Dettagli Senza Precedenti Sulla Nascita di Stelle e Pianeti in Giovani Sistemi SolariPer la prima volta, gli astronomi sono riusciti ad osservare sistemi solari nella loro creazione con un incredibile dettaglio. Il lavoro del team di astronomi capitanato da Joshua Eisner e le loro scoperte, sono pubblicate sul giornale peer review “Astrophysical Journal”, e forniscono una miglior conoscenza del modo in cui il gas di idrogeno del disco protoplanetario viene incorporato nella stella. Accoppiando entrambi i telescopi Keck in cima al Mauna Kea nelle Hawaii con strumenti specifici chiamati ASTRA(ASTrometric and phase-Referenced Astronomy), Eisner insieme ai suoi colleghi sono stati in grado di guardare profondamente dentro a dischi protoplanetari(nubi di gas e polvere che ruotanti che nutrono la stella crescente al suo centro,oltre che poi eventualmente portare alla formazione di pianeti e asteroidi che popolano il sistema solare).
La grande sfida che ha dovuto affrontare il team di Eisner sta nell’ottenere una risoluzione estremamente alta per osservare il processo che ha luogo al confine tra la stella ed il disco che la circonda- a 500 anni luce distanza dalla Terra. E’ come cercare di guardare dalla cima di un palazzo in Portogallo una formica che porta un chicco di riso, nel parco centrale di Mosca.
“La risoluzione angolare che si riesce ad ottenere con il Telescopio Spaziale Hubble è circa 100 volte troppo debole per riuscire a vedere cosa succede poco fuori da una stella nascente non più grande del nostro sole” ha spiegato Eisner, professore al Steward Observatory dell’Università dell’Arizona. In altre parole, anche un disco protoplanetario abbastanza vicino da essere considerato nel vicinato del Sistema Solare apparirebbe come una macchia senza alcuna struttura o caratteristiche.
Combinando la luce dei due telescopi Keck, fornisce una risoluzione angolare migliore di quella del Hubble. Eisner insieme al suo team hanno usato una tecnica chiamata spettro-astrometria che riesce a spingere la risoluzione anche oltre. Misurando la luce emanata dai dischi protoplanetari a diverse lunghezze d’onda con entrambi i telescopi Keck e manipolando gli specchi di entrambi con gli ASTRA, i ricercatori sono riusciti ad ottenere la risoluzione necessaria per osservare processi che hanno luogo al centro dei sistemi solari nascenti.
I dischi protoplanetari si formano in nubi molecolari quando le molecole che li compongono insieme alle particelle di polvere iniziano a collassare sotto l’influsso della gravità.
Ruotando inizialmente piano, la massa della nube aumenta e la gravità causa un successivo aumento in densità e massa. La conservazione del momento rotazionale aumenta la velocità della nube man mano che questa diminuisce in dimensioni, un po come succede ad uno skater che ruota sul suo skate, e ruota più velocemente man mano che porta le braccia accanto al corpo. La forza centrifuga appiattisce la nube per formar un disco di gas ruotante e di polvere, che eventualmente darà vita a pianeti che orbitano la stella grosso modo sullo stesso piano.
Combinando l’interferometro del Keck con la tecnica della spettro-astrometria, Eisner insieme ai suoi collaboratori sono stati in grado di distinguere tra le distribuzioni di gas, in gran parte composte da idrogeno, e polvere, rivelando cosi le caratteristiche e la struttura del disco.
“Siamo riusciti ad arrivare molto, molto vicini alla stella e a guardare dritto all’interfaccia tra il disco protoplanetario ricco di gas e la stella” ha spiegato Eisner, che è anche scienziato membro del team ASTRA.
Gli astronomi sanno che le stelle acquisiscono massa incorporando parte del gas di idrogeno del disco che le circonda, in un processo chiamato accrescimento.
“Vogliamo capire come il materiale accresce nella stella,” dice Eisner. “Questo processo non è mai stato misurato direttamente.”
L’accrescimento può avvenire in due modi.
Nel primo scenario, il gas viene inghiottito man mano che precipita dritto sulla superficie della stella.
Nel secondo, più violento scenario, i campi magnetici della stella spingono indietro il gas che si avvicina e fanno si che si accumulino, creando un buco tra la stella ed il disco che la circonda. Piuttosto che cadere direttamente sulla superficie della stella, gli atomi di idrogeno viaggiano attraverso le linee del campo magnetico come in una grande autostrada, diventando cosi super-riscaldati e ionizzati, durante questo processo.
“Una volta che finisce intrappolato nel campo magnetico della stella, il gas viene incanalato lungo le linee del campi magnetico inarcandosi in alto sopra e sotto il piano del disco,” spiega Eisner. “Il materiale poi precipita sulle regioni polari della stella, ad altissima velocità.”
In questo inferno, che rilascia l’energia di milioni di bombe atomiche come quella di Hiroshima ogni secondo, una parte del gas inarcato viene eiettato dal disco e “sputato” fuori nello spazio, dai venti interstellari.

Il team di Eisner ha puntato i telescopi verso 15 dischi protoplanetari con giovani stelle al centro, con una massa che va da metà a 10 volte quella del nostro Sole. Questo campione di dischi si trova nella nostra galassia, la Via Lattea, e rappresenta di gran lunga il più grande di questo tipo.
“Siamo riusciti a discernere con successo che nella maggior parte dei casi, il gas converte parte dell’energia cinetica in luce molto vicino alle stelle” indizio questo che punta verso il secondo, più violento, scenario di formazione.
“In altri casi abbiamo trovato prove di venti lanciati nello spazio insieme a materiale che accresce la stella,” ha aggiunto Eisner. “Abbiamo anche trovato un esempio, intorno una stella di grande massa, in cui il disco potrebbe estendersi fino alla superficie stellare. “
I sistemi solari che gli astronomi hanno scelto di studiare sono ancora giovani, forse qualche milione d’anni in età.
“Questi dischi saranno ancora li per almeno qualche milione di anni.” spiega Eisner. ” Vero quel tempo, i primi pianeti, giganti gassosi simili a Giove e Saturno, potrebbero essersi formati, usando gran parte del materiale presente nel disco.”
Altri pianeti più solidi, rocciosi, come la Terra, Venere o Marte, verranno a formarsi ben più in là.
” Ma i mattoni per la loro costruzione, si stanno formando proprio adesso” ha spiegato, ed è per questo che la ricerca è cosi importante per la nostra conoscenza di come i sistemi solari si vengono a formare, inclusi quelli con potenziali mondi abitabili come la Terra.
“Vedremmo se riusciamo a ottenere simili misurazioni di molecole organiche e acqua nei dischi protoplanetari” ha aggiunto. “Questi sarebbero poi i potenziali “mattoni” che porteranno alla nascita dei pianeti con condizioni necessarie alla nascita della vita.”
I co-autori della ricerca sono John Monnier dell’Università di Michigan; Julien Woilez, Sam Ragland e Peter Wizinowich del Osservatorio Keck; Rachel Akeson e Rafael Millan-Gabet del Istituto scientifico per gli Esopianeti, della NASA, al Caltech; James Graham dell’Università della California, Berkeley; Lynne Hillenbrand del dipartimento per l’astrofisica del Caltech; e Jorg-Uwe Pott del Istituto per l’astrofisica Max Plank in Germania.
Il progetto ASTRA è stato possibile grazie ai fondi del National Science Foundation.
http://xxx.lanl.gov/pdf/1006.1651v1Fonte: http://link2universe.wordpress.com/2010 ... mi-solari/