Due lavori pubblicati a fine maggio su Nature forniscono una nuova interpretazione sull'origine e sulla conformazione della calotta polare nord di Marte. A proporla sono Jack Holt e Isaac Smith, a capo di un team di ricercatori della University of Texas, presso l'Austin's Institute for Geophysics.
Era dal 1972 che si susseguivano ipotesi sul perché la calotta avesse quella forma. Inizialmente la si riteneva piatta e strutturata come i nostri ghiacciai. Una profonda fenditura, battezzata Chasma Boreale, era stata giustamente interpretata come un ampio baratro, di dimensioni poco superiori al Grand Canyon, ma la sua origine era attribuita ad una forma di riscaldamento vulcanico proveniente dal sottosuolo. Per quanto riguarda invece l'aspetto spiraleggiante della calotta, si riteneva che fosse dovuto alla sua consistenza semifluida e a moti interni con velocità crescenti al crescere della distanza dal polo.
Le nuove ricerche sembrano invece rivalutare ampiamente l'azione dei venti, che sarebbero all'origine dell'aspetto complessivo della calotta. Per capirlo, il team di Holt e Smith ha analizzato una quantità di immagini radar raccolte dal Mars Reconnaissance Orbiter e ha potuto esaminare la particolare stratificazione del sottosuolo, evidenziando la loro evoluzione e la dinamica delle principali conformazioni.
Ne è emersa una struttura complessiva ben più diversificata del previsto e dominata dallo spirare di venti polari, detti katabatici, innescati al polo da minime variazioni di temperatura. Tali venti, scendendo di latitudine, vengono deviati dalle forze di Coriolis e iniziano a spazzare la calotta con traiettorie incurvate, erodendo le parti più esposte al loro flusso.
Secondo il team texano, la maggior complessità riscontrata nella calotta polare nord di Marte consentirà una più accurata ricostruzione delle variazioni climatiche del pianeta.
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