilio del 553, con la condanna per chi esprimeva un solo pensiero o idea verso la reincarnazione. In questo modo la Chiesa è riuscita a “vendere” nel modo migliore uno dei suoi prodotti: “l’assoluzione dei peccati”.
La Chiesa Cattolica infatti, dichiara di possedere il potere terreno per assolvere i peccati commessi dal battesimo in poi.

Avvenne tutto nel Concilio di Costantinopoli del 553, ove l’imperatore bizantino Giustiniano bandì gli insegnamenti di Origene dalla dottrina della Chiesa Cattolica Romana. Tutti i riferimenti furono cancellati dalle scritture e non solo, dopo questo Concilio venne affermato che le anime dopo la morte erano destinate ad andare in paradiso, in purgatorio o all’inferno.

http://www.tragicomico.it/reincarnazion ... cattolica/

E ancora.

Il dr. Peter Fenwick, famoso neuropsichiatra inglese e ricercatore di lungo corso nel campo delle NDE, ribatte con forza all'argomento scettico che le NDE siano causate dalla privazione di ossigeno. Fenwick è membro del Royal College of Psychiatrists ed è un neuropsichiatra con una reputazione internazionale — specialista della comunicazione cervello/mente e studioso della coscienza. Egli è la principale autorità clinica della Gran Bretagna sulle NDE ed è Presidente dell'associazione internazionale per gli studi di premorte.

Con sua moglie Elizabeth, anche ella una scienziata professionista specializzata a Cambridge, il dr Fenwick ha fatto un'indagine approfondita proprio sull'argomento portato dagli scettici e da psicologi materialisti, i quali sostengono che un'esperienza di premorte è causata dagli effetti fisiologici del cervello morente.

http://metafonicamente.blogspot.it/2013 ... -i_11.html

Credo alla luce di quanto sopra che bollare e liquidare il tema in questione come baggianata, bufala o teoria ciarlatana invocando una non precisa necessità di razionalità nell'approccio a determinate tematiche dimostra, a mio modo di vedere pochezza di spirito e una non volontà al confronto.

E a tal proposito, prima di continuare con la discussione, tengo a citare uno dei miei filosofi preferiti (insieme a Kierkegaard) attraverso il quale ho contribuito a realizzare la mia forma mentis: Schopenhauer.

Schopenhauer mosse, nella sua opera principale, "Il mondo come volontà e rappresentazione", da una riflessione sui limiti della conoscenza umana orientata a recepire l'insegnamento di Kant, che considerava come il più grande filosofo occidentale di tutti i tempi, anche se poi si limitò ad accettare solo la prima edizione della "Critica della ragion pura", interpretandola in modo arbitrario.

Sempre lui dichiarò subito l'impossibilità di andare oltre la conoscenza dei fenomeni e cogliere la cosa in sé solo attraverso la ragione. Quindi accettò quella difficile suddivisione tra mondo dei fenomeni fisici e quel qualcos'altro che è l'essenza delle cose, e che non tutti riescono a cogliere nemmeno come quel qualcos'altro.

La ragione, sempre secondo Schopenhauer, ha dunque una conoscenza della realtà riflessa e mediata. Essa si esprime nel principio di ragione sufficiente che rappresenta il fondamento logico di tutta la conoscenza scientifica, ma che rimane limitata e incapace di comprendere ciò che possiamo definire "metafisico"

Quanto affermato da Schopenhauer trova riscontro in alcune delle obiezioni mosse dai 'razionalisti' riguardo alla possibilità reale della reincarnazione o della metempsicosi sopo la morte fisica del corpo.

Ricordo di aver letto nella discussione chiusa che la reincarnazione era logicamente impossibile e concettualmente insostenibile per una mera questione matematica e quindi liquidata rapidamente come una favoletta buona per imbonitori e sognatori.

Tutto questo per il semplice fatto che una volta sulla Terra vi erano solo 100milioni di persone e oggi 7miliardi di persone e che quindi i conti del numero di anime disponibili non reggeva.

Obiezione estremamente miope e debole se consideriamo la possibilità di una forma universale di coscienza che si parcellizza negli esseri viventi attraverso le codificazioni del DNA e/o i microtubuli del nostro cervello come dalle ricerche di Penrose e Hameroff.

Cerco di spiegare attraverso una metafora perché l'obiezione dei razionalisti sul numero dei viventi delle seguenti ere non possa essere efficace nel negare il principio della reincarnazione.

Immaginiamo l'energia che forma e origina l'anima come un segnale tv emesso da un trasmettitore.

Che sia un apparecchio a riceverlo o un miliardo (i corpi) nulla cambia per il segnale. Dipende dalla televisione su quale canale/frequenza sia sintonizzato per ricevere il segnale (l'anima).

