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MessaggioInviato: 12/10/2010, 14:54 
La Chiesa Cattolica e la pena di morte



Qual è la posizione ufficiale della Chiesa cattolica nei confronti della pena di morte?
La Chiesa cattolica ha sempre insegnato che il cosiddetto “bene comune” (accettato anche come “ragion di Stato”) è un principio superiore di giustizia, in nome del quale è possibile uccidere legalmente il colpevole, anche per reati diversi dall’assassinio. Dunque l’uccisione legale viene posta su di un piano diverso rispetto al comune assassinio, come del resto già previsto nella legislazione mosaica. Agostino d’Ippona e Tommaso d’Aquino sono fra i più autorevoli sostenitori di tale principio.

Come è stata applicata in passato la pena di morte da parte della Chiesa cattolica?
Nel corso della sua storia la Chiesa di Roma ha sempre perseguitato e ucciso quanti si sono allontanati dalla dottrina ufficiale, come i Catari, i Valdesi, i Battisti. L’uccisione dei nemici è stata prassi ordinaria durante le crociate e nel corso della conquista delle Americhe (che causò decine di milioni di morti fra gli indigeni). Per diversi secoli l’Inquisizione ha fatto della tortura e della pena di morte il maggiore deterrente contro gli ebrei, gli eretici e contro le presunte streghe (molte decine di migliaia). E nell’ultimo secolo circa 750.000 serbi ortodossi sono stati uccisi nella Croazia cattolica a causa della loro diversa fede.

Il Vecchio Testamento autorizza l’uccisione del colpevole?
Si, ampiamente. L’omicidio legale o la vendetta diretta di Dio sono una costante perfino per molte infrazioni meno gravi dell’omicidio, ad esempio: «Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte» (Levitico 20, 10); «Se un uomo avrà un figlio testardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di suo padre, né di sua madre […] tutti gli uomini della sua città lo lapideranno ed egli morirà» (Deuteronomio 21, 18-21); «L’uomo che si comporterà con presunzione e non obbedirà al sacerdote che sta là per servire il Signore, suo Dio o al giudice, quell’uomo dovrà morire» (Deuteronomio 17, 12); «Se uomo o donna, in mezzo a voi, eserciteranno la negromanzia o la divinazione, dovranno essere messi a morte. Saranno lapidati» (Levitico. 20, 27); «Se la figlia di un sacerdote si disonora prostituendosi, disonora suo padre: sarà arsa con il fuoco» (Levitico 21, 9); «Chiunque maltratta suo padre o sua madre, dovrà essere messo a morte» (Levitico 20, 9); «Se uno ha un rapporto con una donna durante le sue regole […] tutti e due saranno eliminati dal loro popolo» (Levitico 20, 18); «Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte» (Levitico 20, 11-17).

Il popolo eletto era turbato dall’uccisione come pena?
Per nulla. I Salmi contengono espressioni inequivocabili, in tal senso: «O Dio, spezza loro i denti in bocca, schianta le zanne dei leoni, o Signore! Scompaiano come acqua che si sperde; scaglia le frecce e siano annientati. […] Gioirà il giusto al vederne il castigo, si laverà i piedi nel sangue dei perversi. E si dirà: v’è un premio per il giusto, e c’è un Dio che fa giustizia sulla terra» (Salmi 58, 1-11).

Il Nuovo Testamento autorizza l’uccisione legale del colpevole?
Si. Proprio Paolo di Tarso afferma, nella Lettera ai Romani: «I magistrati non sono di timore per le buon azioni, ma per le cattive. Vuoi tu non aver paura dell’autorità? Diportati bene e riceverai la sua approvazione. Essa è infatti ministra di Dio per il tuo bene. Se invece agisci male, temi; non per nulla essa porta la spada: è infatti ministra di Dio, esecutrice di giustizia contro chi fa il male» (Romani 13, 2-4).

Questo principio è stato accettato nei secoli successivi?
Si, e il suo campo di azione è stato perfino esteso. Bernardo di Chiaravalle all’inizio del XII secolo legittimò le “guerre sante”, sostenendo: «Un soldato di Cristo […] senza dubbio quando uccide un malvagio non è un omicida, ma, per così dire, un uccisore del male e viene stimato vendicatore di Cristo nei confronti di coloro che fanno il male e difensore dei Cristiani»; «Disperdere questi gentili che vogliono la guerra, eliminare questi operatori di iniquità che vagheggiano di strappare al popolo cristiano le ricchezze racchiuse in Gerusalemme […] ecco la più nobile delle missioni».

Ma le Sacre scritture non sostengono che bisogna perfino amare i propri nemici?
Sia nel Vecchio Testamento che nel Nuovo viene sempre operata una distinzione netta fra l’uccisione arbitraria di un altro (ovvero l’omicidio) e l’uccisione legale del colpevole. Gesù, secondo una lettura senza preconcetti del Nuovo Testamento, non ha affatto contraddetto tale distinzione, come dimostra la sua stessa morte.

Con quali motivazioni i teologi cattolici hanno giustificato la pena di morte?
Almeno quattro: (a) preservare la società mettendo il colpevole in condizione di non nuocere; (b) ispirare agli altri uomini un salutare timore del castigo; (c) prendere di mira il colpevole aiutandolo a emendarsi per il suo bene; (d) cercare di ristabilire l’equilibrio morale voluto dalla giustizia assoluta.

I primi cristiani erano favorevoli alla pena di morte?
I primi cristiani aborrivano sia la pena di morte che l’uccisione del nemico in combattimento; e per questo rifiutavano il servizio militare. Ma questo atteggiamento venne mantenuto solo durante il periodo delle persecuzioni. Dopo che il cristianesimo divenne religione di Stato, i suoi più importanti esponenti accettarono sia la pena di morte che il servizio militare.
Comunque, già Tertulliano, nel secondo secolo, pur deprecando alcuni aspetti della condanna a morte (in particolare, il rischio di giustiziare un innocente), non negava la liceità in sé di tale pena.

I papi sono stati favorevoli dottrinalmente alla pena di morte?
Nella Professione di fede per i Valdesi, Innocenzo III scrive nel 1208-1210, riprendendo un tradizione assolutamente concorde: «Per quanto riguarda il potere secolare, dichiariamo che può esercitare il giudizio di sangue senza peccato mortale, purché nel portare la vendetta proceda non per odio, ma per un atto di giustizia, non in modo incauto ma con riflessione».

Tommaso d’Aquino era favorevole alla pena di morte?
Certamente si. Secondo lui, nel momento in cui si vìola la vita degli altri si perde il diritto alla propria. Non è dunque la società a privare il reo del diritto alla propria vita; la società si limita a prendere atto che lo stesso reo se ne è privato, mentre nessun “innocente” ne sarebbe privato.
Per Tommaso, l’omicida può essere legittimamente soppresso secondo il cosiddetto principio del “duplice effetto”, che prevede: (a) la bontà o almeno l’indifferenza morale dell’azione in sé; (b) l’onestà del fine; (c) la non dipendenza dell’effetto buono da quello cattivo, (d) una ragione proporzionatamente grave: «se un uomo è pericoloso alla comunità e la corrompe a causa di un qualche peccato, lodevolmente e giustamente lo si uccide per preservare il bene comune».

Le legislazioni dello Stato Pontificio e dello Stato del Vaticano hanno ammesso la pena di morte?
Non solo la Chiesa Cattolica non ha mai condannato dottrinalmente la pena di morte ma ha risolutamente deprecato le motivazioni di quanti hanno protestato contro di essa. E le legislazioni, prima dello Stato Pontificio e poi dello Stato del Vaticano, l’hanno ritenuta ampiamente legittima e non contraria ai principî del cristianesimo. Fino al papato di Pio IX la pena di morte era correntemente applicata nello Stato Pontificio. Ancora nel 1929, anno di nascita dell’attuale Città del Vaticano, la pena di morte fu inserita (anche se concretamente non applicabile) nel testo della Legge fondamentale dello Stato del Vaticano, da cui solo il 22 febbraio 2001 è stata eliminata definitivamente, pur restando ambigua la sua legittimità teorica nel vigente Catechismo. Lo Stato del Vaticano non ha peraltro sottoscritto la Convenzione Internazionale sui diritti dell’uomo, né aderito all’ONU.

Pio XII era contrario alla pena di morte?
No. Ne ha parlato chiaramente a favore; ad esempio, nell’allocuzione del 22 febbraio 1944, L’imperscrutabile consiglio, affermava: «eccettuati i casi della legittima difesa privata, della guerra giusta e guerreggiata con giusti metodi, e della pena di morte inflitta dall’autorità pubblica per ben determinati e provati gravissimi delitti, la vita umana è intangibile».

Paolo VI era contrario alla pena di morte?
Egli non si è mai pronunciato su questo argomento. Tuttavia, sostenendo che «La legge divina e la ragione naturale escludono, dunque, qualsiasi diritto di uccidere direttamente un uomo innocente», ha precorso l’ambiguità di Giovanni Paolo II nel distinguere fra il diritto alla vita dell’uomo “innocente” e di quello “colpevole”, fra “norma morale” e “norma legale”.

Giovanni Paolo II era contrario alla pena di morte?
Nei primi anni del suo pontificato, Giovanni Paolo II non dimostrò alcun interesse per la problematica della pena di morte, nonostante l’attualità del tema e le richieste di numerosi gruppi abolizionisti. Successivamente si era talora impegnato, a titolo personale, in senso abolizionista, senza peraltro definire ufficialmente questa posizione in alcun documento. La sua scelta era infatti assolutamente personale, incoerente con il pensiero cristiano e con la tradizione, e non impegnava il Magistero. In ogni caso, egli ha sempre attentamente precisato che non si può “uccidere l’innocente”, ma non ha mai sostenuto che non si possa “in assoluto” uccidere legittimamente.

Il Catechismo del 1992 e l’enciclica Evangelium vitae sono contrari alla pena di morte?
No. La pena di morte vi è ambiguamente mantenuta, sia pure limitatamente ai pochi casi di “assoluta necessità”. Questo atteggiamento nasce in gran parte dal bisogno di mediare fra quanti auspicano una presa di posizione incondizionata contro la pena di morte e quanti invece preferiscono per il momento attenersi alle posizioni tradizionali. Da qui, non solo la relativizzazione del diritto alla vita del “colpevole”, ma soprattutto l’ampio uso del termine “innocente”, in entrambi i documenti.

Dopo le critiche al Catechismo del 1992, la Chiesa ha modificato il suo giudizio sulla pena di morte?
Sostanzialmente no, Nell’Editio Tipica del Catechismo (del 1997), si sostiene: «[2267] L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana».

Benedetto XVI è personalmente contrario alla pena di morte?
No. Nel 2004, ad esempio, prima di venire eletto papa, in un Memorandum per la conferenza episcopale degli Stati Uniti, occasionato dalla candidatura alle elezioni di politici cattolici che fanno campagna sistematica per l’aborto, aveva scritto: «Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto e dell’eutanasia. Per esempio, se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerarsi per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la santa comunione. Mentre la Chiesa esorta le autorità civili a perseguire la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell’applicare una pena a criminali, può tuttavia essere consentito prendere le armi per respingere un aggressore, o fare ricorso alla pena capitale. Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte, non però in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia».

Quali documenti ufficiali confermano tale posizione di Ratzinger-Benedetto XVI?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, sia nella versione del 1992 che in quella del 1997, alla stesura dei quali egli ha partecipato; e il Compendio del Catechismo, redatto sotto la sua direzione, e pubblicato nel 2005. In questi testi non viene negata la possibilità di ricorrere legittimamente, in casi estremi, alla pena di morte.

Quali sono le fonti ufficiali attuali della catechesi sulla pena di morte?
1. il n. 2267 dell’Editio Tipica del Catechismo della Chiesa Cattolica (1997), in cui si afferma: «Oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine, rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» e che fa riferimento (sorvolando su tutte le altre affermazioni dello stesso autore a pieno sostegno della legittimità della pena di morte) a un passo di Tommaso d’Aquino: «Se uno usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito» (Summa Theologica, II-II, 64, 7).
2. il n. 469 del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (2005), che precisa: «La pena inflitta deve essere proporzionata alla gravità del delitto […] Quando i mezzi incruenti sono sufficienti, l’autorità si limiterà a questi mezzi, perché questi corrispondono meglio alle condizioni concrete del bene comune, sono più conformi alla dignità della persona e non tolgono definitivamente al colpevole la possibilità di redimersi».
3. il n. 56 dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II (1995): «Nel medesimo orizzonte (di speranza) si pone altresì la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte, anche solo come strumento di legittima difesa, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine».


Francesco D’Alpa

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MessaggioInviato: 12/10/2010, 15:49 
ho letto tutto quest'ultimo post... dico solo una cosa: che schifo.


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MessaggioInviato: 12/10/2010, 16:00 
Cita:
Sirius ha scritto:

ho letto tutto quest'ultimo post... dico solo una cosa: che schifo.


QUoto e concordo....[:(]



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Io ho i brividi al solo pensare che questa gente si è definita e si definisce tutt'ora (che coraggio) per la pace e per la salvezza dell'ummanità (ditemi che non è vero [xx(] ) dalle forze del male.

Ed ho detto tutto.


Ultima modifica di NOcoverUP il 12/10/2010, 16:23, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
NOcoverUP ha scritto:


Io ho i brividi al solo pensare che questa gente si è definita e si definisce tutt'ora (che coraggio) per la pace e per la salvezza dell'ummanità (ditemi che non è vero Immagine ) dalle forze del male.

Ed ho detto tutto.



Fino a quando ci sarà un certo numero di individui (quelli che credono senza farsi domande) che darà loro retta, la filastrocca continuerà. Immagine


Almeno la storia non la possono cancellare. E ciò che leggiamo in questo thread (per esempio), resta.


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MessaggioInviato: 13/10/2010, 08:17 
ArTisAll , conosco + d'uno che ci bollerebbe come eretici e poco di buono per questo 3d, ma penso che più vado avanti più do ragione a Nietzsche, quando diceva che una istituzione come la Chiesa è tutto ciò contro cui Gesù ha sempre combatutto fin dall'inizio.


