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MessaggioInviato: 31/05/2009, 19:06 
LA LIBERTA' ESISTE SOLO DOVE UN SISTEMA DI SETTE AMOROSAMENTE LA DIRIGE



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OCCIDENTE







I PIU' VELOCI A TRASFORMARSI IN CROCI



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MessaggioInviato: 31/05/2009, 19:09 
TERRORISMO









IL PIU' GRANDE KAMIKAZE DI TUTTI I TEMPI



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MessaggioInviato: 31/05/2009, 19:11 
SVASTI







MA RINASCERO' DAI TUOI ANGELI


CADUTI













LEO



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MessaggioInviato: 31/05/2009, 19:16 
GIA' DA MOLTO TEMPO ABBIAMO MESSO IN PIEDI UN SISTEMA DI VITA


NEL QUALE IL PIU' SEMPLICE ATTO CI RENDE ASSASSINI.


NESSUNO E' INNOCENTE.


LA NOSTRA COLPA E' NON CAPIRE CHE NESSUNO E' INNOCENTE.


INTANTO , NEL CUORE DEL PIANETA , I NOSTRI SPETTRI ADORANO LA CROCE.



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MessaggioInviato: 31/05/2009, 19:18 
GIA' DA MOLTO TEMPO ABBIAMO MESSO IN PIEDI UN SISTEMA DI VITA


NEL QUALE OGNI ATTO E' BASATO SULLA CERTEZZA DELLA MORTE


NESSUNO E' INNOCENTE.


LA NOSTRA COLPA E' NON CAPIRE CHE NESSUNO E' INNOCENTE.


INTANTO , NEL CUORE DEL PIANETA , I NOSTRI SPETTRI ADORANO LA CROCE.












VANA



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MessaggioInviato: 31/05/2009, 19:20 
LA GUERRA RENDE TUTTI GLI UOMINI UGUALI



















A L' ARTISANAT FURIEUX



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MessaggioInviato: 01/06/2009, 15:49 
Immagine:
Immagine
35,83 KB






Sprofondato in un oscura

voragine conica giace,

pozza di sangue

il cadavere di mio padre ucciso.



Vedo la scena dall'alto

e mi affatico,

il cono è scavato nella mia testa,

a capire cosa stia succedendo.



Sono infatti costretto a capovolgere

gli occhi dentro di me,

come due manichini schiavi

di una circostanza esterna ,

è possibile che l' intruglio

dovesse proprio abitarmi dentro,

come se appositamente predisposto

a infastidirmi la parola ?



Gli occhi, ora due palle bianche,

urlano di dolore, poichè i nervi

dell' iride sono tirati

e mutano in funi taglienti.



Ma almeno posso intravedere

che mio padre ha una mano

inchiodata sulle pareti nere

del mio cervello e che la

muove lentamente frugando in quel

mare vivo come per ammorbidirne

i piccoli gonfiori.



E' un' immagine strana

poichè tutto il corpo e attraversato

da una sottile lastra di metallo,

in modo che la gola

non possa respirare, spaccata

dalla radice fino al mento,

e così mio padre sembra uno

che stia annegando,

con la bocca che morde l' aria

e gli arti che tagliano inpazziti

in un bacile di sangue

e altri liquidi.



Si agita, si lamenta,

ma soprattutto pretende

e le sue parole mi raggiungono

anche se c'è un selciato

di mattoni compatti

che ci divide.



Infatti è trasparente come l' aria

e veloce come il raggio di un occhio solo,

eppure il suo respiro

riempie il cono

di un fumo acre

che può solo provenire

da una tomba invasa

dal fuoco.



Il tormento più grande

è che non so

quanto potere lui abbia su di me,

anche se ho capito

che l' unico rimedio,

molto lungo e faticoso

sarebbe quello di capovolgere il cono

e di spingere il corpo

nella mia bocca.



Rompendogli la lingua con i denti,

togliendoli con gusto le ossa dalle mani,

ficcandogli una forbice nella pancia,

potrei ricordare tutto

e trasformare le labbra del mio sorriso

in due legni di corteccia

con le macchie viola e i peli

ruvidi di un cannibale.











