Scusate l'intromissione, ma spesso non ho il tempo di scrivere malgrado alcuni topic siano pieni di spunti. Allora accumulo pensieri sperando di non perdere il filo fino al prossimo momento di respiro. Ed eccomi qui a spendere magari troppe parole per dei concetti semplici. In breve: non ho letto astio o rancore nei post di Maxpower; ho letto domande lecite di chi vuol capire a cui sistematicamente si risponde con tautologie o parafrasi inconcludenti. L'astio semmai è più che evidente, sebbene camuffato da supponenza e malriuscita ironia, nei messaggi di Andrea. Sia chiaro: questo NON significa che io reputi false le sue affermazioni. Ci sono informazioni spesso intriganti e passaggi molto affascinanti nel suo monologo, ma resta un monologo se l'atteggiamento è così chiuso. Ci sono contenuti che magari tanti di noi vorrebbero caprie meglio, sono esposti in maniera gradevole, ammaliante, ma di sicuro non c'è la voglia di comunicare. Il continuo ricorso ad appelli all'umiltà ed alla fede cieca sono difatti una chiusura assoluta a qualsivoglia forma di dialogo, come ci insegnano la storia e il semplice buonsenso. Sorvolo sull'uso piuttosto irritante e sterile dei "nomignoli". Max ha fatto domande partendo da un punto di vista diverso, ma non per questo deprecabile. Il fatto di professarsi ateo di per se NON implica un limite, una chiusura mentale o un problema cognitivo. Evitare di rispondere in modo chiaro è invece un limite concreto e voluto. Ripeto che questa è una critica allo stile comunicativo scelto di Andrea, non un'accusa, né sopratutto una valutazione dei contenuti, che fino a prova contraria ogni uomo di buonsenso deve poter valutare con criteri personali ma non fideistici, altrimenti si cade in una zona grigia dove convivono pigrizia ed estremismo. Io stesso ho avuto esperienze importanti che mi hanno cambiato e che non sono facili da raccontare. Tuttavia so che, vista la materia di cui sono composte, non potranno essere capite e accettate universalmente, e non chiederò mai a qualcuno di essere più umile, di aprire la mente, o accettare per fede. La mia esperienza resta mia, e ogni domanda che qualcuno mi pone allo scopo di capire è giusta e merita risposta. E la risposta deve utilizzare un codice che dall'altra parte può essere compreso, altrimenti non è una risposta. Il mio invito per Andrea è solo quello di accettare anche quel genere di indagine che per ora percepisce come presuntuosa, trovare un codice di comunicazione adeguato, e rispondere in modo elementare e preciso, in modo da eliminare i dubbi invece di alimentarli. Sono certo che vi capirete meglio, e ne possa quindi nascere un arricchimento reciproco. In risposta a Thethirdeye, dire "io ho fede" spesso crea un malinteso perché è una convenzione piuttosto ambigua. In realtà spesso dovremmo dire "Io so per una esperienza personale che tu non hai condiviso". Per l'appunto, non si tratta di fede ma di credo basato sull'esperienza (che sia di natura empirica o un'illuminazione o altro). Ma chiedere di aver fede è diverso, significa ammutolire con un dogma. Chiedere di accettare senza senso critico è sterile. Pretenderlo è violenza. E qui amo credere che Andrea abbia solo fatto scelte lessicali improprie. D'altra parte dice "Quando scrivo che ho fede, ripeto le parole delle Guide, che affermano che la fede e' il dono più grande che un essere umano puo' avere." Anche qui si usa la parola fede, ma è ovvio che sia nel caso di Andrea che quello delle Guide (a loro volte illuminate e guidate da altre Guide), si tratta di esperienza donata, di informazioni privilegiate ricevute (magari per merito), ma non si tratta fede. Diventa quindi letteralmente errata l'espressione "devi avere fede", dato che la fede in questa accezione è in realtà un bagaglio di cognizioni donate e non un annullamento del senso critico per accettare una verità dogmatica.
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