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 Oggetto del messaggio: ESPERIENZE E RICERCHE PSI
MessaggioInviato: 02/12/2014, 11:20 
[b]-1- eppur si move![/b]

1963:convento di clausura delle Carmelitane a Santa Maria ai Monti a Napoli; una Messa in suffragio per persona di famiglia per cui accompagno i miei.

Nell’atteggiamento ateo di ragazzino presuntuosello, seguo con paziente sufficienza la Messa. Al termine i genitori si recano al parlatorio delle pie claustrali e siamo lì per la Venerabile suor Giuseppina che vi ha vissuto: è stata frequentata da mamma in età giovanile, perciò conserva legame affettivo e spirituale con quei luoghi.
Nel parlatorio una fitta grata separa gli ospiti dalle religiose che sogliono offrire agli ospiti un caffé come dire… conventuale con biscotti... mbé, altrettanto conventuali !

Nel frattempo gironzolo nella piccola chiesa, moderna, nulla di ché, ma di gradevole architettura e molto luminosa. Sembra tutto lontano dalla città che si stende dai piedi della collinetta: una delle ultime isole verdi rimaste.
A destra dell'abside, a ridosso del muro perimetrale, confinante con un residuo terreno confinario di rispetto, c’è la sepoltura della Venerabile, poi beatificata nel 1987.
Il sarcofago in marmo candido, come dalle foto nella pubblicazione agiografica, secondo prassi canonica contiene una doppia cassa, di cui l’ultima è di zinco e sigillata.

D'un tratto, nel silenzio della chiesa deserta, è giorno infrasettimanale, s’avanza un uomo con in braccio un bambino di circa dieci anni… mi suscita stupore ma anche rabbia il fatto che l’accosti al sepolcro ed egli stesso poggi l'orecchio su quel marmo freddo, bianco... Perché esporre quell'innocente in una situazione simile, se non macabra, certamente poco adatta alla sensibilità di un bambino, peraltro paralitico, sofferente di suo?
La meraviglia non riesce o non ha il tempo di trasformarsi in protesta: l’uomo con il bambino è già andato via. E’ tutto così ridicolo, senza logica devozionale di alcun genere… ma è in un tutt’uno il guardarmi attorno, come un ladro, e il compiere lo stesso gesto del tizio di prima: poggiare l'orecchio sul marmo.

Tummmpfff!!!
Un tonfo, dall'interno, chiarissimo, mi fa sobbalzare e poi, vinta la perplessità (non la paura, quando accade qualcosa che esula dalle tue capacità di analisi, può capitare di rimanere come anestetizzato, insensibile); di nuovo all'ascolto: ed è tutto un repertorio di rumori, come lo strofinare lento di qualcosa di ruvido e duro al di sotto di quel marmo, rotolamento di oggetti come di biglie... strofiniì…! Soprattutto mi colpisce il suono dei rumori assolutamente timbrico, realisticamente proveniente da quella particolarissima “camera acustica”

Giro tutt'intorno al perimetrale esterno, per vedere cosa eventualmente vi si appoggi, magari un casotto con animali o altro... niente, perfettamente nuda la muratura, con mattoni a vista.

Nel salottino-parlatorio, con ruota passa oggetti e grata sulla clausura, una vocina serafica offre i temutissimi biscotti e risponde alla mia cauta domanda su quel fenomeno, lì, in chiesa:
- A volte, la Venerabile Madre, specie nei giorni di sue ricorrenze genetliache, ci comunica i segni della Grazia ricevuti da Nostro Signore...!-
Quale spiegazione più esaustiva di questa, avrei mai potuto ricevere?


2010, una domenica; dopo più di quarant'anni ci vado con la moglie, anche per vedere quel luogo fin quanto lo era rimasto, silente, nel verde collinare di una città assediante.. il verde c'era e c'è, vivaddio e le pie consorelle, che credevo estinte dati i tempi, sono ancora lì e pare, numerose. La chiesa stavolta è affollata; attendo impaziente la fine della funzione per mostrare a mia moglie il fenomeno, se mai ancora percepibile... ma ci sono troppi fedeli, la cosa parrebbe difficile. Almeno metà dei presenti a turno va sul sepolcro, in silenzio alcuni, altri piangendo, altri tenendosi per mano l'un l'altro. Dunque il ricordo è reale, dunque stà gente sente anch'essa qualcosa... così mi avvicino al prete che ha officiato Messa e mi dice che il fenomeno ricorre ad ogni celebrazione eucaristica domenicale, alle 12; i singoli rumori secondo lui indicano una qualche risposta al fedele in raccoglimento: preghiera, attesa, risoluzione dei problemi ecc. Questo in simultanea a più persone evidentemente, con sensazione di ricevere diversa, personale risposta, ma non tutti odono tali segni, alri li percepiscono diversi e contemporamente ad altri auscultanti.
Il senso? La Beata, dedicatasi in tutta la vita ad offrire le proprie sofferenze al bene altrui e ad alleviarle nell’ascolto e nella preghiera, prosegue la sua missione di soccorso alle anime in pena.

Proprio alla fine dell'ultimo postulante, come decenni prima, finalmente mi accosto nell'incredibile, assurdo gesto di ausculto… ed è un mix di rumori, messaggi o altro ma reali, nettamente percebili.



Mi risulta che tutt’oggi, pur con certa discrezione mediatica, proseguano i fenomeni e la riconoscenza dei devoti.


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MessaggioInviato: 04/12/2014, 00:35 
-2- prezioso incontro

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Biblioteca Girolamini, Napoli - Sala Vichiana


Nella foto è proprio una delle sale, forse la più bella tra quelle europee, della oggi tristemente famosa biblioteca girolaminiana... ma qui parlo di quando la barbaria contemporanea nn vi aveva ancora messo piede anzi, quando ancora chiusa al pubblico, era in riordino dai danni e ricoveri della guerra, con l'unica presenza di un direttore e di un ragazzino che vi si ricoverava nei numerosi "filoni" scolastici...

Era entrato in classe solo un paio di volte, giusto per annunciare che se n’andava in pensione; rivolse comunque l’invito d’andarlo a trovare, lì, di fronte al Duomo, nel complesso monumentale dei Girolamini; lui, padre Antonio Bellucci, ne era il Prefetto e Direttore della Biblioteca-Museo.

E capirete, a tredici anni, senza l’ombra di un’Internet e con un solo canale televisivo in bianconero, suonò come invito all’isola di Circe.
Era piccolo, tarchiatello, con due occhietti vispi e penetranti, piglio in apparenza severo, il vezzo di sfregare pollice e medio nel discutere e un’odore della colla addosso per sistemare etichette sui volumi e che lo seguiva perenne: era solo a risistemare quel tesoro della conoscenza: dopo i traslochi e salvataggi della guerra, la biblioteca era ancora chiusa al pubblico; mondo sospeso nel tempo, quelle splendide sale secolari, in cui s’aggirava con una carriola a trasportar volumi e compilare schede… Tutto qui? Il mio Maestro amatissimo, aveva all’attivo più di 350 pubblicazioni scientifiche in molteplici campi, membro di sette Accademie anche internazionali, pluridecorato Cappellano militare delle due guerre mondiali, con onorificenze per meriti culturali avendo salvato i preziosi codici e incunaboli girolaminiani dall’odio germanico, nonché la pinacoteca del '600 napoletano e, non ultimi, qualche centinaio di ebrei.