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MessaggioInviato: 13/10/2010, 14:40 
Tengo a precisare che i post sono solo la punta dell'iceberg

Se dovessimo tirare fuori l'intero iceberg... beh... penso che la chiesa invierebbe qualche emissario per ucciderci [:D] [:D] [:D]



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MessaggioInviato: 13/10/2010, 15:51 
Cita:
Sirius ha scritto:

ArTisAll , conosco + d'uno che ci bollerebbe come eretici e poco di buono per questo 3d, ma penso che più vado avanti più do ragione a Nietzsche, quando diceva che una istituzione come la Chiesa è tutto ciò contro cui Gesù ha sempre combatutto fin dall'inizio.


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MessaggioInviato: 14/10/2010, 02:02 
Cita:
Sirius ha scritto:


ArTisAll , conosco + d'uno che ci bollerebbe come eretici e poco di buono per questo 3d, ma penso che più vado avanti più do ragione a Nietzsche, quando diceva che una istituzione come la Chiesa è tutto ciò contro cui Gesù ha sempre combatutto fin dall'inizio.



Quoto!

Ti dirò (senza orgoglio): essere considerato eretico e poco di buono, perchè seguo questo thread e posseggo un mio pensiero (senza certi filtri), non può che farmi piacere.




Cita:
cagliari79 ha scritto:


Se dovessimo tirare fuori l'intero iceberg...


Un passo dopo l'altro cagliari79. [;)]





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MessaggioInviato: 31/01/2011, 14:59 
"Ad Extirpanda"
La bolla che permise l'inizio dell'inquisizione


Ad Extirpanda (dal latino: "Per estirpare") è una bolla pontificia emessa il 15 maggio 1252, ad opera di papa Innocenzo IV e di validità confermata sia da papa Alessandro IV il 30 novembre 1259 sia da papa Clemente IV il 3 novembre 1265.
Tema di questa era la nascita, con la prima approvazione pontificia, dell'Inquisizione per fronteggiare l'insorgere dei numerosi movimenti eretici del XIII secolo. La bolla concede, per la prima volta, all'inquisitore la possibilità di avvalersi di un servizio personale di uomini e con la sua promulgazione lascia ad esso libera competenza e territorialità, nonché la scelta degli strumenti a disposizione, per estorcere la confessione eretica, fra cui la tortura.

Si pensa che il giro di vite sia dovuto all'assassinio dell'inquisitore generale di Milano, Pietro da Verona, ad opera dei catari nel bosco di Farga, a Seveso, il 6 aprile dello stesso anno, nel sabato successivo alla Pasqua, prima della domenica In Albis.

«Teneatur praeterea Potestas, seu Rector omnes haereticos,quos captos habuerit, cogere citra membri diminutionem, & mortis periculum, tamquam vere latrones, & homicidas animarum, & fures sacramentorum Dei, & Fidei Christianae, errores suos expresse fateri, & accusare alios haereticos, quos sciunt, & bona eorum, & credentes, & receptatores, & defensores eorum, sicut coguntur fures, & latrones rerum temporalium, accusare suos complices, & fateri maleficia, quae fecerunt.»




The Latin Text


Promulgatio Legum, & Constitutionum contra Haereticos, eorumque complices, & fautores, a Magistratibus, & Officialibus saecularibus observandarum.

Innocentius Episcopus Servus Servorum Dei. Dilectis filiis Potestatibus,sive Rectoribus, Consiliis, & Communitatibus Civitatum, aliorumque Locorum per Lombardiam, Romaniolam, & Marchiam Tervisinam constitutis, salutem, & Apostolicam Benedictionem.

Ad extirpanda de medio Populi Christiani haereticae pravitatis zizania, quae abundantius solito succreverunt, superseminante illa licentius his diebus hominis inimico tanto studiosius, juxta commissam nobis sollucitudinem insudare proponimus, quanto perniciosius negligeremus eadem in necem catholici seminis pervagari. Volentes autem, ut adversus hujusmodi nequitiae operarios consurgant, stentque nobiscum Ecclesiae filii, ac Orthodoxae fidei zelatores, Constitutiones quasdam extirpationem haereticae pestis edidimus, a vobis ut fidelibus ejusdem Fidei defensoribus exacta diligentia observandas, quae seriatim inferius continentur.

(1) Quo circa Universitati vestrae per Apostolica scripta mandamus, quatenus singuli Constitutiones easdem conscribi vestris Capitularibus facientes, nullis inde temporibus abolendas, secundum eas contra omnem haeresim, se adversus hanc sanctam Ecclesiam extollentem, sine omissione aliqua procedatis. Alioquin dilectis filiis Priori, Provinciali, & Fratribus Inquisitoribus haereticae pravitatis Ordinis Praedicatorum in Lombardia, Marchia Tervisina, & Romaniola, damus nostris litteris in mandatis, ut singulos vestrum ad id per excommunicationem in personas, & interdictum in terram appellatione remota compellant.

Leges, & Constitutiones autem sunt hae.

Lex 1.

(2) Statuimus, ut Potestas, seu Rector, qui Civitati praeest, vel loco alii ad praesens, aut pro tempore praefuerit in futurum, in Lombardia, Romaniola, vel Marchia Tervisina, juret praecise, et sine timore aliquo, attendere inviolabiliter, & servare, et facere ab omnibus observari toto tempore sui regiminis, tam in Civitate, vel loco sui regiminis, quam in Terris suae ditioni subjectis, omnes, & singulas tam infrascriptas, quam alias Constitutiones, & Leges, tam canonicas, quam civiles, editas contra haereticam pravitatem. Et super his praecise observandis recipiant a quibuslibet sibi in Potestaria,vel regimine succedentibus, iuramenta. Quae qui praestare noluerint, pro Potestatibus, vel Rectoribus nullatenus habeantur. Et quae ut Potestates, vel Rectores fecerint, nullam penitus habeant firmitatem. Nec ullus teneatur, aut debeat sequi eos, etiamsi de sequela praestanda eis exhibuerint iuramentum. Quod si Potestas, vel Rector aliquis haec omnia, &singula servare noluerit, vel neglexerit, praeter notam periurii, & perpetuae iacturam infamiae, ducentarum marcharum poenam incurrat, quae irremissibiliter exigantur ab eo, & in utilitatem Communis integra convertantur, & nihilominus ut perjurus, & infamis, & tamquam haereticorum fautor, de fide suspectus, officio, & honore sui regiminis spolietur; nec ulterius Potestas, seu Rector in aliquo habeatur, & de caetero ad aliquam dignitatem, vel officium publicum nullatenus assumatur.

Lex 2.

(3)Idem quoque Potestas, seu Rector cujuslibet Civitatis, vel loci, in principio sui regiminis, in publica concione more solito congregata, banno Civitatis, vel loci supponat tamquam pro maleficio, omnes haereticos utriusque sexus,quocumque nomine censeantur.Et teneatur bannum hujusmodi a suis praedecessoribus positum confirmare. Praecipue autem, quod nullus haereticus, vel haeretica de caetero habitet, vel moretur, aut subsistat in Civitate, seu aliquo modo jurisdictionis, aut districtus ejusdem, & quicumque ipsum, vel ipsam invenerit, libere capiat, & capere possit impune, & omnes res ipsius, vel ipsorum eis licenter auferre, quae sint auferentium pleno jure, nisi auferenteshujusmodi sint in officio constituti.

Lex 3.

(4)Idem quoque Potestas, seu Rector infra tertium diem post introitum regiminis sui, duodecim Viros probos, & catholicos, & duos Notarios, & duos Servitores, vel quotquot fuerint necessarii, instituere teneatur, quos Dioecesanus, si praesens extiterit, & interesse voluerit, & duo Fratres Praedicatores, & duo Minores ad hoc a suis Prioribus, si Conventus ibi fuerint eorumdem Ordinem, deputati, duxerint eligendos.

Lex 4.

(5) Instituti autem hujusmodi,& electi possint, & debeant haereticos, & haereticas capere, & eorum bona illis auferre, & facere auferre per alios, & procurare haec tam in Civitate, quam in tota ejus jurisdictione, atque districtu, plenarie adimpleri, & eos ducere, & duci facere in in potestatem Dioecesani, vel Vicariorum eiusdem.

Lex 5.

(6) Teneatur autem Potestas, seu Rector quilibet in expensis Communis, cui praeest, facere duci eosdem haereticos ita captos, quocumque Dioecesanos, vel ejus Vicarii in jurisdictione, vel districtu Dioecesani Episcopi, seu Civitatis, vel loci voluerit illos duci.

Lex 6.

(7) Officialibus vero praedictis plena fides de his omnibus habeatur, quae ad eorum officium pertinere noscuntur, aliquo specialiter praestito juramento, probatione aliqua in contrarium non admissa, ubi duo, vel tres, vel plures praesentes fuerint ex eisdem.

Lex 7.

(8)Porro cum Officiales hujusmodi eliguntur, jurent haec omnia exequi fideliter, & pro posse, ac super his semper meram dicere veritatem, quibus ab omnibus, in his, quae ad officium eorum pertinent, plenius pareatur.

Lex 8.

(9) Et tam dicti duodecim,quam Servitores, & Notarii praetaxati, simul, vel divisim, plenarium praecipiendi sub poena, & banno, quae ad officium suum pertinent, habeant potestatem.

Lex 9.

(10)Potestas autem, vel Rector teneatur habere firma, & rata omnia praecepta, quae occasione officii fecerint, & poenas exigere non servantium.

Lex 10.

(11)Quod dictis Officialibus aliquo tempore aliquod damnum contigerit, in personis, vel rebus, pro suis officiis exequendis, a communi Civitatis, vel loci, per restitutionem plenariam serventur indemnes.

Lex 11.

(12)Nec ipsi Officiales, vel eorum haeredes possint aliquo tempore conveniri, de his qui fecerint, vel pertinent ad eorum officium, nisi secundum quod eidem Dioecesano, & Fratribus videbitur expedire.

Lex 12.

(13)Ipsorum autem officium duret tantummodo per sex menses, quibus completis Potestas teneatur totidem subrogare Officiales secundum formam praescriptam, qui praedictum officium secundum formam eamdem, in aliis sex mensibus sequentibus exequantur.

Lex 13.

(14)Sane ipsis Officialibus dentur de Camera communis Civitatis, vel loci, quando exeunt Civitatem, aut locum pro hoc officio exequendo, unicuique pro qualibet decem & octo Imperiales in pecunia numerata, quos Potestas, vel Rector teneatur eis dare, vel dari facere infra diem tertium, postquam ad eamdem redierint Civitatem, vel locum.

Lex 14.

(15) Et insuper habeant tertiam partem bonorum haereticorum quae occupaverunt, & mulctarum, ad quas fuerunt condemnati, secundum quod inferius continetur, & hoc salario sint contenti.

Lex 15.

(16) Sed ad nullum aliud, quod istud officium impediat, vel impedire possit, ullo modo officium, vel etiam exercitium, compellantur.

Lex 16.

(17) Nullum etiam Statutum, conditum, vel condendum, eorum officium ullo modo valeat impedire.

Lex 17.

(18) Et si quis horum Officialium propter ineptitudinem, vel inertiam, vel occupationem aliquam, vel excessum, Dioecesano, & Fratribus supradictis visus fuerit amovendus, ipsum ad mandatum, vel dictum eorum teneatur amovere Potestas, aut Rector, & alium secundum formam praescriptam substituere loco ejus.

Lex 18.

(19) Quod si quis eorum contra fidem,& sinceritatem officii sui in favorem haeresis fuerit excessisse, praeter notam infamiae perpetuae quam, tamquam fautor haereticorum incurrat,per Potestatem, vel Rectorem ad Dioecesani loci, & dictorum Fratrum arbitrium puniatur.

Lex 19.

(20) Potestas praeterea Militem suum, vel alium Assessorem, si Dioecesanus, vel ejus Vicarius, aut Inquisitores a Sede Apostolica deputati, seu dicti Officiales petiverint, cum ipsis Officialibus mittere teneatur, & cum ipsis eorum officium fideliter exercere. Quilibet etiam si praesens in terra, vel requisitis fuerit, teneatur tam in Civitate, quam in jurisdictione, vel districtu quolibet, dare ipsis Officialibus, vel eorum sociis consilium, & juvamen, quando voluerint haereticum, vel haereticam capere, vel spoliare aut inquirere: seu domum, vel locum, aut aditum aliquem introire pro haereticis capiendis, sub vigintiquinque librarum Imperialium poena, vel banno. Universitas autem burgi, sub poena & banno librarum centum, Villa vero librarum quinquaginta Imperialium pro qualibet vice solvenda in pecunia numerata.

Lex 20.

(21)Qui cumque autem haereticum, vel haereticam, captum, vel captam auferre de manibus capientium, vel capientis ausus fuerit, vel defendere ne capiatur: seu prohibere aliquem intrare domum aliquam, vel turrim, seu locum aliquem ne capiatur, & inquiratur ibidem, juxta Legem Paduae promulgatam per Fridericum tunc Imperatorem, publicatis bonis omnibus in perpetuum relegetur, & domus illa, a qua prohibiti fuerint sine spe reaedificandi funditus destruatur, & bona, quae ibi reperta fuerint, fiant capientium, ac si haeretici fuissent ibidem inventi, & tunc propter hanc prohibitionem, vel impeditionem specialem, Burgus componat Communi librarum ducentarum, & Villa librarum centum, & vicinia tam Burgi, quam Civitatis librarum quinquaginta Imperialium, nisi infra tertium diem ipsos defensores, vel defensorem haereticorum Potestati captos duxerint personaliter praesentandos.

Lex 21.

(22)Teneatur insuper Potestas, seu Rector quilibet omnes haereticos, vel haereticas, qui capti amodo fuerint, per Viros Catholicos ad hoc electos a Dioecesano, si fuerit praesens,& Fratribus supradictis, in aliquo speciali carcere tuto & securo, in quo ipsi detineantur, seorsum a latronibus, & bannitis, donec de ipsis fuerit definitum, sub expensis communis Civitatis, vel Loci sui facere custodiri.

Lex 22.

(23) Si quandoque aliqui, vel aliquae non haeretici pro captis haereticis, ipsis non contradicentibus, fuerint assignati, vel si forsitan assignaverint, praedicti suppositi perpetuo carceri mancipientur, & haeretici nihilominus reddi, & assignari cogantur, & qui hunc dolum fecerint, juxta legem praedictam bonis omnibus publicatis in perpetuum relegentur.

