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 Oggetto del messaggio: Contrordine: su Marte c’è vita (microbica)
MessaggioInviato: 01/05/2012, 20:53 
[img]http://images2.corriereobjects.it/Media/Foto/2012/04/17/viking_interno.jpg?v=20120419101558
[/img]
Dal corriere.it del 17 Aprile 2012 Franco Foresta Martin, uno dei giornalisti scientifici, ha parlato dell’avvenuta rivisitazione, secondo modelli matematici, dei dati raccolti su Marte dalla sonda Viking nel 1976. Ebbene, la risposta è sorprendente: il pianeta rosso ospita forme di vita elementari a livello microbico. Potete trovare il riferimento qui

http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/12_aprile_17/viking-vita-marte-foresta-martin_a18bb60c-8872-11e1-989c-fd70877d52ac.shtml



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MessaggioInviato: 01/05/2012, 21:12 
finché non si troverà un microbo, fosse anche fossilizzato, non si potrà dire nulla di certo..



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MessaggioInviato: 02/05/2012, 12:49 
Cita:
Raziel ha scritto:

finché non si troverà un microbo, fosse anche fossilizzato, non si potrà dire nulla di certo..


...eccerto manca lui il batterio ...o che dir si voglia
(il titolo è preso paro paro..dalla testata giornalistica... è sicuramente
fuorviante)... anche se indirettamente lo studio da conferma attraverso un modello matematico che permette di sapere se un evento si deve a un processo metabolico (quindi legato a una forma di vita) piuttosto che a un processo chimico-fisico e da quello che ne ho tratto è meno probabile. I dati sembrano anche confermati da ulteriori prove ripetute con campioni di terreno terrestre normale e sterile. Vuol dire che quel rilascio di molecole radioattive registrato più di 30 anni fa potrebbe davvero essere stato causato dal risveglio di microorganismi.
Certo non è ancora sufficiente – come ammettono gli stessi ricercatori – per affermare che c'è vita su Marte, ma di sicuro lo è almeno per mantenere alte le aspettative per la prossima missione Curiosity...



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MessaggioInviato: 02/05/2012, 16:08 
Nel lontano 1952 un brillante ingegnere sanitario inventò uno straordinario e nuovo metodo per rilevare la contaminazione microbica di acqua e cibo [1].

Nel 1958 – quando ancora andare sulla Luna era soltanto un sogno – la NASA cercava un metodo per scovare microbiche forme di vita extraterrestre.

Fu così che il metodo del dott. Levin fu scelto – insieme ad altri – nel 1969 dalla NASA per un altisonante programma chiamato Voyager Mars che aveva lo scopo di raggiungere Marte con sonde automatiche entro i successivi 10 anni; alla NASA pensano in grande.

Con gli anni spesso le cose cambiano nome, così il programma Voyager Mars diventò Programma Viking e il famoso metodo del dott. Levin da Gulliver [2] [3] fu ribattezzato con un più prosaico – e secondo me più brutto – “Labeled Release” (LR) per indicare la tecnologia utilizzata.

In pratica l’esperimento LR nei lander Viking atterrati su Marte nel 1976 funzionava così: alcuni campioni di suolo venivano sterilizzati tramite il riscaldamento e altrettanti no. Poi a tutti questi campioni veniva aggiunto un composto nutriente contenente un isotopo particolare del carbonio facilmente rilevabile: il 14C. Qualora eventuali microrganismi marziani avessero metabolizzato il nutrimento avrebbero rilasciato una certa quantità di 14C nell’aria, mentre i campioni di suolo sterilizzati ovviamente no. In effetti la serie di esperimenti LR portati avanti nei due siti di atterraggio dei lander Viking a 4000 chilometri di distanza l’uno dall’altro produsse dei dati compatibili a una qualche attività biologica, contrariamente agli altri tre modelli sperimentali studiati per la missione [4].

Levin e la sua collaboratrice dott.sa Patricia Ann Straat, analizzarono per almeno un decennio i dati degli esperimenti LR [5] e li ripeterono in laboratorio sulla Terra usando diversi tipi di terreno proveniente dai più disparati siti, come il suolo antartico [6]. Nel 1997, dopo 21 anni dagli esprimenti marziani, altre scoperte sui batteri estremofili e nuove ipotesi sulle condizioni ambientali su Marte, dettero nuovo impulso alle ricerche del dott. Levin che pubblicò le sue conclusioni frutto di venti anni di ricerche che confermavano la scoperta delle origini biologiche dei risultati degli esperimenti LR delle sonde Viking [7].

