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MessaggioInviato: 03/06/2014, 19:29 
Un gruppo di astronomi ha annunciato ieri di aver scoperto un nuovo tipo di pianeta! Si tratta di un mondo davvero esotico, con una massa ben 17 volte quella della Terra, ma con una struttura rocciosa. In base ai nostri attuali modelli sulla formazione ed evoluzione planetaria, un mondo simile non potrebbe esistere, perché con una tale massa dovrebbe rubare enormi quantità di idrogeno dalla nube proto-planetaria circostante, e diventare un gigante gassoso come Giove. Questo pianeta, però, è tutto solido! Molti lo definiscono una "Mega-Terra", in riferimento alle già grandi Super-Terre (con masse 2-10 volte la Terra). Vale la pena ricordare, però, che questo tipo di pianeta nulla ha in comune con quelli di tipo terrestre.

"Quando abbiamo realizzato che cosa avevamo scoperto, la sorpresa è stata enorme" ha spiegato l'astronomo Xavier Dumusque, del Centro per l'Astrofisica, della Harvard-Smithsonian (CfA), che ha guidato l'analisi dei dati e la verifica della scoperta. "Si tratta del Godzilla delle Terre!" ha aggiunto Dimitar Sasselov, direttore dell'Iniziativa per l'Origine della Vita, della Harvard-Smithsonian. "Ma diversamente dal film, Kepler-10c è una buona notizia per la ricerca di vita"

Questo nuovo pianeta orbita intorno ad una stella simile al Sole ogni 45 giorni, e si trova a circa 560 anni luce dalla Terra, nella direzione della Costellazione del Drago. Il sistema ospita anche un altro pianeta fatto di lava, grande 3 volte la massa terrestre, chiamato Kepler-10b. Il pianeta orbita la stella con una velocità folle: in appena 20 ore, infatti, completa una rivoluzione.

Kepler-10c fu scoperto in origine dal telescopio spaziale Kepler, della NASA, tramite il metodo del transito, ma all'epoca era impossibile capire i valori della massa e la composizione di questo mondo. Il telescopio poteva però fornirci la dimensione del diametro: 2.3 volte quello della Terra. Si pensò quindi di aver trovato un mini-Nettuno, gassoso. La sorpresa è arrivata dopo aver utilizzato lo strumento HARPS-North sul Telescopio Nazionale Galileo (TNG), presso le Isole Canarie: La massa rilevata dallo strumento era enorme rispetto alle stime iniziali e, grazie ai dati sul suo diametro, è stato possibile calcolare la densità e quindi capirne la struttura: solida e densa.

"Sappiamo anche che Kepler-10c non ha perso la sua atmosfera nel tempo (sempre che l'avesse avuta), perché la sua grande massa non gliel'avrebbe permesso" spiegato Dumusque "Deve essersi formato così come lo vediamo ora."

Parliamo però dell'importanza di questo pianeta a livello biologico. Il sistema Kepler-10 ha un'età di ben 11 miliardi di anni, e questo significa che si è creato appena 3 miliardi di anni dopo il Big Bang. L'universo primordiale conteneva principalmente idrogeno ed elio, mentre i pianeti rocciosi nascono grazie alla presenza di elementi più pesanti, come ferro e silicio. Questi elementi, però, fanno la loro apparizione in seguito alle supernovae nate dopo la prima generazione di stelle. Questo processo di arricchimento dovrebbe aver impiegato moltissimo tempo, ma Kepler-10c è la prova che già dopo 3 miliardi di anni gli elementi pesanti erano abbastanza comuni da dar vita a pianeti di tipo terrestre!

"La scoperta di Kepler-10c ci dice che i pianeti rocciosi potrebbero essersi formati molto prima rispetto a quanto pensassimo. E dove esiste la possibilità di formare rocce, probabilmente c'è anche la possibilità di avere la vita." ha spiegato Sasselov.

La ricerca implica, quindi, che gli astronomi non dovrebbero escludere stelle molto antiche nella loro ricerca di tracce di pianeti terrestri. E dato che anche tali stelle possono ospitare pianeti di tipo terrestre, allora la probabilità di trovare un mondo abitabile (e magari abitato davvero) aumenta vistosamente.

http://www.cfa.harvard.edu/news/2014-14

http://www.link2universe.net/2014-06-03 ... terrestri/


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MessaggioInviato: 09/06/2014, 16:12 
Su uno degli antichissimi pianeti che ruotano attorno alla stella di Kapteyn, ad appena 13 anni luce da noi, potrebbe esserci acqua liquida, e non solo. Strappata dalla Via Lattea dall'ammasso globulare di cui è originaria, Kapteyn appartiene a una delle prime generazioni stellari dell'universo e i suoi due pianeti hanno oltre 11 miliardi di anni: un lasso di tempo che secondo i ricercatori potrebbe aver dato alla vita diverse possibilità di svilupparsi (red)

VAI AL VIDEO: IL LUNGO VIAGGIO DELLA STELLA DI KAPTEYN

Due vecchissimi pianeti, uno dei quali potrebbe ospitare acqua liquida e forse forme di vita, sono stati identificati attorno a una piccola stella dalla veneranda età di quasi 12 miliardi di anni, la stella di Kapteyn, che per singolari vicende si trova ad appena 13 anni luce di distanza dal Sole. La scoperta è di un gruppo di astronomi della Queen Mary University of London (QMUL) che firmano un articolo in corso di pubblicazione su “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (MNRAS)” (qui il preprint).

