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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 26/05/2015, 11:31 
Atlanticus81 ha scritto:
Chissà se altrove un "Kepler" alieno ha identificato la nostra Terra come "esopianeta"

[^]


..se la loro civilta'sara' oltrela ns,consceranno la tipologia terrestre alla perfezione.................. [;)]


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 30/05/2015, 13:56 
Un gruppo di astronomi del Harvard–Smithsonian Center for Astrophysics (CfA),Dave Latham, David Kipping, Matthew Payne, David Sliski, Lars Buchhave, Gilbert Esquerdo, Michel Calkins e Perry Berlind, ha scoperto due nuovi pianeti extrasolari giganti intorno a una stella evoluta, Kepler 432, che ha massa pari a 1,35 masse solari e una età di 3,5 miliardi di anni.

http://aliveuniverseimages.com/flash-ne ... xtrasolari


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 04/06/2015, 11:33 
Immagine

Immagine di HD 115600 che mostra il disco luminoso di detriti osservato appena oltre una distanza come quella di Plutone dalla stella. Destra: Un modello del disco di detriti di HD 115600 sulla stessa scala. Credit: T. Currie

Un team di astronomi internazionale, inclusi ricercatori dall’University of Cambridge, hanno identificato un giovane sistema planetario che potrebbe aiutarci a migliorare la nostra comprensione su come il sistema solare si sia formato e sviluppato nell’arco di miliardi di anni.

Utilizzando il Gemini Planet Imager (GPI) e il telescopio Gemini South in Cile, i ricercatori hanno identificato un anello luminoso a forma di disco intorno ad una stella appena più massiva del sole, localizzata a 360 anni luce di distanza nella costellazione del Centauro. Il disco è localizzato tra circa 37 e 55 Unità Astronmiche (3.4 – 5.1 miliardi di chilometri) dalla sua stella madre, il che è pari a circa la distanza tra il sistema solare e la cintura di Kuiper dal Sole. La luminosità del disco, che è causata dalla luce stellare che viene riflessa dallo stesso, è anche consistente con una vasta gamma di composizione di polveri che includono i silicati e il ghiaccio presenti nella cintura di Kuiper.

La cintura di Kuiper si trova appena oltre Nettuno, e contiene migliaia di piccoli corpuscoli ghiacciati residui della formazione del sistema solare da oltre 4 miliardi di anni fa. Questi oggetti hanno dimensioni variabili da quelle di granelli di polvere, fino a oggetti delle dimensioni di una luna, come Plutone, che in passato era classificato come pianeta, ma è adesso considerato un pianeta nano.

La stella osservata in questo nuovo studio è un membro di una associazione OB di stelle massive di 10-20 milioni di anni, nota come associazione OB Scorpione-Centauro, una regione simile a quella in cui il sole si è formato. Il disco non è perfettamente centrato sulla stella, il che è una forte indicazione del fatto che è stato probabilmente scolpito da uno o più pianeti non osservati. Utilizzando modelli che mostrano come i pianeti possano modellare un disco di detriti, il team ha trovato che le versioni più “eccentriche” di pianeti giganti nel sistema solare più esterno potrebbero spiegare le proprietà osservate dell’anello.

“E’ quasi come guardare al sistema solare esterno quando era bambino,” ha detto l’investigatore principale Thayne Currie, un astornomo al Subaru Observatory nelle Hawaii.

L’attuale teoria sulla formazione del sistema solare sostiene che esso si sia originato all’interno di una nube molecolare gigante di idrogeno, nella quale addensamenti di materia si sono costituiti. Uno di questi addensamenti, ruotando e collassando per effetto della sua stessa gravità, ha formato un disco in rotazione appiattito, noto come nebulosa solare. Il Sole si è formato al centro di questo disco caldo e denso, mentre i pianeti sono cresciuti per accrescimento in regioni esterne più fredde. Si ritiene che la cintura di Kuiper sia costituita dai residui di questo processo di formazione, quindi c’è la possibilità che una volta che il nuovo sistema si formi, esso possa sembrare incredibilmente visino al nostro sistema solare.