Lex 23

(24)Teneatur insuper Potestas, & Rector quilibet omnes haereticos,& haereticas, quocumque nomine censeatur,infra quindecim dies postquam fuerint capti, Dioecesano, vel ejus speciali Vicario, seu haereticorum Inquisitoribus praesentare, pro examinatione de ipsis,& eorum haeresi facienda.

Lex 24.

(25) Damnatos vero de haeresi per Dioecesanum, vel ejus Vicarium, seu per Inquisitores praedictos, Potestas, vel Rector, vel ejus Nuncius specialis eos sibi relictos recipiat, statim, vel infra quinque dies ad minus, circa eos Constitutiones contra tales editas servaturus.

Lex 25.

(26) Teneatur praeterea Potestas, seu Rector omnes haereticos,quos captos habuerit, cogere citra membri diminutionem, & mortis periculum, tamquam vere latrones, & homicidas animarum, & fures sacramentorum Dei, & Fidei Christianae, errores suos expresse fateri, & accusare alios haereticos, quos sciunt, & bona eorum, & credentes, & receptatores, & defensores eorum, sicut coguntur fures, & latrones rerum temporalium, accusare suos complices, & fateri maleficia, quae fecerunt.

Lex 26.

(27) Domus autem, in qua repertus fuerit aliquis haereticus, vel haeretica, sine ulla spe reaedificandi funditus destruatur: nisi Dominus domus eos ibidem procuraverit reperiri. Et si Dominus illius domus, alias domus habuerit contiguas illi domui, omnes illae domus similiter destruantur, & bona, quae fuerint inventa in domo illa, & in domibus illis adhaerentibus, publicentur, & fiant auferentium, nisi auferentes fuerint in officio constituti. Et insuper Dominus Domus illius, praeter notam infamiae perpetuae, quam incurrat, componat Communi Civitatis, vel loci quinquaginta libras Imperiales in pecunia numerata, quam si non solverit, in perpetuo carcere detrudatur. Burgus autem ille, in quo haeretici capti fuerint, vel inventi, componat Communi Civitatis libras centum: &Villa libras quinquaginta, & vicinia tam Burgi, quam Civitatis libras quinquaginta, & vicinia tam Burgi, quam Civitatis libras quinquaginta Imperialium in pecunia numerata.

Lex 27.

(28) Quicumque vero fuerit deprehensus dare alicui haeretico, vel haereticae, consilium, vel auxilium, seu favorem, praeter aliam poenam superius, & inferius praetaxatam, ex tunc ipso iure in perpetuum sit factus infamis, nec in publica officia, seu consilia, vel ad eligendos aliquos ad hujusmodi, nec ad testimonium admittatur, sit etiam intestabilis, ut nec testamenti liberam habeat factionem, nec ad haereditatis successionem accedat. Nullus praeterea ei super quocumque negotio, sed ipse alii respondere cogatur. Quod si forte Judex extiterit, ejus sententia nullam obtineat firmitatem, nec causae aliquae ad ejus audientiam perferantur. Si fuerit Advocatus, ejus patrocinium nullatenus admittatur. Si Tabellio instrumenta confecta per ipsum, nullius penitus sint momenti. Credentes quoque erroribus haereticorum tamquam haeretici puniantur.

Lex 28.

(29)Teneatur insuper Potestas, seu Rector, nomina Virorum omnium, qui de haeresi fuerint infamati, vel banniti,in quatuor libellis unius tenoris facere annotari: quorum unum commune Civitatis, vel Loci habeat, & alium Dioecesanus, & tertium Fratres Praedicatores, & quartum Fratres Minores, & ipsorum nomina ter in anno, & in concione publica solemniter faciat recitari.

Lex 29.

(30)Teneatur quoque Potestas, seu Rector, filios, & nepotes haereticorum, & nepotes haereticorum, & receptatorum, defensorum, & fautorum diligenter investigare, eosque ad aliquod officium publicum, seu consilium nullatenus admittere futurum.

Lex 30.

(31) Teneantur praeterea Potestas, seu Rector, unum de Assessoribus suis, quem elegerit Dioecesanus si fuerit praesens, & Inquisitores praedicti ab Apostolica sede dati, mittere cum eis quandocumque voluerint, et in jurisdictione Civitatis, atque districtu. Qui Assessor, secundum quod praedictis Inquisitoribus visum fuerit, ibi tres, aut plures, boni testimonii viros, vel totam viciniam, si eis videbitur, jurare compellat; quod si quos ibidem haereticos sciverint,vel bona eorum,quod si quos occulta conventicula celebrantes, seu a communi conversatione fidelium vita, & moribus diffidentes, vel credentes, aut defensores, seu receptatores, vel fautores haereticorum, eos dictis Inquisitoribus studeant indicare. Ipse autem Potestas contra accusatos procedat secudum Leges quondam Friderici tunc Imperatoris Paduae promulgatas.

Lex 31.

(32)Teneatur Potestas, seu Rector in destructionem domorum, & condemnationibus faciendis, & in rebus inventis, vel occupatis consignandis, & dividendis, de quibus superius dicitur, infra decem dies, postquam accusatio facta fuerit, haec omnia exequi cum effectu; & condemnationes omnes in pecunia numerata infra tres menses exigere, & dividere illas, sicut inferius continentur, & eos qui solvere non poterint, banno maleficii supponere, & donec solvant, in carcere detinere; alioquin pro his omnibus, & singulis syndicetur, sicut inferius continetur, & insuper teneatur unum de Assessoribus, quemcumque Dioecesanus, vel ejus Vicarius, & dicti Inquisitores haereticorum voluerint, ad haec peragenda fideliter assignare, & mutare pro tempore, si eis visum fuerit opportunum.

Lex 32.

(33) Omnes autem condemnationes, vel poenae, quae occasione haeresis factae fuerint,neque per concionem, neque per consilium, neque ad vocem populi ullo modo, aut ingenio, aliquo tempore valeant relaxari.

Lex 33.

(34) Teneatur insuper Potestas, seu Rector omnia bona haereticorum, quae per dictos Officiales fuerint occupata, seu inventa, & condemnationes pro his exactas dividere tali modo. Una pars deveniat in Commune Civitatis, vel Loci: secunda in favorem, & expeditionem Officii detur Officialibus, qui tunc negotia ipsa peregerint: tertia ponatur in aliquo tuto loco, secundum quod dictis Dioecesano, & Inquisitoribus videbitur reservanda, & expendenda per consilium in favorem fidei, & ad haereticos extirpandos, non obstante hujusmodi divisioni Statuto aliquo, condito, aut condendo.

Lex 34.

(35)Si quis autem de caetero aliquod istorum Statutorum aut Constitutionum attentaverit delere, diminuere, vel mutare, sine auctoritate Sedis Apostolicae speciali, Potestas, seu Rector, qui pro tempore fuerit in illa Civitate, vel Loco, teneatur eum tamquam defensorem haereticorum publicum, & fautorem, secundum formam praescriptam perpetuo publice infamare, atque punire in libris quinquaginta Imperialium in pecunia numerata, quam si exigere non potuerit, eum maleficii banno supponat, de quo eximi non valeat, nisi solverit duplam dictae pecuniae quantitatem.

Lex 35.

(36)Teneatur sane Potestas, seu Rector infra decem dies sui regiminis syndicare praecedentem proxime Potestatem, vel Rectorem, & ejus etiam Assessores, per tres Viros Catholicos, & fideles, electos ad hoc per Dioecesanum, si fuerit praesens, & per Fratres Praedicatores, & Minores de omnibus his, quae in Statutis istis, seu Constitutionibus, & Legibus contra haereticos, & eorum complices editis continentur, & punire ipsos si excesserint, in omnibus, & singulis, quae omiserint, & cogere restituere de propria facultate; non obstante si per aliquam licentiam consilii, vel alterius cujuslibet a syndicatione fuerint absoluti.

Lex 36.

(37) Jurabunt autem praedicti tres Viri bona fide syndicare praefatos de omnibus supradictis.

Lex 37.

(38)Caeterum teneatur Potestas,seu Rector cujuslibet Civitatis, vel Loci, delere, seu abradere penitus de Statutis,vel Capitularibus communis, quodcumque Statutum, conditum vel condendum, inveniatur contradicere istis Constitutionibus, seu Statutis, & Legibus quomodolibet obviare: & in principio, & in medio sui regiminis, haec Statuta, seu Constitutiones, & Leges in publica concione solemniter facere recitari; & etiam in aliis locis extra Civitatem suam, vel Locum, sicut Dioecesano, seu Inquisitoribus, & Fratribus supradictis visum fuerit expedire.

Lex 38.

Porro haec omnia Statuta, seu Constitutiones, & Leges, & si quae aliae contra haereticos, & eorum complices,tempore aliquo auctoritate Sedis Apostolicae conderentur, in quatuor voluminibus unius tenoris debeant contineri : quorum unum sit in Statuario communis cujuslibet Civitatis, secundum apud Dioecesanum, tertium Fratres Praedicatores, quartum apud Fratres Minores, cum omni sinceritate serventur,ne possint per falsarios in aliquo violari.

Datum Perusii Idibus Maji, Pontificatus nostri anno nono.



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MessaggioInviato: 31/01/2011, 19:19 
L'Inquisizione Medievale


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Con l'espressione Inquisizione medievale si fa riferimento a quel periodo della più generale storia dell'Inquisizione che va dal 1179 (o 1184) fino alla metà del XIV secolo. Al suo interno si distingue una prima fase detta Inquisizione vescovile (1184-1231) e una seconda detta Inquisizione legatina o pontificia.


Origine del termine e compiti specifici del Tribunale


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Il termine inquisizione deriva dal verbo latino inquirere, che significa investigare, indagare. Il tribunale dell'Inquisizione conduceva infatti le indagini volte ad accertare l'eresia e, scopertala, aveva il compito di tentare con tutti i mezzi (compresa la tortura) di convincere l'indagato ad abiurare, cioè a ritrattare. Quando non era in grado di ottenere l'abiura, dichiarava la propria incapacità e rimetteva l'indagato a un tribunale civile.

I tribunali dell'Inquisizione, per definizione, potevano sottoporre a processo solo i fedeli cristiani, e quindi ne erano formalmente esclusi i non battezzati (quindi, ad es., ebrei e musulmani).

Questa inquisizione si occupò prevalentemente dell'eresia catara e della valdese e può considerarsi conclusa alla metà del 1300.
Primi provvedimenti.

Nel 1179 il concilio Lateranense III indetto da papa Alessandro III stabilì regole precise tese a evitare ulteriori scismi; dopo che a Roma si erano susseguiti un numero considerevole di antipapi. Tra gli altri provvedimenti che stabilivano regole, ad es., per la validità dell'elezione papale e per la disciplina dei provvedimenti adottati dagli antipapi, il canone 27 dettava regole chiare per contrastare l'eresia.

Il principio, assolutamente nuovo nella storia del Cristianesimo, fu che la Chiesa riconosceva l'utilità delle leggi dei principi e delle punizioni corporali nella lotta contro l'eresia. I Catari, inoltre, accusati di eresia, venivano messi sullo stesso piano delle bande brigantesche che infestavano l'Europa in quel momento e sia contro gli uni che contro gli altri veniva bandita una vera e propria crociata.

«Come dice S. Leone, sebbene la disciplina della Chiesa potrebbe essere soddisfatta dal giudizio del sacerdote e non dovrebbe causare lo spargimento di sangue, tuttavia essa è aiutata dalle leggi dei principi cattolici, così che il popolo spesso chiede un salutare rimedio quando ha paura di una punizione corporale.
Per questa ragione, dato che in Guascogna e nelle regioni di Albi e Tolosa e in altri posti, la ripugnante eresia di coloro che alcuni chiamano Catari, altri Patarini, altri Pubblicani, e altri ancora con differenti nomi, è cresciuta così forte che essi non praticano più le loro malvagità in segreto, come fanno altri, ma proclamano il loro errore pubblicamente [...] noi dichiariamo che loro, i loro difensori e chiunque li riceve, sono sotto anatema e minacciamo di anatema chiunque li aiuterà nella propria casa, nella propria terra, o avrà a che fare con loro. A chi muore in questo peccato, non sarà concessa nessuna protezione o privilegio, per nessuna ragione; nessuna messa sarà officiata per loro e non riceveranno sepoltura fra i cristiani.

Per quanto riguarda Brabanti, Aragonesi, Navarresi, Baschi, Coterelli e Triaverdini, che praticano così tante crudeltà sopra i Cristiani che non rispettano né chiese né monasteri, e non risparmiano vedove, né orfani, vecchi o giovani, nessuna età e nessun sesso, ma come pagani distruggono e devastano ogni cosa, noi ugualmente decretiamo che chi li accoglie, li ospita o li aiuta, nei distretti in cui infieriscono, sarà denunciato pubblicamente la domenica e gli altri giorni solenni nelle chiese, sarà soggetto in ogni modo alle stesse sentenze e penalità dei sopraddetti eretici e non sarà ricevuto nella comunione della Chiesa fin quando non avrà abiurato la sua perniciosa società ed eresia. Per tutto il tempo in cui persisteranno nella loro malvagità, tutti coloro che sono legati a loro da qualsiasi vincolo sappiano che sono liberi da ogni obbligo di lealtà, omaggio o obbedienza di qualsiasi tipo.