14° giorno



Luna Piena



Saturno rovesciato



( alla piattaforma di Elsinore )




REDENZIONE







Ultima modifica di barionu il 01/06/2009, 15:54, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 02/06/2009, 20:10 
Bourreaux de solitude








E' il ferro che illumina i globi dei cavi

Veloce il suono delle minime sfere

Lucido il segno dei meccanismi

Brevi gli spazi tra le linee dei fuochi

Immensi i lati infuocati tra le punte dei vetri

Tersa e solare l' aria tra le luci vicine

La solitudine è un sottile cilindro metallico











A Pierre Boulez









Bologna 1968



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MessaggioInviato: 16/06/2009, 00:39 









Porto, disciolti nelle iridi,

i crepuscoli della mia infanzia

vestiti d’azzurro e fucsia

quando

con dita d’aria e di vento

disegnavo sogni di sabbia

e l’aroma del rosmarino in fiore

mescolato alla sacralità dell’incenso

accompagnava

-denso-

il sole a morire in mare.

Erano dita nere di giganti

le rocce lambite dalle onde.

Nelle rosse crepe roventi

a piedi nudi inseguivo

ramarri,

lampi di verde e blucobalto,

mentre le umide solitarie orme

di bambina

scomparivano subito,

asciugate dagli ultimi respiri

di quei lontani crepuscoli

- attimi d’azzurro e fucsia-

tutt’ora imprigionati

nel fondo dei miei occhi.

Per questo oggi travesto di colorati sogni

i ricordi,

d’anomalie d’amore i sortilegi...

...E’ una carezza lenta

la dolce ala della fanciullezza.





da m0rgause


Ultima modifica di barionu il 16/06/2009, 01:11, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 17/06/2009, 20:54 






Noi siamo sassi che la marea trascina e spinge

l’uno sull’altro.

La risacca si frange sui nostri corpi nudi

mentre il battito irregolare dell’Oceano

pompa adrenalina nelle vene.

Il lampo rosso del desiderio brucia l’aria:

nel gioco a incastro de nostro affannato volerci

rotoliamo sul fondo marino...

forse le scintille del piacere sono più luminose

sott’acqua...

...poi ci scriviamo poesie con la lingua sulla pelle salata

mentre il respiro riprende, da lontano.





A Te, A Cuba







da m0rgause













il suo sito

http://enrica21.interfree.it/

per le donne , ve lo consiglio.


per gli uomini , lasciate ogni speranza ...


Ultima modifica di barionu il 17/06/2009, 21:01, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 18/06/2009, 01:32 




L’ombra della barba sulle guance scarne è la bellezza di una terra di nessuno, nella sua immediata seduzione.

Zigomi tesi come se stessi aspirando uno spino confezionato male, occhi tutta pupilla, bocca arrabbiata, leggermente storta, sorriso caimano: hai un fascino sghembo, sotto i capelli liquidi di pioggia.

Per te potrei reinventarmi come fuggiasca-una zingara rom di Praga- per l’intrigante ottusa disperazione che sonnecchia nel tuo sguardo dietro il velo ipnotico degli occhi.

Mi piace quell’odore di giovinezza sfiorita in cui ti avvolgi come fosse un regale mantello, un marchio d’orgoglio, una vittoria.

Mi piace quell’odore di giovinezza sfiorita in cui ti avvolgi come fosse un regale mantello, un marchio d’orgoglio, una vittoria.

Lascia che abbassi la maschera che ti porti in giro, in un eterno carnevale veneziano, sotto un cielo cupo, grande e nero, maniacodepressivo.

Lascia che ti accarezzi il petto e scenda giù, sotto la cintura, senza pudore, senza inquietudini.

Sono una donna ormai, non guardarmi come se avessi sempre quattordici anni, smetti di dirmi:

“Sei magra, mangia di più” perché, sì sono magra, ma i miei seni sono grandi, da molto, molto tempo.

...E la sensualità delle vite azzannate come la tua mi travolge, complice quel caimano sorriso, pericoloso, sottilmente lascivo, crudele.

Ora, in questo momento, farei qualunque cosa per te , che mi sei bandiera, colori di guerra, coraggio e disperazione.

Ucciderei, se tu me lo chiedessi, senza esitare.
E probabilmente mi piacerebbe.

Non voglio la solita inflazionata scopata estiva, un sacrilegio il solo pensarlo, ma di più, molto di più.

Voglio entrare nel torrente del tuo sangue, transitare attraverso il cuore che ora sento battere più forte sotto la mia guancia, capriolando tra i lembi delle valvole cardiache simili a petali di stelle, per arrivare ai polmoni e respirarti in bocca, sentire il sapore della tua saliva, vedere da dentro come è veramente il tuo sorriso...