Dai dati raccolti grazie agli spettrometri ad alta precisione HIRES del Keck Observatory a Mauna Kea, nelle Hawaii, e del PFS dell'osservatorio Magellan/Las Campanas, in Cile, i ricercatori hanno stabilito che il pianeta Kapetyn b è almeno cinque volte più massiccio della Terra e compie una rotazione completa intorno alla stella ogni 48 giorni, lungo un'orbita che si trova nella cosiddetta zona abitabile, ossia a una distanza dalla stella che permette la presenza di acqua allo stato liquido, condizione indispensabile per lo sviluppo di forme di vita.

Il secondo pianeta, Kapteyn c, che è sette volte più più massiccio della Terra, ha invece un periodo di rotazione di 121 giorni e riceve dalla sua stella appena il dieci per cento della radiazione che il nostro pianeta riceve dal Sole: appare quindi troppo freddo per conservare acqua allo stato liquido.

L'ipotesi che Kapetyn b possa ospitare o aver ospitato forme di vita è considerata particolarmente plausibile dai ricercatori sulla base della storia di Kapteyn e dell'età dei pianeti, circa 2,5 volte quella delle Terra.

L'antichissimo pianeta "abitabile" della porta accantoLa stella di Kapteyn e i suoi pianeti provengono da una galassia nana che in tempi remoti si è fusa con Via Lattea. (Cortesia Victor H. Robles/James S. Bullocks/Miguel Rocha)
La stella di Kapteyn - una nana rossa scoperta nel XIX secolo dall'astronomo olandese Jacobus Kapteyn - è infatti nata all'interno di un'antica piccola galassia, Omega Centauri, che nel corso della sua storia è stata assorbita e parzialmente dissolta dalla Via Lattea, e che ora forma un ammasso globulare a 16.000 anni luce dalla Terra, costituito da centinaia di migliaia di astri risalenti alle prime generazioni stellari. Kapteyn è una delle stelle strappate da questa piccola galassia, che nella sua deriva ha finito per trovarsi nelle vicinanze del nostro Sole.

L'età dei pianeti che possono ruotare intorno a queste antiche stelle, e a Kapteyn in particolare, è stimata intorno agli 11,5 miliardi di anni, appena due miliardi dopo il big bang. “Questo ci fa interrogare su quale tipo di vita potrebbe essersi evoluta su quei pianeti in un arco di tempo così lungo”, ha detto Guillem Anglada-Escude, primo firmatario dell'articolo.

“La scoperta è davvero eccitante – ha commentato Richard Nelson, direttore dell'Istituto di astronomia della QMUL, non coinvolto nella ricerca – perché fa pensare che grazie a osservatori spaziali come PLATO, nei prossimi anni potranno essere trovati molti altri mondi potenzialmente abitabili attorno a stelle vicine alla Terra.”

http://www.lescienze.it/news/2014/06/05 ... 06-06-2014


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MessaggioInviato: 16/06/2014, 17:59 
L;analisi di oltre 600 pianeti extrasolari che ruotano attorno a 400 stelle ha messo in luce una correlazione fra l'abbondanza relativa di elementi pesanti nella stella - e quindi nell'antico disco protoplanetario da cui hanno avuto origine i pianeti - e la tipologia dei pianeti ospitati. Specificamente, sono stati individuati tre “regimi planetari” tipici che corrispondono a diversi gradi di abbondanza degli elementi pesanti nelle stelle. I riisultati di questo studio non possono però essere considerati definitivi di Caleb A. Scharf] L'analisi di oltre 600 pianeti extrasolari che ruotano attorno a 400 stelle ha messo in luce una correlazione fra l'abbondanza relativa di elementi pesanti nella stella - e quindi nell'antico disco protoplanetario da cui hanno avuto origine i pianeti - e la tipologia dei pianeti ospitati. Specificamente, sono stati individuati tre “regimi planetari” tipici che corrispondono a diversi gradi di abbondanza degli elementi pesanti nelle stelle. I riisultati di questo studio non possono però essere considerati definitivi di Caleb A. Scharf

