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Grigio
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 Oggetto del messaggio: Su Marte con il Personal Trainer
MessaggioInviato: 03/12/2008, 13:07 
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplr ... zione=News

"Non conosciamo i limiti umani, ma quando lascia la Terra l'organismo è sottoposto a stress terribili" Dagli allenamenti fisici agli psicologi virtuali, nuove tecniche addestreranno gli astronauti per le future missioni"

Sulla Terra come nello spazio: isolati in una stanza, simulando le condizioni di una missione su Marte, dal cibo preconfezionato al ritardo delle comunicazioni con il centro di controllo. Per studiare gli effetti psicologici che un viaggio sul Pianeta Rosso potrebbe avere, il prossimo marzo, 6 persone, scelte tra 5 mila candidati, verranno isolate in una camera per 105 giorni. L'esperimento «Mars500» verrà poi ripetuto alla fine del prossimo anno per 18 mesi.

Lo stress, la solitudine, il pericolo, la mancanza di privacy e punti di riferimento e l'insonnia mettono a dura prova la stabilità emotiva e fisica di un equipaggio «esiliato» in una navicella, sulla Stazione Spaziale, su una base lunare o, appunto, in viaggio verso Marte.

Un astronauta che rimane in assenza di peso per lungo tempo perde una notevole quantità di minerali nelle ossa: un mese nello spazio è paragonabile a quasi 10 anni sulla Terra. La massa muscolare diminuisce, mentre le ossa diventano più fragili. Si rischia l'osteoporosi e l'atrofia dei muscoli. Per rallentare il processo degenerativo sulla Stazione Spaziale gli astronauti fanno due ore e mezzo di «palestra» al giorno, mentre un «personal trainer» li segue a distanza. Sono disponibili tre attrezzi: una cyclette, detta «Cevis» e installata nel laboratorio americano, un tapis roulant (il «Tvis» nel modulo russo) e il «Red», una macchina a molle nel «Nodo 1». E nonostante l'esercizio, al ritorno sulla Terra ci vogliono mesi per riacquistare la forma e anni per recuperare la densità ossea.

Gli scienziati temono che l'attività fisica possa non bastare su una base lunare e, a maggior ragione, non si conoscono gli effetti di due anni di missione su Marte, perché ci si interroga se il processo degenerativo si fermi o continui ininterrottamente. Gli studiosi sperano di trovare le risposte sulla Stazione: qui gli astronauti si avvicendano ogni sei mesi, facendo test per scoprire i limiti umani. Ma per il successo di una missione non basta addestrare i muscoli, bisogna «allenare i neuroni». I primi 40 anni nello spazio hanno insegnato che le missioni dipendono dallo spirito e dalla «compatibilità» dell'equipaggio. Lo sanno bene i russi che, a fine Anni 80, in due occasioni hanno dovuto bloccare una missione per le forti tensioni tra i cosmonauti.

Ecco perché gli equipaggi scelti per la Stazione, prima della partenza, vivono per molti mesi assieme facendo attività di integrazione e corsi di sopravvivenza in condizioni estreme. Vengono messi sotto stress, mentre gli psicologi ne valutano il comportamento. Ma una volta sulla Stazione, dopo le prime settimane, l'euforia scompare e si cade nella routine. Gli spazi angusti possono creare forti tensioni. Così ci si rifugia nel lavoro e nei contatti con il mondo esterno: email, video-chat o telefonate con amici e familiari. L'esperienza sulla Stazione ha evidenziato come l'umore e lo spirito di gruppo si ravvivino all'arrivo dei rifornimenti: gli astronauti si ritrovano come dei bambini a scartare e mettere a posto i «giocattoli» (il materiale per la sopravvivenza).

La psicologa norvegese Gro Sandal ha quindi suggerito di usare un sistema simile su una base lunare o in un viaggio verso Marte, dove la distanza rende impossibile le comunicazioni e l'arrivo dei rifornimenti: «Nascondere lettere e regalini in compartimenti da aprire mediante codici inviati via email aiuterà a superare le crisi e il senso di isolamento».

Ma, anche se non si è depressi, fare una chiacchierata con uno specialista può aiutare: sulla Stazione, una volta al mese, gli astronauti hanno una «seduta a distanza» con lo psicologo (la «Private psychological conference»). Ma sulla Luna la cosa si complica, mentre diventa impossibile su Marte a causa del ritardo di circa 40 minuti nelle comunicazioni. Umberto Guidoni, astronauta italiano, suggerisce di partire alla conquista del Pianeta Rosso con uno psicologo a bordo che faccia «terapia di gruppo». Ma chi aiuterà lo specialista, se dovesse cadere in depressione?

La soluzione sembra sia alle porte: un video-psicologo per una «terapia spaziale», che promette di identificare e risolvere le cause di frustrazione e conflitti attraverso un percorso virtuale detto «Problem solving». La Nasa ha investito quasi due milioni di dollari nello strizzacervelli computerizzato, il «Virtual space station», nato dalla consulenza di 21 astronauti. Per metterlo a punto, però, ci vorranno quattro anni. Nel frattempo per risolvere i conflitti interpersonali i russi suggeriscono di adottare una soluzione «terra-terra»: un bicchierino di vodka!



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