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 Oggetto del messaggio: re:ammasso JKCS401
MessaggioInviato: 16/12/2010, 11:05 
Il suo redshift estremo è stato rivisto al rialzo: il contenuto di galassie rosse metterebbe così in crisi l'attuale modello di formazione di questi oggetti cosmici
Potrebbe portare a riscrivere la storia dell’origine delle galassie un nuovo studio di Stefano Andreon, dell’INAF-Osservatorio astronomico di Brera, e colleghi di un’ampia collaborazione di ricerca, che ha avuto come oggetto l’osservazione di JKCS401 un ammasso di galassie che detiene attualmente il record di distanza per questo tipo di oggetti (10,6 miliardi di anni luce da noi).

A costituire un vero rompicapo scientifico è il redshift dell’ammasso, che una ricerca dello scorso anno dello stesso Andreon aveva stimato in circa Z=2 utilizzando i dati ottenuti con lo United Kingdom Infrared Telescope e il telescopio spaziale Chandra della NASA. Si tratta di un valore estremamente elevato, che corrisponde a osservare l’universo com’era circa 10 miliardi di anni fa.

Alla ricerca di una conferma di un simile dato, che non ha mancato di sollevare qualche dubbio nella comunità dei cosmologi, Andreon si è avvalso della collaborazione del collega Marc Huertas-Company dell'Osservatorio astronomico di Parigi-Meudon, per analizzare i dati del Canada-France-Hawaii Telescope Legacy Survey (CFHTLS) e del WIRCAM Deep Infrared Cluster Survey (WIRDS).

Secondo quanto riportato ora in un articolo pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics, il dato andrebbe effettivamente rivisto, però al rialzo: Z = 2,2 è la nuova stima basata sulla misurazione del colore delle galassie che appartengono all’ammasso (più sono rosse, più sono distanti).

«Grazie al confronto con IRC0218A, un altro ammasso di cui sono noti la distanza per via indipendente e il redshift di 1,62, risulta evidente che JKCS041 è molto più distante.
“Il problema – ha aggiunto Andreon – è che stando alle attuali conoscenze, queste galassie rosse non dovrebbero nemmeno esistere, perché dovrebbero formarsi quando l'universo è ben più vecchio. La sequenza di galassie rosse è costituita da galassie il cui ultimo episodio di formazione stellare è avvenuto nel loro lontano passato».

In definitiva, questo dato non è in accordo col fatto che JKCS041 era già formato quando l’universo aveva solo 3 miliardi di anni. (fc)

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MessaggioInviato: 21/12/2010, 10:48 
Risolto il mistero dei burst "oscuri"

Incorciando i dati delle osservazioni da Terra con quelle dei telescopi spaziali si è potuto concludere che circa il 60 per cento dell'intensità originale dei brillamenti viene assorbito dalle polveri

I burst di raggi gamma (GRB) sono eventi che durano da meno di un secondo ad alcuni minuti, e vengono rivelati dagli osservatori spaziali in grado di catturare la loro energia di radiazione estrema.

Tredici anni fa, tuttavia, gli astronomi hanno scoperto un flusso di più lunga durata e di minore energia proveniente da violente esplosioni, i cosiddetti outburst, che possono durare per settimane dopo l'esplosione iniziale. Per questo tipo sconosciuto di emissione di bassa intensità è stato coniato il termine afterglow.

Il mistero che circonda il fenomeno è legato al fatto che praticamente tutti i burst di raggi gamma possiedono afterglow costituiti da raggi X ma solo metà di essi ha radiazione nello spettro visibile, mentre i restanti appaiono misteriosamente oscuri.

Alcuni astronomi sospettavano che questi afterglow potessero essere esempi di una classe di burst di raggi gamma completamente nuova, mentre altri ipotizzavano che si trattasse soltanto di una questione di distanza. Precedenti studi suggerivano inoltre che il fenomeno potesse essere spiegato considerando la presenza di polveri tra il punto di osservazione e l'oggetto.

Un nuovo studio coordinato da Jochen Greiner del Max-Planck-Institut per la fisica extraterrestre di Garching, in Germania, sembra poter dare una risposta definitiva alla questione, come illustrato in un articolo sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

Dalle misurazioni effettuate grazie al telescopio spaziale Swift della NASA incrociate con le osservazioni dello strumento GROND, appositamente dedicato ai burst gamma, del telescopio da 2,2 metri di diametro MPG/ESO di La Silla, in Cile, è stato possibile determinare in modo accurato la quantità di luce emessa dall'afterglow su un ampio range di lunghezze d'onda, dai raggi X ad alta energia fino al vicino infrarosso.

Uno dei principali vantaggi di GROND è la sua rapida risposta e la sua possibilità di osservare simultaneamente attraverso sette filtri che coprono la parte visibile e quella del vicino infrarosso dello spettro.

Gli astronomi hanno utilizzato le informazioni raccolte per misurare direttamente la quantità di polveri attraverso cui passa la radiazione luminosa dietta alla Terra. Confrontando l'intero range di dati raccolti da GROND con quelli dell'ESO Very Large Telescope, si è potuto stimare che circa il 60 per cento dell'intensità originale è oscurata dalle polveri.

L'effetto è ancora più evidente nel caso dei burst molto lontani, di cui è possibile rivelare solo il 30 per cento della radiazione. Gli studiosi hanno così concluso che la maggior parte dei burst di raggi gamma oscuri è costituita semplicemente da quelli la cui luminosità viene diminuta dalle polveri e che perciò non occorre evocare l'esistenza di oggetti o fenomeni fisici esotici. (fc)


da le scienze


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