[Clicca e scopri il significato del termine: Nella storia della scoperta di pianeti attorno ad altre stelle è stato ben presto evidente che la probabilità che attorno a una stella ruotino alcuni tipi di pianeti è legata all'abbondanza di elementi pesanti in quel sistema solare. In particolare, gli astronomi possono studiare lo spettro della luce di una stella e dedurre la miscela di idrogeno, elio ed elementi più pesanti presenti nel plasma stellare. Il presupposto è che questa miscela rappresenti in modo corretto quella del gas interstellare e delle polveri da cui si è formata la stella. Sarebbe, per estrapolazione, la miscela del cosiddetto disco protoplanetario (o disco circumstellare) da cui si formano i pianeti. Fin qui tutto bene. I dati raccolti in passato hanno dimostrato che i pianeti “gioviani caldi” - giganti gassosi che orbitano vicino alle loro stelle - tendono a trovarsi in sistemi con una percentuale più elevata di elementi più pesanti, come ferro, ossigeno e così via. Nel gergo degli astronomi, questi sono i sistemi con una maggiore “metallicità”, a indicare una maggiore presenza degli elementi più pesanti dell'idrogeno e dell'elio (l'astronomia a volte può essere notevolmente imprecisa). Le dimensioni degli esopianeti: è elementare© Science Photo Library/Corbis Ma veniamo al nuovo studio pubblicato la scorsa settimana su “Nature” da Buchhave e colleghi. In un'attenta indagine su oltre 400 stelle che ospitano pianeti (per un totale di 600 pianeti su orbite relativamente piccole) hanno trovano prove che corroborano l'esistenza di tre “regimi planetari” tipici che corrispondono a diversi gradi di abbondanza degli elementi pesanti nelle stelle. In particolare, ci sono pianeti di tipo terrestre (rocciosi), di dimensioni inferiori a 1,7 raggi terrestri circa; ci sono pianeti nani gassosi con un nucleo roccioso avviluppato da un ampio strato di idrogeno ed elio (se si vuole, dei mini-Giove, anche se non sono proprio la stessa cosa), con dimensioni comprese tra gli 1,7 e i 3,9 raggi terrestri; e ci sono i giganteschi pianeti di gas o ghiaccio, dalle dimensioni superiori ai 3,9 raggi terrestri. E' degno di nota che le transizioni tra questi regimi sono determinate da variazioni statisticamente significative nella composizione in elementi pesanti delle stelle e, per estrapolazione, del materiale originario da cui si è formato il pianeta. Quanti più elementi più pesanti ci sono, tanto più è probabile che si trovino pianeti più grandi. Non comprendiamo abbastanza i dettagli della formazione dei pianeti per sapere esattamente perché dovrebbe essere così, anche se la presenza di elementi più pesanti significa, presumibilmente, un miglioramento del materiale da costruzione nell#65533;agglomerato di materia che circonda una stella giovane. O, almeno, questa è la regola di massima. Nello studio di Buchhave e colleghi, le stelle che ospitano i pianeti più piccoli, di tipo terrestre, hanno un#65533;abbondanza media di elementi pesanti che è inferiore del 5 per cento circa rispetto a quella del nostro Sole. In confronto, le stelle che ospitano i mondi giganti ghiacciati o gassosi hanno un'abbondanza media di elementi pesanti del 51 per cento circa superiore a quella del Sole. Non sono differenze enormi, e ci sono molte variazioni: per esempio, stelle a bassa “metallicità” possono talvolta ospitare pianeti grandi, e stelle a elevata metallicità sono capaci di ospitare pianeti di tutte le dimensioni. E naturalmente questi sono tutti pianeti dalle orbite molto piccole, che girano attorno ai loro genitori stellari in meno di cento giorni circa, spesso anche molto meno. Non padroneggiamo bene l'intera architettura di questi sistemi stellari, in cui pianeti analoghi potrebbero nascondersi su orbite più ampie. Questa ricerca ci fornisce tuttavia un indizio: i dati suggeriscono che la massa di materiale solido necessaria per accumulare una spessa atmosfera di idrogeno ed elio aumenta con la distanza dalla stella. In altre parole, la dimensione della transizione tra pianeti rocciosi e gassosi cresce all'allontanarsi dalla stella, e quindi ci potrebbero essere più mondi giganti là dove non li abbiamo ancora rilevati. Ma nella formazione dei pianeti e nelle dinamiche planetarie il cambiamento e il caos possono signoreggiare, complicando e sfocando l'immagine che vediamo. E' probabile che ci voglia ancora molto tempo prima di riuscire a svelare appieno la storia di ogni sistema solare, compreso il nostro. ----- Caleb Scharf è il direttore del Centro multidisciplinare di astrobiologia della Columbia University. Ha lavorato nel campo della cosmologia osservativa, dell'astronomia in raggi X e, più recentemente, dei pianeti extrasolari. E'autore di diversi libri di divulgazione, fra cui I motori della gravità. L'altra faccia dei buchi neri (Codice, Torino 2013). (La versione originale di questo articolo è stata pubblicata il 3 giugno 2014 su scientificamerican.com. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati. Le opinioni espresse sono quelle dell'autore e non rispecchiano necessariamente quelle di “Scientific American”. ) ] Nella storia della scoperta di pianeti attorno ad altre stelle è stato ben presto evidente che la probabilità che attorno a una stella ruotino alcuni tipi di pianeti è legata all'abbondanza di elementi pesanti in quel sistema solare. In particolare, gli astronomi possono studiare lo spettro della luce di una stella e dedurre la miscela di idrogeno, elio ed elementi più pesanti presenti nel plasma stellare. Il presupposto è che questa miscela rappresenti in modo corretto quella del gas interstellare e delle polveri da cui si è formata la stella. Sarebbe, per estrapolazione, la miscela del cosiddetto disco protoplanetario (o disco circumstellare) da cui si formano i pianeti.

Fin qui tutto bene. I dati raccolti in passato hanno dimostrato che i pianeti “gioviani caldi” - giganti gassosi che orbitano vicino alle loro stelle - tendono a trovarsi in sistemi con una percentuale più elevata di elementi più pesanti, come ferro, ossigeno e così via. Nel gergo degli astronomi, questi sono i sistemi con una maggiore “metallicità”, a indicare una maggiore presenza degli elementi più pesanti dell'idrogeno e dell'elio (l'astronomia a volte può essere notevolmente imprecisa).

Le dimensioni degli esopianeti: è elementare© Science Photo Library/Corbis
Ma veniamo al nuovo studio pubblicato la scorsa settimana su “Nature” da Buchhave e colleghi. In un'attenta indagine su oltre 400 stelle che ospitano pianeti (per un totale di 600 pianeti su orbite relativamente piccole) hanno trovano prove che corroborano l'esistenza di tre “regimi planetari” tipici che corrispondono a diversi gradi di abbondanza degli elementi pesanti nelle stelle.

In particolare, ci sono pianeti di tipo terrestre (rocciosi), di dimensioni inferiori a 1,7 raggi terrestri circa; ci sono pianeti nani gassosi con un nucleo roccioso avviluppato da un ampio strato di idrogeno ed elio (se si vuole, dei mini-Giove, anche se non sono proprio la stessa cosa), con dimensioni comprese tra gli 1,7 e i 3,9 raggi terrestri; e ci sono i giganteschi pianeti di gas o ghiaccio, dalle dimensioni superiori ai 3,9 raggi terrestri.