Lo ricordo commosso solo una volta, narrandomi dell’amata madre russa, venuta a Napoli al seguito dello zar Nicola e sposatasi qui, ma vivendo in miseria decorosa… lui studiava al liceo classico, con libri saltuariamente prestatigli dai compagni, al lume di candela di sego e su una sedia come scrivania e la madre che aspettava nottetempo finisse di studiare per andare anch'ella a dormire; tra le materie c’era anche l’ebraico, ai suoi tempi… insomma, cose impensabili per me allora, fantascienza oggi.

Mi sottopose ad un apprendistato di un’annetto, all’ascolto delle conversazioni che faceva la domenica mattina, dopo Messa, nel suo appartamentino, con chi veniva a trovarlo per confronto, consigli e questioni di fede e di scienza, come avevano fatto Croce, Di Giacomo, Conte e tanti studiosi d'ogni parte. Finché mi disse:
– Guagliò, mò lieggiti stù libro (era un vecchissimo testo di filosofia generale), poi puoi fare chillo che vuò tu, in tutta la biblioteca! -.

Fu di parola; quando mi diede l’ok, sguazzai a meraviglia in quel bendidio; le solenni e silenti sale divennero il rifugio di innumerevoli filoni scolastici, d’estate ed inverno mi ci crogiolavo, spesso del tutto solo con gran fiducia del Padre, tra quei tesori cartacei, vasi greci del IV secolo a.C., affreschi settecenteschi, enormi tavoli di quercia, strutture bipiano del '700 in noce e castagno, sdilabbrate liggiole di antiche maioliche, il tubare impietoso di piccioni svolazzanti nell’alto di finestroni divelti, il ticchettio del cipollone-sveglia di padre Bellucci sulla scansia delle enciclopedie, che laggiù, a decine di metri dal mio solito tavolo, echeggiava comunque, implacabile : tac-tic-tac-tic…

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Antonio Bellucci

Mai da lui una paternale, un moraleggiare pretesco, un farmi catechismo in sordina... ma solo e sempre logica e documentazione nei nostri colloqui, con la leggerezza di chi sa di non sapere e di voler sempre più sapere. Se così non fosse stato sarei scappato a malincuore ma a gambe levate; potevo andare come quando volessi a intervalli di tempo imprecisati, la porta mi si apriva sempre con il suo: - Ué, guagliò! - che mi riempiva il cuore ed eccitava la mente.

Due le lezioni cardine apprese da lui.
La prima è che l’albero della conoscenza è di due tipi: verticale o rovesciato. Nelle scienze fisiche alla radice e alla base del tronco vi sono le scoperte fondamentali di leggi e principi che generano rami e rametti, fino al fogliame più minuto in cui un’applicazione, semplice ma essenziale discende, senza rivelarlo direttamente, da una lunga serie di estensioni di quei principi e scoperte.
Nelle scienze umane, come la storia, l’archeologia e simili, invece, l’albero è rovesciato, le certezze fondamentali non sono alla base ma all’apice del fogliame più fitto, ogni fogliolina contiene una particella di conoscenza, frutto di specificissima competenza.
La seconda è nel conservare lo spirito d’ignoranza sempre, ascoltando con attenzione curiosa e poi, verificando, con l’esperienza e l’approfondimento, magari scoprire d’esserci sbagliati di grosso e che quella verità era solo la nostra verità.

Finiti liceo e Università, ero uno spiumacchiato e scoglionato bersagliere semplice assaltatore... saputo della suo grave stato di salute, gli feci visita. La pia donna che l’assisteva per antica riconoscenza m’avvisò che

- il Padre non connette più, non la riconoscerà… si ricorda solo degli incunaboli e dei codici che tiene in cassaforte nella sua stanzetta, grida che qualcuno li può rubare ... per il resto...-
E, invece, rimasi più di un’ora a conversare al suo capezzale, non so come ma dialogavamo inserendomi io negli spazi liberi di una sclerosi imponente:

- Rifarei tutto quello che ho fatto? Non lo so, ma di certo il Signore mi chiederà, non quante pubblicazioni ho fatte ma: Antò, tu prete, quante anime hai salvato?. Io tremerò alla Sua domanda! -

No, non mi ha salvato l’anima, che mi s’è fatta scura come il Monastero di Santa Chiara nella celebre canzone ma, certo, me l’ha risvegliata e ancora, al suo ricordo, me la tien desta. Una gran fortuna, quella mia di conoscerlo, insomma: mi ha "fatto le ossa" lasciandomi un metodo d'analisi, una certa tranquillità di giudizio che nelle circostanze un pò fuori dalla norma poi vissute, mi hanno lasciato la testa sulle spalle, già traballante di suo, ma integra nell'attraversare le fenomenologie parapsichiche.
Credo anche per questo che, nell'episodio della Beata Suor Giuseppina, rimasi freddo annotatore di un fenomeno, in attesa di aver strumenti per vagliarlo...

Eccolo allora, quel Tac-tic-tac-tic che mi misurava il tempo, nella fretta di sapere, "possedere" il sapere... illusioni di ragazzino, ma esaltanti! Poco dopo l'ultimo incontro, ebbi in sogno Padre Bellucci: attraversava la sala vichiana, quella della foto qui sopra, dal nome del fondo donato dal Vico che lì era di casa e che nell'accosta chiesa ebbe sepoltura (NOTA); nel sogno studiavo a uno di quei grandi tavoli. M'apparve d'improvviso nell'attraversare la sala e, senza fermarsi, mi fissò con quello sguardo accigliato che vedete. Mi svegliai di soprassalto, agitato.
Tac-tic-tac-tic… Proprio in quei momenti il cipollone-sveglia del Padre si fermava, esaurita per sempre la sua carica.

NOTA: sulla sepoltura del Vico e poi furto di preziosi testi avrei altro da dire, magari prossimamente.


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MessaggioInviato: 06/12/2014, 16:52 
-3 - griglia portentosa

- Dacci uno sguardo, quando hai finito me lo riporti e ne parliamo... no, non me lo chiedere chè non ci ho capito niente!- mi disse il mio prof.di flosofia, A. Moreno, consegnandomelo.
Golosamente scorsi il grosso tomo: centinaia di tavole anatomiche, dettagli di parti del corpo con una serie di linee che s'incrociavano su decine, migliaia di punti, ciascuno descritto con minuziosi dettagli e termini incomprensibili.
Non era un testo di agopuntura nè di anatomia.

- Questo é uno dei tanti acquisti casuali di mia moglie... e che devo fà! - sospirò con un sorriso rassegnato.