Da allora furono fatti da altri ricercatori molti tentativi per dimostrare che i risultati degli esperimenti marziani erano frutto di semplici reazioni chimiche o fisiche tra le sostanze nutritive LR e il suolo. Nessuno tuttavia riuscì a dimostrarlo.

Il 12 aprile 2012 – quest’anno – è stato presentato un nuovo studio [8] iniziato nel 2005 che ha visto la collaborazione del dott. Giorgio Bianciardi (biologo presso l’Università di Siena e attuale vicepresidente dell’Unione Astrofili Italiani), il dott. Joseph D. Miller del Dipartimento di Neurobiologia della Keck School of Medicine di Los Angeles, CA, il dott. Gilbert V. Levin dell’Arizona State University e la sua collaboratrice dott.sa Patricia Ann Straat. Questo nuovo filone di indagini sui vecchi dati degli esperimenti LR ha preso il via da una ricerca presentata nel 2003 a Madrid dal Bianciardi [9]. Levin e Miller hanno fornito tutti i 16000 dati dei 9 esperimenti marziani in loro possesso (spesso ancora in forma cartacea) al Bianciardi e i dati degli esperimenti riprodotti sulla Terra. Man mano che lo studio dei dati procedeva, era evidente che tutti gli esperimenti attivi avvenuti su Marte si aggregavano perfettamente con i dati biologici fatti a Terra. I dati della temperatura si aggregavano con quelli di controllo negativi (suolo sterilizzato, su Marte o sulla Terra), ma soprattutto non c’era traccia di alcuna reazione chimica abiotica nel rilascio dell’anidride carbonica una volta che veniva aggiunta la soluzione nutritiva. -La conclusione poteva essere solo una: c’è vita su Marte, i Viking l’avevano scoperta. – afferma il Bianciardi. Le analisi si sono concluse nel 2011 e i risultati sono stati pubblicati prima che la sonda Mars Science Laboratory (MSL) arrivasse su Marte [10].

1] Questo ingegnere è oggi il dottor Gilbert V. Levin: http://www.gillevin.com/ .

[2] Era chiamato Gulliver perché serviva per rintracciare i lillipuziani, così venivano chiamavate scherzosamente le forme di vita microbiche extraterrestri.

[3] Il nome Voyager rimase legato alla NASA: le sonde Mariner 11 e 12 furono ribattezzate Voyager 1 e 2 in una estensione del programma originale Mariner – concepito nel lontano 1962, il programma Voyager.

[4] Furono quattro gli esperimenti che le Viking compirono su Marte:

-1- Gascromatografo – Spettrometro di massa (GCMS) Progettato da Klaus Biemann del MIT, era studiato per separare, identificare, quantificare un gran numero di diverse sostanze chimiche. Fu utilizzato per analizzare le componenti del suolo marziano non trattate e i vari componenti rilasciati dai campioni di suolo marziano riscaldato a diverse temperature. Era in grado di rilevare molecole presenti solo poche parti per miliardo. Scoprì che i terreni marziani contenevano meno carbonio dei campioni di suolo lunare restituiti dal programma Apollo. Il mistero fu svelato dalla missione Phoenix che scoprì ioni perclorati che riscaldati agiscono come un forte ossidante in grado di distruggere le molecole organiche rilasciando clorometano e diclorometano, molecole che possono essere facilmente scambiate come contaminazioni residue dei i prodotti per la pulizia delle celle sperimentali.

-2- Scambio di gas (GEX) Di Vance Oyama del NASA Ames Institute, era studiato per cercare i gas emessi da un campione di suolo in cui era stata sostituita l’atmosfera marziana con elio. Anche qui venivano applicati diversi nutrienti o acqua l campione di suolo marziano. In seguito l’atmosfera inerte veniva misurata con un gascromatografo per rivelare la presenza di gas diversi come ossigeno, anidride carbonica, metano, azoto o idrogeno che potevano essere liberati in caso di metabolisi. Il risultato è stato negativo.

-3- Rilascio della marcatura (LR) L’esperimento, oggetto dell’articolo, ideato da Gilbert Levin della Biospherics Inc., fu l’esperimento più promettente per gli esobiologi. Nell’esperimento LR, un campione di suolo marziano veniva inoculato con una goccia di soluzione nutritiva acquosa molto diluita marcata con l’isotopo radioattivo 14C. L’aria della cella sperimentale veniva monitorata per rilevare tracce dell’isotopo rilasciate da eventuali microrganismi che avessero assimilato i composti nutrienti. Il risultato fu sorprendente dopo i risultati negativi delle prime due prove: fu infatti rivelato un flusso costante di gas radioattivi emessi dalla coltura subito dopo la prima iniezione. L’esperimento fu eseguito utilizzando un campione dalla superficie marziana esposta al
sole e con un campione prelevato sotto una roccia. Entrambi dettero risultati positivi, ma solo la prima volta. I test ripetuti dopo una settimana non riprodussero la stessa reazione, quindi il risultato finale rimase aperto. Tuttavia, il 12 aprile 2012, un team internazionale di scienziati ha riesaminato i dati di quegli esperimenti arrivando alla conclusione che erano il risultato di una qualche attività biologica.

