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re:riciclaggio galattico http://www.ufoforum.it/viewtopic.php?f=54&t=12549 |
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Autore: | ubatuba [ 31/03/2012, 15:06 ] |
Oggetto del messaggio: | re:riciclaggio galattico |
Per la prima volta trovate le prove di un possibile reintegro dei flusso di gas fuoriscito da galassie distanti per il riutilizzo nella formazione stellare Immagine: ![]() 69,21 KB http://www.skylive.it/NotiziaAstronomic ... attico.txt |
Autore: | ubatuba [ 13/04/2012, 11:48 ] |
Oggetto del messaggio: | |
Se pensate che le più violente tempeste di polvere siano quelle che spazzano i deserti sulla Terra o le desolate lande Marziane, forse non conoscete i potentissimi venti che vengono emessi dalle stelle giganti rosse, astri simili al nostro sole che però si trovano alla fine del loro ciclo evolutivo. Questi fenomenali flussi di gas e grani di polveri sono ben 100 milioni di volte più intensi del vento solare e nell'arco di 10.000 anni sono in grado di strappare via dalla stella fino a metà della sua massa. Anche se ormai conosciamo piuttosto bene le caratteristiche di questi super venti stellari, i processi che spingono queste enormi masse di materia lontano dalla stella sono stati oggetto di acceso dibattito tra gli astrofisici di tutto il mondo. Finora lo scenario più plausibile era quello in cui a sostenere i super venti stellari fossero i grani di polveri – principalmente silicati – formatisi nelle atmosfere delle stelle e accelerati dalla intensa radiazione luminosa emessa dalle stesse stelle. Queste ipotesi, pur ragionevoli, sono state però messe seriamente in discussione dai modelli teorici elaborati al calcolatore. Le simulazioni dell'evoluzione delle stelle giganti rosse indicano infatti che le temperature raggiunte dalle particelle di polveri sono talmente alte da vaporizzarle ancor prima di essere spinte verso lo spazio. Dunque il meccanismo di accelerazione dei venti stellari tramite particelle di polveri va definitivamente abbandonato? No, anzi può funzionare benissimo secondo Barnaby Norris, ricercatore dell'Università di Sydney in Australia. Norris, insieme a un gruppo di colleghi, ha infatti condotto uno studio sugli inviluppi esterni di alcune stelle giganti rosse sfruttando il Very Large Telescope dell'ESO. Grazie a misure di polarizzazione della luce gli scienziati sono riusciti a identificare i fotoni deviati dalle particelle di polveri attorno alle stelle e ricavarne le loro dimensioni, mentre con la tecnica interferometrica sono riusciti a ottenere immagini ad alta risoluzione che sono state in grado di mappare la distribuzione di questo materiale nelle vicinanze delle stelle. Dallo studio, pubblicato nell'ultimo numero della rivista Nature, emerge che i grani di silicati presenti nell'inviluppo stellare sono molto più grandi di quanto si pensasse, arrivando a sfiorare il micrometro, ossia un millesimo di millimetro. All'apparenza può sembrare un'inezia – sono più o meno le stesse dimensioni delle particelle della polvere che si annida nelle nostre case – ma è invece un'enormità tra gli ingredienti che compongono i venti stellari. E proprio nelle dimensioni maxi di questi grani si troverebbe soluzione all'enigma dei super venti stellari. Particelle di questa mole si comporterebbero infatti come specchi, riflettendo la radiazione luminosa della stella piuttosto che assorbirla. I grani così non si surriscaldano, non vengono distrutti e possono quindi essere accelerati dalla luce fino a velocità anche di 10 chilometri al secondo, ovvero 36.000 chilometri orari, la stessa andatura di un razzo spaziale. “ Per la prima volta cominciamo a capire come funzionano i super venti stellari e come le stelle (compreso il Sole, seppure in un futuro assai remoto) terminano il loro ciclo vitale” commenta Albert Zijlstra, del Jodrel Bank Observatory, che ha partecipato allo studio. “I grani di polvere e sabbia che compongono questi venti sopravvivono alla stella e vanno a formare quelle nubi di materia da cui si produrranno nuove stelle. Abbiamo fatto un grande passo avanti per comprendere questo ciclo di vita e morte”. Fonte: MEDIA INAF Immagine: ![]() 110,9 KB |
Autore: | ubatuba [ 25/06/2012, 12:16 ] |
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Questa è davvero una storia che si può iniziare dicendo "C'era una volta... molto molto lontano..." Un gruppo internazionali di ricercatori ha usato il ALMA (Atacama Large Millimeter/submilimeter Array) per osservare una galassia che si trova a 12.4 miliardi di anni luce da noi e la cui luce ci arriva nella fascia sub-millimetrica dello spettro. Le loro osservazioni hanno rivelato che la composizione elementare di questa galassia, presente in una fase primordiale dell'universo, a soli 1.3 miliardi di anni dopo il Big Bang, era già molto simile alla composizione elementare dell'attuale Universo. Questo significa che un'intenso processo di formazione stellare deve aver pervaso il cosmo ai suoi albori. Una galassia sub-millimetrica è un tipo di galassia