Lascia che ti ami, a modo mio, abbandonati a me.
Sei così intatto, inviolato, come una tela immacolata, senza altra storia che quella che già conosco o dovrei conoscere.

Fammene scrivere un’altra, brevissima, ma talmente intensa da durare un’eternità.

Dammi la possibilità di scoprire come sarebbe stato se....





A Lestat






da m0rgause



la trovate in

http://rossovenexiano.splinder.com/post ... riso%2A%2A


Ultima modifica di barionu il 18/06/2009, 01:42, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 18/06/2009, 12:31 
LA ROSSA DI RENOIR



Guardo fuori della finestra: il sole sopra la neve agita riflessi rossastri, roghi sparsi su tutto quel bianco.
Sono accovacciata nella vecchia poltrona vicino al camino acceso con il portatile in grembo
e questo incendio invernale mi ricorda te, mia bellissima, che dormi nel lettone ignara di quello che sto scrivendo.
Ti guardo attraverso la porta spalancata della camera: il nostro rifugio sull'Apennino non è un palazzo, due stanze soltanto e un piccolo bagno.
I tuoi capelli rossi risplendono sul cuscino; di te non si vede altro, il piumone ti copre tutta , ma il corpo…lo intuisco chiaramente sotto la pesante coperta.
L'ho ancora nelle dita la tua carne bianca di “rossa”, soda e tenera, tutta da divorare.

Il mio pasto di questa notte, vera abbuffata dei sensi.
Forse in altre epoche ti avrei anche sbranata, per tenerti per sempre con me.

Quando ci siamo incontrate ( e subito prese) ho pensato a te come a una donna di Renoir dalla pelle lentigginosa e lattea, con lunghe gambe dalle cosce piene, come i seni e le anche, snella di vita , le braccia e il collo esili, il viso molto più giovane dei tuoi anni, gli occhi verdastri striati di marrone , dalle strane palpebre socchiuse a filtrare lo sguardo ammiccante.
Ho notato con un brivido di eccitazione la tua bocca carnosa, grande, con il labbro superiore a forma di cuore e l'altro rigonfio, una bocca sensuale, da riempire di baci, con il mento tondo abbellito dalla fossetta nel centro e i capelli, una selva soffice, gonfia, una fiamma a coprire la fronte e le orecchie.
Una testa da paggio o meglio da cherubino.
Mentre ti guardavo mi sentivo stordire da quello strano odore che alcune donne emanano; è il profumo di un nettare, di un miele che viene fuori dalla loro pelle, dai capelli, dalla peluria , da tutto.
E che ha il potere di rendere vana ogni difesa della mente e dei sensi.
Così, mentre tu parlavi, il viso già complice accostato al mio in quella confidenza tenera che a volte si instaura subito tra femmine , ho sentito una straordinaria dolcezza sciogliermi le ossa, e rendermi debolissima, tanto " fatta" di desiderio di te da vergognarmene.
Allora ti ho proposto questo fine settimana nel mio rifugio, tra la neve, e tu accettasti subito, con entusiasmo; dicesti che volevi allontanarti anche solo per due giorni dal tuo uomo e dalla vita solita :
“Che bello stare con una donna, per un intero week-end; ne ho bisogno; Fede, ci divertiremo, vedrai ...” hai detto candidamente.
Così siamo partite dalla città, con il mio fuoristrada, abiti pesanti e viveri.
Lungo il cammino abbiamo cantato a squarciagola le canzoni di Vasco , l'Unico, una comune passione.