-4- Rilascio pirolitico (PR) Progettato da Norman Horowitz (http://en.wikipedia.org/wiki/Norman_Horowitz) del Caltech, simulava l’atmosfera marziana tranne che il carbonio era stato sostituito col radiocarbonio 14C. Eventuali organismi fotosintetici avrebbero fissato il radioisotopo nel terreno come sulla Terra sotto forma di biomassa. Dopo alcuni giorni veniva tolta l’aria e il terreno riscaldato a 650° C. Se il 14C precedente fosse stato fissato in precedenza, adesso sarebbe riapparso come gas e rivelato da un misuratore di radioattività e usato come prova di attività metabolica. In caso di una risposta positiva un altro campione di suolo sarebbe stato sterilizzato col calore e di nuovo sottoposto al test. Se anche questo avesse mostrato una attività simile alla prima sarebbe stata evidente la natura chimica della reazione. Al contrario, avrebbe dimostrato la natura biologica dei risultati del primo test. Questo era anche il test di controllo se uno qualsiasi dei tre esperimenti precedenti avesse dato esito positivo.


Notizia su umberto genovese del 30 aprile 2012 da GruppoLocale.It


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MessaggioInviato: 05/05/2012, 13:23 
Chissà mai perché, ma questa notizia non mi entusiasma minimamente.... ma neanche un po'.... e sapete perché? Perché è da quando so dell'esistenza del pianeta Marte (più o meno quando ero in prima elementare) che sento dibattere gli scienziati riguardo la presenza o meno di forme di vita su Marte, considerata sempre come una "possibilità" resa tale da un'infinità di indizi, ricerche, ipotesi... ma mai niente, NIENTE di definitivo.
Possono trovare tutte le sostanze che vogliono sulla superficie, esaminare e riesaminare le rocce, le foto, l'atmosfera, le ultime scoperte scientifiche sul pianeta etc, etc; ma tutto rimane da sempre e per sempre nel campo delle possibilità, mai delle certezze.
Ormai sono convinto che l'unico modo per risolvere la questione è andarci di persona anziché delegare tutto a sonde-robot. Ma prima di quel giorno morirò di vecchiaia....


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MessaggioInviato: 25/05/2012, 09:46 
... e le ceneri di Enkidu furono sparse su Marte ..... e da quel giorno si potè parlare di .....VITA MARZIANA!!

[:D] Scherzo, dai.
Però hai ragione, troppo poche prove.


..... troppo poche


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MessaggioInviato: 12/06/2012, 15:59 
Da uno studio apparso su Nature, la presenza di metano sul Pianeta rosso, che per alcuni dimostrava la possibilità di vita su di esso, sarebbe in realtà dovuta ad asteroidi e micro meteoriti che, irraggiati da intensi flussi di raggi ultravioletti, avrebbero prodotto il gas.