Ammoniamo loro e ogni fedele, per la remissione dei peccati, che si oppongano a questo flagello con tutto il loro potere e proteggano con le armi il popolo cristiano contro di essi. I loro beni siano confiscati e i principi liberi di assoggettarli in schiavitù. Coloro i quali, con vera contrizione per i loro peccati, moriranno in tale conflitto, senza dubbio riceveranno il perdono dei loro peccati e il frutto di un'eterna ricompensa. Noi inoltre, confidando nella misericordia di Dio e nell'autorità dei santi apostoli Pietro e Paolo, concediamo ai fedeli Cristiani che prenderanno le armi contro di essi, e a chi, su consiglio dei vescovi o degli altri prelati cercherà di condurli fuori, una remissione di due anni della penitenza imposta loro, o, se il loro servizio sarà più lungo, noi confidiamo nella discrezione dei vescovi, ai quali questo compito è stato affidato, di concedere indulgenze, secondo il loro giudizio, in proporzione al grado del loro tributo.
Ordiniamo che a chi rifiuterà di obbedire all'esortazione dei vescovi in questa faccenda non sia permesso di ricevere il corpo e il sangue del Signore. Al contrario riceviamo sotto la protezione della chiesa, come facciamo per chi visita il sepolcro del Signore, quelli che, accesi dalla loro fede avranno preso su di sé il compito di condurre fuori questi eretici, e decretiamo che essi rimangano indisturbati da ogni inquietudine, sia per i loro beni sia per la loro persona. Se qualcuno presume di molestarli, incorrerà nella sentenza di scomunica da parte del vescovo del luogo. Si faccia in modo che la sentenza sia osservata da tutti finché ciò che è stato portato via non sia reintegrato e sia stata data un'appropriata soddisfazione per la perdita subita. I vescovi e i sacerdoti che non contrasteranno abbastanza gli errori saranno puniti con la perdita del loro ufficio finché non otterranno il perdono della sede apostolica.»
(Canone 27 del concilio Laterano III)

Per il momento nessun provvedimento venne preso contro i Valdesi che si erano recati a Roma per chiedere di essere riconosciuti come predicatori della Parola.


Inquisizione vescovile


Papa Lucio III con il decreto Ad abolendam (1184)

Cita:
Ad abolendam (detta anche "bolla di ruscigli", antica residenza estiva del papa nel comune di Gavignano) è una bolla promulgata da papa Lucio III, in occasione del sinodo di Verona del 1184.

Il decreto fu emanato per combattere l’eresia. Esso stabilì il principio - sconosciuto al diritto romano - secondo il quale, anche in assenza di testimoni, si poteva essere accusati di eresia e dunque subire un processo. La norma venne poi ribadita nel 1215 dal Concilio Lateranense IV, il quale istituì delle «procedure d'ufficio» per combattere l'eresia. Un semplice sospetto o una delazione bastava per iniziare il processo; inoltre, chi era a conoscenza di una eresia o presunta tale e non denunciava il fatto, era considerato anch'egli responsabile e perciò sottoposto al medesimo giudizio.

Nel decreto, si aggiungeva:
«Alle precedenti disposizioni [...] aggiungiamo che ciascun arcivescovo o vescovo, da solo o attraverso un arcidiacono o altre persone oneste e idonee, una o due volte l'anno, ispezioni le parrocchie nelle quali si sospetta che abitino eretici; e lì obblighi tre o più persone di buona fama, o, se sia necessario, tutta la comunità a che, dietro giuramento, indichino al vescovo o all'arcidiacono se conoscano lì degli eretici, o qualcuno che celebri riunioni segrete o si isoli dalla vita, dai costumi o dal modo comune dei fedeli.»

Il testo mostra chiaramente, e diversamente da quanto la Chiesa aveva fatto finora, che spetta al vescovo, o ad un suo delegato, "andare in cerca” degli eretici per processarli. Da qui il termine di "inquisire", ossia ricercare i colpevoli.


stabilì il principio - sconosciuto al diritto romano - che si potesse formulare un'accusa di eresia e iniziare un processo a carico di qualcuno anche in assenza di testimoni attendibili.

In questo decreto il Papa dichiarava, tra l'altro:
«Alle precedenti disposizioni [...] aggiungiamo che ciascun arcivescovo o vescovo, da solo o attraverso un arcidiacono o altre persone oneste e idonee, una o due volte l'anno, ispezioni le parrocchie nelle quali si sospetta che abitino eretici; e lì obblighi tre o più persone di buona fama, o, se sia necessario, tutta la comunità a che, dietro giuramento, indichino al vescovo o all'arcidiacono se conoscano lì degli eretici, o qualcuno che celebri riunioni segrete o si isoli dalla vita, dai costumi o dal modo comune dei fedeli. »

Con il decreto, stavolta, si scomunicavano anche i valdesi.

La novità nella lotta all'eresia stabilita dal decreto consistette proprio in quest'obbligo dei vescovi di mettersi alla ricerca (inquisizione appunto) degli eretici. Dalle origini del Cristianesimo fino a quel momento, infatti, i vescovi si erano limitati a occuparsi dei problemi che via via emergevano. Eventualmente, riuniti in sinodi, avevano condannato le proposizioni ereticali e comminato la scomunica. Da questo momento, invece, il vescovo doveva esplicitamente andare alla ricerca dell'eretico e sottoporlo a processo.

In questo decreto si prevedeva l'obbligo di rivelare all'imputato il nome degli accusatori. Questa pratica venne però presto corretta perché non era infrequente che i testimoni venissero trovati uccisi prima del processo. Dato che la ricerca degli eretici (l'Inquisizione) era affidata ai vescovi locali si parla, per questo periodo e fino al 1231, di Inquisizione vescovile.

Nel 1209 fu indetta la crociata contro gli Albigesi. Successivamente, nel 1215, il concilio Laterano IV ribadì la condanna di ogni devianza - teologica, morale o di costume - dal canone religioso dominante, dando vita all'istituzione di procedure d'ufficio. Si poteva, cioè, instaurare un processo sulla base di semplici sospetti o delazioni.


La trascrizione dei processi.


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Fin da queste prime fasi i tribunali inquisitoriali introdussero una novità: la presenza di un notaio con il compito di trascrivere l'intero processo.

I processi venivano normalmente trascritti in latino, la lingua ufficiale della Chiesa, mentre gli interrogatori erano condotti in lingua volgare.

L'uso di trascrivere i processi si è rivelato fondamentale per gli storici moderni. Infatti il materiale prodotto dai tribunali inquisitoriali ha permesso di ricostruire l'andamento dei processi con una precisione impossibile nella storia del diritto prima di allora.


Nomina dei primi inquisitori permanenti. Inquisizione legatina (o pontificia).


Nel 1231 papa Gregorio IX con la bolla Excommunicamus, affidò il compito dell'Inquisizione a dei giudici nominati e inviati da lui stesso che avevano, tra l'altro, il potere di deporre il vescovo qualora riscontrassero inefficienze nel suo operato (sembra che alcuni vescovi fossero sospettati essi stessi di eresia). Dato che l'ufficio di Inquisitore era ricoperto dai legati del Papa, da questo momento, e per tutto il Medioevo, si parla di Inquisizione legatina o pontificia.

L'incarico di giudice inquisitore fu inizialmente affidato a membri dell'ordine cistercense e poi a frati Domenicani e Francescani. Nello stesso 1231, con la costituzione Inconsutilem l'imperatore Federico II introduceva la pena di morte al rogo per gli eretici con la formula: in cospectu populi comburantur (siano bruciati alla presenza del popolo).

Il concilio regionale di Narbona (1235) stabilì il principio che la condanna doveva essere pronunciata esclusivamente alla presenza di prove irrefutabili perché era meglio assolvere un colpevole che condannare un innocente.

«Sforzatevi di portare alla conversione gli eretici, mostratevi, nei riguardi di coloro i quali ne manifesteranno l'intenzione, pieni di indulgenza: la vostra missione ne riceverà una magnifica consacrazione. [...]
Quelli che rifiutano di convertirsi, non abbiate fretta di condannarli; insistete frequentemente, sia di persona, sia per mezzo d'altri, presso di loro, per spingerli alla conversione, e non consegnateli al potere secolare che con rimpianto.»

Pietro da Verona, inquisitore pontificio in Lombardia, fu ucciso il 6 aprile 1252 da un gruppo di eretici.

Lo stesso anno, il 15 maggio 1252 fu introdotta la possibilità della tortura negli interrogatori, con la bolla Ad extirpanda di Papa Innocenzo IV.


La tortura nell'Inquisizione medievale


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Già nell'886 papa Nicola I aveva dichiarato che la tortura non era ammessa né per le leggi umane né per le leggi divine, perché la confessione deve essere spontanea e nel XII secolo il decreto di Graziano aveva ripetuto la condanna di questo metodo.

Dal XIII secolo (sembra a seguito della riscoperta del diritto romano) la tortura era stata reintrodotta nella giustizia civile ed era poi passata alla giurisdizione ecclesiastica. Innocenzo IV autorizzò l'uso di metodi coercitivi per ottenere la confessione, tra cui il prolungamento della prigionia, la privazione degli alimenti e, in ultima istanza, la tortura, tuttavia lo fece a condizioni ben precise, non previste nei tribunali civili del tempo: la vittima non doveva correre il rischio né della mutilazione né della morte, prima di usare la tortura l'inquisitore doveva chiedere l'approvazione del vescovo locale, la confessione ottenuta con la tortura o in cospectu tormentorum (alla vista degli strumenti di tortura) non era valida a fini processuali, ma doveva essere ripetuta sponte non vi, spontaneamente non con la violenza.

Il torturatore non poteva essere lo stesso giudice (ecclesia abhorret a sanguine), ma un laico. La tortura non poteva essere usata arbitrariamente, ma solo se l'accusato si fosse contraddetto durante gli interrogatori o, al di là della sua professione di innocenza, vi fossero gravissimi indizi a suo carico. Il metodo più usato dagli inquisitori sembra siano stati i tratti di corda: l'imputato, con le mani legate dietro la schiena veniva sollevato più volte in aria con un sistema di carrucole e poi fatto cadere.

La frase tipica che da questo momento si trova nelle minute degli interrogatori è confessionem esse veram, non factam vi tormentorum (la confessione è valida, non resa sotto la violenza della tortura).

Altre volte si trova l'espressione postquam depositus fuit de tormento (dopodiché fu rilasciato dalla tortura).

Il fatto che negli archivi si trovino questo tipo di informazioni alquanto scarne ha fatto nascere una disputa fra gli studiosi. Infatti alcuni storici ritengono che si debba prendere alla lettera quanto si trova nei documenti e dedurne che la pratica della tortura non era comunemente praticata, ma utilizzata solo in casi eccezionali.

Secondo, ad esempio, R. Lanzilli[1], l'utilizzo della tortura cadde in disuso già a partire dal XIV secolo. Per esempio a Tolosa, fra il 1309 e il 1323 furono emanate 636 sentenze inquisitoriali, ma la tortura fu utilizzata solo una volta, cioè nello 0,2 % dei casi; a Valencia, su 2.354 processi celebrati fra il 1478 e il 1530 si utilizzò la tortura solo 12 volte, cioè nello 0,5% dei casi.

Altri studiosi ritengono, invece, che anche quando i verbali degli interrogatori usano l'espressione confessionem esse veram non factam vi tormentorum non si può escludere che la tortura sia stata praticata. Con questa frase i verbali si riferirebbero alla seconda confessione, quella resa spontaneamente.

Al di là delle diverse interpretazioni dei documenti, pare che comunque gli stessi inquisitori non ne fossero particolarmente entusiasti. Bernardo Gui, inquisitore generale di Tolosa, nel suo manuale per inquisitori, scriveva

«Quaestiones sunt fallaces»

«Le torture sono inefficaci »

Questo per due motivi:

1. poteva accadere che non fosse possibile ottenere la conferma spontanea della confessione rilasciata sotto tortura e l'intero processo risultasse vanificato;
2. se l'inquisitore decideva di usare la tortura ma l'imputato non confessava, era costretto a proscioglierlo.


Le giurie popolari


Nel 1254 venne ufficializzata la presenza di una giuria di boni viri (uomini di provati costumi morali), da 30 ai 100 a seconda dei casi, che aveva il compito di leggere l'incartamento relativo al processo (che veniva però trasmesso senza l'indicazione del nome dell'imputato) e suggerire all'inquisitore la sentenza. La responsabilità della sentenza rimaneva dell'inquisitore ma, a quanto risulta dai verbali, nella stragrande maggioranza dei casi l'inquisitore confermava il parere della giuria.

Papa Alessandro IV nel 1261 ufficializzò la possibilità di servirsi di eretici come testimoni nei processi inquisitoriali. Può sembrare una contraddizione, ma dato che le riunioni di chi fosse sospettato di eresia spesso avvenivano in segreto, solo chi aveva assistito a dette riunioni poteva essere considerato testimone attendibile.


Procedura


Il processo dell'Inquisizione prese corpo nel tempo con diversi provvedimenti papali e inoltre, contrariamente a quello che avvenne con la creazione della Congregazione del Sant'Uffizio, durante il Medioevo non ci fu un organo sovrano, ma semmai un indirizzo unico stabilito dal papa.

Tuttavia, al di là delle differenze temporali e geografiche si può tentare di ricostruire il funzionamento tipico di un procedimento inquisitoriale.


Prima fase: l'inchiesta


L'inquisitore, giunto in un luogo in cui si sospettava abitassero eretici, si presentava al vescovo locale. Con il permesso di quest'ultimo convocava il popolo, davanti al quale teneva una predica in cui esponeva il punto di vista della Chiesa sui contenuti della fede ritenuti confusi in quell'ambiente e quindi passava a mostrare la falsità delle proposizioni eretiche lì sostenute.

A questo punto pubblicava due diversi editti: l'editto di grazia

Cita:
Con l'Editto di grazia veniva concessa libertà di culto agli ugonotti francesi.

Fu sancito dal cardinale Richelieu che fu al fianco di Luigi XIII di Francia quando riprese il suo potere regio, che veniva precedentemente esercitato dalla madre Maria de' Medici.

La politica del Richelieu aveva come fine il rafforzamento del potere monarchico.

Egli intendeva affermare il principio dello stato assoluto; ne è del resto testimonianza l'atteggiamento che assunse all'indomani della sconfitta dei protestanti (1628 - La Rochelle fu l'ultima piazzaforte ugonotta a cadere all'attacco del cardinale Richelieu): nessuna condanna al rogo, anzi emanazione dell'editto di grazia (1629) che, seppur con qualche limitazione, confermava la libertà di culto per gli ugonotti.

Con questo editto però decretò il disfacimento del loro apparato politico-militare.