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(trattasi di uno dei volumi in foto)

La sua casa era sossopra per l'imminenza del trasloco, aveva ottenuta una docenza universitaria a Pavia, lasciava Napoli e la sua storia di tretntatreenne era molto movimentata: l'esperienza della politica di piazza, dell'intelligenza estrema come allievo prediletto del geniale matematico Renato Caccioppoli (il figlio dell'anarchica Bakunin), una laurea in Fisica Teorica lasciata ad un passo per quella in Filosofia alla morte suicida del Maestro; insomma, una stimolante miniera d'uomo.
La figlia, dodicenne, bella come un angelo botticelliano, un maschietto piccolino e la moglie, un'artista di gran temperamento, erano la sua famiglia che viveva lì, in quell'attico antico in via Atri, tra i mille cupoloni del centro storico, tra silenzi e ombre, nel guizzo irripetibile di anni di fermento e passaggio verso quest'oggi, tanto meno eccitante.

S'incuriosiva un pò della mia persona, esibivo le mie letture di Eddington, Tolansky e Plank nelle mai troppo lodate serie Bollati Boringhieri e, definendomi il più atipico degli studenti mai avuti, m'offriva la sua amicizia ospitandomi con succose conversazioni e lezioni di modellato della moglie pittrice.

Avevo poche ore a disposizione, ingolosito come mai volai a casa.... Ignoravo allora, chi fosse questo prof Giuseppe Calligaris, autore del vecchio tomo degli anni '30...
Trascorsi tutta la notte, su quelle intricate pagine, non c'erano note esplicative, commenti, ma solo aride schede analitiche in linguaggio tecnico, ciascuna scheda esaminava un punto-placca della pelle, come sensibilizzarla, con quali effetti di Repére ovvero segnali di risposta alla sollecitazione, gli effetti producenti ecc., con una meticolosità ed un dettaglio incredibili, come incredibili erano gli effetti descritti senza il benché minimo aggettivo esclamativo, né compiacimento, tutto gelido, asettico... e l'incredibile era che in retrocopertina citava innumerevoli altri volumi dedicati a varie zone del corpo e diversi risultati.

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Il neurofisiologo, autore del volume, descriveva dunque gli effetti incredibili nelle percezioni sensoriali dovute all'iperestesia di punti millimetrici del corpo, ottenuta con impercettibili cariche elettriche o sensibilizzazioni cutanee d'altro tipo. L'accensione, ovvero la stimolazione delle placche cutanee, diverse migliaia quelle individuate, avrebbero provocato fenomeni di endo ed eterovisione, all'interno ed all'esterno del proprio corpo, lasciando anche registrare sulla pelle immagini impregnate nella mente, conscia o inconscia, conducendo la sensibilità del soggetto a pochi millimetri dentro di sé fino alle distanze siderali in altri sistemi, anche galattici!
Allora cercai, dopo averli letti tutti, un protocollo sperimentale tra i più accessibili ai miei mezzi domestici, viste le diverse tecniche utilizate, ed i cui risultati fossero meno folli di quanto non apparissero tra i molti descritti mel testo come:

- il soggetto percepisce la visione di oggetti in forma e colore, alle sue spalle ad una distanza tra metri 1,20 e metri 7,80;
- il sogetto percepisce la visione di parte interna al suo corpo, sita tra la il IV e V spazio intercostale dx ad una profondità tra i 10 ed i 15 cm dalla cute;
- il soggetto percepisce visione di abitanti animati di corpi celesti, siti a distanza tra (?) ed (?) milioni di diametri di orbite solari...? !!!
Era un lavoro talmente analitico e acritico che impediva il gesto istintivo di gettarlo nella spazzatura, pur lasciando uno sconcerto enorme; per questo il professore, e io stesso, per un pò, non eravamo riusciti a capire di cosa si parlasse: l'arida scheda del protocollo scientifico, da un lato e l'assurdità concettuale dall'altro ma, soprattutto, direi, il non voler capire, il rifiutare ciò che esulava da logica acquisita e conoscenze.


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Scelgo allora un protocollo e ritaglio un cartoncino sottile di cm 7x5; lo coloro di giallo canarino su entrambe le facce. Predispongo il portalume con una lampada da 100 watt. Scelgo tre dei miei pullover.
Telefono a due cugini; ignari, aderiscono all'invito: "tu vieni e non ti preoccupare".

Il sole picchia già, é estate, sono le 9,00 del mattino, i cugini-cavie si guardano sospettosi ma rassegnati, sanno che, in fondo, non sono pericoloso, a parte ibernazione e scongelamento di mosche, maneggiamenti settòri con bisturi e frattaglie immonde al microsopio... ed altro ancora.
A fatica convinco il più grande di noi, Giulio studente di medicina, a mettersi a petto nudo, crotonese subito napoletanizzatosi: - ma tu, pè stà strunzata mi fai saltà 'a lezione d'anatomia 'e chill'nsallanuto 'e Ciardi-Dupré!!??- ( l'insallanuto docente era l'ormai anziano titolare di antomia e curatore-traduttore della ancora fondamentale e monumentale Opera del Testut), - dai che facciamo presto, vieni, siediti quà! -.
Sbuffa, Giulio, sulla sedia, deve tenersi il foglietto colorato aderente e fermo sul petto, in un punto ben preciso, demarcato con pennarello nero ( mi par di ricordare tra il quarto e il quinto spazio intercostale sx a ridosso del profilo sternale).
- E mò??... - mi chiede Giulio, - adesso calo la persiana e tiro la tenda, facciamo buio tranne che per questa lampada, accesa a contatto del foglietto; tu non muoverti, per cinque minuti, non pensare a niente; appena vedi un colore, ad occhi chiusi, me lo dici!?- .
- Si, va bè, ma 'a capa tua non é buona! E spiccia, che qui si schiatta di calore!-.

Paolo invece, l'altro cugino-volontario, più emotivo, guarda esterrefatto, mormorando appena:
- E... io??-.
-Tu niente, stai fermo e zitto, fai solo da testimone!- .
-E meno male!- mormora a denti stretti.

Sistemo i tre pullover per terra alle spalle di Giulio: uno a 2 metri, uno a 5 ed un altro a 7, nella stanza dall'altro lato del corridoio; quello a cinque metri é blu e di colore diverso dagli altri.

Il testo dell'esperimento scelto, diceva che il soggetto avrebbe avuto visione del colore di oggetti posti alle sue spalle ad una distanza di 5 metri esatti, entro 5 minuti dall'iperestesia su quei centimetri di torace.

Il caldo nella stanza aumenta, Giulio con quella lampada da 100 sparata a pochi centimetri sulla pelle, suda; nella stanza si soffoca, io mentalmente ripassa il protocollo dell'esperimento, sì, tutto a posto, vengo preso da piacere intenso, voluttà di sapere se é una boiata o cosa mentre, Paolo, tutto rosso, sembra non pensare, immobile come statua, al buio, in quella situazione paradossale.

