Ad agosto di quest'anno si è verificato un evento straordinario: Marte è transitato a soli 55,7 milioni di Km dalla Terra, una distanza che non aveva mai raggiunto negli ultimi 60.000 anni e che non verrà uguagliata fino al 2287! Gli avvicinamenti tra la Terra e Marte avvengono quando quest’ultimo si trova esattamente nella direzione opposta al Sole, da cui il nome di "opposizioni". Tale configurazione si verifica ogni 26 mesi circa, ma siccome l'orbita marziana è abbastanza ellittica, alcune opposizioni (quelle che avvengono a fine agosto - inizio settembre) sono molto più ravvicinate delle altre e sono chiamate "grandi opposizioni". La minima distanza tra Marte e la Terra varia da 56 milioni di Km nei casi più favorevoli, fino a 100 milioni di Km nei casi sfavorevoli. Conseguentemente anche il diametro apparente del pianeta muta considerevolmente, apparendo 1/72 di quello della Luna nei migliori dei casi e solamente 1/130 nell’eventualità che Marte si trovi nel punto più lontano della sua orbita. Si capisce dunque perché le grandi opposizioni, che si susseguono con intervalli di 15/17 anni, (l'ultima è stata nel 1989) siano sempre state occasioni privilegiate per l'osservazione del Pianeta Rosso. Fu ad esempio durante l'opposizione del Settembre del 1877 che l'astronomo G.V. Schiaparelli disegnò per la prima volta i canali che tanto fecero fantasticare i posteri sull'esistenza di vita marziana. Le osservazioni storiche da Terra
Le prime osservazioni telescopiche di Marte risalgono all’astronomo italiano Giandomenico Cassini, direttore dell’Osservatorio di Parigi, che con i rudimentali telescopi del 1600 riuscì, dai pochi dettagli visibili, a determinarne il periodo di rotazione e la distanza durante l'opposizione del 1672. Fino all'opposizione del 1877 non si registrarono altri progressi significativi e fu un altro italiano, Giovanni Virginio Schiaparelli a tracciare in maniera precisa dall'osservatorio di Brera la prima mappa del pianeta, base di quella successivamente accettata dalla comunità astronomica mondiale prendendo i nomi dalla sua elegante cultura classica. Così i dettagli principali del Pianeta Rosso portano i nomi della geografia dell'antico Mediterraneo. Troviamo la pianura del Po (Eridania),l'antico nome della nostra penisola (Ausonia), il mare Thyrrenum e l'Hadriaticum, la grecia (Hellas), il golfo della Sirte (Syrtis Mayor), la Lybia e la Spagna (Hesperia), i laghi del Nilo (Niliacus Lacus), solo per citarne alcuni. Le mappe di Schiaparelli furono arricchite da nuovi dettagli e soprattutto alcuni, denominati “canali”, per la loro apparenza rettilinea, catturarono l’attenzione degli astronomi di tutto il mondo. Percival Lowell, nell'opposizione del 1894 osservò Marte con il suo telescopio da 60 cm e, confermando la presenza dei canali, propose suggestive ipotesi sulla loro natura. Per lui infatti rappresentavano il segno inconfutabile della presenza di una civiltà marziana che, attraverso la rete di canali, trasportava acqua dalle regioni polari alle assetate lande desertiche dell’equatore. Queste tesi vennero sposate da molti romanzieri e giornalisti dell’epoca che, come H.G. Wells fantasticava nella "Guerra dei mondi", prevedevano addirittura che i guerrieri marziani avrebbero invaso il nostro pianeta. Conclusioni troppo frettolose, oggi lo sappiamo, che vennero a poco a poco smentite dagli astronomi agli inizi del '900 che dissolsero i canali di Schiaparelli in una miriade di minutissimi dettagli relegando le opere idrauliche dei marziani ad illusioni ottiche. Il colpo di grazia a queste strampalate teorie venne dato dalle sonde spaziali che, a partire dal 1965, si accostarono al pianeta rosso per mostrare al mondo una desolata distesa di sabbia e rocce. Com’è apparso nel 2003