E la sintonizzazione alta o bassa dipende dal livello raggiunto dalla propria evoluzione.

Immagine

Se siete d'accordo ripartirei da qui nell'affrontare un tema così delicato e importante come la reincarnazione, il cui approfondimento, ritengo, potrà consentirci di collocare un buon numero di tasselli sul nostro "Mosaico della Verità"

[:)]



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MessaggioInviato: 31/03/2014, 22:13 
Io penso che in una discussione sulla reincarnazione non si possa prescindere dal tema di fondo che dividue due millenarie tradizioni spirituali come il buddhismo e l'induismo: chi è che rinasce?

La tradizione vedantina per esempio afferma chiaramente che la coscienza individuale, ciò che chiamiamo io, nasce e finisce con il corpo. Ha un inizio, uno sviluppo ed una fine. Quindi per questa tradizione, dal punto di vista dell'io ordinario di veglia, la morte del corpo sarebbe anche la fine dell'io, esattamente come per chi identifica l'io con il cervello.

Ma a differenza delle filosofie che identificano l'essere con il corpo (presenti anche in India da sempre , non sono una peculiarità occidentale), non pensa che la questione si esaurisca con la fine del corpo. Anzi non pensa nemmeno che abbia inizio con il corpo (specularmente e simmetricamente).

La coscienza implica dualità, perché coscienza significa conoscenza e quindi significa soggetto conoscitore ed oggetto conosciuto.

Per la tradizione vedantina la vera realtà è una e non duale e coincide con la nostra vera natura, che viene prima di ogni coscienza e di ogni conoscere. Come analogia (solo analogia), si riporta l'esempio del sonno senza sogni, del sonno profondo, in cui siamo ma il mondo per noi non c'è.
Quindi noi non possiamo conoscere, letteralmente, la nostra vera natura, possiamo solo esserla, così come un occhio può vedere tutto ma non se stesso.
In questa tradizione niente nasce e niente muore e quindi logicamente niente rinasce.
Ciò che l'induismo religioso e popolare considera "nuova nascita" da questo punto di vista non sarebbe niente altro che un "moto" verso il due, verso il conoscere. A quel punto sorge la coscienza ed un nuovo io storico si sviluppa, ecco una nuova rinascita un "gioco "a rivestirsi di diversi "io" storici, non necessariamente umani; questo sarebbe ciò che si chiama reincarnazione, finché non realizza l'inanità, la falsità e l'inconsistenza di ciò, visto come un meno e non come un più. Questo, molto in sintesi, è il tradizionale punto di vista vedantino.


Ultima modifica di quisquis il 31/03/2014, 22:18, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 01/04/2014, 18:28 
Cita:
quisquis ha scritto:

Io penso che in una discussione sulla reincarnazione non si possa prescindere dal tema di fondo che dividue due millenarie tradizioni spirituali come il buddhismo e l'induismo: chi è che rinasce?


Visto che tu hai egregiamente trattato l'induismo, espongo io qualche brevissimo (e, probabilmente, solo parzialmente corretto) accenno sulla reincarnazione nel buddhismo, che è la "tradizione spirituale" nella quale mi rispecchio. Non mi sembra, anche alla luce di quello che hai scritto, che tra la visione vedanta e quella buddhista ci sia poi questa gran divisione, almeno su questo specifico tema.

Infatti, anche il buddhismo distingue tra "realtà/verità relativa" (che è il mondo fenomenico così come lo percepiamo attraverso i sensi) e "realtà/verità assoluta" (la dimensione non-duale, rispetto alla quale nulla nasce, nulla muore e nulla rinasce), però non si considera la realtà relativa meno "vera" di quella assoluta: sono invece due facce della stessa medaglia, complementari ed entrambe vere.

Inoltre, pure nel buddhismo non c'è un "io" (inteso come intrinsecamente esistente) che si reincarna, poiché esso esiste come condizione di un'unione di aggregati (che compongono l'organismo psico-fisico), i quali si disgregano al termine della vita, per poi ricomporsi in altre forme; tuttavia c'è un continuum mentale che preesisteva alla nostra nascita e continuerà dopo la nostra morte, almeno fino a quando non riusciamo a liberarci dall'esistenza ciclica.


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MessaggioInviato: 01/04/2014, 21:25 
Cita:
blualien ha scritto:



Infatti, anche il buddhismo distingue tra "realtà/verità relativa" (che è il mondo fenomenico così come lo percepiamo attraverso i sensi) e "realtà/verità assoluta" (la dimensione non-duale, rispetto alla quale nulla nasce, nulla muore e nulla rinasce), però non si considera la realtà relativa meno "vera" di quella assoluta: sono invece due facce della stessa medaglia, complementari ed entrambe vere.