caratterizzata da una formazione stellare incredibilmente attiva ed una grande quantità di polvere che la ricopre. Dato che la grande quantità di polvere blocca la luce nelle sue lunghezze d'onda visibili, possiamo osservare solo quella parte dello spettro che riesce a penetrare le nubi. Ovviamente serve anche una sensibilità estremamente alta per riuscire a rivelare questi segnali radio debolissimi. Si tratta in fondo di una delle più distanti galassie che ALMA ha mai scoperto. Il team è riuscito ad esaminare la composizione chimica della galassia (chiamata LESS J0332) e ha rilevato le linee di emissione tipiche dell'azoto. Per riuscirci, hanno comparato le linee osservate con quelle dei modelli teorici ed i loro risultati hanno mostrato come la composizione di questa galassia è diversa da quella delle galassie precedenti, che erano composte quasi solo da idrogeno ed elio. "Si pensa che le galassie sub-millimetriche sono quelle che poi diventeranno le grandi galassie massicce di oggi. La nostra ricerca, rivelando che la LESS J0332 contiene già una composizione elementare simile al nostro SOle, ci mostra che l'evoluzione chimica di queste galassie massicce è avvenuta molto rapidamente nell'universo primordiale." spiega Tohru Nagao, dell'Università di Kyoto e co-autore della relazione. Le osservazioni sono state fatte con l'ALMA, che è già uno dei più sensibili e straordinari telescopi a disposizione per queste osservazioni, anche se se ha per adesso soltanto 18 delle 66 antenne di quando sarà completato. La ricerca è stata pubblicata in "Letters" su "Astronomy and Astrophysics". http://alma.mtk.nao.ac.jp/e/news/pressr ... 21124.html da link2 |
Autore: | ubatuba [ 26/07/2012, 12:55 ] |
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19/07/2012 Le Fasce di Van Allen e i loro misteri La Nasa si prepara a lanciare una missione per studiare le due "ciambelle" di gas elettrificato, o plasma, che circondano la Terra. Scoperte dalla sonda Explorer nel 1958 sono tuttora poco comprese dal punto di vista fisico. Una nuova missione della NASA, chiamata Radiation Belt Storm Probes (RBSP), che sarà lanciata il prossimo agosto, aiuterà i ricercatori a capire meglio la natura delle fasce di Van Allen, due gigantesche “ciambelle” di gas elettrificato che circondano la Terra. La superficie del nostro pianeta è un ambiente per lo più elettricamente neutro. Ma nel resto dell’Universo le cose sono molto diverse: il 99% della materia è formata da gas elettrificato, o appunto plasma. Le fasce di Van Allen, che si trovano tra la cosiddetta orbita geostazionaria (quella dei satelliti per telecomunicazioni) e l’orbita bassa (quella della Stazione Spaziale Internazionale) intrappolano il plasma, che entra ed esce da esse ma non raggiunge la Terra. “Abbiamo scoperto le fasce di radiazione nelle osservazioni della prima sonda Explorer 1, nel 1958#8243;, ricorda David Sibeck del Goddard Space Flight Center della Nasa di Greenbelt, nel Maryland. “Averle caratterizzate è stato un grande successo nella prima era spaziale, ma quelle osservazioni hanno portato a molte più domande che risposte. Domande scientificamente affascinanti, ma anche questioni pratiche, dal momento che abbiamo bisogno di proteggere i satelliti dalle radiazioni delle fasce”. Infatti, ha aggiunto Sibeck, “le particelle provenienti dalle fasce di radiazione possono penetrare nelle sonde spaziale e distruggere la strumentazione elettronica, causare cortocircuiti o disturbare la memoria dei computer. Sono anche pericolose per gli astronauti. Abbiamo quindi bisogno di modelli che ci consentano di prevedere eventi pericolosi nelle fasce, e in questo momento non siamo molto bravi a farlo. RBSP ci aiuterà a risolvere il problema.” La fascia di radiazione interna rimane sostanzialmente stabile, ma il numero di particelle in quella esterna può gonfiarsi 100 volte o più, investendo facilmente una grande quantità di satelliti per comunicazioni e ricerca che orbitano intorno alla Terra. Prima di capire ciò che provoca questi cambiamenti è necessario comprendere ciò che guida i movimenti del plasma. Per distinguere tra le molte teorie sviluppate nel corso degli anni sul movimento del plasma nei dintorni della Terra, gli scienziati del team di RBSP hanno progettato una serie di strumenti per rispondere a tre quesiti. Da dove provengono l’energia aggiuntiva e le particelle? Dove spariscono e cosa le mette in movimento? Come questi cambiamenti influenzano il resto dell’ambiente magnetico terrestre, la magnetosfera? Con la missione RBSP, che si avvarrà di due veicoli spaziali, gli scienziati vogliono capire non solo le origini delle particelle elettrizzate ma anche i meccanismi che danno loro estrema velocità e alta energia; inoltre, la fascia di Van Allen è il posto più vicino per studiare il plasma, materiale che pervade l’intero Universo. Comprendere questo ambiente fisico così diverso dal nostro è fondamentale per capire la composizione di ogni stella e galassia nello spazio. Fonte: MEDIA INAF da skylive |
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