“Per essere in grado di fotografare direttamente gli ambienti in cui i pianeti nascono intorno ad altre stelle a distanze orbitali confrontabili con quelle del nostro sistema solare è un grande passo in avanti,” ha detto Nikku Madhusudhan del Cambridge’s Institute of Astronomy, uno dei co-autori dell’articolo. “La nostra scoperta di una gemella cintura di Kuiper in vicinanza ci fornisce evidenza diretta che gli ambienti di nascita di un sistema planetario potrebbero non essere così poco comuni.”

Questa è la prima scoperta con il nuovo strumento Gemini. “In appena una delle nostre numerevoli esposizioni da 50 secondi abbiamo potuto vedere che gli strumenti precedenti hanno fallito osservando anche per più di 50 minuti,” ha detto Currie.

La stella, denominata HD 115600, è stato il primo oggetto osservato dal gruppo di ricerca. “Nel corso dei prossimi anni, sono ottimista che GPI ci rivelerà molti più dischi di detriti e giovani pianeti. Chissà quali strani nuovi mondi troveremo,” ha aggiunto Currie.

L’articolo originale è reperibile QUI.

http://www.astronomia.com/2015/05/28/la ... trasolare/

evidente come le somiglianze nel universo cosmico sono maggiori di quello che si supponeva................ [;)] .


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 04/06/2015, 22:49 
Astronomia: le sorprese di una nana rossa e del suo pianeta

http://www.meteoweb.eu/2015/06/astronom ... ta/453915/


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 05/06/2015, 13:44 
Copio qui il testo del suddetto articolo in caso di futuri problemi col sito:

Crediti: Marco Galliani – Media INAF

Lei è una stella nana rossa, nota per la sua intensa attività, lui un pianeta della classe della superterre, scoperto nel 2009. Insieme formano una coppia assai peculiare, denominata GJ1214 e GJ1214b, che è stata studiata in dettaglio da Valerio Nascimbeni, dell’INAF e dell’Università di Padova, insieme al suo team, in gran parte composto di colleghi italiani e dell’INAF, sfruttando le osservazioni del Large Binocular Telescope. Permettendo così di osservare l’occultazione da parte del pianeta di una macchia stellare sulla nana rossa e misurare per la prima volta in modo diretto la sua temperatura. Queste misure – spiega Marco Galliani su Media INAF – abbinate anche alle accurate curve di luce registrate durante due transiti del pianeta davanti alla stella madre e registrate contemporaneamente in due differenti lunghezze d’onda dalle due Large Binocular Camera di LBT, hanno permesso di determinare con grande accuratezza il raggio del pianeta, pari a 2,7 volte quello della Terra. Le misure del raggio che hanno restituito valori identici dai dati di entrambe le camere LBC hanno permesso inoltre di dedurre che il pianeta è avvolto da nubi.