Inoltre, pure nel buddhismo non c'è un "io" (inteso come intrinsecamente esistente) che si reincarna, poiché esso esiste come condizione di un'unione di aggregati (che compongono l'organismo psico-fisico), i quali si disgregano al termine della vita, per poi ricomporsi in altre forme; tuttavia c'è un continuum mentale che preesisteva alla nostra nascita e continuerà dopo la nostra morte, almeno fino a quando non riusciamo a liberarci dall'esistenza ciclica.



Infatti mi sono limitato di proposito alla tradizione vedantina, proprio per stimolare una riflessione congiunta. Per certi aspetti il vedanta rappresenta una sorta di zen incuneato all'interno della tradizione indù più "ortodossa", per così dire. Non che il vedanta non lo sia, ma l'induismo ha molte anime.

Un indù che batte una via devozionale, come potrebbe essere un devoto a Krishna che recita mantra ed orazioni a profusione ogni giorno, messo di fronte ad un maestro vedantino, potrebbe subire uno shock; probabilmente si vedrebbe ridere in faccia (ci sono molti episodi in merito) e dire " Prima di cercare Krishna mettiamoci d'accordo su chi sei tu", secondo uno stile diretto e brusco che ricorda molto quelli dei maestri zen.

Passando invece all'induismo più tradizionale e religioso, c'è da dire che il punto di divergenza con il buddhismo è proprio l'anatta (o assenza di io). L'induismo pone l'accento sul jiva incarnato che deve riuscire ad "uscire" dal ciclo delle rinascite. C'è tutta una teoria del jivatman, che per certi aspetti ricorda l'anima occidentale (intesa alla cristiana). Qui c'è la divergenza con il buddhismo, soprattutto quello hinayana, che a mio parere pone maggiormente l'accento sull'assenza di una continuità di coscienza tra una nascita e l'altra. Infatti non a caso nel buddhismo meridionale si usa l'immagine del fuoco di una candela che, dopo averla consumata, ne accende un altra.
Nasce un altro individuo (un'altra candela), il primo è andato per sempre. Ma non c'è nemmeno totale discontinuità perché una fiamma ne ha alimentato un'altra, ma appunto è un'altra. Questa maggiore discontinuità che lo hinayana attribuisce alla rinascita è già più attenuata nel buddhismo settentrionale (ancora di più in quello tibetano), per cui come dici si parla di mente (mai di io, si ha quasi terrore di usare la parola io) e di continuum mentale.
Nell'induismo tradizionale la continuità è data per scontata, per cui il jiva si spoglia semplicemente di corpi logori (non solo fisici) e ne assume altri. Quest'ultimo concetto probabilmente è più vicino all'antica idea di rinascita così come la si concepiva anche in occidente in ambito neoplatonico.

Personalmente trovo veramente molto difficili sia il punto di vista vedantino che quello buddhista classico (anatta). Soprattutto il primo è difficile, per via delle conseguenze che ha in tema di libertà e libero arbitrio, che sostanzialmente nega del tutto all'io storico incarnato in quanto ente non indipendente. La questione è sottile e non banale, comunque può portare a degli esiti in cui non mi riconosco. Mi sento molto più occidentale in tema di rinascita.


Ultima modifica di quisquis il 01/04/2014, 21:32, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
quisquis ha scritto:
L'induismo pone l'accento sul jiva incarnato che deve riuscire ad "uscire" dal ciclo delle rinascite.

Sì, anche nel buddhismo è assolutamente centrale e fondamentale l'"uscita" dal ciclo delle rinascite.


Cita:
quisquis ha scritto:
Ma non c'è nemmeno totale discontinuità perché una fiamma ne ha alimentato un'altra, ma appunto è un'altra.

Prendi in esame una sola ed unica candela: forse la fiamma che sta bruciando adesso è la stessa che brucerà tra un minuto o tra una frazione di secondo? No di certo! Il fuoco è energia in divenire e non è mai lo stesso, se abbiamo l'illusione che la fiamma sia sempre la stessa è solo in virtù della consequenzialità e continuità tra gli stati che intercorrono tra l'accensione della candela e la sua consumazione definitiva.



Cita:
quisquis ha scritto:
Nasce un altro individuo (un'altra candela), il primo è andato per sempre.

No, perché nella metafora l'individuo non è solo la candela (che rappresenta il corpo fisico) ma anche la fiamma (il fuoco è un flusso di energia come la mente è un flusso di coscienza). Il corpo fisico (la candela) si è disgregato, ma il flusso di coscienza (la fiamma) continua, e non c'è differenza tra la fiamma della prima candela e la fiamma della seconda: entrambe non sono la stessa fiamma che ha acceso la prima candela, ma entrambe ne sono la consequenziale continuazione.