Dentro la macchina l'atmosfera era già rovente, l'odore di sesso tutto al femminile si tagliava tanto era denso ed io per la prima volta dopo parecchi giorni mi sentivo felicemente eccitata, pregustando quello che mi aspettava, che ci aspettava, perché non avevo dubbi che anche tu volessi quello che volevo io.
Ti è piaciuto subito il "rifugio", una autentica casa delle fate sommersa da pini e castagni , in completa solitudine.
In effetti l'ultima abbondante nevicata conferiva al paesaggio forme e colori di magia.
“Ma è proprio come me l'avevi descritta, Fede, ci mancano solo i folletti e gli gnomi...”
dicesti scendendo dal Nissan pick-up e sprofondando nella neve con i tuoi stivali cittadini.
Poi ci demmo da fare , una volta sistemata la macchina nella baracca che funge da garage, a portare in casa i bagagli.
Cominciasti a saltare rabbrividendo per il gelo delle stanzette. Dalla volta precedente avevo lasciato nel ripostiglio legna in abbondanza e subito mi son data da fare ad accendere i grandi camini, che occupano due pareti della minuscola abitazione.
Ti meravigliasti di quanto fossi veloce a trasportar legna e abile con il fuoco; già, non ho mai seguito un corso di sopravvivenza, ma penso di poterne fare tranquillamente a meno , visto che nessuna difficoltà "manuale" mi spaventa.
Subito l'atmosfera cambiò; ci togliemmo i giacconi, e di fronte al fuoco cominciammo a spogliarci per rivestirci di indumenti più comodi...
Rivestirci?
Tremavo , nell'attesa di vederti nuda e da come ci guardammo capii che per te era lo stesso.
Allora i gesti si sono fatti lenti, studiati, perché tutte e due abbiamo l'orgoglio sfrontato del nostro corpo.
Fino a che tu, amore mio, non rimanesti con un body verde chiaro, sottile, quasi estivo, che ti fasciava il corpo, lasciando sporgere dal pube piccoli ciuffi da leoncino.
Sorrisi tra me notando che per venire in mezzo al freddo ti eri messa velatissime autoreggenti sotto stivali dai tacchi alti, anche se robusti. Mi guardasti diritto negli occhi e io in slip e reggiseno non sentivo il freddo: bruciavo di desiderio senza sentirmi per una volta la femmina che il maschio cerca di violare, conquistare , soggiogare come mi succede solitamente nella guerra amorosa che contraddistingue i miei rapporti con gli uomini e che mi porta a volere, anche se inconsciamente, sopraffare il patner (e buona parte del piacere sta proprio in questa specie di battaglia erotica).

Al contrario stavo annegando nella tua femminilità, nel tuo odore, mentre la lingua fremeva al pensiero di gustarti.
E non ti avevo ancora toccata.
Lo facesti tu.
Con un gesto rapido prima sfilasti il body poi mi slacciasti il reggiseno e facesti scivolar giù per le gambe lo slip.
Poi ti sei stretta a me con tutto il corpo e io sentivo le punte dei tuoi seni bucarmi, mentre spingevi il pube contro il mio, comprimendo e sfregando.
Avevi tenuto gli stivali, così le nostre bocche erano allo stesso livello: ti infilai le mani nei capelli (mi parve di entrare in un nuvola rossa) e ti baciai: un bacio profondo, affamato di te. Non trascurai la minima superficie della tua bocca, le labbra, la lingua, il palato, tanto che non so se il nostro bacio sia durato minuti oppure ore.
E rimanemmo per qualche minuto così, come due strani lottatori ubriachi che si sorreggono a vicenda per non perdere l'equilibrio. A un certo punto ti sei staccata da me e nascondendomi il viso nel collo hai cominciato a strofinarti contro una delle mie cosce, mentre le dita si intrufolavano violente nel mio sesso che ti voleva tanto da star male.
Allora ti ho spinto sul letto e finalmente ho potuto aprirti le gambe per guardare da vicino l'oggetto del mio desiderio : la micia dai riccioletti rossastri e dal monticello di carne gonfio e rigido, al di sopra delle labbra gemelle umide dei tuoi sapori.

Poi ho immerso il viso in te baciando e leccando i petali vermigli del tuo fiore per tutta la loro lunghezza, entrando con la lingua nella vagina stretta , cercando il clitoride, per aspirarlo, stimolarlo, bagnarlo di saliva, mentre ti facevo scivolare dentro le dita; volevo sentirti gridare, volevo il tuo piacere, volevo il tuo corpo per aprirlo e vedere come sei fatta dentro, per cercarti l'anima...
Come se mi avessi sentita, ti inarcasti contro di me gemendo per poi ricadere sul letto come una bambola di pezza, mentre io continuavo a leccarti per bere di te fino all'ultima goccia;
Che strano sapore, forse aveva ragione quel tale che diceva che a seconda del tipo di donna (bruna, rossa, bionda, castana) varia il sapore dell'intimo nettare.
Il tuo assomiglia a quello del miele di marroni.
Ansimando mi sdraiai vicino a te abbracciandoti;

