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 Oggetto del messaggio: altra Qwerty
MessaggioInviato: 05/04/2016, 08:40 
Qwerty #3 (2011)

Non son, io, il poeta William Blake di potenti visioni, benché anch’io coltivi un’arte. L’archeologia sta cambiando il modo di figurarci il mondo: a Göbekli Tepe, nella valle turca di Urfa, i più antichi circoli megalitici al mondo, e di perdute genti dell’ottomila avanti Cristo, nei cui occhi amorosi entrò il grande sonno. Forse un giorno si dirà che il “lamassu”, o toro androcefalo alato, che presiedeva antiche porte urbiche come quelle di Ninive, rassomigliava all’iconografia dell’apostolo Luca, come del resto è nella visione stessa del profeta Ezechiele. Ma non solo questo: Anzu, il leonino uccello, potenza dell’uragano e caro alla Ur dei Caldei da cui uscì Abramo (se mai uscì da Ur e non da Urfa, altra urbe caldea), rassomiglia stranamente al simbolo di Marco. Ed essere alato dal volto di rapace a Giovanni, e genio barbuto, presso il cosiddetto Albero della Vita, infine, a Matteo. Forse un giorno si dirà che l’inconscio collettivo era infarcito di tali antiche presenze nelle terre dell’Eufrate e del Tigri. Certo, tutto può capitare: il tempo è un cappellaio matto. Da Alasija-Cipro, isola a forma di scorpione e per me dei Pelasgi, all'iranica Aratta tutto il mondo conosciuto di Sargon di Akkad ha una sola lingua scritta: il cuneiforme. E tanti gli idiomi originari della Babele di Hammurabi, coevo di Abramo, che ebbe schiava egizia di epoca hyksos. E l'aramaico fu parlato dai re dei re dell'Apadanà, in Iran, di cui uno di essi nacque virginalmente come il nostro Romolo, poi divinizzato Quirino. Forse per una rara informazione genetica ereditaria, intesa come straordinaria mascolinizzazione del profondo del femminino, persone come queste stesse vengono alla luce. Nel mondo degli eroi ben nota in Asia Minore fu l'epopea di Ghilgamesh, con il racconto del diluvio Amaru (Abubu) in cui si salvò il lontano Ziusudra, uno dei quattro Noè di quel piccolo universo di Amorrei, Assiri, Elamiti e Sumeri. Egli vide lunga vita a Dil.mun(ji), probabile isola d'empori nel Nar Marattu del Bahrein. S'io volessi cercar un'arca scalerei il Monte Nizin, non l'Ararat, e mi arrampicherei fin sopra la luna; s'io cercassi, invece, un'altra arca, e di Alleanza, osserverei meglio bel vaso di Pompei in cui è raffigurato Dario il Persiano. Ma di quell'oro non ne sarò mai predatore come centauri, quei cavalieri nomadi Sciti che, calati dalle steppe, invasero il Nord dell'antica Mesopotamia: ciò costò le fatiche di schiavi nelle miniere nubiane, non del Sinai di Serabit el-Khadim. E di lacrime è intessuta la storia, ma nonostante vergati libri sapienziali s'incespica ancora nelle tenebre.


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