Ribera: A Santa Rosalia Mimmo Macaluso scopre il Qanat delle meraviglie
Di Redazione -15 aprile 2025
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Continua intensamente l’attività culturale e scientifica del “Circolo Buoni Amici” che ha organizzato, grazie all’impegno del presidente Ignazio Mascarella e del direttivo, l’ennesima conferenza che ha portato alla conoscenza di una interessante scoperta geologica e archeologica nel sottosuolo della cittadina. Nel corso dell’incontro, che si è svolto nel salone del sodalizio nato nel lontano 1844, Mimmo Macaluso, Ispettore Onorario ai Beni Culturali della Regione Siciliana, di professione medico chirurgo in ospedale, sommozzatore e ricecatore, ha descritto una struttura sotterranea che fa parte del sistema sorgentizio di Santa Rosalia, realizzato con la funzione di presidio di captazione della falda acquifera; si tratta di una rara testimonianza di antiche tecniche di sfruttamento delle acque, rappresentate da canali scavati nella roccia, chiamati Qanat.
Queste strutture furono ideate circa 4.000 anni fa nell’antica Persia per fronteggiare una crisi climatica e progressivamente si diffusero in tutto il Mediterraneo: quello identificato a Ribera, potrebbe essere uno degli ultimi ad essere stato realizzato e Mimmo Macaluso lo ha definito il Qanat delle meraviglie, non soltanto per la sua valenza storica. Ecco la descrizione del Qanat, ma anche alcune considerazioni dell’autore su un territorio che a fronte di straordinarie risorse, non riesce ad esprimere le proprie potenzialità.
“È ancora possibile alla fine del primo quarto di secolo del 2000, in un’epoca ipertecnologica dove ogni centimetro della Terra è monitorato da reti satellitari, rinvenire straordinarie strutture che sono rimaste celate per secoli?
Caltabellotta ci sorprende con le sue testimonianze di antichissime culture, dedite alla venerazione delle stelle, come i siti di arche-astronomia rinvenuti dal prof. Enzo Mulè o con i resti di quelli che potrebbero essere stati dei bagni rituali ebraici che ho esplorato all’interno di un pozzo della sinagoga di quell’antica città, oppure rivelandoci opere d’arte come una Santa Caterina da Siena, intenta a bere il sangue dal costato di Gesù, raffigurata in un affresco celato all’interno della grotta di San Pellegrino.
Ci sorprende Cattolica Eraclea, con le sue antiche miniere di Lapis spcularis, un gesso usato dai romani al posto del vetro piano, che dopo essere stato estratto, veniva trasportato lungo il corso di un ruscello ed attraversare un tunnel scavato alla base del massiccio di monte della Giudecca, per raggiungere il fiume Platani ad arrivare ad Eracela Minoa, per essere imbarcato e raggiungere i porti dell’impero romano!
Ho esplorato e segnalato quell’antico e straordinario tunnel, assieme ai resti di un villaggio di epoca romana, il probabile insediamento di quegli antichi minatori, posto a qualche chilometro da quelle miniere che per motivi facili da comprendere, erano chiamate grotte dell’Inferno!
Si continua ad effettuare straordinarie scoperte, soprattutto in territorio come quello di Ribera, che dotato dalla natura di terre fertilissime e di acqua, è stato teatro di frequentazioni e stanziamenti umani, sin dal neolitico ed è inappagabile la gratificazione apportata del piacere della scoperta, come i ritrovamenti nel territorio riberese, di monumenti sepolcrali tipo dolmen, testimonianze di una tecnica costruttiva definita dal compianto Sebastiano Tusa “megalitismo ridotto” incastonati da millenni nel costone calcarenitico pliocenico giallo ocra, che fronteggia il castello di Poggiodiana. E proprio sotto il castello, ecco i resti di una struttura ipogeica, un tunnel realizzato nel 1562 – come ha scoperto lo straordinario ricercatore Raimondo Lentini – per il rifornimento d’acqua per il mulino di Poggiodiana, un tunnel utilizzato anche come via di fuga, in connessine con un camminamento lungo oltre due chilometri, che poteva consentire ai castellani, in caso di attacco al maniero, di raggiungere l’altipiano di Scirinda, dove era stanziato un presidio militare, una Sergenteria.