Restammo così, strette l'una all'altra in un piacere lattiginoso, snervante, anche se io avevo ancora il fuoco tra le gambe.
Mi guardasti tra l'arruffio dei capelli rossi e senza parlare ti chinasti su di me , cominciando dai seni, che succhiavi come farebbe un bimbo mordendoli leggermente( hai dei denti così piccoli) e procurandomi brividi di sovraeccitazione; poi scendesti sul ventre e mentre i miei gemiti si intensificavano, ti alzasti di colpo.
Non capii subito quale era la tua intenzione , fino a che non ti vidi prendere una bacinella, aprire la finestra e riempirla di neve.
-L'ho visto fare in un film, proviamo?-
Mi preparai a stare al tuo gioco (conosco quel film), ero sicura mi sarebbe piaciuto oltre ogni limite.
Così cominciasti a deporre dei piccoli fiori di neve sui miei capezzoli, tra i seni, nell'ombelico. Gridai per il freddo tendendo i muscoli , ma subito il grido si trasformò in mormorii di piacere perchè tu leccavi con destrezza quella neve, riscaldando la pelle con la lingua bollente: mi pareva di impazzire per le mille sensazioni che il mio corpo stava provando.
E laggiù, tra le cosce, stavo bruciando al rogo dei tuoi capelli.
Mi apristi le grandi labbra con delicatezza , per deporre anche lì i tuoi fiori di neve; spalancai la bocca, ma restai muta: la sensazione acuta di freddo che equivaleva ad una scottatura, nel pensiero, nella realtà mi procurava un lancinante ambiguo piacere.
Poi la tua lingua arrivò a spegnere il calore del mio ventre, succhiando la neve , sciogliendola sulle mucose vermiglie.
Le dita erano abili quanto la bocca mentre ti pascevi del mio sesso, leccando, aspirando, odorando; mi mordesti leggermente il clitoride e l'orgasmo fu immediato, travolgente, pareva non aver fine , mentre le pareti della vagina tenevano dentro di sè strette le tua dita dalle unghie corte, infantili.
E poi fosti tu a sistemarti accanto a me, le braccia sul mio seno, la bocca nell'incavo tra il collo e la spalla, dove continuasti a somministarmi piccoli baci, mormorando parole senza senso, proprie degli amanti soddisfatti.

Ma questo era ieri pomeriggio, poi abbiamo avuto una lunga notte, una delle più belle che io ricordi, ci vorrebbe un romanzo per descriverla. Siamo tutte e due molto fantasiose.
Che sarà di noi, quando torneremo nel mondo?
Non voglio pormi per ora questo problema; vedo che ti stai agitando, sei quasi sveglia, preparo un altro caffé, anche per te: mi è tornata la voglia di farti l'amore...





da m0rgause


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ZOCCOLA NON SI NASCE, SI DIVENTA




Nacqui con disappunto degli dei
sotto una stella esitante e impura
in mezzo a un mondo di uomini-coltello.
Avrei raccolto ginestre a braccia piene.
Ma ignoravo che il sole fosse a prestito.
A ogni primavera
venni potata come un bosso delle siepi.
Fui sventrata da uomini distratti
fui tradita da uomini leali
divorata e sputata
insomma amata -
amata come si amano le donne
secondo le leggi del profitto,
del potere e della sopraffazione.




da Armanda Guiducci



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MessaggioInviato: 25/06/2009, 02:52 




L'ascensore si apre:
mi ha portato da te con un mazzo di violette africane
strette nalla mano sudata.
Un'ora dopo svanisco in un abisso profondo ventitré ore.

Sedato, fragile, friabile,
cammini a lunghi passi per i corridoi
tra giovani psichiatri eleganti
nel loro verde smeraldo
mentre ragazze
che tessono tappeti tutto il giorno
li disfano di notte.
Gli obesi si smarriscono in se stessi.
Ora canticchi, poi dici di odiarmi.
Vorrei scuotere la tua mente
per farti ritrovare lo specchio frantumato
dei tuoi occhi.
Ricordi come avvenne?
Stavi alla finestra, parlavi di volare.
Le tue mani mi volarono alla gola.
Ma non erano uccelli, tracciavano solo cerchi
intorno alle tue idee e le tue idee a volte
erano parabole.

Quando arrivarono trovarono gambe e braccia
sparsi per terra come balocchi rotti.
Tutti e due piangevamo.

Ora tu permani abbarbicato nella cantina della mia mente
tenace come un'astrazione, una sorta di idea confusa.





da m0rgause



la trovate in

http://rossovenexiano.splinder.com/post ... llia%2A%2A


Ultima modifica di barionu il 25/06/2009, 02:55, modificato 1 volta in totale.


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