E' degno di nota che le transizioni tra questi regimi sono determinate da variazioni statisticamente significative nella composizione in elementi pesanti delle stelle e, per estrapolazione, del materiale originario da cui si è formato il pianeta. Quanti più elementi più pesanti ci sono, tanto più è probabile che si trovino pianeti più grandi.

Non comprendiamo abbastanza i dettagli della formazione dei pianeti per sapere esattamente perché dovrebbe essere così, anche se la presenza di elementi più pesanti significa, presumibilmente, un miglioramento del materiale da costruzione nell'agglomerato di materia che circonda una stella giovane. O, almeno, questa è la regola di massima. Nello studio di Buchhave e colleghi, le stelle che ospitano i pianeti più piccoli, di tipo terrestre, hanno un'abbondanza media di elementi pesanti che è inferiore del 5 per cento circa rispetto a quella del nostro Sole. In confronto, le stelle che ospitano i mondi giganti ghiacciati o gassosi hanno un'abbondanza media di elementi pesanti del 51 per cento circa superiore a quella del Sole. Non sono differenze enormi, e ci sono molte variazioni: per esempio, stelle a bassa “metallicità” possono talvolta ospitare pianeti grandi, e stelle a elevata metallicità sono capaci di ospitare pianeti di tutte le dimensioni.

E naturalmente questi sono tutti pianeti dalle orbite molto piccole, che girano attorno ai loro genitori stellari in meno di cento giorni circa, spesso anche molto meno. Non padroneggiamo bene l'intera architettura di questi sistemi stellari, in cui pianeti analoghi potrebbero nascondersi su orbite più ampie. Questa ricerca ci fornisce tuttavia un indizio: i dati suggeriscono che la massa di materiale solido necessaria per accumulare una spessa atmosfera di idrogeno ed elio aumenta con la distanza dalla stella. In altre parole, la dimensione della transizione tra pianeti rocciosi e gassosi cresce all'allontanarsi dalla stella, e quindi ci potrebbero essere più mondi giganti là dove non li abbiamo ancora rilevati.

Ma nella formazione dei pianeti e nelle dinamiche planetarie il cambiamento e il caos possono signoreggiare, complicando e sfocando l'immagine che vediamo. E' probabile che ci voglia ancora molto tempo prima di riuscire a svelare appieno la storia di ogni sistema solare, compreso il nostro.

-----
Caleb Scharf è il direttore del Centro multidisciplinare di astrobiologia della Columbia University. Ha lavorato nel campo della cosmologia osservativa, dell'astronomia in raggi X e, più recentemente, dei pianeti extrasolari. E' autore di diversi libri di divulgazione, fra cui I motori della gravità. L'altra faccia dei buchi neri (Codice, Torino 2013).

(La versione originale di questo articolo è stata pubblicata il 3 giugno 2014 su scientificamerican.com. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati. Le opinioni espresse sono quelle dell'autore e non rispecchiano necessariamente quelle di “Scientific American”. )

http://www.lescienze.it/news/2014/06/07 ... 13-06-2014


Ultima modifica di ubatuba il 16/06/2014, 18:05, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 17/06/2014, 12:44 
Ottimo, ubatuta.
Un vero vademecum, attualissimo e di estremo interesse per chiunque sia attento all'esoplanetologia.
Thank you very much [;)]



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MessaggioInviato: 17/06/2014, 19:31 
Cita:
RigelDiOrione ha scritto:

Ottimo, ubatuta.
Un vero vademecum, attualissimo e di estremo interesse per chiunque sia attento all'esoplanetologia.
Thank you very much [;)]


..speriamo che in un vicino futuro,le notizie possano essere + eclatanti e specifiche [;)]


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MessaggioInviato: 17/06/2014, 19:38 
Esopianeti: quando si dice ‘avere naso’

I ricercatori dello University College di Londra hanno sviluppato un nuovo spettro di assorbimento del metano, 2.000 volte più completo e in grado di rilevare la molecola a temperature altissime: potrebbe essere lo strumento giusto per trovare la vita su altri mondi

http://www.media.inaf.it/2014/06/17/eso ... vere-naso/

se risultasse affidabile probabilmente in poco tempo riusciremmo a rintracciare i primi esopianeti in cui la vita e' possibile.....................[;)]


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MessaggioInviato: 26/06/2014, 18:44 
C'è una piccola nana rossa nel cielo, chiamata Gliese 832, che con dei cieli abbastanza scuri è visibile anche con un modesto telescopio da giardino. Si trova a 16 anni luce da noi e da oggi sappiamo che è orbitata anche da un pianeta roccioso nella sua zona abitabile (quella zona in cui l'acqua può restare liquida sulla superficie). Conoscevamo già l'esistenza di un pianeta intorno a questa stella, chiamato Gliese-832b, ma è un pianeta freddo di tipo gioviano. Gliese-832c invece ha una massa 5 volte la nostra Terra, ed orbita molto più vicino alla stella, in appena 36 giorni (Gliese-832b compie un'orbita ogni 9.4 giorni). La cosa veramente intrigante è che secondo gli astronomi, le temperature sulla superficie potrebbero permettere l'esistenza dell'acqua allo stato liquido!

Gliese 832c è stato scoperto da un team internazionale di astronomi, guidati da Robert A. Wittenmyer, dell UNSW (University of New South Wales) dell'Australia. Gli strumenti usati sono lo spettrografo PFS (Planet Finder Spectrograph), il HARPS-TERRA ed il UCLES. Queste osservazioni hanno permesso di rilevare quanto la stella si muove in risposta gravitazionale alla presenza della massa del pianeta.