Oltre a caratterizzare il pianeta, l’indagine ha anche permesso di rivelare alcune peculiarità della sua stella madre, una nana rossa piuttosto piccola (con un raggio pari a un quinto di quello del Sole e una massa di un sesto), fredda (appena 3000 kelvin in superficie, contro i circa 6000 della nostra stella) e vicina a noi, a solo 42 anni luce, in direzione della costellazione dell’Ofiuco. GJ1214 è una stella notoriamente attiva: presenta infatti estese regioni di macchie stellari e brillamenti. Caratteristiche osservate anche su molte altre nane rosse, che purtroppo interferiscono con le nostre capacità di studiare i pianeti che vi orbitano attorno. Un problema non trascurabile, poiché gli astronomi ritengono questa classe di astri tra le più promettenti per caratterizzare pianeti abitabili, sfruttando la tecnologia esistente o in via di sviluppo nei prossimi anni. «Sappiamo che l’attività delle nane rosse è diversa da quella delle stelle di tipo solare, e i campi magnetici che ne sono responsabili hanno un’origine ancora non del tutto chiarita» aggiunge Nascimbeni. «Il nostro lavoro con LBT è stato in questo senso molto importante, perché ci ha permesso di individuare chiaramente l’occultamento di una macchia stellare da parte del profilo del pianeta e poi, con ulteriori indagini ricavare con certezza, per la prima volta, il periodo di rotazione della stella ospite pari a 80 giorni. Grazie poi alle osservazioni uniche che può condurre LBT, sfruttando contemporaneamente le due camere LBC “Rossa” e “Blu” che osservano in due intervalli di lunghezze d’onda differenti, siamo riusciti a identificare la “firma” della macchia stellare e ricavare per la prima volta in modo diretto la temperatura della macchia attorno ad una nana rossa, il che permetterà di calibrare i modelli che descrivono l’evoluzione dei campi magnetici in questo tipo di oggetti».L’interesse per studiare il sistema di GJ1214 nasce dal fatto che il suo pianeta è solo sei volte e mezzo più massiccio del nostro. Non conosciamo molto delle proprietà di questa classe di corpi celesti poiché, nel nostro Sistema solare, non ne esistono di analoghi. Nella comunità scientifica si dibatte sulla loro natura, se cioè siano simili a dei “Nettuni” in miniatura, composti soprattutto di ghiaccio e rocce, o se abbiano atmosfere estese di idrogeno ed elio come le possiedono i giganti gassosi. «Fino ad oggi, gli astronomi erano profondamente incerti su quali fossero le proprietà di questo pianeta» dice Nascimbeni. «Alcuni ritenevano che la sua atmosfera fosse composta da molecole di acqua o metano, altri che a mascherarla ci fosse, al di sopra, uno spesso strato di nuvole. E proprio questo secondo scenario lo abbiamo confermato analizzando le osservazioni di due transiti realizzate da LBT nel 2012».

Allo studio sul sistema di GJ1214, accettato per la pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics nell’articolo “Large Binocular Telescope view of the atmosphere of GJ1214b”, oltre Valerio Nascimbeni hanno partecipato i ricercatori INAF Gaetano Scandariato, Isabella Pagano, Sergio Messina e Giuseppe Leto (INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania), Gianpaolo Piotto (INAF-Osservatorio Astronomico di Padova e Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova), Giuseppina Micela (INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo), Susanna Bisogni (INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri), Roberto Speziali (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), insieme a Matthias Mallonn e Klaus G. Strassmeier del Leibniz-Institut for Astrophysics di Potsdam, in Germania.



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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 14/06/2015, 12:26 
Non galleggeranno come palloncini e non provocheranno l'"effetto paperino" ma i nettuniani caldi con un atmosfera all'elio potrebbero essere una nuova classe esotica di pianeti extrasolari nella nostra galassia. Lo suggeriscono i dati del telescopio spaziale Spitzer della NASA.

http://aliveuniverseimages.com/flash-ne ... xtrasolari


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 16/07/2015, 23:37 
rediti: ESO/M. Kornmesser

Un'equipe internazionale guidata da astronomi brasiliani ha identificato un pianeta simile a Giove, in orbita a una distanza simile a quella di Giove intorno a una stella simile al Sole, HIP 11915, grazie telescopio da 3,6 metri dell'ESO.

Secondo le teorie attuali, la formazione di pianeti di massa paragonabile a quella di Giove svolge un ruolo fondamentale nel plasmare l'architettura dei sistemi planetari. L'esistenza stessa di un pianeta di massa gioviana in un'orbita gioviana intorno a una stella simile al Sole apre le porte alla possibilità che il sistema planetario che circonda questa stella possa essere un analogo del Sistema Solare, con pianeti rocciosi in orbite più interne.

Ecco il comunicato ESO.

Finora la ricerca di esopianeti è stata più sensibile ai sistemi planetari popolati, nelle zone interne, da pianeti massicci, fino a qualche volta la massa della Terra. Le tecniche di rilevazione attuali, infatti, sono più sensibili ai pianeti grandi o massicci vicini alla loro stella madre. Pianeti piccoli e di piccola massa sono per la maggior parte al di là delle nostre capacità di detezione attuali. Anche i pianeti giganti in orbita lontani dalla stella madre sono più difficili da identificare. Di conseguenza, molti degli esopianeti noti attualmente sono grandi e/o massicci, e vicini alla loro stella. Questo contrasta con il Sistema Solare, in cui i pianeti rocciosi abitano le regioni interne mentre i giganti gassosi come Giove si trovano più lontani.