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Le prove della reincarnazione secondo Ian Stevenson

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23 febbraio 2014

“Ian Stevenson” – professore di psichiatria presso l’Università della Virginia – si dedica da molti anni allo studio di bambini che spontaneamente presentano memorie di quelle che sembrano essere vite precedenti.

In qualità di psichiatra, Stevenson cercava di comprendere il perché di certe paure e fobie, o anche di certi talenti innati riscontrabili spesso nei bambini piccoli; voleva inoltre spiegarsi il motivo delle simpatie e antipatie che a volte i piccoli dimostrano fin dalla più tenera età.


Studiando questi aspetti, Stevenson si rese conto che i bambini, oltre a mostrare fobie o attitudini particolari, a volte ricordavano cose che non avrebbero dovuto sapere: parlavano di vicende di vita diverse da quelle attuali e soprattutto di episodi di morte (presumibilmente riferibili a vite precedenti), che sembravano spiegare e giustificare proprio quelle paure e quelle fobie.

In Ian Stevenson, che si dichiara di religione protestante, l’interesse per la reincarnazione nacque poco a poco, nel corso degli anni: gradualmente si rese conto che questo tipo di credenza, questa concezione della vita, per così dire, più “allargata”, poteva offrire spiegazioni plausibili a situazioni apparentemente enigmatiche ed inspiegabili. Una volta convintosi di questa possibilità, Ian Stevenson cominciò a girare il mondo proprio alla ricerca di bambini, i cui ricordi potevano essere, in questo senso, rivelatori. Ne ha ormai incontrati e studiati a centinaia, sia nei paesi che credono alla reincarnazione, come l’India, sia in quelli che non la contemplano.

Per le sue accuratissime indagini, Stevenson ha messo a punto una tecnica quasi poliziesca: parla coi bambini, interroga i familiari, i parenti e i vicini, analizza i ricordi, li mette in relazione con le situazioni reali, fa sopralluoghi nei posti che i piccoli dicono di ricordare e organizza incontri con le persone che i bambini asseriscono di aver conosciuto nella vita precedente.

I riscontri sono spesso straordinari: bambini di pochi anni che riconoscono con esattezza persone che non avevano mai visto, le chiamano per nome, discutono con loro di vicende passate, si muovono con disinvoltura in case e città dove non sono mai stati; a volte, addirittura, mostrano di conoscere lingue straniere che non sono state loro mai insegnate(anche perché molto piccoli) e che non hanno neppure mai udito, né in casa né altrove.

Libri sulla Reincarnazione:

Sulla sua casistica il professor Ian Stevenson ha scritto molto: il suo libro più importante, ormai un classico in materia, è “Reincarnazione – venti casi a sostegno”, pubblicato diversi anni or sono. Ma le sue indagini sulla reincarnazione non si fermano qui: esistono infatti altri elementi riguardanti questo fenomeno, che mettono in luce aspetti a dir poco inquietanti. Ed è a questi che facciamo ora riferimento.

Certi bambini infatti nascono avendo sul corpo segni inspiegabili, come cicatrici lasciate da ferite mai ricevute o presentando anomalie fisiche, di cui i medici non riescono a individuare l’origine. E appena incominciano a parlare, questi bambini affermano di essere morti di una morte violenta, che sono in grado di descrivere nei dettagli e che giustifica e spiega quelle cicatrici.

C’è per esempio “Jacinta Agbo”, una bambina nigeriana, che alla nascita (1980) presentava sulla nuca una strana, lunghissima cicatrice. Quando fu in grado di parlare, Jacinta descrisse una situazione che spiegava quella ferita: parlò di un uomo di nome “Nsude” che durante una lite era stato pesantemente ferito alla testa. Portato all’ospedale di Enugu, era stato operato e il chirurgo gli aveva praticato una lunga incisione sulla nuca. In seguito tuttavia l’uomo era morto. I fatti erano avvenuti nel 1970 e Stevenson ebbe modo di controllarli e di verificarne l’autenticità.

Un altro caso incredibile è quello di “Ma Htwe Win”, una bambina nata a Burma nel 1973. La piccola presentava fin dalla nascita strani segni e anomalie agli arti inferiori, che sembravano riconducibili ad anelli di costrizione alle gambe. Quando sua madre era incinta, sognò un uomo che si trascinava sulle ginocchia, che la seguiva e le si avvicinava sempre più. Quando la piccola fu in grado di parlare, rievocò la morte terribile di un uomo di nome “Nga Than”, che era stato brutalmente assassinato dalla moglie e dal suo amante, e poi legato con delle corde per poter essere meglio occultato. Il corpo fu in seguito a queste informazioni ritrovato e l’omicidio scoperto. E i segni che la bambina portava sul corpo, corrispondevano esattamente alle legature traumatiche a cui quell’uomo era stato sottoposto.