Ed infine, l’ultima scoperta (o meglio una riscoperta in quanto quest’opera era stata rinvenuta negli anni ’70 del secolo scorso, ma non studiata), una struttura idraulica atta ad intercettare e convogliare all’esterno la falda acquifera dal costone roccioso sul quale fu costruita Ribera, una galleria che fa parte del sistema sorgentizio di Santa Rosalia: l’integrazione tra lo stadio in situ e quello negli archivi, ha consentito di identificarne la datazione e la funzione di questa struttura.
Nella individuazione di un sito dove realizzare un insediamento, il primate homo è stato condizionato preminentemente dalla presenza della risorsa acqua e nel territorio di Ribera, ne abbiamo una importantissima testimonianza: l’area archeologica di Scirinda, un complesso abitativo che presenta una stratificazione che va dalla media Età del Bronzo fino all’Età del Ferro con una sequenza ininterrotta di fasi abitative, l’ultima delle quali riferibile ad un villaggio del VIII-VII sec. a.C. La presenza di un insediamento sviluppatosi quattromila anni fa e con una frequentazione protrattasi con una continuità di milletrecento anni, è certamente da mettere in relazione con la presenza delle ricche sorgenti, distanti appena 350 metri, contigue alla quali, sorgerà millenni dopo, un altro insediamento, Ribera che viene idealmente a rappresentare la continuità del villaggio di Scirinda e di conseguenza, l’antichissimo villaggio di Scirinda, era dunque una Ribera, prima di Ribera!
In tempi più recenti, l’esigenza di un agevole e continuo approvvigionamento idrico, ha continuato ad influenzare la scelta del luogo dove edificare un nuovo abitato e nel 1636, questo è valso anche per il nostro giovane Comuna, col suo primo quartiere sorto sul piano di San Nicolò, interessato dalla presenza alle sue pendici, delle ricche sorgenti che furono chiamate, di Santa Rosalia.
L’acqua che sgorgava spontaneamente dalla collina, alimentavano diversi cannoli, un lavatoio ed un abbeveratoio, strutture che venivano raggiunte quotidianamente dalle donne del paese per il rifornimento di acqua potabile e per il lavaggio della biancheria. Ma il percorso per arrivare alla sorgente, anche se breve, era impervio e ripido, raggiungibile esclusivamente a piedi o con una animale da soma, ma non dai carretti: le donne riberesi portavano le brocche piene d’acqua in equilibrio sulla loro testa.
Quando la distribuzione idrica arrivò nelle abitazioni di Ribera, si assistette all’abbandono del sito di Santa Rosalia e progressivamente, la vegetazione ha invaso il sentiero che conduceva alle sorgenti impedendone l’accesso, mentre la mano dell’uomo ha provveduto a degradare quello straordinario sito, trasformandolo in discarica. Ma i riberesi non hanno mai dimenticato la bellezza e la storia di quel luogo e continui sono stati gli appelli rivolti alle varie amministrazioni comunali che si sono succedute, per recuperare e salvare dal degrado Santa Rosalia, richiesta lanciate da associazioni culturali, ma anche da semplici cittadini, tra i quali Emanuele Siragusa, Giuseppe Mazzotta, Franco Mascarella, Giovanna Miceli Jeffries, Nicola Ciliberto, Enzo Minio, Giuseppe Puma, Totò Catelli, Mimmo Tornambè, Nicola Ciliberto, il sottoscritto, don Antonio Nuara.
Nel 2007 grazie ad una iniziativa dell’associazione “Per Ribera” l’Amministrazione Comunale guidata dal sindaco Nino Scaturro, provvide a realizzare un accesso all’area ed il 20 gennaio di quell’anno, centinai di studenti, ma anche di nostalgici cittadini, effettuarono una passeggiata ecologica per visitare le sorgenti di Santa Rosalia. Poi, di nuovo l’incuria.
