Scoperte, Ricerche e News in diretta dal Cosmo
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12/01/2015, 18:13

15/01/2015, 21:48

A me la ricerca di esopianeti è forse il settore dello spazio che mi affascina di più e che mi piace di più. Mi piace così tanto che l'ho sottolineato tra le "passioni di ricerca" del curriculum che manderò alla NASA [:D]

15/01/2015, 22:57

..sono d'accordo con quanto affermi.....ha un fascino particolare.....................[;)]

16/01/2015, 18:12

Non trovo un articolo vero e proprio, ma ieri sono stati confermati altri 9 pianeti scoperti da Kepler. Sono Kepler-433b, 434b, 435b, 445b, 445c, 445d, 446b, 446c e 446d.


http://exoplanetarchive.ipac.caltech.edu/index.html

Re: Ricerca esopianeti

05/02/2015, 10:28

esopianeta vapore acqueo

C'è vapore acqueo nell'atmosfera di HAT-P-11b, un esopianeta circa quattro volte più grande della Terra, nella costellazione del Cigno. Con un primato: è il pianeta più piccolo per il quale gli scienziati sono stati in grado di identificare questi e altri componenti chimici nell'atmosfera.

Quest'ultima presenta vapore acqueo e idrogeno, scoperti sulla base delle analisi condotte sulle osservazioni effettuate da tre diversi telescopi della Nasa, Hubble, Spitzer e Kepler.

Come fanno gli scienziati a rilevare acqua negli esopianeti, ovvero nei pianeti al di fuori del nostro sistema solare? Essi misurano la variazione della luce, che si verifica quando un pianeta passa davanti alla sua stella ospite: è la tecnica del transito. Il materiale nell'atmosfera del pianeta assorbe parte della luce della stella. In questo modo, il pianeta appare più grande, come accade a volte al nostro sole al tramonto.

Tracciando i cambiamenti nella dimensione apparente del pianeta extrasolare e mettendoli in relazione con la lunghezza d'onda della radiazione elettromagnetica osservata dal telescopi, gli astronomi ottengono un grafico che mostra la quantità di radiazione della stella che l'atmosfera del pianeta assorbe. Tale grafico rivela le sostanze chimiche presenti nell'atmosfera del pianeta.

Così è stato anche per HAT-P-11b. Il corpo celeste ha circa 4 volte il raggio della Terra e circa 26 volte la massa. Rispetto ai pianeti del nostro sistema solare, per dimensioni è più simile a Nettuno. Ma è molto più vicino alla sua stella e quindi è molto più caldo, circa 878° kelvin, 605° C. Il pianeta ha probabilmente un nucleo roccioso ed è avvolto da uno spesso involucro gassoso formato per circa il 90 per cento da idrogeno. La sua atmosfera è senza nuvole ad alta quota, ma come il team ha scoperto, contiene tracce di vapore acqueo.

Perché gli astronomi cercano l'acqua su pianeti extrasolari? Soprattutto perché essa è fondamentale per la vita, anche se la sua presenza da sola non è sufficiente. “La molecola d'acqua è diffusa nell'universo”, ha spiegato Drake Deming, professore di astronomia della University of Maryland, che ha condotto lo studio.

La ricerca è stata pubblicata su Nature.

Francesca Mancuso

Foto: UMD via Nasa
http://www.nextme.it/scienza/universo/e ... ore-acqueo

Re: Ricerca esopianeti

18/02/2015, 18:00

L’ultima super-terra? Ha un sole extra-light


Un mondo potenzialmente abitabile è stato individuato, a 22 anni luce da noi, attorno a una stella così povera di metalli da far supporre agli scienziati che non potesse ospitare pianeti. Molinari (INAF): «Questa scoperta implica che potrebbero esserci molti più pianeti di quanto si pensi».