Si presume che l'editto di grazia fu chiamato così proprio perché i protestanti furono in un certo senso graziati dal cattolico Richelieu dopo la sconfitta dell'anno prima.


con cui si concedeva, appunto, la grazia a chi si fosse spontaneamente denunciato all'inquisitore entro un determinato lasso di tempo (in genere dai 15 ai 30 giorni), e l'editto di fede con cui si obbligava chiunque fosse a conoscenza dell'esistenza di un eretico a denunciarlo all'inquisitore pena essere considerato correo.

Chi era sospettato di eresia, ma non si presentava all'inquisitore, era oggetto di una citazione individuale per il tramite del curato del luogo (era l'inizio del processo a suo carico). Chi si rifiutava di comparire veniva scomunicato.


Seconda fase: il processo


L'imputato veniva arrestato, ma non necessariamente trascorreva in prigione tutto il tempo del processo. Poteva infatti essere rilasciato sulla parola, su cauzione, presentare dei testimoni a garanzia che si sarebbe presentato all'inquisitore. L'imputato non aveva il diritto di conoscere né i capi d'accusa né i testimoni contro di lui fino a processo iniziato, tuttavia aveva il diritto di stilare un elenco di nomi di persone che, secondo lui, avrebbero potuto volere il suo male.

Se sulla lista così compilata comparivano gli accusatori, il processo veniva sospeso, l'imputato rilasciato e all'accusatore veniva inflitta la pena prevista per quella tipologia di reato. A dibattimento iniziato gli imputati potevano ancora ricusare i testimoni se avessero dimostrato che questi avevano motivo di essere malevoli nei loro confronti.

A sua volta l'inquisitore non poteva giudicare un imputato se costui in passato gli avesse nociuto. All'accusato venivano sequestrati tutti i beni, sia per provvedere alle spese del processo, sia per l'eventuale mantenimento in carcere dello stesso accusato.

Il processo si componeva di una serie di interrogatori in cui l'imputato si limitava a rispondere alle domande del giudice; non esistevano controinterrogatori.


Gli avvocati difensori


Al processo assisteva un avvocato difensore, ma con funzioni decisamente diverse da quelle che ci aspetteremmo noi moderni. Il suo compito, infatti, non consisteva nella difesa dell'imputato davanti ai giudici, ma nel tentativo di convincere l'accusato a dichiararsi colpevole (per avere il minimo della pena o l'assoluzione) e assisterlo nelle questioni procedurali.

Sembra peraltro che questa figura non compaia spesso ai processi per due ordini di ragioni:

1. era un ufficio gratuito;
2. se l'accusato fosse stato riconosciuto colpevole l'avvocato non avrebbe più potuto esercitare.


Penitenze e pene


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Chi si presentava all'inquisitore entro il termine previsto dall'editto di grazia veniva in genere condannato a un pellegrinaggio.

Per chi invece arrivava al processo si profilavano due strade diverse:

1. Se confessava durante gli interrogatori, veniva perdonato e gli si infliggevano penitenze, in genere recite di preghiere per un certo periodo di tempo, pellegrinaggi, offerte per i poveri. Un'altra punizione tipica era portare signa super vestem (cioè dei simboli di stoffa cuciti sopra i vestiti): gli eretici mitre e rose gialle, i sacrileghi delle ostie, i falsi accusatori due lingue di panno rosso, simbolo della doppiezza.
2. Quando invece l'eretico persisteva nella sua posizione, allora l'inquisitore dichiarava la propria incapacità e lo affidava ai giudici dei tribunali civili.

In questo caso la condanna poteva essere la privazione della libertà per un certo periodo di tempo, la fustigazione pubblica, la confisca dei beni o, nei casi più gravi, la pena di morte.

La prigione era di due tipi: il muro largo, da scontare a casa propria o all'interno di un monastero o di un convento e il muro stretto, cioè la reclusione nel senso moderno del termine. I prigionieri potevano ricevere visite, ma il muro stretto poteva essere mutato in carcer strictissimus (carcere duro) il condannato messo in pace, espressione forbita per indicare che veniva messo in catene a pane e acqua e privato di ogni contatto.

Le penitenze potevano essere mitigate o annullate in seguito. Alcuni condannati furono, ad esempio, liberati per assistere parenti malati fino alla guarigione o alla loro morte. Al contrario, pene più severe erano previste per i relapsi; coloro che erano ricaduti nell'errore.

Per quanto riguarda l'utilizzo della pena di morte, non esistono studi accurati sulla totalità dei documenti. È stato però osservato che nella seconda metà del XIII secolo, a Tolosa, le condanne a morte furono in ragione dell'1% delle sentenze emesse.

Bisogna precisare, che a rigore, l'Inquisizione non poteva condannare né al carcere né, tantomeno, a morte, dato che le punizioni corporali erano di competenza della magistratura civile e venivano decise sulla base delle legislazioni dei singoli stati e non del diritto canonico. Tuttavia il rapporto fra potere spirituale e potere temporale era così stretto che una condanna dell'inquisitore si sarebbe certamente tramutata nella corrispettiva condanna civile.


Terza fase: Pronuncia del giudizio


La punizione dell'eresia non era un fatto privato, ma un avvenimento pubblico. Le sentenze dell'Inquisizione erano pronunciate in una cerimonia ufficiale, alla presenza delle autorità civili e religiose. Questa cerimonia aveva la funzione di evidenziare, simbolicamente, la restaurazione dell'equilibrio sociale e religioso e il ritorno dell'eretico in seno alla Chiesa. Era dunque un atto di fede pubblico, cioè il significato letterale dell'espressione autodafé.

La cerimonia prevedeva un sermone dell'inquisitore, chiamato sermo generalis (sermone generale). Le autorità civili presenti giuravano fedeltà alla Chiesa e s'impegnavano a prestare la loro assistenza nella lotta contro l'eresia.

Subito dopo c'era la lettura del verdetto, cioè, come si è visto sopra, a seconda dei casi: assoluzione, penitenze, pene corporali o addirittura la pena di morte. In quest'ultimo caso l'inquisitore pronunciava la formula solenne:

Cita:
«Cum ecclesia ultra non habeat quod faciat pro suis demeritis contra ipsum, idcirco, eundum reliquimus brachio et judicio saeculari»

«Dato che la Chiesa non riesce a fare altro per i suoi demeriti contro costui, perciò, lo lasciamo al braccio e al giudizio secolari»


A questo punto la cerimonia era conclusa e, con essa, anche il processo.


Ambito di operatività


L'Inquisizione pontificia operò soprattutto nel sud della Francia e nel nord Italia, cioè nelle due aree dov'erano maggiormente presenti catari e valdesi. In Spagna fu presente nel regno di Aragona, ma non nel regno di Castiglia. Nel resto d'Europa non sembra abbia avuto una particolare virulenza, anche se si estese alla Germania, dove sarà fatta propria dai riformisti di Lutero e in Scandinavia.

La sua esperienza può dirsi conclusa alla metà del XIV secolo, cioè alla scomparsa del movimento cataro (il movimento valdese, invece, è sopravvissuto, ha successivamente aderito alla riforma protestante ed è ancora oggi presente in Italia).

Il suo ambito di competenza erano soltanto i battezzati, e quindi erano formalmente esclusi ebrei e musulmani.

A volte gli inquisitori finivano inquisiti. Fu questo, ad es., il caso di Roberto il Bulgaro, inquisitore generale di Francia. Denunciato per i suoi metodi eccessivamente severi, fu processato dal papa e condannato al carcere a vita.


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MessaggioInviato: 01/02/2011, 16:22 
Le vittime dei GENOCIDI Papali



Questo post è dedicata alla memoria di tutte le vittime conosciute e sconosciute che nelle lunga, millenaria, strada per l’emancipazione dei popoli, per il desiderio dell’umana sete di conoscenza, per la verità e la libertà si sacrificarono e pagarono con la propria vita, perirono arsi vivi sui roghi o caddero sotto la crudele mannaia del potere della chiesa cattolica romana. Oggi, in un epoca dove il vento del revisionismo storico imperversa e in cui si attribuiscono ogni infamia e nefandezza a popoli e culture, la memoria di un passato di folli atrocità, ancor presente oggi, e che si manifesta con il perpetuare la menzogna per mezzo di anacronistiche liturgie ereditate dalla cultura di Roma, la memoria di questi martiri non deve andare perduta.
Ringraziamo per averci concesso la pubblicazione dell’articolo (nomi, date, eventi) il Sig. Luigi Cascioli.


Questo che segue è l'elenco delle vittime della Chiesa Cattolica che si sono unite a noi nella lotta che stiamo conducendo contro i loro carnefici. Sono questi i nomi che presto andranno a sostituire, nelle targhe commemorative poste sulle strade e nelle piazze, quelli dei tanti criminali che un imperialismo basato sull'impostura ci ha costretto ad onorare come Santi: L'Inquisizione, dichiarata Santa da Santa Romana Chiesa come lo sono state le Crociate, anche se nei fatti esisteva già dagli inizi dell'anno 1000, fu ufficialmente riconosciuta e legittimata sotto Papa Gregorio IX nel 1215 allorché la sua gestione fu affidata all'ordine dei domenicani fondato da Domenico da Guzman (anche lui santo) il quale perseguitò gli eretici con un cinismo tale da essere ricordato dalla storia come uno dei più sanguinari carnefici di tutti i tempi.


Tra le innumerevoli vittime della Chiesa nel periodo precedente all'avvento dell'Inquisizione istituita da Innocenzo III, rimaste purtroppo nella maggior parte anonime per via di mancanza di documenti, giganteggia la figura di Arnaldo da Brescia bruciato vivo nel 1155 sotto il pontificato di Adriano IV per aver denunciato l'immoralità della Chiesa. I papi che seguirono Adriano IV (1154-1159), promettendo ai persecutori degli eretici le stesse indulgenze riservate ai crociati, spinsero i cattolici ad eseguire delle vere e proprie stragi come quelle volute da Innocenzo III che si servì delle milizie di Simone de Monfort per distruggere città intere, come Carcassonne, Tolosa e Beziers, perché gli abitanti si erano rifiutati di consegnare i seguaci di Valdo (Valdesi). Soltanto a Beziers furono massacrati oltre 7.000 dei suoi abitanti. Le milizie cattoliche entrarono in queste città e senza curarsi di selezionare gli eretici dai non eretici, eseguirono le carneficine al grido: «Uccideteli tutti perché Dio saprà poi riconoscere i suoi!». Da ricordare che Innocenzo III nell'ultimo anno del suo pontificato fece votare dal Concilio Lateranense IV una legge che obbligava gli ebrei a vestire di giallo perché fossero sottoposti al pubblico ludibrio... e ci si chiede ancora da dove originino i campi di stermino nazisti! Sotto il Papa Innocenzo IV, successore di Innocenzo III, le leggi inquisitorie furono confermate e aggravate. Chiunque fosse stato dichiarato eretico veniva automaticamente imprigionato e condannato a morte con la confisca dei beni se non avesse abiurato. Come conseguenza di questa legge, che considerava la confisca del beni, molti furono i figli che furono portati all'infamia di accusare i propri genitori di eresia pur di salvare le proprietà di cui erano eredi. Delle centinaia di processi terminanti con condanne a morte, l'unico che ci è pervenuto è quello contro Paolo Gioacchino dei Rusconi che fu torturato e bruciato vivo quale relapso.

I nomi dei martiri riportati qui di seguito nei vari pontificati che si susseguirono, essendo tratti dai pochi documenti rimasti, non sono che una minima parte di quanti furono in realtà uccisi da Santa Madre Chiesa. Nell'elenco ci sono anche tre martiri uccisi per aver celebrato la messa da spretati (si trovano sottolineati nei pontificati di Paolo VI - Urbano VIII - Clemente XIII).

— Papa Clemente V

Fra Dolcino, per nulla intimorito dalle minacce dell'Inquisizione, si scaglia contro Clemente V accusandolo di immoralità. Ridotto a brandelli il suo corpo viene bruciato al rogo.

13 marzo 1307 Suor Margherita e Frate Longino insieme ad oltre mille seguaci dell'eretico Dolcino, bruciati al rogo.

1307. Soppressione dei Templari con stragi di massa con "torture inimmaginabili" perché accusati di eresia. Molay, Gran Maestro, fu arso vivo a Parigi dopo anni di atroci torture.

— Papa Benedetto XII (beatificato)

Francesco da Pistoia, Lorenzo Gherardi, Bartolomeo Greco, Bartolomeo da Bucciano, Antonio Bevilacqua e altri dieci frati Francescani, arsi vivi per predicare la povertà di Cristo - Venezia 1337. Stessa sorte a Parma per Donna Oliva anch'essa perché seguace di S. Francesco.

— Papa Clemente VI

Migliaia di vittime dell'inquisizione delle quali ci sono pervenuti soltanto i processi di: Francesco Stabili, detto Cecco d'Ascoli, il quale fu arso vivo per aver detto, a proposito delle tentazione di Gesù, che non è possibile vedere tutta la terra da una montagna per quanto alta fosse stata come veniva affermato da vangelo.

Pietro d'Albano, medico, bruciato vivo perché accusato di stregoneria.

Domenico Savi condannato al rogo come eretico per aver eretto un ospedale senza la benedizione della Chiesa.

— Innocenzo VI

Tra le numerose vittime di Santa Madre Chiesa da ricordare i frati Pietro da Novara, Bernardo da Sicilia, Fra Tommaso vescovo d'Aquino e Francesco Marchesino vescovo di Trivento accusati di appartenere ai fraticelli di S.Francesco. Torturati e bruciati vivi.

— Gregorio XI

Intere città furono teatro di stragi perché avevano ospitato gli eretici. Nelle piazze di Firenze, Venezia, Roma e Ferrara fu un continuo accendersi di roghi.

Belramo Agosti, umile calzolaio, torturato e bruciato vivo per aver bestemmiato durane una partita a carte: 5 giugno 1382.

Menelao Santori perché conviveva con due donne: 10 ottobre 1387.

Lorenzo di Bologna costretto sotto tortura a confessare di aver rubato una pisside. Reso moribondo dalle torture, fu accompagnato al rogo a colpi frusta. 1 novembre 1388.