Va segnalata anche l’ultima iniziativa in ordine cronologico, un convegno il 25 gennaio 2014 dell’Ordine dei dottori Agronomi e Forestali, con un magistrale intervento del dott. Emanuele Siragusa, presidente dell’Ordine dei Geologi della provincia di Agrigento. Il 1gennaio dello stesso anno, venne presentata l’interessante monografia “La Memoria Sommersa. Le antiche fonti di Santa Rosalia a Ribera” curata da Giuseppe Mazzotta ed Emanuele Siragusa. Ma per il sito, il degrado non si è arrestato.
Alle fine del 2024 ho raggiunto in modo avventuroso l’area delle sorgenti, scoprendo che le antiche strutture che facevano parte di quel complesso di raccolta ed utilizzo dell’acqua, non esistevano più; la messa a nudo della collina alla base dalla quale continua a sgorgare l’acqua, ha esposto una cavità artificiale, che ho esplorato assieme a Raimondo Lentini e Giovanni Tortorici.
Si tratta di un Qanat, una struttura di captazione idrica, un canale che è stato realizzato in lieve pendenza, nel punto in cui veniva intercettata la falda acquifera; Palermo presenta una capillare rete di questi canali, con una lunghezza complessiva di circa 8 chilometri, costruiti durante la dominazione araba della Sicilia, ma molti secoli prima degli arabi, questi canali sotterranei videro un considerevole sviluppo ad Akragas, l’odierna Agrigento, realizzati grazie alle competenze di antichi esperti di idraulica provenienti dalle regioni persiane nel 480 a. C. in seguito alla battaglia di Imera.
Queste opere erano realizzate nel punto di contatto tra lo strato inferiore delle rocce calcarenitiche, molto permeabili ed il sottostante strato di argilla impermeabile, dove l’acqua non potendo filtrare a causa della presenza dell’argilla, scorre tutt’ora in canali realizzati con una lieve pendenza, chiamati nel dialetto siciliano puzzi chiani (pozzi orizzontali), fino a sfociare all’esterno in una sorgente, che in questo caso non è naturale.
L’alta volta e le parteti della galleria si presentano rivestite da carbonato di calcio, facendo assumere al tunnel il suggestivo aspetto di una cavità carsica. Interessante l’ecosistema riscontrato in queste cavità con il rinvenimento di un esemplare di farfalla Triphosa dubitata, una falena che è stata dichiarata dalla Società Speleologica Italiana, “Animale di Grotta dell’Anno” per il 2025.
Ma si tratta di un’opera costruita dai greci, dagli arabi o in epoca più recente?
In una delle pareti della galleria è stata rinvenuta una data incisa sulla malta: 1894: questo dato è stato di notevole importanza per consente a Raimondo Lentini di effettuare delle ricerche all’Archivio Comunale di Ribera, dove ha visionato delibere comunali che hanno permesso di confermare la datazione e le motivazioni della realizzazione di quest’opera idraulica.
“… E’ necessità procedere ad una sistemazione del condotto e della fontana della sorgente di Santa Rosalia … in quanto l’unica di cui si serve l’intera popolazione…
… Il nostro Comune che ha una popolazione riunita di 9564 abitanti non ha altra potabile che quella della sorgente di S. Rosalia, per giunta che ha la sua fonte in fondo alla valle, ed alla quale si accede per mezzo di una discesa abbastanza ripida. È noto a tutti del pari che la quantità è insufficientissima e che essendo soltanto tre i getti d’acqua ed esorbitante il numero della popolazione che si reca per attingerne, mentre sono costretti a far coda per buona parte della giornata, e le zuffe sono continue e non sempre di sole parole, perché l’acqua è l’elemento principale d’igiene e di uso domestico.”