Ovviamente non è così facile immaginare che si tratta di un posto dove andare a cercare forme di vita. Prima di tutto, dato che la nana rossa è molto più fredda del nostro Sole, il pianeta si deve trovare molto più vicino, e questo aumenta anche l'esposizione a tempeste stellari intense. Inoltre, potrebbe essere bloccato marealmente e quindi mostrare sempre la stessa faccia alla propria stella, portando a stagioni molto estreme. Non sappiamo nemmeno ancora quanto la massa enorme può essere un problema per quanto riguarda processi come il movimento di placche tettoniche, o la presenza di motti convettivi nel nucleo esterno e quindi un campo magnetico attivo.

Tuttavia, data la vicinanza, resta un pianeta molto intrigante perché possiamo studiarlo molto in dettaglio in futuro.

http://arxiv.org/abs/1406.5587

http://scitechdaily.com/astronomers-dis ... ese-832-c/

http://www.universetoday.com/112806/nea ... omers-say/

http://www.link2universe.net/2014-06-26 ... ce-da-noi/

come si evince,magari,le ricerche possono essere effettuate anke in zone relativamente non lontane......magari le sorprese le possiamo avere sull'uscio di casa [;)]


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MessaggioInviato: 05/07/2014, 18:10 
: La scoperta grazie al progetto GAPS. Il cacciatore di pianeti HARPS-N, installato al Telescopio Nazionale Galileo, ne ha scoperti due nuovi attorno alla stella XO-2S, appartenente a un sistema doppio. Anche la compagna, XO-2N, ospita un pianeta, già rivelato nel 2007 col metodo dei transiti. Per la prima volta viene identificato un sistema binario dove entrambe le componenti stellari hanno un mini sistema planetario. Una scoperta made in Italy dall’osservazione spettroscopica all’interpretazione dei dati astrofisica planetologia Roma, 2 luglio 2014 - Le ultime scoperte nell’ambito dei pianeti extrasolari indicano una sorprendente varietà nelle caratteristiche e nell’architettura dei sistemi planetari. Questa varietà dipende dalle proprietà della stella che ospita i pianeti, dalle caratteristiche del disco circumstellare in cui si forma il sistema e dagli effetti dell’ambiente nei quali le stelle e i loro pianeti evolvono. Lo studio dei sistemi composti da due stelle con caratteristiche simili e che orbitano a grande distanza una dall’altra attorno al loro comune baricentro, detti sistemi binari larghi, aiuta a capire meglio quali sono i fattori che entrano in gioco nella formazione ed evoluzione dei pianeti, dato che la composizione chimica, l’età e l’ambiente in cui si formano sono sostanzialmente uguali per le due componenti. I sistemi binari sono inoltre laboratori unici per capire l’evoluzione dinamica dei sistemi planetari dato che, a causa delle interazioni mareali con la nostra Galassia e col passaggio ravvicinato di altre stelle, gli elementi orbitali di questi sistemi cambiano nel corso del tempo. Attorno alla stella XO-2S, la stella più a sud del sistema binario largo denominato XO-2, sono stati individuati due nuovi pianeti da un gruppo di astronomi del programma GAPS – Global Architecture of Planetary Systems guidati da Silvano Desidera dell’INAF di Padova. GAPS è il programma di osservazione INAF per la ricerca e caratterizzazione dei sistemi planetari grazie allo spettrografo HARPS-N, il cacciatore di pianeti extrasolari dell’emisfero boreale montato al Telescopio Nazionale Galileo (TNG) nelle Isole Canarie. Le misure di velocità radiale indicano la presenza di un nuovo sistema planetario attorno a XO-2S, costituito da un pianeta un po’ più massiccio di Giove a 0,48 unità astronomiche (quindi metà della distanza Terra-Sole) e da un pianeta della massa comparabile a quella di Saturno a 0,13 unità astronomiche. Entrambe le orbite planetarie sono moderatamente eccentriche ma dinamicamente stabili. Al di là dei due nuovi oggetti, ciò che rende eccezionale questo sistema è che è in assoluto il primo sistema binario noto nel quale entrambe le componenti stellari hanno un proprio sistema planetario. “In un sistema binario largo la probabilità di trovare un sistema planetario attorno a una delle componenti è praticamente uguale alla probabilità di trovare un sistema planetario attorno a una stella singola. Ci si aspettava dunque di trovare un risultato di questo tipo, solo che non erano quasi mai stati fatti tentativi sistematici in passato, dato che alcune survey escludevano le binarie e in altri casi veniva considerata una sola delle componenti”, afferma Alessandro Sozzetti dell’INAF di Torino e P.I. della proposta osservativa. La scoperta è stata compiuta grazie ad un monitoraggio di velocità radiali effettuato in modo intensivo su XO-2S con HARPS-N al TNG, avviato oltre un anno fa. Quando gli studiosi hanno cominciato a sospettare la presenza di pianeti attorno alla stella, è partito anche un programma di osservazioni fotometriche di supporto a quelle spettroscopiche. I dati raccolti alla stazione osservativa “M. G. Fracastoro” di Serra la Nave dell’INAF di Catania e soprattutto all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta, centro di ricerca regionale associato all’INAF, hanno permesso di escludere che il segnale fosse imputabile a fenomeni dovuti alla stella. Ulteriori indicazioni in tal senso sono venute anche dall’analisi di dati del sistema XO-2 presi nel 2011 alla stazione osservativa di Asiago dell’INAF di Padova. Gli studiosi sono così giunti alla conclusione che due pianeti orbitano attorno alla stella XO-2S. La compagna XO-2N, la stella più a nord della coppia, era già nota per il suo pianeta XO-2b (detto anche XO-2Nb), osservato transitare davanti alla stella ogni 2,5 giorni ed avente massa circa la metà di quella di Giove, ovvero di dimensioni confrontabili al gigante gassoso del nostro Sistema Solare. Abbiamo quindi due stelle “gemelle” legate fra loro che ospitano sistemi planetari ben diversi. XO-2N ha un pianeta vicino più piccolo di Giove, XO-2S due pianeti molto più lontani, di cui uno più grande di Giove. Si tratta del primo caso in assoluto di detection da parte di HARPS-N, ossia i primi due pianeti scoperti con i dati raccolti dal cacciatore di pianeti montato al TNG e che misura le velocità radiali delle stelle, ossia la velocità della stella lungo la linea di osservazione. Dalle variazioni di questa velocità si può stabilire se vi sono uno o più pianeti in orbita attorno alla stella. In precedenza, tramite la misura di dimensioni e massa, HARPS-N aveva confermato pianeti candidati già scoperti col metodo dei transiti grazie al Telescopio Spaziale Kepler della NASA. Non solo. “Ci sono anche indicazioni di un trend a lungo termine nelle velocità radiali” afferma Silvano Desidera. “Questo indica la presenza di un altro oggetto orbitante attorno a XO-2S, con un periodo orbitale molto più lungo dei 400 giorni in cui abbiamo osservato finora questa stella. Potrebbe trattarsi di un terzo pianeta con un periodo di vari anni oppure di una nana bruna o di una stella di piccola massa con periodo più lungo. Sarà necessario compiere altre osservazioni future per determinare la natura del nuovo oggetto”. Il sistema XO-2 è il primo esponente scoperto di una nuova famiglia di sistemi esoplanetari, quello dei sistemi binari in cui pianeti orbitano attorno a entrambe le stelle. Il fatto che le due stelle siano estremamente simili e che nella loro fase di formazione ed evoluzione abbiano dato luogo a sistemi planetari molto diversi sarà oggetto di ulteriori studi nel prossimo futuro. È un esempio eclatante di quanto sia varia la casistica e di quanti dati ancora siano necessari per capire fino in fondo i complessi meccanismi di formazione ed evoluzione planetaria. È anche una buona notizia per l’astronomia e in particolare per quella nostrana, perché tutte le tappe della ricerca che ha portato alla scoperta sono state effettuate da team italiani. Gli azzurri di calcio sono stati eliminati dalla Coppa del mondo, ma la ‘nazionale’ degli astronomi italiani si conferma tra le grandi nella ricerca di altri mondi.] Comunicato stampa: La scoperta grazie al progetto GAPS. Il cacciatore di pianeti HARPS-N, installato al Telescopio Nazionale Galileo, ne ha scoperti due nuovi attorno alla stella XO-2S, appartenente a un sistema doppio. Anche la compagna, XO-2N, ospita un pianeta, già rivelato nel 2007 col metodo dei transiti. Per la prima volta viene identificato un sistema binario dove entrambe le componenti stellari hanno un mini sistema planetario. Una scoperta made in Italy dall’osservazione spettroscopica all’interpretazione dei dati