http://www.media.inaf.it/2012/02/02/gj-667cc/

Re: Ricerca esopianeti

10/03/2015, 10:23

Immagine

Questa è l'immagine più intensa mai ottenuta di un sistema planetario in formazione: rispetto alle immagini di solito catturate nel visibile dallo Hubble Space Telescope, questa, in banda radio, offre alla vista moltissimi particolari in più. La ripresa è stata effettuata da ALMA, e mostra il disco di accrescimento intorno alla giovane stella HL Tauri: l'immagine permette di osservare le strutture che si stanno formando all'interno del disco, ed anche la possibile posizione dei pianeti una volta che il sistema sarà formato! Credit: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)

https://www.facebook.com/Link2Universe/ ... =1&theater

Re: Ricerca esopianeti

25/03/2015, 11:44

Immaginate altre Terre (tantissime), chiazzate da oceani e da continenti, con un clima simile a quello che conosciamo e quindi capace di ospitare la vita, ma molto più grandi. Anche decine e decine di volte. Sono tutte «là fuori» e aspettano di essere esplorate e forse, un giorno, colonizzate. Assomiglia a un sogno a occhi aperti, eppure è lo scenario disegnato da due americani, l’astrofisico Nicolas Cowan e il geofisico Dorian Abbot. Insieme hanno elaborato un modello che smentisce l’ipotesi corrente secondo il quale le super-Terre - i pianeti giganti individuati al di là del Sistema Solare - siano, nel migliore dei casi, mondi disperatamente aridi o al contrario totalmente ricoperti dagli oceani.


Parlando a Washington, al meeting dell’American Astronomical Society, hanno anticipato una ricerca destinata a far discutere e che apparirà sull’«Astrophysical Journal». Combinando le leggi della geologia terrestre con le osservazioni astronomiche, emerge sempre lo stesso principio: indipendentemente dalla massa, un pianeta non annega nella propria acqua (esattamente come succede sulla Terra), se esiste una circolazione costante tra la superficie e il mantello roccioso. Un meccanismo mantenuto in moto dalle placche tettoniche e che è governato tanto dalla pressione dell’acqua come dalla gravità del pianeta. «Possiamo aggiungere anche 80 volte più acqua su una super-Terra e osservare ancora una superficie simile a quella del nostro mondo - ha spiegato Cowan -. Ognuno di questi super-pianeti deve essere caratterizzato da un’enorme pressione sul fondo degli oceani e quindi questa forza spingerà parte dell’acqua nel mantello». E’ sempre un ciclo del genere a decidere il destino delle simulazioni dei due studiosi, uno della Northwestern University e l’altro della University of Chicago.
E - aggiungono - se non è improbabile la presenza in contemporanea di terre e mari, allora è anche logico presumere l’esistenza di un clima favorevole agli esseri viventi (microbi o creature intelligenti che siano): il ciclo del carbonio agisce da termostato globale, secondo la logica che ha plasmato l’archetipo-Terra.

Con Cowan e Abbot la visione dello spazio profondo si trasforma. E il bello è che non dovremo aspettare nemmeno troppo per cominciare a strappare scampoli di verità. La ricerca delle altre Terre accelera e si avvicinano i prossimi e decisivi appuntamenti. Se in un quindicennio sono stati scoperti 4200 esopianeti nella Via Lattea e un migliaio è già stato classificato con certezza, ai dati del telescopio spaziale «Kepler» sono presto destinati ad aggiungersi quelli di altri osservatori in orbita, come il «Transiting Exoplanet Survey Satellite» e il «James Webb Space Telescope». Progetti ambiziosi, a cui si uniranno nei prossimi anni gli studi da Terra dell’occhio dello «European Extremely Large Telescope», installato nel deserto cileno.

E l’indagine è comunque all’inizio, in una galassia - la nostra - periferica, ma che da sola ospita 300 miliardi di stelle. Il che significa che solo dalle nostre parti ci potrebbero essere alcuni miliardi di altri corpi celesti in grado di candidarsi all’ambizioso ruolo di super-Terre.

http://www.lastampa.it/2014/01/15/scien ... agina.html

Re: Ricerca esopianeti

09/04/2015, 19:43

Lo studio, pubblicato su Astronomical Journal, cerca di capire la correlazione tra la presenza di pianeti molto massicci e sistemi stellari multipli. ARI30, a 136 anni luce da noi, nella costellazione dell’Ariete, è il secondo sistema stellare quadruplo ad oggi conosciuto, ma l’ipotesi che non siano una rarità aumenta con l’avanzamento tecnologico

Che il nostro sistema solare sia una specie di rarità resa meno tale solo dal gran numero di stelle che esistono nell’universo, lo si evince mano mano che gruppi di astronomi rilevano sempre nuove realtà, che ci sarebbe quasi da chiedersi (ma poi in fondo è quella la domanda) come possono comporsi e trovare un equilibrio.