Citiamo infine il caso di “Semith Tutusmus”, un ragazzino turco nato con una pesante malformazione all’orecchio destro: anche lui ricordava la morte violenta di una personalità precedente, dovuta a colpi di arma da fuoco che, fra le altre cose, gli avevano maciullato un orecchio. Come si spiegano dunque questi fatti? Il professor Stevenson ritiene che questi segni presenti in alcuni bambini fin dalla nascita, confermino i ricordi dei bambini stessi, dimostrando la verità del processo di reincarnazione, ed anche che un’essenza vitale sopravvive alla morte fisica, influenzando con un’azione psicocinetica il nuovo corpo in formazione nel ventre materno.

Le prove della reincarnazione:

La teoria della reincarnazione spiegherebbe dunque alcune alterazioni della pelle, come le voglie, nonché altri più gravi difetti che alcuni individui presentano alla nascita. lan Stevenson, al fine di suffragare la teoria della reincarnazione con prove scientifiche, ha analizzato nel dettaglio centododici casi di persone, soprattutto bambini, che presentano segni sul corpo attribuibili ad eventi traumatici risalenti ad esistenze precedenti, di cui essi stessi hanno infatti memoria: incisioni chirurgiche, pugnalate, ferite d’arma da fuoco, morsi di serpente e persino tatuaggi.

Referti medici e autoptici, esame dei segni sui corpi, materiale fotografico, riscontri in loco delle dichiarazioni dei soggetti studiati, studio comparato del comportamento, della postura, dei tic , nonché interviste con familiari e conoscenti, rappresentano l’ampia documentazione che il medico ha raccolto per ogni caso, durante un ventennio dedicato allo studio serio e appassionato di questo fenomeno. La vasta casistica, l’approccio rigorosamente scientifico e critico, la cautela con la quale Stevenson azzarda delle conclusioni, convincono anche gli scettici ad assumere una posizione più “possibilista”, non escludendo “aprioristicamente” una teoria che affascina e sconvolge le salde certezze del pensiero occidentale.

Nel libro “Reincarnazione – 20 casi a sostegno”, Ian Stevenson esamina l’ipotesi della sopravvivenza della personalità umana (per molti l’anima, l’essenza vitale eterna) dopo la morte, presentando venti casi che sembrano suffragarla. I soggetti presi in esame sono in genere bambini o ragazzi che conservano precisi ricordi di un’esistenza precedente: se non si ammette l’idea della reincarnazione, ricordi di questo tipo (che si affievoliscono con il passare degli anni) rimangono inspiegabili. Il libro mette a disposizione del lettore tutto il materiale raccolto dall’autore nell’arco di molti anni di studio, dando vita a una suggestiva “geografia della reincarnazione”, che va dall’India allo Sri Lanka, dal Brasile all’Alaska sud-orientale.

“Bambini che ricordano altre vite” è un altro libro di Stevenson, nel quale l’autore presenta una ricerca sistematica e approfondita su altri dodici tipici casi di bambini (orientali e occidentali, americani ed europei) che affermano di ricordare vite precedenti. A questi sono aggiunti numerosi altri casi che illustrano particolari aspetti della reincarnazione. L’autore fornisce inoltre, un’ampia analisi delle più comuni convinzioni che negano la reincarnazione, dimostrandone l’infondatezza, sfatando anche numerosi pregiudizi sull’argomento. Inoltre, Stevenson sottolinea alcuni aspetti connessi, e spesso presenti, nei numerosi casi di reincarnazione da lui studiati: ovvero alcuni fenomeni paranormali quali apparizioni, impressioni telepatiche, sogni telepatici ecc., studiati anche dalla parapsicologia in questo ultimo secolo.


Rivisto da Fisicaquantistica.it

Fonte: http://www.viteprecedenti.com/ian_stevenson.html



Segnalo anche:

Vecchie anime e il completamento del ciclo dell’Incarnazione
http://luniversovibra.altervista.org/ve ... arnazione/



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blualien ha scritto:


No, perché nella metafora l'individuo non è solo la candela (che rappresenta il corpo fisico) ma anche la fiamma (il fuoco è un flusso di energia come la mente è un flusso di coscienza).