- Blu! vedo una cosa blu! Basta, mannaggia la miseria!-, urla d'improvviso Giulio e butta all'aria la benda sugli occhi e la lampada mentre il foglietto giallo canarino gli resta appiccicato addosso.

Questi i fatti di quella mattina; al pomeriggio salii le scale di piperno dell'antico palazzo fino alla casa del professore, trepidante.
Che mi aprì sornione; da buon ricercatore subito mi chiese:
- E allora?-.

Alla fine del racconto, esclamò, quasi disapprovando: - Ma nooooooo!!?. ? Ok! Proviamo, subito!-.
Chiamò la moglie, una rapida spiegazione e il tutto fu pronto in pochi minuti, lui stesso avrebbe fatto da "agente", da cavia, voleva sapere: -incredibile, incredibile!- mormorava... tutti e tre ci guardammo come a fotografare facce da pazzi in un'istantanea, la moglie rinserrò le scuri, fu buio e la lampada dello scrittoio gli illuminò il torace cicciottello.

Andò come al mattino, uno scatto d'insofferenza, forse dovuto alla tensione ed al calore, e il "bersaglio" fu centrato ancora: bianco, questa volta bianco.

Mentalmente presi appunti, che ho ricordato con precisione fotografica per anni, di molti dei punti indicati nel testo e dei diversi sistemi: punta faradica, luce, frizione manuale, percussione... e degli effetti, quelli che mi parevano più importanti, alcuni davvero "impossibili".
Restituii il libro, il professore se lo rigirò tra le mani come avesse ritrovato un parente ricco, con più considerazione. E in effetti, poi seppi che era una rarità bibliografica, l'originale è introvabile.
Prese dei testi di logica matematica e mi firmò una dedica, in cui, sapendo dell'interesse ai processi della conoscenza, mi augurava di dar prova d' ingegno, in un futuro di nuova "epistemiologia del sapere", come scrisse, bontà sua; ma fu cattivo profeta.

Entrambi commossi, sinceramente dispiaciuti per il distacco, c' abbracciammo, per non più reincontrarci.

Giù, nel cupo, monumentale cortile, mi volsi a guardare, in alto, tra le crociere delle volte vi spuntava una felce, dal ballatoio dell'ultimo piano.


NOTA questo post racconta con i contenuti e la comprensione del fenomeno descritto, così come da me percepito e sperimentato nel 1964/65 con le conoscenze e le opportunità di approfondimento dell'epoca (nessuna!); la sconvolgente portata delle ricerche originali dell'Autore di cui parlo, si possono approfondire in italiano ed in tedesco nei moltissimi siti che le citano e da cui ho tratto le immagini; aldilà dell'impostazione di base di questi ultimi, le voci sono perlopiù curate da medici riflessologi e quindi, di buona attendibilità clinico-scientifica. Le opere del Calligaris, introvabili negli originali, sono rieditate dall'Associazione Aquarius (http://www.aquarius.it/catalogo) che le ha in catalogo tutte e dodici, o in fotoriproduzione, solo alcune, nelle Edizioni Associazione Vega il cui sito è tra i più completi e interessanti per la sperimentazione e pratica attiva del metodo Calligaris che vi è riportata (http://www.vega2000.it) . Va segnalata anche una delle infinite applicazioni possibili con il volume del noto Franco Volterri, serissimo sperimentatore e sensitivo proiettato nell'indagine archeologica, in "Archeologia dell' impossibile - di cui ampia presetazione su Edicolaweb (http://www.edicolaweb.net)


Ultima modifica di luciano cuomo il 06/12/2014, 16:58, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 06/12/2014, 20:41 
Mario Pincherle mi parlò di Calligaris .

E tratta di lui nel libro " Ararat chiama "



zio ot [;)]



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MessaggioInviato: 07/12/2014, 18:21 
cari amici ,
i libri di Calligaris sono reperibili qui
http://www.ilgiardinodeilibri.it/autori ... igaris.php

ciao
mauro


Ultima modifica di mauro il 07/12/2014, 18:30, modificato 1 volta in totale.


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-4- TRE COLPI

Lello me lo trovai davanti, all'ingresso nell'aula della I liceo, dopo il mio rocambolesco esame di licenza ginnasiale. Usciti dall'ascensore spinsi la carrozzina, destreggiandomi nella piccola calca del primo giorno. Mi lanciò un: - Ok, grazie!- con tono un pò sfottuto, gli dava sù di nervi essere aiutato da sconosciuti magari per pietismo.

Piccolo così, un corpo da bambino, inerme, ma una capoccia di quelle che ti tengono in fibrillazione come poche, ed era proprio questa credo, la motivazione di quell'amicizia cominciata lì, nel corridoio del liceo. Lui finì in prima fila, smoccolando come un turco ché se ne fregava di star comodo in bellavista e mi lanciava occhiatacce livorose, a me, felicissimo ultimo banco per devozione ed elezione!

Frequentandoci poi, provavamo un gusto forte nelle piccole sfide mentali come agli scacchi, dove ne uscivamo con il "fumo alle orecchie", o nelle discussioni di fede e scienza o, semplicemente, nel cazzeggiare e progettare improbabili futuri.
Lui studiava di brutto, seriamente, la madre lo seguiva di tacco con il latino e il greco ma era bravo di suo. Appena potevo ero da lui, festività comprese, ci piaceva la reciproca compagnia, per gusto, interessi e nient'altro. Alla sua casa al mare poi, a Scauri, ci si scatenava sulla sua motocarrozzetta, per noi una Ferrari da gran premio: lui, nella posizione ad uovo, con la testa praticamente sulle gambe ed io, steso sopra di lui come un avvoltoio, con le mani sul manubrio mentre, a suon di pugni scacciavo la sua mano dalla levetta del gas, che disperatamente cercava di sottrarmi per evitare di finire sulla cronaca nera de Il Mattino. Alle sgommate su quel trabiccolo, la gente schizzava via al nostro piovere sugli incroci, trattenendo gli insulti alla vista del "povero invalido" che in realtà sghignazzava felice: sono tra i ricordi più lazzari che posseggo, impagabili per quella sorta d'ebrezza dall'impunità conferita dalla situazione e dall'età...

Insomma, tra noi non c'erano differenze, fisiche intendo, o non le vedevamo, tranne i suoi acciacchi che, a volte, scoppiavano di brutto. Al massimo, allora, tirava qualche giaculatoria, mai rabbiosa ma sarcastica, semmai, e si stava così, insieme tra sfottò e molte chiacchiere. Le strade poi ci divisero ma quel filo di reciproci interrogativi e stimoli divenne sempre più ideale, terminati i nostri studi e le specializzazioni, il lavoro e il matrimonio mi allontonarono definitivamente da lui, inevitabilmente.