Il presidente del Consiglio Comunale di Ribera, Cav. Antonino Parlapiano
Nel corso di queste ricerche, grazie alla disponibilità dell’ing. Capo del Comune di Ribera, Salvatore Ganduscio e del suo collaboratore Gioacchino Giacobbe, ho esaminato una carta planimetrica realizzata il 20 aprile 1909 dal perito agrimensore Abisso Giuseppe dove è rappresentata la via d’accesso alla sorgente di Santa Rosalia; nel pianoro sommitale rispetto alla sorgente, è riportata la dicitura “Terre S. Nicolò”: questo documento è di straordinaria valenza, in quanto è il primo ad avvalorare la notizia riportata da diversi storici (ultimo dei quali Raimondo Lentini), secondo i quali Ribera è stata edificata nel piano di San Nicola; questo importante documento inoltre chiarisce le motivazioni che hanno spinto i primi abitanti del nostro giovane Comune a nominare San Nicola patrono di Ribera.
Relativamente al nome Santa Rosalia dato alla sorgente, Raimondo Lentini ha trovato un documento dove è riportata la donazione di un quadro da parte del riberese Stefano Galati al sacerdote rev. Accursio Aucello, cappellano curato di Ribera, raffigurante la Santa, un dipinto da destinarsi alla chiesa Madre. La data è il 14 agosto 1689: questo documento prova che la venerazione per la Santuzza, sempre legata alla suo eremitaggio nella grotta della Qusiquina ed in quella di Monte Pellegrino, era già presenta a Ribera pochi anni dopo la sua fondazione. Ma c’è di più: rispetto nell’opera idraulica realizzata alla fine dell’ottocento ed esplorata da Macaluso, probabilmente c’era una preesistenza, una grotta che già alla fine del 1600 era stata un luogo di culto della Santa, un locale con strutture di difficile interpretazione: lungo le due pareti laterali corrono dei bassi muretti che potrebbero avere la funzione di convogliare l’acqua, ma anche di bassi sedili, mentre l’estremità distale presenta un basso muretto poggiante su una parete moderatamente concava, quasi un’abside, una struttura che potrebbe essere messa in relazione con l’alloggiamento di una statua.
Il sito di Santa Rosalia, continua a stupirci anche per la notevole ricchezza di fossili di animali marini, testimoni di antichi ecosistemi plio-pleistocenici: inglobati nelle morbide argille grigio-azzurre del Pliocene medio-superiore (3,6 milioni di anni fa), si possono osservare esemplari di turritellidae, dentaliidae ed alcuni fossili di Piede di pellicano (Aporrhais pespelecani) in eccellente stato di conservazione. Nel sovrastante imponente blocco di calcarenite giallo miele del Pleistocene inferiore (2 milioni di anni fa), la presenza di fossili è degna di una collezione non soltanto di malacologia, in quanto sono visibili anche coralli ed echinidi: il geologo Emanuele Siracusa ha identificato esemplari di Ostriche, Pecten, Flabellipecten, Cardium, Solen, Venus, Mitilus, Tellina, Patella, Natica, Lima, Ciprina.
Un sito che coniuga straordinarie valenze antropologiche, archeologiche, geologiche, paleontologiche e speleologiche non può essere lasciato ulteriormente all’incuria ed al degrado.
Le lodevoli iniziative intraprese dalle associazioni culturali e dai semplici cittadini riberesi, non possono restare isolate, ma devono essere supportate dell’amministrazione Comunale di Ribera. Oltre al recupero del sito, con un intervento di scerbamento dell’antico percorso, rimozione dei rifiuti, messa in sicurezza e collegamento con la vicinissima area archeologica di Scirinda, la comunità riberese si riapproprierebbe di un sito unico e straordinario, non meno rilevante della Colymbetra di Agrigento”.
Alla fine della conferenza il presidente dello storico circolo Buoni Amici, ing. Ignazio Mascarella, a nome del direttivo ha nominato il dott. Macaluso di Socio Onorario del Circolo, per il suo impegno professionale di medico e per la sua intensa attività di ricercatore e storico.
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