— Gregorio XII

Dopo il periodo di tregua passato sotto Urbano VI, con Gregorio XII riprendono le stragi e i roghi in una maniera estremamente spietata. La città che fu particolarmente colpita fu Pisa. Un certo giovane di nome Andreani fu torturato e bruciato vivo insieme alla moglie e alla figlia perché aveva osato deridere i Padri Conciliari. I cardinali appartenenti al concilio assistettero in massa alle esecuzioni per il piacere di veder morire insieme alla sua famiglia colui che essi "avevano condannato per solo sentimento di vendetta". 1413.

Jean Hus e Gerolamo da Praga macellati e bruciati vivi per aver detto che la morale del vangelo proibisce ai religiosi di possedere beni materiali. 1414.

— Papa Eugenio IV

<font color="pink">Giovanna d'Arco</font id="pink">, bruciata viva accusata di stregoneria (1431).

Merenda e Matteo, due popolani, bruciati vivi dall'Inquisizione per rendere un favore alle famiglie dei Colonna e dei Savelli delle quali avevano parlato male. Ripetute stragi in Boemia contro gli Hussidi (seguaci di Jean Hus), per le rimostranze fatte in seguito alla uccisione del loro maestro. Una delle stragi fu eseguita facendo entrare gli Ussidi in un fienile al quale dettero fuoco dopo aver chiuso le porte. Il fatto fu così commentato da uno scrittore cattolico: «Appena entrati, si chiusero le porte e si appiccò il fuoco; e in tal modo quella feccia, quel rifiuto della razza umana, dopo aver commesso tanti delitti, pagò finalmente tra le fiamme la pena del suo disprezzo per la religione».

Ma il peggio verrà allorché la Chiesa dovrà difendersi dall'avvento del Rinascimento.

— Papa Sisto IV

In Spagna eccelse per la sua crudeltà il domenicano Tommaso Torquemada il quale, confiscando i beni degli accusati di eresia e di stregoneria, era arrivato ad accumulare tante ricchezze da essere temuto dallo stesso Papa che lo obbligò a versargli la metà del bottino. Quando costui arrivava in un paese come inquisitore, la popolazione fuggiva in massa lasciando tutto nelle sue mani. Nell'impossibilità di elencare tutte le vittime di Torquemada mi limiterò a dire che in 18 anni della sua inquisizione ci furono: 800.000 ebrei allontanati dalla Spagna, con confisca dei beni, sotto pena di morte se fossero restati. 10.200 bruciati vivi. 6.860 cadaveri riesumati per essere bruciati al rogo in seguito a processi (terminati tutti con la confisca dei beni) celebrati "post mortem" (dopo la morte). 97.000 condannati alla prigione perpetua con confisca delle proprietà. E intanto che Torquemada faceva il macellaio in Spagna, a Roma l'inquisizione accendeva roghi in tutte le sue piazze per bruciare gli eretici i cui patrimoni venivano automaticamente requisiti per conto del Papa dalla confraternita di San Giovanni Decollato.

— Papa Alessandro VI

Gerolamo Savonarola bruciato vivo in Piazza della Signoria a Firenze. 23 maggio 1498 insieme ai suoi due suoi discepoli Domenico da Pescia e Sivestro da Firenze.

Tre ebrei arsi vivi in campo dei Fiori a Roma. 13 gennaio 1498

Gentile Cimeli, accusata di stregoneria arsa viva a campo dei Fiori 14 luglio 1498

Marcello da Fiorentino arso vivo in piazza S. Pietro. 29 luglio 1498.

— Giulio II

4 donne giustiziate per stregoneria a Cavalese (Trento). 1505.

Diego Portoghese impiccato per eresia. 14 ottobre 1606.

30 persone bruciate vive a Logrono (Spagna) per stregoneria.

Fra Agostino Grimaldi giustiziato per eresia. 6 agosto. 1507

15 cittadini romani massacrati dalle guardie svizzere per eresia.1513.

Orazio e Giacomo di Riffredo, giustiziati per eresia. 30 aprile 1513.

— Leone X (Il Papa che ha dichiarato la non esistenza di Cristo)

30 donne accusate di stregoneria arse vive a Bormio. 1514.

Martino Jacopo giustiziato per eresia a Vercelli. 18 febbraio 1517.

80 donne bruciate vive in Valcamonica per stregoneria. 1518.

5 eretici arsi vivi a Brescia. 13 aprile 1519.

Baglione Paolo da Perugia decapitato per eresia alla Traspontina. 4 giugno 1520.

Fra Camillo Lomaccio, Fra Giulio Carino, Leonardo Cesalpini strangolati in carcere per eresia. 8 luglio 1520.

— Clemente VII

Anna Furabach, giustiziata per eresia. 9 maggio 1524.

Migliaia di protestanti Anabattisti decapitati, arsi vivi, annegati e torturati a morte. 1525.

Una donna accusata di stregoneria arsa viva in Campidoglio. 30 settembre 1525

Claudio Artoidi e Lerenza di Pietro giustiziati per eresia. 16 maggio 1526.

Rinaldo di Colonia giustiziato per eresia. 26 agosto 1528.

Lorenzo di Gabriele da Parma e Tiberio di Giannantonio torturati e giustiziati per eresia. 9 sett. 1528.

Berrnardino da Palestrina Burciato vivo per eresia. 20 novembre 1529. Giovanni Milanese bruciato vivo per eresia. 23 novembre 1530.

— Paolo III (Un altro Papa ateo che ha affermato la non esistenza di Cristo. Gli altri lo sanno come lui ma non lo dicono).

Uccisi tutti gli abitanti della città di Mérindol (Francia) per aver abbracciato la fede dei protestanti Evangelici. I loro beni furono confiscati e la città rimase deserta e inabitabile.1540.

Tutti gli Anabattisti della città di Munster (Germania) furono massacrati. Giovanni di Leida, loro capo, fu ucciso dopo essere stato sottoposto "a orrendo supplizio". 4 aprile 1535.

Martino Govinin giustiziato nelle carceri di Grenoble. 26 aprile 1536.

Francesco di Giovanni di Capocena ucciso per eresia. 1538.

Ene di Ambrogio giustiziato per eresia. 1539.

Galateo di Girolamo giustiziato nelle carceri dell'Inquisizione per eresia. 17 gennaio 1541.

Giandomenico dell'Aquila. Eretico, bruciato vivo. 4 febbraio 1542.

Federico d' Abruzzo ucciso per eresia. Il suo corpo fu portato al supplizio trascinato da un cavallo. Quello che rimase del suo corpo fu appeso alla forca. 12 luglio 1542.

2.740 Valdesi furono massacrati dai cattolici in Provenza (Francia). Aprile 1545.

Girolamo Francese impiccato perchè luterano. 27 settembre 1546.

Baldassarre Altieri, dell'Ambasciatore inglese, fatto sparire nelle carceri dell'Inquisizione. 1548

Federico Consalvo, eretico, giustiziato. 25 maggio 1549.

Annibale di Lattanzio giustiziato per eresia. 25 maggio 1549.

— Giulio III

Fanino Faenza impiccato e bruciato per eresia. 18 febbraio 1550.

Domenico della Casa Bianca, luterano. Decapitato. 20 febbraio 1550.

Geronimo Geril Francese, Impiccato per eresia e poi squartato. 20 marzo 1550.

Giovanni Buzio e Giovanni Teodori, impiccati e bruciati per eresia. 4 settembre 1553.

Francesco Gamba, decapitato e bruciato vivo per eresia. 21 lugio 1554.

Giovanni Moglio e Tisserando da Perugia, luterani. Impiccati e bruciati vivi. 5 settembre 1554.

— Paolo IV

Istituzione del Ghetto a Roma con restrizioni contro gli ebrei ancor più severe del ghetto di Venezia.

Cola Francesco di Salerno, giustiziato per eresia. 14 giugno 1555

Bartolomeo Hector, bruciato vivo per aver venduto due Bibbie. 20 giugno 1555.

Golla Elia e Paolo Rappi, protestanti, bruciati vivi a Torino. 22 giugno 1555.

Vernon Giovanni e Labori Antonio, evangelisti, bruciati vivi. 28 agosto 1555.

Stefano di Girolamo, giustiziato per eresia. 11 gennaio 1556.

Giulio Napolitano, bruciato vivo per eresia. 6 marzo 1556.

Ambrogio de Cavoli, impiccato e bruciato per eresia. 15 giugno 1556.

Don Pompeo dei Monti, bruciato vivo per eresia. 4 luglio 1556.

Pomponio Angerio, bruciato vivo per eresia. 19 agosto 1556.

Nicola Sartonio, luterano, bruciato vivo. 13 maggio 1557.

Jeronimo da Bergamo, Alessandra Fiorentina e Madonna Caterina, impiccati e bruciati per omosessualità. 22 dicembre 1557.

Fra Gioffredo Varaglia, francescano, bruciato vivo per eresia. 25 marzo 1558.

Gisberto di Milanuccio, eretico, bruciato vivo. 15 giugno 1558.

Francesco Cartone, eretico, bruciato vivo. 3 agosto 1558.

14 protestanti bruciati vivi a Siviglia in Spagna. 1559. 15 protestanti bruciati vivi a Valadolid in Spagna. 1559.

Gabriello di Thomaien, bruciato vivo per omosessualità. 8 febbraio 1559.

Antonio di Colella arso vivo per eresia. 8 febbraio 1559.

Leonardo da Meola e Giovanni Antonio del Bò, impiccati e bruciati per eresia. 8 febbr.1559.

13 eretici più un tedesco di Augsburg accusato di omosessualità arsi vivi. 17 febbraio 1559.

Antonio Gesualdi, luterano, giustiziato per eresia. 16 marzo 1559.

Ferrante Bisantino, eretico, arso vivo. 24 agosto 1559.

Scipione Retio, eretico, ucciso nelle carceri della Santa Inquisizione. 1559.

— Papa Pio IV

I monaci dell’Abazia di Perosa (Pinerolo) si divertirono a bruciare vivi a fuoco lento un prete evangelico insieme ai suoi fedeli. Dicembre 1559.

Carneficina di Valdesi in Calabria per opera di bande di delinquenti assoldate da Santa Madre Chiesa (uomini, donne, vecchi e bambini atrocemente torturati prime di essere uccisi su diretto ordine del Papa). Dicembre 1559.

”A Santo-Xisto, alla Guardia, a Montalto e a Sant’Agata si fecero cose inaudite: gente sgozzata, squartata, bruciata e orrendamente mutilata. Pezzi di resti umani furono appesi alle porte delle case come esempio alle genti. Quelli che fuggirono sulle montagne furono assediati fino a che morirono di fame. Molte donne e fanciulli furono ridotti in schiavitù”. I559. (Da “La Santa Inquisizione di Maurizio Marchetti. Ed. La Fiaccola).

4000 valdesi massacrati su ordine di Santa Madre Chiesa. 1560.

Giulio Ghirlanda, Baudo Lupettino, Marcello Spinola, Nicola Bucello, Antonio Rietto, Francesco Sega, condannati a morte perchè sorpresi a svolgere una funzione religiosa in una casa privata officiante la messa uno spretato. 1560.

Giacomo Bonello, bruciato vivo perché evangelista. 18 febbraio 1560.

Mermetto Savoiardo, eretico, arso vivo. 13 agosto 1560.

Dionigi di Cola, eretico, bruciato vivo. 13 agosto 1560.

Aloisio Pascale, evangelista, impiccato e bruciato. 8 settembre 1560.

Gian Pascali di Cuneo, bruciato vivo per eresia. 15 settembre 1560.

Stefano Negrone, eretico, lasciato morire di fame nelle prigioni della Santa Inquisizione. 15 settembre 1560.

Stefano Morello, eretico, impiccato e bruciato. 25 settembre 1560.

Bernardino Conte, bruciato vivo per eresia. 1560.

300 persone a Oppenau, 63 donne a Wiesensteig e 54 a Obermachtal in Gemania, bruciate vive per stregoneria. 1562.

Macario, vescovo di Macedonia, eretico, bruciato vivo. 10 giugno 1562.

Cornelio di Olanda, eretico, impiccato e bruciato. 23 g3nnaio 1563.

Franceso Cipriotto, inpiccato ebruciato per eresia. 4 settembre 1564.

Giulio Cesare Vanini, panteista, bruciato vivo dopo avergli strappato la lingua. Giulio di Grifone, eretico, giustiziato.

— Pio V (elevato dalla Chiesa agli onori degli altari).

Con bolla papale viene imposta a Roma la chiusura di tutte le sinagoghe.

Muzio della Torella, eretico, giustiziato. 1 marzo 1566. Giulio Napolitano, eretico, bruciato vivo. 6 marzo 1566.

Don Pompeo dei Monti, decapitato per eresia. 3 luglio 1566.

Curzio di Cave, francescano, decapitato per eresia. 9 luglio 1566.

17.000 (diciassettemila) protestanti massacrati nelle Fiandre da cattolici spagnoli.

Giorgio Olivetto arso vivo perché luterano. 27 gennaio 1567.

Domenico Zocchi, ebreo, impiccato e bruciato a Piazza Giudia nel Ghetto di Roma. 1 febbraio 1567.

Girolamo Landi, impiccato e bruciato per eresia.. 25 febbraio 1567.

Pietro Carnesecchi, impiccato e bruciato per eresia. 30 settembre 1567.

Giulio Maresco, decapitato e arso per eresia. 30 settembre 1567.

Paolo e Matteo murato vivo per eresia. 30 sett.1567.

Ottaviano Fioravanti, murato vivo per eresia. 30 sett. 1567.

Giovannino Guastavillani, eretico, murato vivo. 30 settembre 1567.

Geronimo del Puzo, murato vivo per eresia. 30 settembre 1567.

Gerolamo Donato con altri suoi confratelli dell'Ordine degli Umiliati, vengono giustiziati su ordine di Carlo Borromeo (santo), vescovo di Milano, dopo lunghe ore di torture, per eresia. 2 agosto 1570.

Macario Giulio da Cetona, decapitato e bruciato per eresia. 1 ottobre 1567.

Lorenzo da Mugnano, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1668.

Matteo d'Ippolito, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1568.

Francesco Stanga, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1568.

Donato Matteo Minoli, lasciato morire nelle carceri dopo avergli rotto le ossa e bruciato i piedi. 27 maggio 1568.

Francesco Castellani, eretico, impiccato. 6 dicembre 1568.