Lasciato il centro della città, pagando salatissimo affitto, abitavo in una piacevolissima casa ma piccola, per cui mobili e destinazioni cambiavano con il crescere della famiglia, cercando migliore dislocazione, finché arrivai al periodo della camera da letto sistemata vicino all'ingresso. Il piano alto, l'affaccio delizioso su un grande giardino e la vista sul Vesuvio, isolavano di giorno dai rumori del traffico; la notte, poi, era un paradiso di silenzi, poi spenti progressivamente dagli uccelli al risveglio, verso l'alba. Il massimo per me, che da sempre dormo pochissimo, ma quel pochissimo... è blindato!

Eppure... eppure mi capitò svegliarmi di botto, per un rumore all'ingresso, forse alla porta... ma erano le due del mattino, precise e la rompisveglia della moglie prof attestava, inequivocabile. Superato il dormiveglia cercai di analizzare il rumore, mi pareva fosse stato ripetuto, due, tre volte... evidentemente un colpo di vento, un cambio di pressione nel vano scala e il conseguente sbatacchiare dell'anta della porta d'ingresso sul ferro della mandata; una serratura con un pò gioco...

La notte seguente non ero in pieno sonno, e mi fu più immediato sentire, distintamente, tre colpi secchi: lo scuotere della porta d'ingresso sul battente della serratura. Al piano superiore c'era una famiglia spesso in casini tra loro, non trovando spiegazioni pensai ad una loro "turbolenza" notturna che avesse prodotto il rumore,,, ma erano tre, netti e separati da identico intervallo... Chissà!

Insomma, la terza notte ritenni che la cosa potesse ripetersi, avreste pensato lo stesso, considerata la consecutività delle prime due! Così rimasi sveglio, apposta, con un occhio alla rompisveglia mentre la moglie, ignara, sognava i chilometri di traffico che l'aspettavano per la supplenza dell'indomani...

- Embé, stavolta non mi fregate! -, non so se lo dissi ad alta voce o mentalmente, ma alle due spaccate un colpo, un secondo colpo, un terzo!
E balzo giù dal letto, incazzato anche, - qualcuno sfotte di brutto e glie meno ! Vado alla porta strillando, nell'occhio magico non vedo nessuno e, da incosciente, spalanco la porta, mi affaccio al pianerottolo...
Un silenzio che solo la notte piena può dare, una quiete nell'aria che suggerisce calma e riposo, ma anche, solitudine.
Incomprensibile, così ritornai a letto, senza particolare agitazione, rassegnato a non capire.

Franco è un altro comune compagno di liceo, anche con lui rapporti saltuarissimi, ci si risentì per una questione professionale e aggiornandoci su parentado e amici, venne fuori che Lello non era più. Da tre anni. Anche la madre, che l'aveva seguito pochi mesi dopo. Superata l'incazzatura per non aver ricevuto alcuna notizia dell'evento, ripensando ai giorni trascorsi con lui, mi venne un brivido improvviso, al ricordo di un preciso momento: Lello stava molto male, con il solito umore sosteneva che, statisticamente
- è sicuro che io me ne vado affà'nculo prima di te! -
Guardando i suoi occhi vivissimi per l'intelligenza e la febbre alta, mi si strinse il cuore perché aveva ragione.
Allora gli raccontai di San Giovanni Bosco che che aveva fatto un patto con un compagno di seminario: chi dei due sarebbe morto prima, avrebbe mandato all'altro, inequivocabile segnale della sua sopravvivenza .
- Ahhh! E sai che spasso! -
Per niente, Don Bosco ebbe la visione dell'amico, ma stette male per settimane dallo spavento. Allora proposi:
- Lè, guarda, può essere per me che per te, ok, più facile per te... e non fare scongiuri, che ti vedo! -
e lui, pur debolissmo cacciò con violenza il braccio e me lo porse a.. manico d'ombrello:
- scorretto! Tiè!-

Prendemmo quella volta un accordo, giurando ripetutamente sulle mie parole, precise che ricordo tutt'ora perfettamente:
- Lello, niente scherzi, con la massima educazione, direi con gentilezza e quasi chiedendo permesso e senza far scagare di paura l'altro, ok?!-

Questa fu la reciproca promessa tra ragazzi, ma la notizia della morte di Lello m'aveva messo un'agitazione addolorata dentro; mi misi a sfogliare con precipitoso puntiglio tutte le agende, perchè vi annotavo cose di lavoro e comunque in qualche modo, di rilievo. E infatti: sì, tre anni prima... in uno dei giorni del mese che Franco mi aveva detto essere della fine di Lello, avevo annotato :
TERZA NOTTE CONSECUTIVA...
Con un punto interrogativo.


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-4- GENIO SPACCIATO NEGROMANTE PER SOLDI
(incrocio di percorsi)


Una strana cappella anzi, data la grandezza, una chiesa vera e propria, quella nel centro storico napoletano, al lato di piazza San Domenico Maggiore, nel vicoletto De Sanctis: la Cappella Sansevero o Tempio della Pietà.
Era annessa al palazzo della casata che ne era ed è proprietaria; oggi, questo straordinario monumento del barocco napoletano è finalmente, famoso e celebrato, anche dai più recenti testi di storia dell’arte e, sfrenatamente, come da sempre, dalla voce popolare. Il fattore trascinante e affascinante era ed è soprattutto nel personaggio che la fece realizzare com’oggi si presenta: il principe Raimondo Sansevero de Sangro (1710 - 1771), gran notabile del regno, geniale, ricco, potente...

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Ritratto giovanile del Principe Raimondo de Sangro di Sansevero, Grande di Spagna

La Cappella Sansevero era una delle mie sedi preferite per "abbordare"... eh sì! C'era poca trippa per gatti... le compagne di classe indossavano d'obbligo grembiule e calzerotti... figurarsi! Così, agli sguardi ammirati sui capolavori misterici nella Cappella, alle occhiate mute e interroganti di qualche bella visitatrice, m'inserivo con fare disinvolto prodigandomi in spiegazioni ed il gioco era "quasi" fatto! Altri tempi, altre necessità...

Ma conoscevo l'ambiente e la storia del principe come tutti allora, ossia con la fama sinistra del Principe-stregone (in seguito rivelatasi tale per interessi di "biglietteria" all'ingresso della cappella e per qualche prezzolato "storicuzzo", con pubblicazioni utili alla costruzione del business); una storia dunque, ricca di gruignoleschi racconti e alcune palle ridicole: il Principe, don Raimondo, aveva commissionato statue simboliche, ricche di stupefacenti effetti ipnotizzando gli artefici (!) ma,in verità, aveva anche realizzato una carrozza a cavalli che andava per mare (mediante rotazione di pale meccaniche), per non dire di una stamperia con la prima imprimitura mondiale in policromia, e che dire della sua partecipazione alla Massoneria eppure, aveva scritto di matematica e praticato l'alchimia ed infine, era stato autore dell'orripilante visione di due scheletri con tutto il sistema arteriovenoso "metallizzato" e avviluppato sulle ossa di due suoi schiavi così uccisi ma, anche, del primo "impermeabile" (l'incerata) della storia, donata a quell'indefesso cacciatore di re Carlo III per le sue battute alle folaghe in mare... il lume perpetuo e mille diavolerie, come la cura al cancro di un principe suo caro amico... ma tutto questo, opera del diavolo, delle sue arti magiche o che?
E la sua tomba, nella Cappella,vuota! Infine: forse un passaggio murato accedeva al sottosuolo, con il suo laboratorio segreto ricco di indicibili segreti?