Secondo le teorie più recenti, la struttura del Sistema Solare, che ha portato al nascrere della vita, è stata possibile grazie alla presenza di Giove e all'influenza gravitazionale che questo gigante gasssoso ha esercitato sul Sistema Solare durante l'epoca della formazione. Sembrerebbe perciò che trovare un gemello di Giove sia una tappa fondamentale sulla via per trovare un sistema planetario simile al nostro.

Un'equipe guidata da astronomi brasiliani ha scelto di osservare stelle simili al Sole alla ricerca di sistemi planetari simili al nostro Sistema Solare. Misurando il leggero spostamento che esso induce nella stella durante l'orbita, il team ha scoperto ora un pianeta di massa molto simile a Giove , in orbita intorno a una stella simile al Sole, HIP 11915, a una distanza molto simile a quella di Giove. La nuova scoperta è stata realizzata per mezzo di HARPS, uno dei più precisi cercatori di pianeti al mondo, montato sul telescopio da 3,6 metri dell'ESO all'Osservatorio di La Silla in Chile.

Anche se sono stati trovati molti pianeti simili a Giove a diverse distanze da stelle simili al Sole, questo pianeta appena scoperto è il più accurato analogo mai trovato finora di Giove e del Sole, sia in termini di massa e distanza dalla stella, che in termini di somiglianza tra la stella madre e il nostro Sole.

La stella madre, il gemello solare HIP 11915, non solo ha una massa simile a quella del Sole, ma anche più o meno la stessa età. Per rafforzare la somiglianza, la composizione delle due stelle è analoga. L'impronta chimica del Sole potrebbe essere influenzata dalla presenza di pianeti rocciosi nel Sistema Solare, e ciò suggerisce la possibilità di trovare pianeti rocciosi anche intorno a HIP 11915.

Secondo Jorge Melendez, dell'Universidade de São Paulo, Brasile, a capo dell'equipe e coautore dell'articolo, "la ricerca di una Terra 2.0 e di un Sistema Solare 2.0 completo sono una delle imprese più emozionati in astronomia. Siamo entusiasti di far parte di questa ricerca all'avanguardia, resa possibile dalle strutture osservative fornite dall'ESO."

Megan Bedell, dell'Università di Chicago e prima autrice dell'articolo, conclude: "Dopo due decenni di caccia agli esopianeti stiamo finalmente iniziando a trovare pianeti giganti gassosi di lungo periodo simili a quelli del Sistema Solare, grazie alla stabilità a lungo termine di strumenti di ricerca come HARPS. La scoperta è, a tutti gli effetti, un'indicazione emozionante che ci siano altri sistemi planetari come il nostro in attesa di essere scoperti."

Sono necessarie ulteriori indagini approfondite per confermare e vincolare la scoperta ma HIP 19115 rimane uno dei candidati più promettenti finora come ospite di un sistema planetario simile al nostro.