Tutto dipende da cosa si considera fuoco, in questa metafora.
Alcuni buddhisti tendono a considerarlo mente o coscienza, e quindi c'è maggiore continuità tra una vita ed un'altra: è lo stesso fuoco che accende un'altra candela.
Altri tendono a considerarlo brama di vita impersonale, in connessione con l'idea che già ora in vita non ci sarebbe un io o un'anima immortale, ma solo un composto illusorio di pensieri, emozioni, sensazioni sempre mutevoli.
In questo caso la discontinuità è maggiore, ciò che rinasce è un'impersonale desiderio che darebbe vita ad un altro essere; c'è maggiore discontinuità, sia perché da questo punto di vista la fiamma non rappresenterebbe la mente ma un ente fatto di brama, la brama di vivere che alimenta il samsara, sia perché in ogni caso (semplificando) nel binomio fiamma + candela la nuova candela accesa è appunto un'altra, quindi l'identità del composto in ogni caso muta.
Per gli indù il jiva rappresenta l'identità dell'uomo ed è un riflesso dell'immutabile. L'accento cade maggiormente sul concetto di identità ed immutabilità dell'io profondo presente nell'uomo. Il jiva trasmigra ed assume altri corpi, non la brama di vivere, non una mente, ma un jiva immortale trasmigra (apparentemente, perché vedantinamente niente trasmigra, è solo un'apparenza).


Ultima modifica di quisquis il 02/04/2014, 05:35, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
quisquis ha scritto:
in ogni caso (semplificando) nel binomio fiamma + candela la nuova candela accesa è appunto un'altra, quindi l'identità del composto in ogni caso muta.


Su questo non c'è alcun dubbio, la nostra attuale identità psico-fisica non si ripeterà mai più.

Bellissimo confronto, grazie di cuore.[:)]


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MessaggioInviato: 02/04/2014, 21:52 
Approfondendo un po' il pensiero religioso tradizionale indù in merito alla rinascita spesso saltano fuori delle cose interessanti.
Per esempio consideriamo quanto disse e scrisse Swami Shivananda, che non è certo un moderno "new ager", se non altro per ragioni anagrafiche: 1887-1963, ma che è un tipico rappresentante del monachesimo tradizionale indù.

Esplicitamente scrisse che sebbene una rinascita in regni animali, vegetali o ancora inferiori non sia impossibile per un uomo, tuttavia ciò non accade frequentemente perché i samskaras, cioè le tendenze sottili inconscie accumulate nel corso di molte esistenze e sfocianti nell'attuale esistenza umana (che viene vista come un anello di una lunga serie) non possono essere bruscamente arrestate; sarebbe (esempio mio) come voler bloccare un'auto in corsa, è dotata di inerzia, la si può deviare, al più stoppare, ma difficilmente la si può rimandare indietro con pari forza, occorre che prima esaurisca la sua forza e si fermi, solo dopo la si può più facilmente e gradualmente far ripartire in una direzione opposta di 180 gradi.

E' interessante perché invece il punto di vista buddhista in merito è diverso e questa è un'altra differenza tra le due maggiori tradizioni spirituali che trattano di rinascita e reincarnazione; per i buddhisti, soprattutto quelli hinayana, la nascita umana è molto molto rara; difficile sarebbe rinascere uomini (per i più) e poiché la condizione umana sarebbe privilegiata in quanto permetterebbe, se vissuta nel modo giusto, grandi conseguimenti interiori e al limite anche la liberazione definitiva dalla ruota delle rinascite, ne conseguirebbe l'importanza di non utilizzarla in modo superficiale.

E' una divergenza interessante; a me sembra che il punto di vista indù sia più logico e consequenziale di quello buddhista, che mi sembra invece indirizzato maggiormente dalla necessità pratica di sostenere, soprattutto alle origini, l'ascesi, nel suo sottolineare l'importanza del qui ed ora. Del resto il punto di vista buddhista è in genere molto pragmatico, indirizzato al qui ed ora. Il focus è su ciò che si deve fare ora.

Altra cosa simpatica: sempre Shivananda parla della possibilità per il jiva di rinascere non solo in regni non fisici come i classici "loka" (luoghi) celesti o inferi (mai considerati eterni, entrambi, ma sempre condizionati) ma anche in pianeti fisici distinti dal pianeta Terra. E non si può certo dire che fosse influenzato dalla moderna cultura in merito (tanto per fare un esempio, criticava fortemente il fatto che la gioventù indiana dei suoi tempi leggesse romanzi d'amore occidentali anziché studiare le upanishad).

Quindi, aggiungo io, se questa visione del mondo fosse vera (tutto da dimostrare ma questo è un altro discorso) e se davvero esistessero uomini su altri pianeti, niente di più naturale per un uomo terrestre, per via di legge di affinità, che rinascere uomo altrove e viceversa (sempre che i suoi samskaras ce lo portino, certo se uno vive , per dire, la vita del cinghiale in corpo umano la cosa si fa difficile perché i samskaras prendono altre direzioni). Certo la verità di un "and" su due "se" di questa portata è molto difficile da dimostrare, ma non è di questo che si sta parlando.