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macchina anatomica

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Cristo velato del Sammartino

Ragionai da ragazzotto curioso di smontare il giocattolo e vedere che c'era dentro... mi organizzai così per presentare ai proprietari della Cappella un'ardita, oggi direi una temeraria proposta...


Ultima modifica di luciano cuomo il 21/12/2014, 01:06, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 21/12/2014, 10:20 
-4 / 2- GENIO SPACCIATO NEGROMANTE PER SOLDI
(incrocio di percorsi)


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Napoli, Cappella Sansevero

Alla gentile signora che al tempo fungeva da receptionist tuttofare alla visita della Cappella, chiesi di riferire agli eredi la disponibilità ad effettuare scavi di ricerca nella stessa, con adeguato gruppo di ricercatori... E chi erano codesti adeguati? Qualche compagno di liceo e un paio di universitari... !
L'arruolamento di quattro fessacchiotti, peraltro squattrinati, procedeva con successo, nell'entusiasmo ben comprensibile di un'avventura romantica e pericolosa... nella ricerca che mi proponevo c'erano tutti gli elementi della poetica geniale di Edgar Allan Poe, ma la mia... non era nemmeno poetica perché assolutamente velleitaria.

Ma devo fare un salto avanti nel tempo, per spiegare meglio la situazione generale, ancora poco indagata e nota, in assenza di internet ed altre favorevoli circostanze.
Dunque, quello che ora dirò sulla figura del Principe, all'epoca dei fatti m'era ignoto, vado pertanto avanti negli anni, ovvero ai primi '80. Ero in contatto con il prof. Giorgio Di Simone, Presidente del Centro Italiano di Parapsicologia (Napoli); il C.I.P. oggi è dismesso ma non lo GNOSIS, un centro di ricerca interdisciplinare, attivo ancora oggi pur nell'avanzata età del Maestro (http://www.quadernignosis.org/). (nota1)

Dunque il Di Simone mi accenna ad una consulenza che stava conducendo come controller e supervisore, per una eccezionale. singolare fenomenologia in atto nell'antica dimora di una anziana aristocratica napoletana e su invito di una insegnante di letteratura presso il liceo classico Umberto di Napoli, nonché praticante giornalista; non essendo ancora pubblicati i fatti da parte della ricercatrice, non riteneva di potermene dare dettagli, ma sosteneva che certamente, avrebbe provocato una rivoluzione conoscitiva sulla figura del principe di Sansevero, - ... sì quello della celebre Cappella... -.
Non gli scuciì altro, ma data la mia giovanile esperienza con i luoghi di don Raimondo, la cosa mi lasciò in cottura di spasmodica curiosità. Sono una testa vuota quanto a memoria ordinaria ma, su certe cose... così mi ricordai di un breve articolo su Il Mattino che avevo nel mio archivio, di qualche tempo prima, a firma Clara Miccinelli (nota2); l'avevo notato e ben sottolineato per l'approccio ammirato al personaggio e il deciso rifiuto dell'immagine stregonesca del Sansevero.

Quest'articolo segnò la vita di studiosa della giovane prof... e il primo effetto fu una telefonata della nobildonna di cui sopra. Nei volumi dedicati alla vicenda, che cito in nota, l'appassionante svolgersi dei fatti, attestato dal Di Simone in una ampia prefazione; in sintesi, presentavano fenomeni di "infestazione" ( ma qui il senso negativo va eliminato) di una presunta personalità defunta con materializzazione di scritture murarie, cartacee ed altro. La colta padrona di casa, non intimorita ma resosi conto della singolarità, per via della forma e dei materiali scrittorii, di coerenti e ripetuti "messaggi" di chi asseriva essere il Principe di Sansevero che chiedeva in sostanza rivalutazione della sua vicenda storica e scientifica, letto l'articolo, chiama l'Autrice per sostegno ed eventuale divulgazione.

Ma la situazione si complica, anzi, si evolve ed articola con manifestazioni come "apporti" di oggetti, prove dirette e indirette che volevano essere irrefutabili attestati di autenticità del comunicante. Interviene allora il Di Simone e sotto i suoi occhi avvengono nuovi fenomeni tra cui la materializzazione di un piccolo fornello alchemico in scintillante, vaporosa attività con produzione di oggetto d'oro! Iniziano le verifiche tra cui le perizie calligrafe, riscontrate con documenti autografi d'epoca reperiti presso l'archivio storico del Banco di Napoli e l'indagine chimica e strutturale sui materiali prodotti: tutto con caratterististiche proprie dell'epoca del Principe, firma, scritture e inchiostri anch'essi dichiarati autentici.

Poteva essere abbondante messa di risultati questa, per eclatante pubblicazione, ma il Principe chiedeva di dimostrare l'assoluta scientificità della sua Opera e la riabilitazione umana dinanzi alla storia in quanto vittima dell'ignoranza, della malafede e della superficialità di chi l'aveva fatto passare per negriero, satanista e quant'altro (Un contributo in tal senso, in verità, lo dette anche lo stesso Croce...!) Ecco che la Miccinelli si volge alla ricerca della sua officina... alchemica, a questo punto! Sì, proprio quel locale che io avevo proposto di ricercare nei sotterranei della Cappella, come indicava la leggenda popolare e storica. La giornalista inizia l'esplorazione del sottosuolo, in quella zona vasto e articolato come una groviera di acquedotti e cave, anch'esse millenarie, con l'aiuto di esperi speleologi. La mappa che ne ricava e la documentazione fotografica poi pubblicata, escludono ogni e qualsiasi laboratorio sotterraneo. L'unico rumore infernale che popolo e dotti con comprendevano cosa fosse, proveniente da locali di proprietà di don Raimondo, credo fosse proprio di quella avanzatissima tipografia, simile a macchine automatiche odierne e non a torchio, pagina per pagina di un solo colore, come allora! Altro che laboratorio infernale in cui si tagliavano a pezzi poveri malcapitati e si udivano per questo, grida infernali e minacciosi fragori...

E allora? L'alchimista, generato dalle conoscenze dell'esoterismo massonico, di cui fu importante animatore nel regno di CArlo III di Borbone, dove svolgeva l'Opera, segreta e complessa?


