E' partita regolarmente oggi alle 10:12 italiane, dalla base di Kourou nella Guiana francese, il lancio del Soyuz-Fregat della missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea (ESA). Lo scopo della missione, a cui è stato destinato un investimento di 650 milioni di euro, è quanto mai ambizioso: produrre una mappa tridimensionale della Via Lattea, completando con nuovi tasselli il complesso mosaico di dati sulla composizione e i processi che hanno caratterizzato la formazione e l'evoluzione della nostra galassia.
A questo scopo, la sonda orbiterà nel cosiddetto secondo punto di Lagrange, o L2, un punto ideale a 1,5 milioni di chilometri da noi, in direzione opposta a quella del Sole, che ha la peculiarità di ruotare insieme alla Terra nella sua orbita intorno al Sole e presenta come principale vantaggio quello di garantire osservazioni continuative nell'arco di un anno solare, senza il pericolo di oscuramenti del campo di vista dovuti a eclissi, al riparo da disturbi provenienti da Terra, Luna e Sole. Si tratta della stessa orbita su cui hanno operato due altre importanti missioni europedi osservazione come Herschel e Planck, e su cui si prevede che verrà collocato anche il James Webb Space Telescope, che dovrebbe raccogliere la pesante eredità del telescopio spaziale Hubble.
Illustrazione artistica della sonda, con alcune componenti in trasparenza (Cortesia ESA/AOES Medialab) La sonda si compone di tre parti, il modulo di payload, il modulo di servizio e lo schermo solare (Deployable Sunshield Assembly, DSA), per una massa complessiva di circa due tonnellate. Il modulo di payload è costruito intorno a una struttura toroidale (“a ciambella”), che fornisce il supporto a un singolo strumento integrato, in grado di fornire tre diverse funzioni: astrometria, cioè la misurazione di posizioni, distanze e movimenti degli oggetti celesti, fotometria,
cioè la misurazione dell'intensità della radiaizone emessa dalle stelle, e infine spettrometria, cioè delle caratteristiche della radiazione emessa dalle diverse sorgenti alle diverse lunghezze d'onda.
Il modulo di servizio comprende invece tutti gli elementi meccanici strutturali e termici che permettono il funzionamento degli strumenti di misura, consentendo anche il loro corretto puntamento e la loro corretta regolazione, nonché la gestione della memorizzazione dei datti che vengono via via raccolti e infine la comunicazione via radio con la Terra. Il DSA, un disco circolare costruito con tubi in fibra di carbonio e posizionato alla base del satellite, garantirà una funzione fondamentale: la schermatura dalla radiazione solare.
Al di là degli aspetti tecnici, gli strumenti a bordo di Gaia consentiranno complessivamente di effettuare misurazioni della posizione e della velocità radiale di circa un miliardo di stelle nella nostra galassia, e nel Gruppo Locale, l'insieme di una settantina di galassie, per lo più di piccole dimensioni, a cui appartiene la Via Lattea.
Posizione e velocità sono due parametri che dicono già molto di una stella e della sua storia. Le stelle infatti ruotano tutte intorno al centro della galassia, acui appartengono, e la loro velocità viene determinata una volta per tutte nel momento di formazione del sistema orbitale. Le misurazioni consentono quindi agli studiosi di “tornare indietro nel tempo”, all'origine dell'intera galassia. Le misurazioni fotometriche invece forniranno un "identikit" completo di ogni stella osservata: luminosità, gravità temperatura e composizione chimica.
Interpretazione artistica di Gaia: sullo sfondo, il profilo della Via Lattea, di cui la missione dovrà fornire una dettagliata mappa tridimensionale (cortesia ESA)Il censimento riguarda dunque un numero straordinariamente elevato di oggetti, che tuttavia rappresentano solo l'1 per cento circa della popolazione stellare della galassia. Non si tratta però di una "istantanea", catturata una volta per tutte: nei cinque anni previsti di vita operativa, Gaia osserverà ciascuna di queste sorgenti stellari circa 70 volte, ottenendo misurazioni con un'accuratezza mai raggiunta finora.
Oltre a ciò, gli strumenti consentiranno di valutare la presenza di pianeti in orbita intorno ad altre stelle, la popolazione di asteroidi e di altri corpi ghiacciati nel nostro sistema solare, nonché di studiare le nane brune e altri fenomeni astrofisici come le supernove distanti e i quasar.
Per l'ESA, la missione GAIA rappresenta una grande sfida organizzativa, tecnologica e scientifica in qualche misura nuova: per la prima volta infatti la missione è interamente a carico dell'agenzia, a parte l'elaborazione dei dati scientifici. A questi penserà un apposito consorzio scientifico denominato DPAC (Gaia Data Processing and Analysis Consortium) a cui partecipano oltre 400 ricercatori e ingegneri informatici di tutto il continente.
Per quel che riguarda l'Italia, a coronamento dello sforzo messo in campo dal nostro paese fin dalle prime fasi di progettazione di Gaia, iniziata nel biennio 1993-1994, la partecipazione al DPAC di studiosi dell'Istituto nazionale di astrofisica (INAF) è seconda soltanto a quella francese, e coinvolge 74 tra scienziati e tecnologi, afferenti agli Osservatori di Bologna, Catania, Napoli, Padova, Roma Teramo e Torino, nonché agli atenei e politecnici delle stesse città e al Politecnico di Milano
http://www.lescienze.it/news/2013/12/14 ... 20-12-2013