Altra cosa interessante: ben prima degli interessanti studi di Ian Stevenson, Shivananda (ma non è l'unico in quell'ambito culturale) afferma che casi di rinascita immediata o comunque sul breve periodo, di solito pochi anni terrestri, con conservazione della memoria della vita precedente sono tipici delle morti premature, inaspettate o violente; come se la forza di vita, bruscamente arrestata, riprendesse subitaneamente il proprio corso. Altrimenti l'oblio (classicamente per noi il Leté) avrebbe il sopravvento.

E Stevenson nelle sue indagini si imbatté proprio in questo genere di casi, principalmente, fornendo un'indiretta conferma a quanto affermato dalla tradizione indù in merito.


Ultima modifica di quisquis il 02/04/2014, 22:11, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 03/04/2014, 00:35 
Cita:
quisquis ha scritto:
per i buddhisti, soprattutto quelli hinayana, la nascita umana è molto molto rara;

Credo che la rinascita umana sia considerata altrettanto rara e preziosa in tutto il buddhismo, sicuramente lo è nel Veicolo Adamantino che è la mia scuola.


Cita:
quisquis ha scritto:
E' una divergenza interessante; a me sembra che il punto di vista indù sia più logico e consequenziale di quello buddhista

Perché dici così? Non sono affatto d'accordo.


Cita:
quisquis ha scritto:
Altra cosa simpatica: sempre Shivananda parla della possibilità per il jiva di rinascere non solo in regni non fisici come i classici "loka" (luoghi) celesti o inferi (mai considerati eterni, entrambi, ma sempre condizionati) ma anche in pianeti fisici distinti dal pianeta Terra.

Guarda che questa concreta possibilità è prevista e contemplata anche nel buddhismo.


Cita:
quisquis ha scritto:
Quindi, aggiungo io, se questa visione del mondo fosse vera (tutto da dimostrare ma questo è un altro discorso) e se davvero esistessero uomini su altri pianeti, niente di più naturale per un uomo terrestre, per via di legge di affinità, che rinascere uomo altrove e viceversa (sempre che i suoi samskaras ce lo portino, certo se uno vive , per dire, la vita del cinghiale in corpo umano la cosa si fa difficile perché i samskaras prendono altre direzioni).

Non credo che sia la sola "affinità" a determinare la nostra rinascita. Secondo questa logica, un cane rinasce cane, un pesce rinasce pesce, una mosca rinasce mosca, ecc ...


Cita:
quisquis ha scritto:
se davvero esistessero uomini su altri pianeti

Non è detto che siano necessariamente "uomini", ci sono anche altri esseri senzienti nell'universo (come non ricordarlo in un forum sugli UFO).[:)]


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MessaggioInviato: 04/04/2014, 09:36 
Ecco che cosa c'è dopo la morte. La tesi choc dello scienziato

Immagine

La teoria di un famosissimo scienziato prova a spiegare come la vita va avanti per sempre. Tramite la nostra coscienza. Vi è un libro dal titolo abbastanza complesso: "Biocentrism: How Life and Consciousness Are the Keys to Understanding the Nature of the Universe" che sta avendo un notevole successo su Internet. Il concetto di fondo prova a spiegare come la vita non finisce quando il nostro corpo muore, ma invece può andare avanti per sempre.

Tramite la nostra coscienza. L'autore di questa pubblicazione, il dottor Robert Lanza, è stato votato come il terzo miglior scienziato in vita dal New York Times, stando a quanto riportato su Spirit Science and Metaphysics. Lanza, esperto in medicina rigenerativa e direttore del Advanced Cell Technology Company negli Stati Uniti, è anche conosciuto per la sua approfondita ricerca sulle cellule staminali e per l'aver clonato diverse specie di animali in via d'estinzione. Ma da un po' di tempo ha deciso di dedicarsi anche alla fisica, meccanica quantistica e astrofisica. Questa miscela esplosiva di conoscenze ha dato vita ad una sua nuova teoria, quella del biocentrismo.

Essa insegna che la vita e la coscienza sono fondamentali per l'universo e praticamente è la coscienza stessa che crea l'universo materiale in cui viviamo e non il contrario. Prendendo la struttura dell'universo, le sue leggi, forze e costanti, queste sembrano essere ottimizzate per la vita, il che implica che l'intelligenza esisteva prima alla materia. Lanza sostiene inoltre che spazio e tempo non siano oggetti o cose, ma piuttosto strumenti della nostra comprensione: “portiamo lo spazio e il tempo in giro con noi, come le tartarughe con i propri gusci”. Nel senso che quando il guscio si stacca (spazio e tempo), noi esistiamo ancora.