(nota1) Giorgio Di Simone, già docente presso la facoltà di Architettura a Napoli e presidente del Centro Italiano di Parapsicologia è ricercatore di livello internazionale tra i pochissimi italiani, tra cui Servadio, Cassoli, Dettore, Inardi ..., tutti medici specialisti tranne lui e Dettore docenti (interessante, di questi illustri personaggi, aldilà della comune credulità, la loro posizione agnostica, tranne che per il filosofo Ugo Dettore e lo stesso Di Simone; fatto non inusuale nella ricerca spirituale e psichica che non comporta fideismi ma solo studio obiettivo) ; ha lavorato sui principali fenomeni di confine (è sua la definizione);. Notevole la sua bibliografia tra cui il fondamentale "Rapporto dalla dimensione X" Ed. Mediterranee, con oltre 15 edizioni e che per il Di Simone comporta, tra gli altri suoi meriti scientifici, quello di aver seguito, studiato e divulgato per un venticinquennio un'imponente fenomenologia medianica ad elevato contenuto interpretativo della Realtà (di questo caso, che ritengo il più complesso e straordinario di contenuti in tutta la letteratura medianica, ne parleremo secondo la cronologia dei fatti nei prossimi post).


(nota2) Clara Miccinelli, dopo la pubblicazione delle sue indagini sul Principe di Sansevero ( Il tesoro del Principe di San Severo. Luce nei sotterranei"e "IL Principe di san Severo-Verità e riabilitazione"Società Editrice Napoletana,Napoli,1982/83 poi in ristampa nel 1985 presso ECIG,Genova), è poi divenuta brillante saggista e ricercatrice storica con: "E Dio creò l'uomo e la massoneria",ECIG,Genova,1985 C .Miccinelli" ; Nerofumo. La doppia ombra del gesuita maledetto, Miccinelli Clara; Animato Carlo, 2003, Sperling & Kupfer; Il conte di Montecristo, Miccinelli Clara; Animato Carlo, 1991, Edizioni Mediterranee; Quipu. Il nodo parlante dei misteriosi Incas, Animato Carlo; Miccinelli Clara, 1989, ECIG Kupfer da cui studi e convegni internazionali sulla sua interpretazione del sistema scritturale degli INCA, dedotto dall'esperienza sul caso Sansevero e da un ritrovamento proprio nelle sue carte di famiglia: è stato anche oggetto di tesi di laurea http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=11695


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materializzazione su parete della figura del principe

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27,43 KB
materializzazione di scrittura del principe

Ma non era tutto....

(le ultime due immagini nn si aprono, appena possibile vedo di risolvere..acc!)


Ultima modifica di luciano cuomo il 21/12/2014, 10:28, modificato 1 volta in totale.

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-4 / 2- GENIO SPACCIATO NEGROMANTE PER SOLDI
(incrocio di percorsi)

Inserisco le immagini prima non visualizzate:

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materializzazione imagine del Principe su parete

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confronto scrittura materializzata (sotto) con altra autentica del Principe


Ultima modifica di luciano cuomo il 21/12/2014, 13:19, modificato 1 volta in totale.

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[size=125]-4 / 3- GENIO SPACCIATO NEGROMANTE PER SOLDI
(incrocio di percorsi[/size])


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Lo scrignetto ritrovato nel sottopavimento della cucina della signora A.C., su indicazione medianica del Principe, al momento dello scavo. Contiene testamento spirituale (peraltro con significative premonizioni), suo autoritratto giovanile a cera, il Diario alchemico e altro.

Vivere l’avventura della ricerca, a qualsiasi età e in ogni campo, anche se velleitaria o professionale o dilettantistica, è uno dei percorsi più formativi e appaganti che ci si possa donare… L’istanza del conoscere e del crescere, innata e irrinunciabile, come in questo Forum, anche nei quesiti apparentemente più improbabili e astrusi, si dimostra meravigliosa macchina mentale che spinge e vuol condurre alla consapevolezza, alle ragioni del nostro essere.

E quale avventura più stimolante del trovar traccia delle fonti e delle prove del sapere di Don Raimondo de Sangro, principe di Sansevero, come in un film per adolescenti della Disney? E venne la risposta degli eredi: con 50 milioni di lire del 1963, da spendere per il ripristino della malconcia Cappella, i proprietari-eredi del Principe avrebbero poi dato consenso alla mia proposta di scavo e ricerca all’interno della stessa…!! Ma che “bella pensata”, da ridere, pensando che all’epoca acquistavo sigarette di contrabbando e sfuse (quattro o cinque per volta)… E se fu troncato il mio sogno comunque, tempi stavano maturando per concederlo ad altri attori.
Dopo una quindicina d’anni il terremoto dell’80 fornì i fondi pubblici per il restauro e quindi, per un rinnovato e internazionale business sul “mago del settecento napoletano”.

E prima di citare alcuni dei fatti e dei documenti ritrovati con la straordinaria ricerca della Miccinelli, cui qui devo i credit dalle sue pubblicazioni, voglio sottolineare alcuni dei motivi meno intimi del personale legame verso questa vicenda:
il successo editoriale dei titoli pubblicati sul caso medianico del Principe, fece sì che proprio la stessa casa editrice (S.E.N.), prestigiosa per il suo catalogo dedicato esclusivamente ai beni storici ed ambientali, accettò di pubblicare anche il mio primo lavoro in tema paranormale;
l’anonima aristocratica nella cui casa s’erano svolti i fenomeni rivelatori, in realtà l’avevo incontrata qualche anno prima degli stessi, inconsapevolmente e per motivi professionali verso i miei trent’anni;
dal mio primo contatto con il prof. Di Simone, nel quale m’aveva confidenzialmente anticipato gli eventi della straordinaria manifestazione del Sansevero, scaturì la mia partecipazione al suo istituto di ricerca interdisciplinare GNOSIS.

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Il Prof. Giorgio DI Simone

Vediamo ora alcuni dei fatti e documenti.

Il diario alchemico, testimonia e racconta, per mano dello stesso Principe, la lunga e completa lavorazione del processo alchemico. Ma la sua ulteriore straordinarietà, consiste nel fatto d'essere stato scoperto in casa della signora C.A. su indicazione medianica del Principe, a 30 centimentri sotto mattonelle di una camera, con altri preziosi reperti .

Perché tutto in quella casa? Perché, come la Miccinelli ha scoperto, mediante contratti originali dell'epoca, essere proprio lì la destinazione a studiolo del Principe, lontano dal palazzo di famiglia e sotto il quale, a 30 metri di profondità, vi sono i locali del famoso, altrimenti introvabile laboratorio alchemico. Proprio in quegli ambienti era stata realizzata l'operazione delle macchine anatomiche, come specifica un contratto di affitto del 20 gennaio 1763, sottoscritto da Notar Francesco De Maggio, fra un tale Michele Capurro e il Principe, per “un appartamento (…) al primo piano nobile a sinistra dell’androne nella Casa Palaziata alla Strada Infrascata”, con annesse grotte sottostanti.
Dall’archivio storico notarile emerge un altro contratto, stipulato 22 giorni dopo, garantisce a Giuseppe Salerno, medico della Scuola Salernitana di Medicina, che il Principe si impegna a sistemarlo “in loco solitario e con tutte le convenienze” affinchè egli possa costruire una “Macchina Anatomica (…) eseguita a puntino con cera”. Altro che coppia di schiavi metallificati... ma filo di ferro, cera trattata ad hoc, spago, coloranti...