E’ questo di fatto il quesito che si sono posti i ricercatori autori di una recente ricerca, pubblicata su Astronomical Journal, che si è avvalsa del Palomar Observatory utilizzando due nuove tecnologie adattive ottiche che compensano gli effetti di sfocatura dell’atmosfera terrestre: il sistema di ottica adattiva Robo-AO robotico, sviluppato sotto la guida di Christoph Baranec della University of Hawaii presso l’Istituto di Manoa per Astronomia, e l’estrema sistema di ottica adattiva PALM-3000, sviluppato da un team di Caltech e Jet Propulsion Laboratory della NASA (JPL), che comprendeva anche Baranec.


L’obiettivo era approfondire le conoscenze sulle influenze di più stelle su pianeti extrasolari: e per farlo hanno preso in esame un pianeta in un sistema a quattro stelle, il secondo ad oggi conosciuto.

Il sistema, denominato 30 Ari, si trova a 136 anni luce di distanza nella costellazione dell’Ariete. Il pianeta del sistema è un gigante gassoso 10 volte la massa di Giove, che orbita intorno alla sua stella primaria, una piccola nana rossa, ogni 335 giorni, quasi un anno terrestre. Il sistema era già conosciuto ma si riteneva composto di tre stelle: «Circa il 4% delle stelle simili al nostro sole si trovano in sistemi quadrupli, un dato maggiore delle stime precedenti, che è stato reso possibile grazie al miglioramento delle tecniche di osservazione» ha detto il co-autore Andrei Tokovinin del Cerro Tololo Inter-American Observatory in Cile.

La quarta stella appena scoperta, la cui distanza dal pianeta è 23 volte la distanza Terra-Sole, non sembra aver influenzato l’orbita del pianeta. E perché questo non sia successo al momento non è chiaro, tanto che il team di ricercatori ha in programma ulteriori osservazioni per capire meglio l’orbita della stella appena scoperta e le sue complicate dinamiche “familiari”.

Ma al di là degli aspetti scientifici indubbiamente prioritaria, cosa si vedrebbe nel cielo del pianeta gassoso ci potrebbe regalarci un pizzico di più di quel fascino già ineguagliabile che il nostro cielo ci dona ogni qualvolta la notte, senza nubi e in montagna, mettendo in mostra i miliardi di stelle della Via Lattea. Sicuramente ci apparirebbe bizzarro: un sole, due stelle tanto vicine e brillanti da essere visibili anche di giorno, e una di queste stelle che di notte, o al telescopio, si mostra per quello che è, un sistema binario, due stelle che orbitano una con l’altra.

Superata la fascinazione di come potrebbe apparire ai nostri occhi il sistema Ari 30, resta l’obiettivo scientifico che l’autore principale Lewis Roberts del NASA-JPL e i suoi colleghi cercano di ottenere, comprendere gli effetti che più stelle possono avere sulla formazione e lo sviluppo dei pianeti. I risultati suggeriscono che i compagni stellari possano influenzare il destino dei pianeti cambiando le loro orbite e spingendoli a crescere.

Ad esempio si spiegherebbe perché Giove caldi (hot Jupiter) possano avere orbite strette rispetto alla stella primaria, perché influenzati gravitazionalmente da compagni stellari:
«Questo risultato rafforza il collegamento tra sistemi stellari multipli e la presenza di pianeti massicci»

ha concluso Roberts.

http://www.altrogiornale.org/sistemi-st ... -4-stelle/

Re: Ricerca esopianeti

16/04/2015, 10:35

Immagine

Illustrazione d'artista che mostra l'ubicazione del nuovo pianeta scoperto e del nostro Sistema Solare all'interno della Via Lattea. In arancione sono segnate le zonne in cui sono stati trovati principalmente i pianeti extrasolari: questo nuovo pianeta è uno dei più lontani, a 13 000 anni luce. Credit: NASA/JPL-Caltech

Le osservazioni del telescopio spaziale Spitzer della NASA hanno portato ad una nuova emozionante scoperta: tramite la collaborazione con un altro strumento a terra, l'OGLE Warsaw Telescope a Las Campanas Observatory in Cile, è riuscito ad individuare un remoto pianeta gassoso situato a circa 13 000 anni luce da noi, uno dei più lontani mai conosciuti.