Roma, 2 luglio 2014 - Le ultime scoperte nell’ambito dei pianeti extrasolari indicano una sorprendente varietà nelle caratteristiche e nell’architettura dei sistemi planetari. Questa varietà dipende dalle proprietà della stella che ospita i pianeti, dalle caratteristiche del disco circumstellare in cui si forma il sistema e dagli effetti dell’ambiente nei quali le stelle e i loro pianeti evolvono.

Lo studio dei sistemi composti da due stelle con caratteristiche simili e che orbitano a grande distanza una dall’altra attorno al loro comune baricentro, detti sistemi binari larghi, aiuta a capire meglio quali sono i fattori che entrano in gioco nella formazione ed evoluzione dei pianeti, dato che la composizione chimica, l’età e l’ambiente in cui si formano sono sostanzialmente uguali per le due componenti.
I sistemi binari sono inoltre laboratori unici per capire l’evoluzione dinamica dei sistemi planetari dato che, a causa delle interazioni mareali con la nostra Galassia e col passaggio ravvicinato di altre stelle, gli elementi orbitali di questi sistemi cambiano nel corso del tempo.

Attorno alla stella XO-2S, la stella più a sud del sistema binario largo denominato XO-2, sono stati individuati due nuovi pianeti da un gruppo di astronomi del programma GAPS – Global Architecture of Planetary Systems guidati da Silvano Desidera dell’INAF di Padova.
GAPS è il programma di osservazione INAF per la ricerca e caratterizzazione dei sistemi planetari grazie allo spettrografo HARPS-N, il cacciatore di pianeti extrasolari dell’emisfero boreale montato al Telescopio Nazionale Galileo (TNG) nelle Isole Canarie.

Le misure di velocità radiale indicano la presenza di un nuovo sistema planetario attorno a XO-2S, costituito da un pianeta un po’ più massiccio di Giove a 0,48 unità astronomiche (quindi metà della distanza Terra-Sole) e da un pianeta della massa comparabile a quella di Saturno a 0,13 unità astronomiche. Entrambe le orbite planetarie sono moderatamente eccentriche ma dinamicamente stabili.

Al di là dei due nuovi oggetti, ciò che rende eccezionale questo sistema è che è in assoluto il primo sistema binario noto nel quale entrambe le componenti stellari hanno un proprio sistema planetario. “In un sistema binario largo la probabilità di trovare un sistema planetario attorno a una delle componenti è praticamente uguale alla probabilità di trovare un sistema planetario attorno a una stella singola. Ci si aspettava dunque di trovare un risultato di questo tipo, solo che non erano quasi mai stati fatti tentativi sistematici in passato, dato che alcune survey escludevano le binarie e in altri casi veniva considerata una sola delle componenti”, afferma Alessandro Sozzetti dell’INAF di Torino e P.I. della proposta osservativa.