Raimondo De Sangro di Sansevero dunque, per sei anni, agita e coinvolge diverse persone nella sua riabilitazione, al punto di mostrare non solo la sua identità, fornendo indizi riscontrati negli archivi, ma anche producendo dimostrazioni concrete.
Nella casa dell' "illustre dama", come apostrofò la padrona di casa il Principe, in una scrittura materializzata, alla presenza di più testimoni, produce una materializzazione straordinaria... un pezzo di piombo che, tra rumori e tramestii, come di lavoro d'officina, si tramuta in un lingottino d'oro, per attestare la realtà della trasmutazione dei metalli!
L'insieme degli avvenimenti, dunque, porta in unica direzione: la volontà intelligente di un comunicante, il Principe, e all' indicazione per giungere, tra l'altro, alla scoperta dei documenti con cui si dimostra il percorso scientifico delle sue scoperte e, non certo, magie.

Insomma, il quadro complessivo di quest'indagine di complessa e profondissima portata che qui è impossibile solo sintetizzare, discopre un don Raimondo che unisce e raccoglie i saperi delle scienze e delle arti, della filosofia e dell'esoterismo, fino all'alchimia che lo apre alle più sottili consapevolezze dell'Essere e della divinità.

La sua attività di inventore, massone e alchimista, non poteva passare inosservata sicché, nel 1751 subisce la repressione, la scomunica ed pur il tentativo a vuoto dell'Inquisizione di tradurlo a Castel Sant'Angelo; don Raimondo si vide costretto a chiudere la tipografia in cui stampava i manoscritti da lui stesso tradotti, a volte sotto pseudonimo.
Due gesuiti, in particolare, tallonavano da presso il Principe: Innocenzo Molinari e Francesco Pepe che riferivano ai responsabili superiori dei servizi vaticani circa le opere e le iniziative del Principe. Soprattutto si scagliavano, nei loro rapporti, contro le opere pericolosamente scientifiche che Raimondo stampava e divulgava: un vero attentato alla dottrina della fede.

Cosa volete che divulgasse tra i contemporanei, per sollevare dubbi e sospetti se, nella lettera di Raimondo Di Sangro del 14 novembre 1763 e indirizzata al barone H. Theodor Tschudy, si leggono passaggi criptati, scritti con un codice a traslitterazione.
La Miccinelli ne fornisce la chiave di lettura: il Principe avrebbe scoperto la radioattività naturale a metà del '700, con almeno centocinquant'anni di anticipo sui coniugi Curie! Il "raggio-attivo", così lo chiamava, proveniva da un minerale, la pechbenda (che però Don Raimondo indicava con termini vaghi: "… quelle sostanze cristalline, luminescenti al buio color di pece e d'olive..."), e aveva un effetto letale sui viventi, come provato dalla sperimentazione sulle farfalle, effetto che si poteva però annullare con il piombo (chiamato "Saturno").
Ecco come viene riportato il passaggio:
"Allorquando ebbi incontro con Supremo Fr. S. Germain, per Gabalì a lui mostrai la scoperta di quelle sostanze (che sapete) cristalline luminescenti al buio di color pece e d’olive (ch’ebbi in gentile dono da S. M. di Prussia) ch’io purgai da piombo, silicio, rame e varie impurità. Le quali subirono in crogiolo concentrato nei vari cammini alchemici. Esse procurarono la morte di farfalle chiuse in ampolle con coverchi forati. Infrapponendo lastra di Piombo tra ampolle e sostanze, le farfalle non morirono. Saturno bloccava raggio e affluvio mortali. Il fenomeno è al pari di raggio-attivo, simile a quello osservasi nel Sole."
Come ricordato, l'esposizione radiottiva dovette condurlo alla morte, con tutti i sintomi oggi riconosciuti a questo tipo di avvenelamento.



Diario alchemico

E che dire dell’opera intitolata Dissertation sur une Lampe Antique trouvée à Munich en Vannée 1753, in cui Raimondo de Sangro si riallaccia ai tenebrosi studi sulla palingenesi da lui compiutii tra il 1752 e il 1756. Nell'accezione che attribuivano al termine de Sangro e i suoi predecessori seicenteschi, la palingenesi era l'arte di ricostituire un corpo organico, animale o vegetale, partendo dalle sue ceneri o, come allora si diceva, dai suoi "sali essenziali". Dopo aver sperimentato la cosiddetta palingenesi naturale, che mirava a riprodurre fenomeni osservabili in natura (come per esempio la liofilizzazione o il ritorno alla vita di piccoli animali disidratati), passò ad esperimenti su "sali" ricavati da ossa di defunti, prelevati da comuni ossari o dalla tomba di famiglia annessa alla Cappella Sansevero. E fu proprio un parente del principe, Gianluigi Origlia, a narrare che, durante un esperimento, un vaso pieno di "sali essenziali" cadde a terra spargendo una non meglio definita materia che, bruciando, non si consumava. Utilizzando questa materia, de Sangro realizzò due lampade che definì "lumi eterni" e rese pubblici questi esperimenti in alcune lettere indirizzate all'accademico fiorentino Giovanni Giraldi e all’abate Jean Antoine Nollet, fisico dell'Accademia delle Scienze di Parigi.
"Nel mese di luglio del passato anno essendomi applicato ad una operazione chimica col disegno di fare alcune fisiche esperienze, dopo essermi essa costata la fatica di ben quattro mesi di lavoro, m'accadde fnalmente una sera degli ultimi giorni di Novembre che, nello sturare verso un'ora di notte quattro orinaletti di vetro da stillare, che io tenea innanzi a me su d'un tavolino, appena la materia, in uno di essi contenuta, del peso d'una quarta parte d'oncia meno sette grani, fu da me accidentalmente approssimata ad un cerino. Che tosto s'accese, e alzò una bella e viva fiamma, la quale inclinava al gialletto". Così de Sangro descrive la casuale scoperta di uno strano combustibile di origine organica che sembrava non spegnersi mai, né mostrava di consumarsi.
"Lasciai che continuasse ad ardere la detta materia per osservarne la sua durata: ma erano già le ore sette della notte; e pure, dopo sei continue ore di accendimento, la fiamma era tanto piena, viva e pudrida, che parea d'essersi allora accesa. <...> Dopo questa esperienza mi cadde in pensiero di pesarla giacché mi parea di non essere punto diminuita, e d'essere di quella stessa consistenza che avea la sera antecedente prima d'accendersi, cioè, a guisa d'un butirro molle in tempo di state. E difatto, nel pesarla, trovai con mia estrema meraviglia ch'essa non era scemata neppure un atomo del suo primo peso".


Foto del Diario alchemico (annotato nel percorso di ricerca di 36 anni)
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E... c'è dell'altro...


Ultima modifica di luciano cuomo il 30/12/2014, 15:05, modificato 1 volta in totale.

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