Pietro Gelosi, eretico, impiccato e bruciato. 6 dicembre 1568.

Marcantonio Verotti, eretico, impiccato e bruciato. 6 dicembre 1568.

Luca di Faenza, eretico, bruciato vivo. 28 febbraio 1568.

Borghesi Filippo, decapitato e bruciato per eresia. 2 maggio 1569.

Giovanni dei Blasi, impiccato e bruciato per eresia. 2 maggio 1569.

Camillo Ragnolo, impiccato e bruciato per eresia. 25 maggio 1569.

Fra Cellario Francesco, impiccato e bruciato per eresia. 25 maggio 1569.

Bartolomeo Bartoccio, bruciato vivo per eresia. 25 maggio 1569.

Guido Zanetti, murato vivo per eresia. 27 maggio 1569.

Filippo Porroni, eretico luterano, impiccato. 11 febbraio 1570.

Gian Matteo di Giulianello, giustiziato per eresia. 25 febbraio 1570.

Nicolò Franco, impiccato per aver deriso il papa con degli scritti. Impiccato. 11 marzo 1570.

Giovanni di Pietro, eretico, impiccato e bruciato. 13 maggio 1570.

Aolio Paliero, eretico, impiccato e bruciato su espresso desiderio di Papa Pio V (santo).3 luglio1570.

Fra Arnaldo di Santo Zeno, eretico, bruciato vivo. 4 novembre 1570.

Don Girolamo di Pesaro, Giovanni Antonio di Jesi e Pietro Paolo di Maranzano, giustiziati per eresia. 6 ottobre 1571.

Francesco Galatieri, pugnalato a morte dai sicari pontifici perché eretico. 5 gennaio 1572.

Madonna Dianora di Montpelier, eretica, impiccata e bruciata. 9 febbraio 1572.

Madonna Pellegrina di Valenza, eretica impiccata e bruciata. 9 febbraio 1972.

Madonna Girolama Guanziana, eretica impiccata e bruciata. 9 febbraio 1572.

Madonna Isabella di Montpelier, eretica impiccatae bruciata. 9 febbraio 1572.

Domenico della Xenia, eretico impiccato e bruciato. 9 febbraio 1572.

Teofilo Penarelli, eretico impiccato e bruciato. 22 febbraio 1572.

— Gregorio XIII

Alessandro di Giulio, impiccato e bruciato per eresia. 15 marzo 1572.

Giovanni di Giovan Battista, impiccato e bruciato perchè eretico. 15 marzo 1572.

Girolamo Pellegrino, impiccato e bruciato per eresia. 19 luglio 1572.

10.000 (diecimila) eretici massacrati in Francia per ordine del Papa (strage degli Ugonotti- Notte di S. Bartolomeo). 24 agosto 1572.

500 eretici massacrati in Croazia per ordine del vescovo cattolico Juraj Draskovic. 1573.

Nicolò Colonici eretico impiccato e bruciato. Giovanni Francesco Ghisleri, strangolato nelle carceri dell'Inquisizione. 25 ottobre del 1574.

Alessandro di Giacomo, arso vivo. 19 novembre 1574.

Benedetto Thomaria, eretico bruciato vivo. 12 Maggio 1574.

Don Antonio Nolfo, eretico giustiziato. 29 luglio 1578.

Giovanni Battista di Tigoni, eretico giustiziato. 29 lugio 1578.

Baldassarre di Nicolò, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Antonio Valies de la Malta, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Francesco di Giovanni Martino, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Bernardino di Alfar, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Alfonso di Poglis, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Marco di Giovanni Pinto, eretico impiccato e bruciato.13 agosto 1578.

Girolamo di Giovanni da Toledo, eretico impiccato e bruciato 13 agosto 1578.

Gasparre di Martino, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Fra Clemente Sapone, eretico impiccato e bruciato. 29 novembre 1578.

Pompeo Loiani, eretico impiccato e bruciato. 12 giugno 1579.

Cosimo Tranconi, eretico impiccato e bruciato. 12 giugno 1579. 2

22 (duecentoventidue) ebrei bruciati al rogo per ordine della Santa Inquisizione. 1558.

Salomone, ebreo impiccato per aver rifiutato il battesimo. 13 marzo 1580.

Un inglese bruciato vivo per aver offeso un prete. 2 agosto 1581.

Diego Lopez, bruciato vivo per eresia. 18 febbraio 1583.

Domenico Danzarelli, impiccato e bruciato per eresia. 18 febbraio 1583.

Prospero di Barberia, eretico impiccato e bruciato. 18 febbraio 1583.

Gabriello Henriquez, bruciato vivo per eresia. 18 febbraio 1583.

Borro d'Arezzo, bruciato vivo per eresia. 7 febbraio 1583.

Ludovico Moro, eretico arso vivo. 10 luglio 1583.

Fra Camillo Lomaccio, Fra Giulio Carino, Leonardo di Andrea strangolati nel carcere di Tor Nona per eresia. 23 luglio 1583.

Lorenzo Perna, arrestato per ordine del cardinale Savelli per eresia, si ignora la sua fine. 16 giugno 1584.

«La Signora di Bellegard», arrestata per eresia, si ignora la sua fine. ottobre 1584.

Giacomo Paleologo, decapitato e bruciato. 22 marzo 1585.

I fratelli Missori decapitati per aver espresso il diritto alla libertà di stampa. Le loro teste furono lasciate in esposizione al pubblico. 22 marzo 1585. (Il corpo di Gregorio XIII, di questo carnefice, viene onorato e riverito dai cattolici nella sua monumentale tomba in S.Pietro a Roma).

— Papa Sisto V

Questo Papa fece impiccare uno spagnolo per aver ucciso con una bastonata un soldato svizzero che lo aveva ferito con l'alabarda. Respinta la richiesta di sostituire la forca con la mannaia, Sisto V assisteva gioiosamente alle esecuzioni facendosi portare da mangiare perchè "questi atti di giustizia gli accrescevano l'appetito". Dopo l'esecuzione di una sentenza disse: « Dio sia benedetto per il grande appetito con cui ho mangiato».

Pietro Benato, arso vivo per eresia. 26 aprile 85.

Pomponio Rustici, Gasparre Ravelli, Antonio Nantrò, Fra Giovanni Bellinelli, impiccati e bruciati vivi per eresia. 5 agosto 1587.

Vittorio, conte di Saluzzo, giustiziato per eresia. 9 dicembre 1589.

Valerio Marliano, eretico impiccato e bruciato. 16 febbraio 1590.

Don Domenico Bravo, decapitato per eresia. 30 marzo 1590.

Fra Lorenzo dell'Aglio, impiccato e bruciato.13 aprile 1590.

— Gregorio XIV

Fra Andrea Forzati, Fra Flaminio Fabrizi, Fra Francesco Serafini, impiccati e bruciati. 6 febbraio 1591.

Giovanni Battista Corobinacci, Giovanni Antonio de Manno Rosario, Alexandro d'Arcangelo, Fulvio Luparino, Francesco de Alexandro, giustiziati. Giugno 1590. Giovanni Angelo Fullo, Giò Carlo di Luna, Decio Panella, Domenico Brailo, Antonio Costa, Fra Giovanni Battista Grosso, l'Abate Volpino, insieme ad altri seguaci di Fra Girolamo da Milano, arrestati dalla Santa Inquisizione, si ignora la loro fine... 1590.

(Tutto questo in un solo anno di Santo Pontificato!).

— Clemente VIII

Giordano Bruno, bruciato vivo per eresia il 17 febbraio 1600.

Quattro donne e un vecchio bruciate vive per eresia. 16 febbraio 1600.

Francesco Gambonelli, eretico arso vivo. 17 febbraio 1594.

Marcantonio Valena e un altro luterano, arsi vivi. agosto 1594.

Graziani Agostini, eretico impiccato e bruciato. 1596.

Prestini Menandro, eretico impiccato ebruciato. 1596.

Achille della Regina, se ne ignora la fine. Giugno 1597.

Cesare di Giuliano, eretico impiccato e bruciato. 1597.

Damiano di Francesco, eretico impiccato e bruciato. 1597.

Baldo di Francesco, impiccato e bruciato per eresia. 1957.

De Magistri Giovanni Angelo, eretico impiccato e bruciato.1597.

Don Ottavio Scipione, eretico, decapitato e bruciato.1597.

Giovanni Antonio da Verona e Fra Celestino, eretici bruciati vivi. 16 settembre 1599.

Fra Cierrente Mancini e Don Galeazzo Porta decapitati per eresia. 9 novembre 1599.

Maurizio Rinaldi, eretico bruciato vivo. 23 febbraio 1600. Francesco Moreno, eretico impiccato e bruciato. 9 giugno 1600. Nunzio Servandio, ebreo impiccato. 25 giugno 1600.

Bartolomeo Coppino, luterano arso vivo. 7 aprile 1601. Tommaso Caraffa e Onorio Costanzo eretici decapitati e bruciati. 10 maggio 1601.

— Papa Paolo V

Giovanni Pietro di Tunisi, impiccato e bruciato. 1607.

Giuseppe Teodoro, eretico impiccato e bruciato. 1609. Felice d'Ottavio, eretico impiccato e bruciato. 1609.Rossi Francesco, eretico impiccato e bruciato. 1609. Antonio di Jacopo, eretico impiccato e bruciato. 1609. Fortunato Aniello, eretico impiccato e bruciato. 1609. Vincenti Pietro, eretico impiccato e bruciato. 1609. Umberto Marcantonio, eretico impiccato e bruciato. 1609.

Fra Manfredi Fulgenzio, eretico impiccato e bruciato. 1610. Lucarelli Battista, eretico impiccato e bruciato. 1610. Emilio di Valerio, ebreo, impiccato e bruciato. 1610.

Don Domenico di Giovanni, per essere passato dal cristianesimo all'ebraismo, impiccato. 1611. Giovanni Milo, luterano impiccato. marzo 1611. Giovanni Mancini, per aver celebrato la messa da spretato impiccato e bruciato. 22 ottobre 1611.

Jacopo de Elia, ebreo impiccato e bruciato. 22 gennaio 1616. Francesco Maria Sagni, eretico impiccato e bruciato. 1 luglio 1616.

Arrestato un negromante zoppo, arso vivo per stregoneria. 1617.

Lucilio Vanini, arso vivo per aver messo in dubbio l'esistenza di Dio. 17 febbraio 1618.

Migliaia di eretici trucidati dai cattolici nei Grigioni in Valtellina. 1620. (La Chiesa, rimasta nella convinzione che in Valtellina ci siano ancora tendenze religiose eretico-pagane, mantiene tutt'oggi la regione sotto controllo tramite la "Missione Rezia", affidata ai cappuccini, dipendenti direttamente da "Propaganda Fidei") ... e il Santo Padre Giovanni Paolo II chiede perdono!

— Urbano VIII

Galileo Galilei, torturato e condannato al carcere perpetuo quale eretico per aver affermato che la Terra gira intorno al Sole. 1633.

Ferrari Ambrogio, eretico impiccato. 1624.

Donna Anna Sobrero, morta di peste in carcere dove era stata condannata a vita. 1627. (nei mesi che seguirono, tutti coloro che passarono per quel carcere, morirono di peste).

Frate Serafino, eretico, inpiccato e bruciato. 1634.

Giacinto Centini, decapitato per aver offeso la sovranità papale. 1635.

Fra Diego Giavaloni, eretico impiccato e bruciato. 1635.

Alverez Ferdinando, bruciato vivo per essersi convertito all'ebraismo. 19 marzo 140.

Policarpo Angelo, impiccato e bruciato per aver celebrato la messa da spretato. 19 maggio 1642.

Ferrante Pallavicino, eretico impiccato e bruciato. 1644. Fra Camillo d'Angelo, Ludovico Domenico, Simone Cossio, Domenico da Sterlignano, giustiziati per eresia. 1644.

— Papa Innocenzo X

Brugnarello Giuseppe e Claudio Borgegnone, impiccati e bruciati per aver falsificato alcune lettere apostoliche. 1652. ( Se questo Papa applicò in prevalenza condanne di carceri a vita ciò dipese dal fatto che in quegli anni ricorreva l'anno Santo).

— Papa Alessandro II

Fello Giovanni, sacerdote, decapitato per eresia. 1657.
1.712 Valdesi massacrati dai cattolici nelle Valli Alpine. 1655.

— Papa Innocenzo XI (santificato)

20 ebrei condannati al rogo. 1680.

Vincenzo Scatolari, per aver esercitato la professione di giornalista senza autorizzazione di Santa Madre Chiesa. Decapitato. 2 agosto 1685.

2.000 (duemila) Valdesi massacrati dai cattolici nelle Valli Alpine per ordine diretto del Papa. Maggio 1686.

24 protestanti uccisi dai cattolici a Pressov in Slovacchia. 1687.

— Papa Innocenzo XII

Martino Alessandro, morto in carcere per tortura. 3 maggio 1690.

37 ebrei bruciati vivi. 1691. (poi si cercano le cause che hanno generato l'antisemitismo!).

Antonio Bevilacqua e Carlo Maria Campana, cappuccini, decapitati perchè seguaci del Quietismo di Molinos. 26 marzo 1695.

— Clemente XI

Filippo Rivarola, portato al patibolo in barella per le torture ricevute, decapitato. 4 agosto 1708.

Spallaccini Domenico, impiccato e bruciato per aver bestemmiato a causa di un colpo di alabarda ricevuta da una guardia papalina. 28 luglio 1711.

Gaetano Volpini, decapitato per aver scritto una poesia contro il Papa. 3 febbraio 1720.

— Clemente XII

Questo Papa, ripristinando la "mazzolatura" (rottura delle ossa a colpi di bastone), si dimostrò uno dei più cinici sostenitori dell'arte della tortura.

Pietro Giarinone, filosofo e storico, morì sotto tortura per aver sostenuto la supremazia del re sulla curia romana. 24 marzo 1736.

Enrico Trivelli, decapitato per aver scritto frasi di rivolta contro il Papa. 23 febbraio 1737.

Le numerose vittime di questo Papa sono rimaste sconosciute perchè egli preferiva più uccidere sotto tortura nella carceri dell'Inquisizione che giustiziarle nelle pubbliche piazze.