http://aliveuniverseimages.com/flash-ne ... altro-sole


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 22/09/2015, 09:46 
Scoperte ‘culle’ di pianeti in formazione attorno alle stelle piu’ piccole e comuni nell’universo, le nane rosse. Sono grandi dischi di polvere, probabilmente molto simili a quelli da cui potrebbe essere nata la Terra. La scoperta potrebbe rivoluzionare l’attuale teoria della formazione dei pianeti e mostrare che questo processo potrebbe essere molto piu’ lungo e lento del previsto. Descritte sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Journal, le culle di pianeti sono state scoperte dal gruppo di ricerca coordinato da Simon Murphy, dell’Universita’ Nazionale Australiana. ”Pensiamo che la Terra e tutti gli altri pianeti si formino in dischi di polveri questo tipo, quindi e’ affascinante vedere un potenziale nuovo sistema solare in evoluzione”, ha osservato Murphy. ”Tuttavia – ha aggiunto - le altre stelle di questa eta’ di solito non hanno piu’ dischi di polveri. I dischi delle nane rosse sembrano vivere piu’ a lungo rispetto a quelli di stelle piu’ calde, come il Sole, ma non riusciamo a capire perche’”. Secondo uno degli autori, Warrick Lawson dell’universita’ del Nuovo Galles del Sud, la scoperta sfida le attuali teorie sulla formazione dei pianeti. ”Ci suggerisce – ha detto – che il processo di formazione dei pianeti possa durare molto piu’ a lungo di quanto si immagini”. Murphy non esclude che i dischi polverosi possano ospitare anche giovani pianeti gia’ formati ed e’ convinto che ”molti telescopi si volteranno verso queste stelle nei prossimi anni per cercare di osservarli”. Alcune di queste stelle si trovano vicino alla costellazione Croce del Sud, visibile dall’emisfero australe e i loro dischi di polveri sono stati osservati dal bagliore che emettono agli infrarossi. Il prossimo passo sara’ cercare di osservare nei dettagli cosa nascondono questi dischi: se embrioni di pianeti, asteroidi e comete o anche pianeti gia’ nati.

http://www.meteoweb.eu/2015/09/astronom ... so/506336/


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 22/09/2015, 20:14 
Un gruppo di astronomi ha realizzato uno dei migliori filmati che documenta il transito di un pianeta extrasolare in orbita attorno alla propria stella madre.

Il video, composto con le immagini catturate da novembre 2013 ad aprile 2015, mostra il movimento di Beta Pictoris b nell'arco di 1,5 anni del suo periodo orbitale di 22 anni.

Scoperto nel 2008, Beta Pictoris b (β Pic b) è un gigante gassoso dalle 10 alle 12 volte più massiccio di Giove. Orbita a circa 9 Unità Astronomiche (UA) dalla stella Beta Pictoris, in un sistema complesso caratterizzato da un'enorme disco di gas e detriti che, paragonato al nostro Sistema Solare, si estenderebbe dall'orbita di Nettuno a quasi duemila volte la distanza Terra - Sole. Si trova a circa 63 anni luce di distanza nella costellazione del Pittore.

Per gli astronomi il sistema Beta Pictoris è un vero laboratorio scientifico sul campo: il pianeta è molto studiato perché interagisce gravitazionalmente con la cintura asteroidale, ideale per testare le teorie sulla formazione dei sistemi planetari.

Maxwell Millar-Blanchaer, del Dipartimento di Astronomia e Astrofisica dell'Università di Toronto, ha osservato β Pic b con lo strumento Gemini Planet Imager (GPI) del telescopio Gemini Sud in Cile, grazie al quale ha potuto studiare simultaneamente sia il pianeta che il disco di detriti.
La sua ricerca è stata pubblicata ieri sulla rivista Astrophysical Journal.

Nelle immagini la stella è al centro del bordo sinistro del riquadro, nascosta dal coronografo.

Beta Pictoris b

Credit: M. Millar-Blanchaer, University of Toronto; R. Marchis (SETI Institute)

Negli ultimi due decenni, gli astronomi hanno scoperto circa duemila esopianeti, la maggior parte rilevati dai telescopi spaziali come Kepler, con il metodo del transito. Per questo, l'impresa del GPI è davvero notevole: basta considerare che il pianeta appare un milione di volte più debole della sua stella.

x vedere il breve filmato
http://aliveuniverse.today/flash-news/s ... pictoris-b


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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 22/09/2015, 20:55 
”Tuttavia – ha aggiunto - le altre stelle di questa eta’ di solito non hanno piu’ dischi di polveri. I dischi delle nane rosse sembrano vivere piu’ a lungo rispetto a quelli di stelle piu’ calde, come il Sole, ma non riusciamo a capire perche’”.


Non è che giochi un ruolo anche l' energia fornita della stella? Spiegherebbe il rapporto tra durata dei dischi e temperatura stellare...