La ricerca, a capo della quale abbiamo Jennifer Yee dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Massachussetts), autrice principale di uno dei tre nuovi studi descriventi questa collaborazione, è stata potrata avanti tramite osservazioni congiunte di due strumenti con approcci diversi. Il polacco Optical Gravitational Lensing Experiment (OGLE) effettua scansioni del cielo alla ricerca di pianeti tramite il metodo del microlensing: un evento di microlensing avviene quando una stella passa di fronte ad un'altra e la sua forza gravitazionale agisce come una lente che magnifica e rende più brillante la luce della stella più distante. Se la stella in primo piano possiede un pianeta, questo causerà sulla luce di sfondo una piccola “eclissi”.

tutto l'articolo su
http://www.link2universe.net/2015-04-16 ... ia-lattea/

Re: Ricerca esopianeti

22/04/2015, 18:04

Immagine

Al centro c'è la grande nana bruna 2M1207, e quello alla sua sinistra in basso è il pianeta 2M1207b! Non è un rendering, è proprio una foto reale della luce di un altro pianeta fuori dal nostro Sistema Solare, in orbita non intorno ad una stella, ma una nana bruna.
Il pianeta si trova più o meno alla distanza a cui si trova Nettuno nel Sistema Solare, ed ha una massa intorno a 5 volte quella di Giove.
La cosa più interessante di questo sistema unico è la sua origine. Non abbiamo alcun modello teorico che spieghi come si sia formato il pianeta e probabilmente è stato un processo molto diverso da quello a cui siamo abituati per i pianeti classici. L'immagine è stata ottenuta grazie al Very Large Telescope, dell'ESO.

https://www.facebook.com/Link2Universe/ ... =1&theater

Re: Ricerca esopianeti

27/04/2015, 11:43

Grazie al “cacciatore di pianeti” HARPS, installato sul telescopio da 3,6 metri dell’Osservatorio di La Silla in Cile, è stato rilevato per la prima volta in modo diretto lo spettro di luce visibile riflessa da un esopianeta. Osservazioni che hanno anche svelato nuove proprietà di questo oggetto famoso, il primo esopianeta mai scoperto intorno a una stella simile al Sole: 51 Pegasi b. Il risultato promette un brillante futuro a questa tecnica, in particolare con l’avvento degli strumenti di nuova generazione.

L’esopianeta si trova a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione di Pegaso. Sia 51 Pegasi b che la sua stella madre 51 Pegasi sono tra gli oggetti che attendono un nome dal concorso pubblico dell’IAU NameExoWorlds (“Dai un nome ai pianeti extrasolari”).

Il pianeta è stato scoperto nel 1995 e viene considerato come il tipico “Giove caldo” – una classe di pianeti extrasolari ormai ritenuta comune, simile in dimensione e massa a Giove, ma con un’orbita molto più vicina alla stella madre. Dal momento della storica scoperta sono stati confermati più di 1900 esopianeti in 1200 sistemi planetari, ma – nel ventesimo anniversario della scoperta – 51 Pegasi b torna in pista per segnare una pietra miliare per lo studio degli esopianeti: la prima rilevazione diretta dello spettro in luce visibile. L’equipe che ha fatto questa misura è guidato da Jorge Martins dell’Istituto de Astrofísica e Ciências do Espaço (IA) e dell’Universidade do Porto, Portogallo, al momento studente di Dottorato presso l’ESO in Cile.

Attualmente il metodo usato più diffusamente per esaminare l’aftmosfera di un esopianeta è di osservare lo spettro della luce proveniente dalla stella madre attraverso l’atmosfera del pianeta durante il transito – tecnica nota come spettroscopia in trasmissione. Un approccio alternativo è quello di osservare il sistema quando la stella passa di fronte al pianeta, cosa che fornisce soprattutto informazioni sulla temperatura dell’esopianeta.