L'EUROPA COMINCIA A RISENTIRE DEL BENFICO EFFETTO DELL'ILLUMINISMO CHE SI MANIFESTA LIMITANDO L'ALTERIGIA DELLA CHIESA CHE RIDUCE LE SUE PERSECUZIONI RELIGIOSE ORINTANDOSI VERSO DELITTI POLITICI, CRIMINI COMUNI OPPURE REATI RIGUARDANTI GLI ORDINAMENTI INTERNI ECCLESIASTICI. QUELLO CHE PER LEI CONTA SOPRA OGNI COSA È L'IMPORRE IL SUO POTERE ATTRAVERSO IL TERRORE.

— Clemente XIII

Tommaso Crudeli, condannato al carcere a vita per massoneria. 2 agosto 1740.

Giuseppe Morelli, impiccato per aver celebrato l'Eucaristia da spretato. 22 agosto 1761.

Carlo Sala, eretico, giustiziato. 25 settembre. 1765. (Carlo Sala è l'ultimo martire ucciso dalla Chiesa per eresia).

I massacri, non più di carattere religioso, continuarono contro i cospiratori politici, i giornalistI e tutti quei progressisti che intendevano rovesciare l'immoralità dell'oscurantismo religioso attraverso una rivoluzione armata. Le atrocità furono come nel passato. Tagli di teste, torture con mazzolature, impiccagioni e sevizie che spesso portavano allo squartamento degli accusati. Pur di mantenere il terrore venivano puniti di morte anche i delitti meno gravi come i semplici furti.

— Pio VI

Nei suoi quattro anni di pontificato ci furono soltanto cinque esecuzioni capitali per reati comuni, anche se la sua lotta si intensificò aspramente contro gli ebrei che furono costretti, tra le tante umiliazioni e minacce che subirono, a indossare vestiti di colore giallo perchè fossero pubblicamente oltraggiati.

— Pio VII

Gregorio Silvestri, impiccato per cospirazione politica. 18 gennaio 1800.

Ottavio Cappello, impiccato perchè patriota rivoluzionario. 29 gennaio 1800.

Giovanni Battista Genovesi, patriota squartato e bruciato. La sua testa fu esposta al pubblico. 7 febbraio 1800.

Teodoro Cacciona, impiccato e squartato per furto di un abito ecclesiastico. 9 febbraio 1801.

Paolo Salvati, impiccato e squartato per aver derubato un corriere del Papa. 11 dicembre 1805.

Bernardo Fortuna, impiccato e squartato per furto ai danni di un corriere francese. 22 aprile 1806.

Tommaso Rotilesi, impiccato per aver ferito un ufficiale francese.

161 furono le esecuzioni capitali per reati comuni nei 15 anni del pontificato di questo vice Dio in terra che prese il mite e devoto nome di Pio.

— Leone XII

Leonida Montanari, decapitato per aver offeso pubblicamente il Papa. 23 novembre 1825.

Angelo Targhini, decapitato per aver ferito una spia papalina. 23 novembre 1825.

Luigi Zanoli, decapitato per aver ucciso uno sbirro papalino. 13 maggio 1828.

Angelo Ortolani, impiccato per aver ucciso guardia papalina. 13 maggio 1828.

Gaetano Montanari, squartato per tentato omicidio dell'emissario papalino Rivolta. 1828.

Gaetano Rambelli, impiccato per aver ferito emissario papalino. 1828.

Le esecuzioni capitali, oltre queste sopra elencate, furono 29 e sempre per reati comuni.

— Pio VIII

In un anno di Pontificato eseguì 13 condanne capitali per reati comuni.

— Gregorio XVI

Impose divieto assoluto ad ogni libertà di parola o di espressione scritta che non seguisse i dettami di Santa Madre Chiesa. Dietro le minacce più gravi obbligò gli ebrei di non esercitare nessuna attività fuori del Ghetto.

Giuseppe Balzani, decapitato per offese la Papa. 14 maggio 1833.

Luigi Scopigno, decapitato per furto di oggetti sacri. 21 luglio 1840.

Pietro Rossi, decapitato per piccolo furto. 9 gennaio 1844. Luigi Muzi, decapitato per piccolo furto. 19 gennaio 1844.

Giovanni Battista Rossi, decapitato per piccolo furto. 3 agosto 1844.

Oltre a queste ci furono sotto il pontificato di questo Santo Padre altre 110 condanne a morte per reati comuni. La descrizione dei moltissimi decapitati, impiccati e squartati dall'Inquisizione sotto Gregorio XI è riportata in un libro scritto da Mastro Titta.

— Pio IX (santificato da Giovanni Paolo II)

Romolo Salvatori, decapitato per aver consegnato ai Garibaldini l'Arciprete di Anagni. 10 settembre 1851.

Gustavo Paolo Rambelli, Gustavo Marloni, Ignazio Mancini, decapitati per aver ucciso tre preti. 24 gennaio 1854.

Antonio de Felici, decapitato per aver attentato al Cardinale Antonelli. 1854.




Per comprendere la criminalità di questo Papa (santo), basta dire che quando i patrioti dell'unificazione italiana entrarono nelle carceri pontificie per liberare alcune decine di prigionieri che vi vivevano incatenati da così lungo tempo da aver perso la vista e l'uso delle gambe, trovarono in quei sotterranei mucchi di scheletri e di cadaveri in decomposizione in un misto di tonache di frati e di monache, di vestiti civili di uomini e di donne, divise militari e scarpe come quando furono liberati i campi di sterminio nazisti. Vi furono trovati anche giocattoli di bambini morti insieme ai loro genitori. SE QUESTI SONO I SANTI, CHI SONO ALLORA I DEMONI?

Cambiato il nome alla Santa Inquisizione con quello della Santa Penitenzieria in seguito all'occupazione di Roma da parte dell'esercito italiano, per tutto il XIX secolo, anche se in forma non cruenta, Santa madre Chiesa, facendosi politicamente forte per l'autorità spirituale che gli veniva dalla massa credula e ottusa che gli era rimasta fedele (cosa che purtroppo ancora esiste tutt'oggi) continuò comunque a imporre la sua autorità religiosa su quella politica ricorrendo ancora all'abiura e alla scomunica con conseguenti rivalse e castighi temporali che usa tuttora e che noi ben conosciamo.

l numero delle vittime di cui si conoscono i nomi non è che una minima parte di quanti furono realmente massacrati. Il numero poi di coloro che furono condannati al carcere con confisca dei beni è talmente alto da raggiungere, secondo gli storici, cifre a sette zeri. Ma senza ricorrere alle documentazioni, basta calcolare la ricchezza accumulata dal Vaticano attraverso i beni confiscati alle sue vittime, per renderci conto del numero dei suoi omicidi, stragi e genocidi. Soltanto le vittime generate da quella che fu chiamata l'Evangelizzazione dei popoli dell'America del sud, in seguito alle scoperte di Cristoforo Colombo, si calcola che tra giustiziati e resi schiavi superino i 50.000.000 (milioni). La cristianissima regina Isabella sostenitrice di tanta immoralità, ben presto Santa, potrà sedere felice e contenta insieme a tutti questi altri santi qui sopra. Questi Papi dai nomi più virtuosi come Innocenzi, Clementi, Pii, Benedetti e Urbani che si sarebbero dovuti chiamare invece Macellai, Criminali, Squartatori, Banditi, Delinquenti e [...] ...


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MessaggioInviato: 01/02/2011, 16:55 
Volevo mettere alcune illustrazioni di tortura messe in atto nei secoli.

Sono rimasto raccapricciato veramente da tanta crudeltà.

Non sono anti clericale.

Ma se volete guardate qui
http://www.google.it/images?hl=it&safe= ... 1&aql=&oq=



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MessaggioInviato: 01/02/2011, 17:43 
Cita:
dresda99 ha scritto:

Volevo mettere alcune illustrazioni di tortura messe in atto nei secoli.

Sono rimasto raccapricciato veramente da tanta crudeltà.

Non sono anti clericale.

Ma se volete guardate qui
http://www.google.it/images?hl=it&safe= ... 1&aql=&oq=

grazie dresda [;)] qualcuna l'ho postata anch'io

che dire... senza parole



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MessaggioInviato: 15/05/2012, 14:47 
LO SCHIAVISMO E LA CHIESA CATTOLICA


“La riduzione in stato di schiavitù è promossa dagli Stati cattolici che sono a capo della scoperta e colonizzazione del continente americano dai primi del Cinquecento. Risale a un passo dal Requerimiento, ovvero del proclama redatto ai sovrani spagnoli su concessione del Papa, che serviva ai conquistadores come documento di conquista del territorio e li autorizzava anche allo sterminio […]. Il passo in questione imponeva al conquistador di spostare,dal territorio in cui si insediava, gli indigeni verso l’interno o in altra zona. Significava in sostanza allontanarli dalla zona in cui erano le loro risorse e quindi ridurli a uno stato di indigenza.
Nel 1502, i sovrani spagnoli Isabella e Ferdinando accordano il permesso di ridurre in stato di schiavitù gli indigeni, ma specificatamente i “cannibali”, perché pericolosi per i colonizzatori europei. Permesso che non viene in verità condannato dal Papa Alessandro VI, dando seguito ad altri stati di schiavitù,che non sono condannati dai Papi seguenti: Pio III, Giulio II, Leone X e Adriano VI; e qualcuno di loro dirà che non ne erano venuti a conoscenza.
Ai conquistadores subentrano dei privati cittadini europei, attirati dall’idea di sfruttare commercialmente gli schiavi in Europa; e nel 1528 si registra la prima concessione da parte dei sovrani spagnoli cattolici ai due commercianti tedeschi Eynger e Sayller. Si chiama Asiento ed è un vero e proprio contratto commerciale, che dà inizio alla tratta degli schiavi. Il Papa regnante, Clemente VII, non formula nessuna condanna. Da allora imperversa il traffico di schiavi trasportati dall’Africa nel nuovo continente, e di questo schiavismo sono pertanto da considerare colpevoli i sovrani cattolici e i sei papi indicati in precedenza, tanto che bisogna arrivare a Paolo III per avere dalla Chiesa una condanna, che apparte in una bolla del 1537, nella quale deplora questo “abominevole commercio di uomini”. La Bolla può anche essere considerata una richiesta di “perdono” agli schiavi per il precedente silenzio-assenso. A questo bolla ne faranno seguito altre di Pio V nel 1568, Urbano VIII nel 1639, Benedetto XIV nel 1741 e Gregorio XVI nel 1839. Peraltro, da principio, i missionari al seguito dei conquistores si opporranno a quel mercato con opere di carità, come quella del gesuita Pietro Claver(1580-1644) in Colombia, ma ovviamente non riusciranno a bloccarlo.


COSA DICE LA BIBBIA SULLA SCHIAVITU’?

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La Bibbia non condanna specificamente la pratica della schiavitù. Dà delle istruzioni su come dovrebbero essere trattati gli schiavi, come si legge a titolo di esempio nei seguenti brani:
Colossesi 4,1
Voi, padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo.
Efesini 6,9
Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c'è un solo Signore nel cielo, e che non v'è preferenza di persone presso di lui.
Deuteronomio 15,12-15
12 Se un tuo fratello ebreo o una ebrea si vende a te, ti servirà per sei anni, ma il settimo lo manderai via da te libero.
13 Quando lo lascerai andare via libero, non lo rimanderai a mani vuote; 14 gli farai doni dal tuo gregge, dalla tua aia e dal tuo torchio; gli darai ciò con cui il Signore tuo Dio ti avrà benedetto;
15 ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese di Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha riscattato; perciò io ti dò oggi questo comando.

La Bibbia, in conclusione, non bandisce la schiavitù. Questo è un aspetto molto controverso e ha portanti tanti alla conclusione opposta, come se la Bibbia acconsentisse a tutte le forme di schiavitù. In realtà quello che molte persone non riescono a comprendere è che, ai tempi della Bibbia, la schiavitù era assai diversa da quella praticata nei secoli passati in molte parti del mondo. Nella Bibbia, la schiavitù non era basata esclusivamente sulla razza. Le persone non erano schiavizzate a causa della loro nazionalità o del colore della loro pelle. Ai tempi della Bibbia, la schiavitù aveva più a che fare con una condizione sociale. Le persone si vendevano come schiave quando non riuscivano a pagare i loro debiti o a provvedere alla propria famiglia. Ai tempi del Nuovo Testamento, talvolta i medici, gli avvocati e perfino i politici erano schiavi di qualcun altro. Siamo di fronte a una schiavitù figlia di una condizione sociale, ma non legata alla razza o al colore della pelle. Ed è proprio su questo punto che la Bibbia è chiara condannando in modo netto e deciso la “schiavitù razziale”. Si pensi alla schiavitù che sperimentarono gli Ebrei quando stavano in Egitto. Gli Ebrei erano schiavi non per scelta, ma perché erano Ebrei (Esodo 13:14). Le piaghe che Dio riversò sull’Egitto mostrano i Suoi sentimenti verso la schiavitù razziale (Esodo 7-11). Quindi, certo, la Bibbia condanna eccome alcune forme di schiavitù. Allo stesso tempo, sembra permetterne altre. La questione principale è che la schiavitù permessa dalla Bibbia non assomiglia assolutamente a quella razziale che ha afflitto il nostro mondo nei secoli passati.E quindi è evidente come la schiavitù degli indios e delle popolazioni africane, ritenute inferiori, sia tale e quale a quella subita dagli Ebrei. Ed è quindi punita dalla Bibbia. Non si trattò di una schiavitù frutto di una condizione sociale, come quella che ci appare nella Bibbia,ma si trattò di uno schiavismo legato alla razza e al colore della pelle. A molti questa differenza non sembrerà così facile da capire, o magari neanche la capiranno.

E allora è importante sottolineare un punto cruciale. Lo scopo della Bibbia è di indicare la via della salvezza, non di riformare la società. Mentre Dio riforma la sua anima, una persona che ha sperimentato il dono divino della salvezza e della libertà dalla schiavitù del peccato capirà che è sbagliato schiavizzare un altro essere umano. Una persona che ha sperimentato davvero la grazia di Dio mostrerà grazia agli altri. È questa la ricetta biblica per porre fine alla schiavitù.


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