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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 26/09/2015, 17:21 
L'ossigeno, ritenuto uno dei biomarcatori fondamentali per la ricerca della vita sui pianeti extrasolari, potrebbe avere un'origine non biologica. Elemento fondamentale per la vita sulla Terra, viene prodotto da organismi fotosintetici, le piante, che continuamente riforniscono la nostra atmosfera e trasformano l'aria che respiriamo.

Il nuovo studio, guidato dal professor Norio Narita e da Shigeyuki Masaoka del Centro di Astrobiologia del National Institutes of Natural Sciences (NINS), è stato presentato sulla rivista Scientific Reports.

Titania may produce abiotic oxygen atmospheres on habitable exoplanets [abstract]

The search for habitable exoplanets in the Universe is actively ongoing in the field of astronomy. The biggest future milestone is to determine whether life exists on such habitable exoplanets. In that context, oxygen in the atmosphere has been considered strong evidence for the presence of photosynthetic organisms. In this paper, we show that a previously unconsidered photochemical mechanism by titanium (IV) oxide (titania) can produce abiotic oxygen from liquid water under near ultraviolet (NUV) lights on the surface of exoplanets. Titania works as a photocatalyst to dissociate liquid water in this process. This mechanism offers a different source of a possibility of abiotic oxygen in atmospheres of exoplanets from previously considered photodissociation of water vapor in upper atmospheres by extreme ultraviolet (XUV) light. Our order-of-magnitude estimation shows that possible amounts of oxygen produced by this abiotic mechanism can be comparable with or even more than that in the atmosphere of the current Earth, depending on the amount of active surface area for this mechanism. We conclude that titania may act as a potential source of false signs of life on habitable exoplanets.

Fino ad ora si pensava che individuare ossigeno nell'atmosfera di un esopianeta implicasse la presenza di piante e di un processo di fotosintesi in corso. Automaticamente il gas era considerato un biomarcatore definitivo nella ricerca della vita extraterrestre. Tuttavia, l'atmosfera dei pianeti extrasolari potrebbe essere influenzata da una grande varietà di reazioni chimiche, tanto che l'ossigeno potrebbe essere abiotico, prodotto dalla reazione fotocatalitica di ossido di titanio. Questa forma del gas è già nota per essere presente sulla superficie dei pianeti rocciosi, dei meteoriti e della Luna e non può, pertanto, essere trascurata.

La produzione dell'ossigeno abiotico, tra l'altro, sembra essere piuttosto efficiente.
Per un pianeta in un sistema Terra - Sole simile al nostro, la continua reazione fotocatalitica dell'ossido di titanio su circa lo 0,05 per cento della sua superficie, potrebbe produrre una quantità di ossigeno pari a quella presente ora nell'intera atmosfera terrestre. Il team ha scoperto che il processo dipende dalla tipologia della stella ospite, dalla sua massa e temperatura ma anche nel caso di stelle più fredde e produzioni meno proficue, la stessa quantità verrebbe prodotta da circa il 3 per cento della superficie planetaria.

In definitiva, un mondo abitabile potrebbe mostrare un'atmosfera contenente ossigeno come la Terra ma questo non significherebbe necessariamente aver scoperto la vita. Però mi chiedo: intendendo la vita come la conosciamo, anche se non venisse prodotto dalle piante, potrebbe essere sfruttato da altre specie su quello stesso pianeta?

Il Dr. Narita ha detto: "Per cercare la vita su pianeti extrasolari attraverso l'osservazione astronomica, abbiamo bisogno di unire le conoscenze provenienti da diversi settori scientifici e di promuovere l'astrobiologia per stabilire i segni decisivi. Anche se l'ossigeno rimane un possibile biomarcatore, occorre cercarne di nuovi".