In questa immagine una foto a grande campo della stella 51 Pegasi, attorno a cui orbita 51 Pegasi b, nella costellazione settentrionale di Pegaso. L’immagine è stata ottenuta a partire da materiale fotografico provienente dalla DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2

La nuova tecnica invece non richiede un transito planetario e perciò può potenzialmente aumentare il numero di rilevazioni possibili; permette infatti di rilevare direttamente lo spettro del pianeta in luce visibile, il che significa anche la possibilità dedurre diverse caratteristiche del pianeta inaccessibili con le tecniche indirette. Lo spettro della stella madre viene usato come modello per la ricerca di una impronta di luce simile riflessa dal pianeta durante la sua orbita. Un compito estremamente difficile dato che la luce riflessa proveniente dai pianeti è estremamente debole rispetto a quella abbagliante della stelle madre in cui sono immersi.

Senza dimenticare poi altri effetti molto piccoli e varie sorgenti di rumore che interferiscono con la debole luce del pianeta. La difficoltà può essere paragonata allo studio del debole bagliore riflesso da un minuscolo insetto che vola intorno a un lampada lontana. Di fronte a tali difficoltà, il successo della tecnica applicata ai dati di HARPS, raccolti su 51 Pegasi b, risulta di enome valore.

Jorge Martins ha spiegato: «Questo tipo di tecnica di rivelazione è di grande importanza scientifica poiché ci permette di misurare la reale massa del pianeta e l’inclinazione della sua orbita, essenziali per una comprensione completa del sistema. Permette inoltre di stimare la riflettività del pianeta, o albedo, che può essere usata per dedurre la composizione della superficie e dell’atmosfera del pianeta».

Si è trovato quindi che 51 Pegasi b ha una massa circa la metà di quella di Giove e un’orbita con un’inclinazione di circa nove gradi rispetto alla direzione della Terra. Ciò significa che l’orbita del pianeta appare quasi di taglio vista da Terra, anche se non abbastanza per dare luogo a un transito. Il pianeta avrebbe anche un diametro maggiore di quello di Giove e risulta essere altamente riflettente. Tutte proprietà tipiche di un Giove caldo, pianeta molto vicino alla stella madre e quindi esposto a una luce stellare intensa.

HARPS è stato fondamentale per il lavoro dell’equipe, ma di altrettanta importanza è il fatto che il risultato sia stato ottenuto con il telescopio dell’ESO da 3,6 metri. Le attrezzature esistenti saranno sorpassate infatti da strumenti più avanzati su telescopi più grandi, come il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO e in futuro l’E-ELT (European Extremely Large Telescope) aumentado quindi enormemente le potenzialità della tecnica stessa. ESPRESSO, lo spettrografo del VLT, e gli strumenti sempre più potenti di telescopi più grandi come l’E-ELT permetteranno un aumento significativo della precisione dei dati e dell’area di raccolta, favorendo la detezione di esopianeti più piccoli e allo stesso tempo aumentando il livello di dettaglio per i pianeti simili a 51 Pegasi b.

«Stiamo aspettando con ansia la prima luce di ESPRESSO così da poter fare studi più dettagliati di questo e altri sistemi planetari», ha concluso Nuno Santos, dell’IA e dell’Universidade do Porto, co-autore del nuovo articolo.

http://www.coelum.com/news/la-prima-%E2 ... esopianeta

Re: Ricerca esopianeti

30/04/2015, 18:33

Siamo soli nell’Universo? Per ottenere una risposta strutturata a quella che è una delle domande più antiche che l’umanità si sia posta, la NASA ha pronta la sua A-Team. Ma non pensate al manipolo dei Distaccamenti Operativi Alfa protagonista di una delle serie televisive più amate della storia. Non c’è traccia del sigaro di Hannibal Smith, dei catenacci dorati di P.E. Baracus, delle truffe di Sberla e delle follie di Murdock all’agenzia spaziale statunitense.

Quello che la NASA ha selezionato è un gruppo di ricerca interdisciplinare guidato dall’Università dell’Arizona, una vera e propria task force per la ricerca di vita su mondi lontani. Con NExSS, un istituto virtuale che raccoglie ricercatori di tutto il mondo e acronimo di Nexus for Exoplanet System Science, i ragazzi della UA aiuteranno la scienza a comprendere come pianeti simili a quello che abitiamo possano formarsi nell’orbita di stelle vicine.