Metano su Marte? Sì, ma con una provenienza ancora tutta da dimostrare. La presenza di metano sul Pianeta rosso è stata assodata una decina di anni fa, nel 2003, ma il dibattito sulle sue origini e sulla sua distribuzione non si è ancora placato.
Inizialmente tra gli addetti ai lavori si era affacciata l'affascinante ipotesi che la presenza del gas fosse una evidente indicazione di attività biologica sul pianeta, in analogia a quanto avviene sulla Terra. Altri, più cauti, proposero l'ipotesi che a generare metano fossero stati in passato processi geologici, come le eruzioni vulcaniche. Ora però arriva una terza possibilità, e che cioè la presenza dell'idrocarburo nell'atmosfera marziana sarebbe dovuta a intense radiazioni ultraviolette, che producono metano dai materiali organici trasportati dai meteoriti.
È questo è il risultato di una ricerca, apparsa su Nature, del Max Planck Institute for Chemistry e delle Università di Utrecht ed Edimburgo, grazie alla quale i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che un campione del meteorite Murchison (rinvenuto in Australia nel 1969 e considerato proveniente dal Pianeta rosso) è in grado di emettere molecole di metano se investito da un intenso fascio di luce ultravioletta.
Enrico Flamini, direttore scientifico ASI, cerca di spiegarci questo studio: “L'origine del metano osservato da vari strumenti, sia da terra che da bordo ed in particolare dal nostro PSF (Planetary Fourier Spectrometer), hanno indicato la presenza di metano su Marte”.
“In natura il metano – spiega Flamini – ha tre possibili origini: biologica, geologica e da radiazione. A valle delle misure fatte da PFS a bordo di Mars Express, fu organizzato qualche anno fa un convegno internazionale dedicato al metano marziano. Le tre ipotesi furono analizzate e discusse a lungo, ma la comunità scientifica rimase divisa”.
“L'articolo pubblicato ora su Nature – afferma – sembra indicare che il metano possa avere come origine l'incidenza della radiazione ultravioletta su materiale organico presente nelle meteoriti sulla superficie marziana. Questo meccanismo non spiega però la variazione stagionale e la distribuzione geografica del metano che, dalle osservazioni di PFS, sembra sia più abbondante in specifiche regioni di Marte”.
“Personalmente ritengo che l'origine del metano sia più legata a processi geologici, penso alla serpentinizzazione dei basalti, che anche sulla terra sono responsabili di notevoli quantità di metano. Quello che è certo – conclude – è che non sarà facile, anche con missioni future in orbita, capire se l'origine del metano sia inorganica o biologica: solo misure in situ potranno avere una possibilità di dare una spiegazione”.
Simili considerazioni le esprime Marco Giuranna, ricercatore dell'INAF-IAPS di Roma, il quale afferma che ”l'articolo pubblicato su Nature sembra indicare che il metano possa avere come origine l'incidenza della radiazione ultravioletta su materiale organico presente nelle meteoriti sulla superficie marziana. Questa è certamente una possibile sorgente di metano per Marte, anche se non spiega le variazioni spazio-temporali precedentemente osservate da terra e da PFS”.
“In una prospettiva geologica – dice - è probabile che il metano venga prodotto anche in certe rocce a temperature relativamente basse. Queste rocce (ultramafiche ricche in olivina e serpentinizzate) hanno tutte le caratteristiche chimico-petrografiche, di permeabilità e di potenziale produzione di metano simili a quelle sulla Terra, dove troviamo metano abiotico. I potenziali flussi di gas su Marte potrebbero essere sufficienti per spiegare la concentrazione di metano in atmosfera”.
Giuranna porta come prova di quanto dice anche altri lavori scientifici. “Ci sono studi su meteoriti marziane – afferma – che hanno ricostruito le paleo-temperature di Marte (Martian SurfacePaleotemperatures fromThermochronology of Meteorites). Uli Ott e colleghi non sono molto convinti che ci sia attività geologica recente. Un altro articolo recentemente pubblicato su Science riguarda la presenza di materia organica sul suolo marziano e si lega a quest'ultimo studio pubblicato da Nature (Homegrown Organic Matter Found on Mars, But No Life)”.
“Se c'è caduta di meteoriti carbonacei o materia organica al suolo, infatti, gli esperimenti dicono che viene prodotto del metano. Con temperature favorevoli si può anche avere serpentinizzazione in superficie e produzione di metano da irraggiamento UV. Un'analisi isotopica del carbonio e del deuterio in situ sarà di grande aiuto. L'articolo in questione mi ricorda gli esperimenti di Giovanni Strazzulla, fatti presso l'INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania anni fa, in cui il bombardamento di una miscela di ghiaccio di acqua e CO2, generava, tra le altre cose, metano”.
“Noi di PFS – conclude – pensiamo che la sorgente di metano su Marte sia la calotta polare Nord che in estate sublima liberando vapor d'acqua e metano. Il metano si forma nel ghiaccio bombardato da radiazione (particelle e UV). La cosa rende Marte analogo alle comete che, come è ben noto, sono ricche di metano”.

Fonte: MEDIA INAF
da skylive

dal mio punto di vst c'e' una piccola contraddizione,se,come si sostiene la presenza di metano e' maggiormente concentrata in determinate zone del pianeta rosso,vorrebbe dire ke la grande quantita' di meteore si sarebbe schiantata appunto in tali zone.........mahhhh...cosa assai strana [;)]


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Un dubbio più che accettabile ...[;)]


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Che poi Marte era considerato dai primi romani come il dio del tuono, della pioggia, della natura e della fertilità.
Successivamente è diventato il dio della guerra.
Prima o poi una qualche forma di vita dovrà pur venir fuori. [;)]



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