La scoperta è stata compiuta grazie ad un monitoraggio di velocità radiali effettuato in modo intensivo su XO-2S con HARPS-N al TNG, avviato oltre un anno fa. Quando gli studiosi hanno cominciato a sospettare la presenza di pianeti attorno alla stella, è partito anche un programma di osservazioni fotometriche di supporto a quelle spettroscopiche. I dati raccolti alla stazione osservativa “M. G. Fracastoro” di Serra la Nave dell’INAF di Catania e soprattutto all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta, centro di ricerca regionale associato all’INAF, hanno permesso di escludere che il segnale fosse imputabile a fenomeni dovuti alla stella. Ulteriori indicazioni in tal senso sono venute anche dall’analisi di dati del sistema XO-2 presi nel 2011 alla stazione osservativa di Asiago dell’INAF di Padova.

Gli studiosi sono così giunti alla conclusione che due pianeti orbitano attorno alla stella XO-2S. La compagna XO-2N, la stella più a nord della coppia, era già nota per il suo pianeta XO-2b (detto anche XO-2Nb), osservato transitare davanti alla stella ogni 2,5 giorni ed avente massa circa la metà di quella di Giove, ovvero di dimensioni confrontabili al gigante gassoso del nostro Sistema Solare. Abbiamo quindi due stelle “gemelle” legate fra loro che ospitano sistemi planetari ben diversi. XO-2N ha un pianeta vicino più piccolo di Giove, XO-2S due pianeti molto più lontani, di cui uno più grande di Giove.

Si tratta del primo caso in assoluto di detection da parte di HARPS-N, ossia i primi due pianeti scoperti con i dati raccolti dal cacciatore di pianeti montato al TNG e che misura le velocità radiali delle stelle, ossia la velocità della stella lungo la linea di osservazione. Dalle variazioni di questa velocità si può stabilire se vi sono uno o più pianeti in orbita attorno alla stella. In precedenza, tramite la misura di dimensioni e massa, HARPS-N aveva confermato pianeti candidati già scoperti col metodo dei transiti grazie al Telescopio Spaziale Kepler della NASA.

Non solo. “Ci sono anche indicazioni di un trend a lungo termine nelle velocità radiali” afferma Silvano Desidera. “Questo indica la presenza di un altro oggetto orbitante attorno a XO-2S, con un periodo orbitale molto più lungo dei 400 giorni in cui abbiamo osservato finora questa stella. Potrebbe trattarsi di un terzo pianeta con un periodo di vari anni oppure di una nana bruna o di una stella di piccola massa con periodo più lungo. Sarà necessario compiere altre osservazioni future per determinare la natura del nuovo oggetto”.

Il sistema XO-2 è il primo esponente scoperto di una nuova famiglia di sistemi esoplanetari, quello dei sistemi binari in cui pianeti orbitano attorno a entrambe le stelle. Il fatto che le due stelle siano estremamente simili e che nella loro fase di formazione ed evoluzione abbiano dato luogo a sistemi planetari molto diversi sarà oggetto di ulteriori studi nel prossimo futuro. È un esempio eclatante di quanto sia varia la casistica e di quanti dati ancora siano necessari per capire fino in fondo i complessi meccanismi di formazione ed evoluzione planetaria.

È anche una buona notizia per l’astronomia e in particolare per quella nostrana, perché tutte le tappe della ricerca che ha portato alla scoperta sono state effettuate da team italiani. Gli azzurri di calcio sono stati eliminati dalla Coppa del mondo, ma la ‘nazionale’ degli astronomi italiani si conferma tra le grandi nella ricerca di altri mondi.

http://www.lescienze.it/lanci/2014/07/0 ... 04-07-2014


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Grafico che illustra tutti gli esopianeti che abbiamo scoperto nella galassia, e dove si trovano nel cielo se volete cercarle con lo sguardo.


da facebooklink2universe


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Tre pianeti, orbitanti intorno a stelle simili al nostro Sole, sono stati accuratamente osservati dagli astronomi tramite lo Hubble Space Telescope alla ricerca di vapore acqueo nella loro atmosfera. Quello che hanno scoperto è che... questi pianeti sono praticamente aridi!

I tre, contrassegnati con le sigle HD 189733b, HD 209458b, e WASP-12b sono collocati ad una distanza dalla Terra compresa tra 60 e 900 anni luce, e sono stati monitorati nelle bande del vicino infrarosso. Sono stati scelti proprio questi elementi per via di alcuna caratteristiche specifiche che li accomunano: si tratta infatti di “Gioviani caldi”, ossia giganti gassosi che orbitano talmente vicini alle loro stelle da avere una temperatura superficiale che si aggira in un intervallo compreso tra i 1100 ed i 2500 K (la superficie del Sole, a paragone, ha una temperatura di 5700 K), e che permette quindi di avere la presenza di acqua allo stato gassoso; inoltre i loro rispettivi soli sono abbastanza brillanti per una radiazione nell'infrarosso sufficiente a costruire uno spettro, e le righe che contraddistinguono il vapor acqueo sono riconoscibili con la piccola percentuale di luce che filtra attraverso l'atmosfera dei pianeti.

La cosa curiosa è che risulta che questi pianeti abbiano soltanto un decimillesimo della quantità di acqua prevista dagli odierni modelli di formazione dei pianeti gassosi, che prevedono che la maggior parte di ossigeno gassoso presente all'inizio della condensazione dell'atmosfera di questo tipo di pianeti sia contenuto all'interno di molecole d'acqua. Evidentemente in questi tre casi diventa fondamentale l'azione di altre specie chimiche ancora da identificare.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati oggi, 24 luglio, su The Astrophysical Journal Letters.