«La partecipazione al nuovo programma NExSS ci permetterà di capire come un pianeta possa ricavare la propria acqua, il carbonio, l’azoto durante il naturale processo di formazione. Tutti quegli ingredienti che ci siamo abituati a considerare come fondamentali per creare una qualche opportunità di vita, altrove», spiega Daniel Apai, che guida il team statunitense di EOS – Earths in Other Solar Systems.

NASA conferma il suo impegno in tema di ricerca della vita extraterrestre. Dal lancio del telescopio spaziale Kepler sei anni fa, oltre 1800 pianeti extrasolari sono stati rilevati. Migliaia di altri candidati sono in attesa di conferma. La chiave di questo sforzo è capire come la biologia interagisca con l’atmosfera, la geologia, gli oceani e il corpo interno di un pianeta, e come l’insieme delle interazioni fra questi elementi possa essere influenzato dalla stella ospite.

NExSS raccoglie membri da una decina di università differenti, tre centri NASA e due istituti di ricerca. Il team di EOS, che comprende 25 ricercatori, seguirà 14 progetti di ricerca per combinare i risultati in un modello completo di formazione dei sistemi planetari, in grado di prevedere le connessioni tra proprietà dei sistemi e probabilità che ospitino pianeti simili alla Terra. Il team si avvarrà anche dei dati raccolti dal Large Binocular Telescope.

http://www.coelum.com/news/esopianeti-a ... della-nasa

Re: Ricerca esopianeti

26/05/2015, 10:00

Un gruppo di astronomi del Harvard–Smithsonian Center for Astrophysics (CfA),Dave Latham, David Kipping, Matthew Payne, David Sliski, Lars Buchhave, Gilbert Esquerdo, Michel Calkins e Perry Berlind, ha scoperto due nuovi pianeti extrasolari giganti intorno a una stella evoluta, Kepler 432, che ha massa pari a 1,35 masse solari e una età di 3,5 miliardi di anni.

Circa un terzo dei pianeti noti sono più massicci di Giove. Attualmente ne sono stati scoperti 565 e circa un quarto di essi orbita molto vicino alla propria stella madre, con periodi inferiori ai dieci giorni. Riscaldati dalla radiazione stellare, sono chiamati gioviani caldi ("hot Jupiters").

Tuttavia, nonostante la vasta e diversificata popolazione di pianeti extrasolari giganti noti, solo due di loro orbitano intorno ad una anziana stella evoluta. Come e perché si trovino lì è ancora un mistero: forse hanno migrato nel tempo da zone più remote del loro sistema planetario, o forse sono nati in loco. D'altra parte, le stelle giunte verso la fine del loro ciclo vitale si raffreddano e cambiano diametro, inghiottendo i pianeti più vicini.

I due nuovi mondi si chiamano Kepler-432b, che ha una massa pari a 5,4 masse gioviane ed orbita ogni 52,5 giorni intorno alla sua stella madre, e Kepler-434c, di 2,4 masse gioviane, con un'orbita in 406 giorni.
La loro stella, Kepler 432, che ha appena terminato la sua fase stabile, ha iniziato ad espandersi.

Il pianeta più interno è particolarmente curioso: non è molto irradiato o caldo, a differenza dei tipici hot Jupiters; la sua orbita è molto eccentrica (il che significa che la sua distanza dalla stella varia notevolmente lungo il percorso) e ciò potrebbe indicare una migrazione; il suo asse di rotazione è molto allineato a quello della stella, situazione non comune, invece, nel caso di esopianeti migrati.

Questi risultati mostrano ancora una volta la notevole gamma di proprietà e di possibili meccanismi di formazione nei pianeti extrasolari: Kepler-432b potrebbe essere un caso atipico o, per così dire, la norma e rappresentare una classe di pianeti che riescono a sopravvivere fino a tarda età molto vicini alla loro stella (anche se gli astronomi ritengono che i suoi giorni siano contati ed esisterà solo per un altro centinaia di milioni di anni).

http://aliveuniverseimages.com/flash-ne ... xtrasolari

Re: Ricerca esopianeti

26/05/2015, 10:20

Chissà se altrove un "Kepler" alieno ha identificato la nostra Terra come "esopianeta"

[^]
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