http://aliveuniverse.today/flash-news/s ... e-abiotico


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Immagine

Venti anni fa, in questo giorno, si scopriva il primo esopianeta orbitante attorno a una stella. Fino a quel momento se ne conoscevano solamente di vicini alle pulsar, ma si ritengono formati dopo l'esplosione della supernova e comunque in condizioni estreme.
51 Peg b ha le dimensioni di Giove e ha un periodo di rivoluzione di soli quattro giorni, trovandosi vicinissimo alla sua stella.
Da quel giorno si scoprì che i pianeti non sono poi così rari, ma anzi, sono ovunque!
Comunque, la costellazione Pegaso è visibile nei nostri cieli in questa stagione. Potete provare a vedere coi vostri occhi, non vedrete il pianeta, ovviamente, ma saprete che è lì, davanti a voi. Io lo farò
(Immagine da AstroPerinaldo)

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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 07/10/2015, 18:39 
Immagine

Venti anni fa, in questo giorno, si scopriva il primo esopianeta orbitante attorno a una stella. Fino a quel momento se ne conoscevano solamente di vicini alle pulsar, ma si ritengono formati dopo l'esplosione della supernova e comunque in condizioni estreme.
51 Peg b ha le dimensioni di Giove e ha un periodo di rivoluzione di soli quattro giorni, trovandosi vicinissimo alla sua stella.
Da quel giorno si scoprì che i pianeti non sono poi così rari, ma anzi, sono ovunque!
Comunque, la costellazione Pegaso è visibile nei nostri cieli in questa stagione. Potete provare a vedere coi vostri occhi, non vedrete il pianeta, ovviamente, ma saprete che è lì, davanti a voi. Io lo farò
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 Oggetto del messaggio: Re: Ricerca esopianeti
MessaggioInviato: 11/10/2015, 09:21 
Un gruppo di astronomi del Laboratorio di Planetologia Virtuale all’Università di Washington a Seattle, negli USA, ha elaborato un metodo per comparare e classificare i pianeti extrasolari, in modo da aiutare la scelta su quali meritino di essere esplorati per primi dai nuovi potenti telescopi, come ilJames Webb Space Telescope, il cui lancio è previsto per il 2018. La nuova metrica, denominata indice di abitabilità per pianeti transitanti, è presentata in un articolo in via di pubblicazione su Astrophysical Journal. Secondo gli autori, tale indice dovrebbe aiutare i loro colleghi a stabilire degli ordini di priorità nella lista dei numerosi esopianeti conosciuti. Una lista che, come dicevamo in un recente articolo, è destinata ad allungarsi rapidamente nei prossimi anni.

«Fondamentalmente, abbiamo ideato un modo per prendere tutti i dati osservativi che sono disponibili e sviluppato un sistema di priorità», ha spiegato Rory Barnes, professore di astronomia all’Università di Washington. «Siccome stiamo andando verso un periodo in cui avremo a disposizione centinaia di target disponibili, dovremo essere in grado di decidere da quale vogliamo iniziare».

La maggior parte degli esopianeti sono stati individuati – in particolare dal telescopio spaziale Kepler – grazie al “transito”, ovvero al fatto che passano davanti alla loro stella ospite rispetto al nostro punto di vista, mascherando così una parte della luce. La NASA prevede di lanciare nel 2017 la missioneTESS, Transiting Exoplanet Survey Satellite, che certamente individuerà molti altri mondi con questo metodo. Ma sarà solamente con telescopi come il James Webb Space Telescope che si potranno fare accurate analisi spettroscopiche sulla composizione delle atmosfere di quei pianeti, alla ricerca di indizi sull’esistenza di forme di vita.

Il James Webb Space Telescope, un grande telescopio spaziale infrarosso con uno specchio primario da 6 metri e mezzo, sarà lanciato nell’ottobre 2018 e diventerà il principale osservatorio della NASA per la decade a seguire. Potrà detrminare la composizione delle atmosfere di lontani esopianeti. Crediti: NASA

Siccome il tempo del telescopio è prezioso, bisogna subito impiegarlo verso i canditati più promettenti. L’indice di abitabilità sviluppato dal Laboratorio di Planetologia Virtuale serve proprio a questo: aiutare gli astronomi a decidere quali esopianeti abbiano la maggiore probabilità di ospitare la vita, andando oltre il semplice concetto del risiedere o meno nella cosiddettazona abitabile della loro stella, ovvero alla giusta distanza perché il calore ricevuto della stella permetta l’esistenza di acqua liquida in superficie.