Giulia Murtas

http://www.link2universe.net/2014-07-24 ... trasolari/


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Con un lavoro congiunto dei telescopi Kepler e Spitzer della NASA gli scienziati si sono cimentati in un'impresa non da poco: la misura precisa del raggio di un pianeta extrasolare. Il pianeta oggetto di questa ricerca, una super-terra di nome Kepler-93b e stazza pari a circa una volta e mezzo quella del nostro pianeta, ha una dimensione che mostra ora un'incertezza di appena 119 km da una parte e dall'altra del suo diametro.

Anche se 119 km possono sembrare un grosso errore, la misura è talmente precisa che, in proporzione, sarebbe come se riuscissimo, da Terra, a misurare l'altezza di una persona di due metri che si trova su Giove, con un errore di soli 1,9 cm!

Kepler-93b orbita intorno ad una stella collocata a circa 300 anni luce da noi, e la cui massa e raggio sono approssimativamente pari al 90% di massa e raggio del Sole. Con una distanza dal suo astro pari a solo 1/6 della distanza di Mercurio dal Sole la temperatura superficiale di questo mondo alieno è intorno ai 1000 K (760 °C). Troppo caldo, dunque, per la vita, nonostante dalle misurazioni della massa sembra che sia composto principalmente da ferro e rocce di varia composizione, simili a quelle terrestri.

Per poterlo misurare, questo pianeta è stato osservato da Kepler e Spitzer rispettivamente nelle bande del visibile e dell'infrarosso durante il transito davanti alla stella, mentre eclissava una piccola porzione dell'astro, e sono state monitorati da Spitzer sette di questi passaggi, tra il 2010 ed il 2011. In aiuto delle telecamere di Spitzer è venuto alnche il sistema di puntamento del telescopio, che ha permesso di individuare il punto preciso in cui la luce colpisce la camera ad infrarossi pixel per pixel.

http://www.link2universe.net/2014-07-24 ... do-alieno/


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Kepler scopre un esopianeta nella costellazione del Cigno che ha dimensioni simili a Nettuno e vapore acqueo nell'atmosfera:

http://www.tomshw.it/cont/news/vita-oltre-la-terra-kepler-fa-un-altra-scoperta-importante/59379/1.html



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

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Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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Spazio, NASA: di nuovo attivo il cacciatore di pianeti Kepler
venerdì 19 dicembre 2014, 15:52 di F.F.


KepleroDi nuovo attivo il cacciatore di pianeti della Nasa, il satellite Kepler, e scopre un pianeta poco piu’ grande della Terra ma probabilmente troppo caldo per ospitare forme di vita simili a quelle terrestri. Del diametro 2,5 volte quello della Terra, il pianeta si chiama HIP 116454b, e si trova a 180 anni luce da noi nella costellazione dei Pesci. La sua orbita e’ molto veloce, dura solo nove giorni, e la sua stella e’ piu’ piccola e piu’ calda del Sole. In via di pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal, la scoperta inaugura la ‘nuova vita’ di Kepler siglata K2 che estende gli obiettivi della missione alla ricerca di pianeti simili alla Terra in grado di ospitare la vita alle stelle vicine e all’osservazione di ammassi stellari, galassie e supernove. Inoltre, sottolinea Paul Hertz, direttore della divisione astrofisica della Nasa, Kepler selezionera’ i pianeti da studiare poi con il telescopio spaziale James Webb, che sara’ il successore di Hubble, per analizzare le loro atmosfere e cercare per le firme della vita. Kepler cerca i pianeti con la tecnica dei transiti: quando il pianeta passa davanti al disco della sua stella c’e’ un calo di luce nella luminosita’ dell’astro, indizio che un pianeta ha occultato una porzione di stella. Per osservare queste oscillazioni nella luce delle stelle c’e’ bisogno di precisione assoluta nelle misure sulla luminosita’, garantite dalla stabilita’ del sistema di puntamento. Per ottenere questo e’ cruciale mantenere stabile l’assetto del telescopio spaziale con strumenti chiamati ruote di reazione. La scorsa estate si era rotta una delle quattro ruote di reazione di Kepler mettendo fuori uso il telescopio spaziale. Ma ora i ricercatori della Nasa hanno usato una nuova strategia per mantenere stabile il puntamento: la pressione della luce del Sole e’ usata come forza, insieme alle altre tre ruote di reazione, per mantenere stabile la posizione del telescopio.

http://www.meteoweb.eu/2014/12/spazio-n ... er/365113/


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MessaggioInviato: 20/12/2014, 13:20 
Premettiamo che l'idea di usare la spinta del vento solare per tenere stabile il satellite dopo la rottura di una (io sapevo due) ruote di reazioni è a dir poco MERAVIGLIOSA. Sono dei geni. Detto questo, ora inizierà a scoprire pianeti un po' in giro e non tutto solo vicino alla costellazione della Lyra, il problema è che avrà meno tempo per osservare i transiti lunghi visto che è costretto a ruotare su se stesso.


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MessaggioInviato: 22/12/2014, 19:22 
Cita:
DarthEnoch ha scritto:

Premettiamo che l'idea di usare la spinta del vento solare per tenere stabile il satellite dopo la rottura di una (io sapevo due) ruote di reazioni è a dir poco MERAVIGLIOSA. Sono dei geni. Detto questo, ora inizierà a scoprire pianeti un po' in giro e non tutto solo vicino alla costellazione della Lyra, il problema è che avrà meno tempo per osservare i transiti lunghi visto che è costretto a ruotare su se stesso.


in effetti pure io avevo letto che erano 2 le "ruote" rotte,cmq e' gia' un'ottima cosa che almeno parzialmente sia stato riattivato [;)]


Ultima modifica di ubatuba il 22/12/2014, 19:22, modificato 1 volta in totale.

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