Occasione unica quella verificatasi nell’estate del 2003 in quanto, come si è detto, Marte non era mai apparso, in epoca storica, in migliori condizioni di visibilità da terra; e questo sia per l’estrema vicinanza del pianeta, meno di 56 milioni di km, ma anche per la disponibilità di strumentazioni di ripresa dalle caratteristiche rivoluzionarie, capaci di ridurre drasticamente gli effetti della turbolenza atmosferica sulle immagini telescopiche. Se a ciò si aggiunge che l’estate 2003 è stata la più ricca di notti serene degli ultimi anni, in cui il seeing era smorzato da una poderosa cupola d’alta pressione che ha imperversato sull’Europa per tre mesi, è facile comprendere come le immagini di quest’opposizione siano, di gran lunga, le migliori mai realizzate. Le nostre osservazioni sono iniziate ai primi d’agosto, quando con la nostra webcam abbinata ad un telescopio S.C. di 8” abbiamo ripreso la regione del Mare Cimmerium, a dire il vero la più povera di particolari del Pianeta Rosso. Alcuni giorni dopo, però, Marte appariva sugli schermi del nostro computer ricco di dettagli, complice il seeing quasi perfetto delle notti attorno a Ferragosto. Ad essere ripresa era la regione del Mare Erythraeum, con le nebbie dell’emisfero boreale che spiccavano sul lembo del pianeta con il loro caratteristico colore azzurro. Nei giorni successivi furono eseguite splendide immagini del Sinus Meridiani e della Syrtis Major e a metà settembre le ultime riprese di questa lunga estate vedevano immortalata la regione attorno al Solis Lacus, con in primo piano la Valle Marineris, l’enorme canyon che attraversa l’equatore di Marte per una lunghezza di oltre 4000 km. In tutte le riprese, però, a spiccare maggiormente era la bianca calotta polare sud, che in quest’opposizione appariva particolarmente interessante. Si sono potute registrare le variazioni quasi quotidiane della sua estensione. Se nel mese di luglio questa ricopriva buona parte delle alte latitudini australi, in agosto e ancor più in settembre, con l’avanzare dell’estate marziana, si è assistito al rapido ritiro dei ghiacci, con spaccature e crepacci che si aprivano su una calotta sempre più piccola e difficile da osservare. In conclusione, anche nell’epoca delle grandi missioni spaziali, l’osservazione telescopica da terra può ancora ricoprire un ruolo scientifico importante, soprattutto nel monitoraggio dei cambiamenti climatici marziani su grande scala, come l’apparizione di tempeste di sabbia o lo scioglimento delle calotte polari.
La storia geologica di Marte
La grande quantità di dati raccolti dalle sonde ci permette di ricostruire un'immagine dettagliata del pianeta Marte anche se ad oltre cento anni dalle osservazioni di Schiaparelli, la natura dei suoi canali (questa volta davvero osservati dalle sonde) resta controversa. Già con i telescopi terrestri è possibile osservare i movimenti dell'atmosfera marziana che, come abbiamo detto, è molto tenue e composta da anidride carbonica per il 95%. L'anidride carbonica, con i suoi passaggi di stato, determina il movimento dei venti. Quando una calotta polare entra nell'inverno marziano, l'anidride carbonica atmosferica si deposita in strati di ghiaccio secco facendo diminuire la pressione atmosferica. La bassa pressione polare richiama cosi forti venti dall'equatore che trasportano le tempeste di sabbia stagionali visibili anche da Terra. La piccolissima percentuale di acqua comunque presente genera tenue nubi, simili ai cirri terrestri che si addensano soprattutto attorno ai grandi vulcani spenti quali il Nix Olimpica che già Schiaparelli poteva osservare come macchie biancastre da cui il nome "Nevi dell'Olimpo". Di gran lunga più interessante è la geologia marziana che ci racconta di un passato molto movimentato e diverso dal freddo e polveroso deserto di oggi. Durante il progressivo raffreddamento seguito alla formazione del pianeta, la crosta superficiale, solidificandosi, si è dilatata formando altipiani (Tharsis) lungo l'equatore, intervallati da grandi vulcani (Nix Olimpica) e regioni montagnose assai corrugate (Vallis Marineris, ad