Per calcolare l’indice d’abitabilità, i ricercatori prendono in considerazione le stime di rocciositàdi un pianeta, essendo i pianeti rocciosi come la Terra i più interessanti da questo punto di vista. Poi danno conto di due effetti che influiscono in maniera opposta sulla temperatura del pianeta: l’albedo e l’eccentricità dell’orbita. Sono due parametri che stabiliscono un delicato equilibrio energetico. Più alto risulta l’albedo di un pianeta, più luce ed energia vengono riflessi nello spazio e minore è il riscaldamento della superficie. Più l’orbita di un pianeta è eccentrica, tanto più intensa sarà l’energia ottenuta dalla stella quando il pianeta le passa a distanza più ravvicinata.

Tenendo conto di questi fattori, pianeti considerati troppo caldi per ospitare vita potrebbero invece subire l’effetto mitigante di un alto albedo; al contrario, un pianeta al freddo confine esterno della zona abitabile potrebbe scaldarsi un po’ al fuoco della sua orbita eccentrica.

Classificando secondo questi criteri i pianeti finora accertati dal telescopio spaziale Kepler, i tre autori dello studio hanno scoperto che i migliori candidati in quanto ad abitabilità sono quei pianeti che ricevono approssimativamente tra il 60 e il 90 per cento della radiazione solare che la Terra riceve dal Sole. Una percentuale assolutamente in linea con le attuali teorie sulla zona abitabile di una stella.

«Questo passo innovativo ci permette di andare oltre il concetto di zona abitabile “a due dimensioni”, verso un sistema d’indicizzazione flessibile, che possa includere molteplici caratteristiche osservabili assieme ai fattori che influenzano l’abitabilità planetaria», ha commentato Victoria Meadowsdell’Università di Washington, tra gli autori della ricerca.

http://www.coelum.com/news/e-il-pianeta ... e%E2%80%A6


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MessaggioInviato: 22/10/2015, 16:51 
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Modello di una curva di luce: in rosso la forma simmetrica di un ipotetico pianeta terrestre in transito; in blu, la forma asimmetrica del piccolo oggetto in transito e della sua coda. Credits: CfA/A. Vanderburg

Recenti osservazioni del telescopio della NASA Kepler, hanno confermato la potenza distruttrice delle nane bianche, stelle di piccole dimensioni con una grande massa. A farne le spese, un piccolo oggetto roccioso letteralmente cannibalizzato.

Quando le stelle come il nostro Sole arrivano alla fine della propria sequenza principale, ovvero del loro ciclo stabile, si trasformano in giganti rosse espandendosi e distruggendo gran parte del sistema in cui si trovano (stessa sorte che toccherà al nostro mondo anche se la vita cesserà di esistere molto prima). Esaurito ogni processo termonucleare, queste stella perdono gradualmente massa riducendosi ad un centesimo delle dimensioni originali, diventando più o meno grandi come la Terra. Il residuo denso che ne rimane si chiama nana bianca, un oggetto molto compatto con un'elevatissima densità e gravità superficiale.

Durante la prima campagna di osservazione della missione K2, dal 30 maggio 2014 al 21 agosto 2014, Kepler ha guardato in direzione della costellazione della Vergine, trovando i resti di un planetesimo devastato, stimato grande come un asteroide di considerevoli dimensioni. Probabilmente era formato da polvere, roccia ed altri materiali, ed orbitava ogni 4,5 ore, a circa 840.000 chilometri di distanza dalla nana bianca WD 1145+017, una stella a 570 anni luce dalla Terra.

Nella sua missione primaria, il telescopio della NASA Kepler osservava sempre la stessa zona di cielo, tra la costellazione del Cigno e della Lira..............................continua nel link sotto

http://aliveuniverse.today/flash-news/s ... ana-bianca


...e' presupponibile che presto verra' pure individuato senza ombre di dubbio il pianeta extra gemello della terra,stante il continuo miglioramento della tecnologia............. [:305] [:305]


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