La teoria implica che la morte della coscienza semplicemente non esista. Esiste solo sotto forma di pensiero, perché le persone si identificano con il loro corpo credendo che questo prima o poi morirà e che la coscienza a sua volta scomparirà. Se il corpo genera coscienza, allora questa muore quando il corpo muore, ma se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire non finirà con la morte fisica. In realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e spazio.

È in grado di essere ovunque: nel corpo umano e fuori da esso. Lanza ritiene inoltre che universi multipli possano esistere simultaneamente. In un universo, il corpo può essere morto mentre in un altro può continuare ad esistere, assorbendo la coscienza che migra in questo universo. Ciò significa che una persona morta, durante il viaggio attraverso un tunnel non finisce all'inferno o in paradiso, ma in un mondo simile, a lui o a lei, una volta abitato, ma questa volta vivo. E così via, all'infinito. Senza ricorrere a ideologie religiose lo scienziato cerca quindi di spiegare la coscienza quantistica con esperienze precedenti alla morte, proiezione astrale, esperienze fuori del corpo e anche reincarnazione. Secondo la sua teoria, l'energia della coscienza a un certo punto viene riciclata in un corpo diverso e nel frattempo esiste al di fuori del corpo fisico ad un altro livello di realtà e forse, anche, in un altro universo.

Fonte: wallstreetitalia.com

Tratto da EcPlanet

http://www.affaritaliani.it/Rubriche/ca ... refresh_ce

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La parte evidenziata richiama il mio concetto espresso qualche post addietro:

Cita:
Atlanticus81 ha scritto:



Immaginiamo l'energia che forma e origina l'anima come un segnale tv emesso da un trasmettitore.

Che sia un apparecchio a riceverlo o un miliardo (i corpi) nulla cambia per il segnale. Dipende dalla televisione su quale canale/frequenza sia sintonizzato per ricevere il segnale (l'anima).

E la sintonizzazione alta o bassa dipende dal livello raggiunto dalla propria evoluzione.




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Cita:
Atlanticus81 ha scritto:


La teoria implica che la morte della coscienza semplicemente non esista. Esiste solo sotto forma di pensiero, perché le persone si identificano con il loro corpo credendo che questo prima o poi morirà e che la coscienza a sua volta scomparirà. Se il corpo genera coscienza, allora questa muore quando il corpo muore, ma se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire non finirà con la morte fisica. In realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e spazio.




Con la fine del corpo fisico io credo che ci sia una fortissima possibilità che finisca per sempre la coscienza ad esso legata; in altre parole finirebbe la coscienza che io sono questo corpo, con questa storia, questa identità "storica" e così via; finisce il senso di "io sono questo" e non potrebbe essere diversamente, perché viene a mancare un componente del composto. Se già una semplice anestesia totale fa sì che, dal punto di vista della coscienza, cessiamo di essere consapevoli di noi (intesi come corpo fisico) e del mondo, credo che la possibile persistenza della ordinaria coscienza di veglia dopo la fine definitiva del corpo fisico non sia cosa che si possa ipotizzare alla leggera.
Tuttavia, quello che potrebbe (il condizionale è d'obbligo) invece sopravvivere è il puro e semplice "io sono". Non io sono questo, ma "io sono", pura e semplice presenza, puro e semplice esserci; questa non sarebbe affetta dalla fine del corpo, non essendo correlata ad esso; "io sono questo" è correlato al corpo, "io sono" no; quando siamo in sonno profondo siamo, anche se non sogniamo e non anche se non siamo consapevoli del nostro corpo; e, se indù e buddhisti hanno ragione, prima o poi, spinta da un desiderio non risolto, finirebbe per manifestarsi ancora come "io sono questo", in un altro involucro fisico o comunque in un altro "mondo" che implichi l'esperienza duale del "me" e "te", sia esso umano o meno, fino a che non realizzerà la vanità di queste rappresentazioni.


Ultima modifica di quisquis il 05/04/2014, 23:40, modificato 1 volta in totale.


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Riprendo questo mio pensiero dal thread "L'universo olografico"...

Quando gioco a un gioco di simulazione, penso a "Age of Empires", IO (DIO) sono CONTEMPORANEAMENTE tutti gli omini della simulazione.

Eccetto quelli "Avversari" governati dal computer (il demiurgo?!).

E quando muore uno dei miei 'soldatini'?!? Lo ricreo e continuo ad essere in lui ... è la reincarnazione...

[:p]



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