esempio), pressappoco come è successo all'alba della storia geologica terrestre. In queste epoche antiche (fino a 1 miliardo di anni fa) la lava fuoriuscita dai vulcani ha riempito grandi bacini creati dall'impatto di meteoriti quali Argyre ed Hellas che assomigliano ai "mari" lunari. In quest'epoca, proprio come avvenne sulla Terra, i vulcani immisero grandi quantità di gas serra (come l'anidride carbonica e il vapor d'acqua) nell'atmosfera marziana rendendola più densa e scaldando il pianeta. Era così possibile avere acqua liquida in superficie, forse addirittura degli oceani che riempirono i bacini dell'emisfero settentrionale, che difatti appaiono assai meno craterizzati della parte meridionale di Marte, avvalorando l'ipotesi della presenza dell'acqua che avrebbe appianato le asperità grazie alla sua azione erosiva. Grazie alle dettagliatissime fotografie della Global Surveyor, è stato possibile identificare numerose zone del pianeta ove esistono reticolati fluviali fossili o canali torrentizi sui bordi rialzati dei crateri che avvalorano l'ipotesi affascinante che su Marte siano esistite delle piogge e quindi l'intero ciclo dell'acqua con fiumi, laghi, oceani. L'attività vulcanica di Marte, però, cessò molto prima di quella terrestre, poiché un pianeta più piccolo si raffredda più in fretta, anche nel suo interno, e la temperatura superficiale scese progressivamente. L'acqua probabilmente in parte sfuggì dall'atmosfera e in gran parte congelò nelle calotte polari (come dimostrato dalle immagini termiche delle sonde Mars Odissey e Mars Express) e sotto la superficie in forma di permafrost, un po' come avviene anche sulla Terra, in Siberia o in Alaska. Singoli episodi caldi si ripeterono ancora di tanto in tanto, sia per l'eruzione isolata di qualche vulcano, sia per sbalzi dell'asse di rotazione marziano, che può oscillare molto più di quello terrestre per l'assenza di una luna e per la vicinanza del gigante perturbatore Giove. Così l'acqua gelata del sottosuolo poté liquefarsi e uscire improvvisamente riempiendo canali di deflusso enormi, grandi centinaia di volte il Rio delle Amazzoni per poi evaporare o scomparire nuovamente nel sottosuolo.
La vita su Marte
Sembra ormai certo che su Marte vi fu un tempo ricco di acqua in superficie e ancora oggi molta acqua risiede nel sottosuolo. Vi furono anche le condizioni per lo sviluppo della vita? E' possibile ancora trovarne delle tracce? I primi esperimenti volti a cercare molecole organiche a bordo delle sonde Viking diedero esito negativo. La questione resta comunque più che mai aperta, anche alla luce della rianalisi dei dati dei Viking e delle immagini della sonda Mars Global Surveyor, che mostrano enigmatiche formazioni scure che stagionalmente appaiono sottovento alle grandi dune sabbiose vicino ai poli, subito dopo lo scioglimento dei ghiacci marziani. Ipotesi affascinanti sono state inoltre proposte dalla NASA nel 1996, in seguito all'analisi di un meteorite (chiamato ALH84001) trovato in Antartide e proveniente da Marte, scagliato nello spazio in seguito all'impatto con un asteroide, vecchio di oltre 4 miliardi di anni. All'interno sono stati trovati idrocarburi policiclici aromatici, i mattoni delle molecole biologiche ed inoltre globuli di carbonati stratificati associati a magnetite e solfuri di ferro, simili a quelli prodotti da colonie batteriche terrestri. Il microscopio elettronico ha infine mostrato strutture allungate di dimensioni di soli 0,2 millesimi di millimetro, forse tracce fossili di batteri primordiali, tuttavia molto più piccoli della maggior parte dei batteri che oggi conosciamo (decine di millesimi di mm). Ipotesi, indizi, per ora nulla di più. Però, alla luce di queste osservazioni, ci aspettiamo molto dalle nuove sonde che sono arrivate su Marte quest'inverno. Forse aggiungeremo altri indizi, difficilmente certezze. Marte resta comunque uno straordinario laboratorio naturale per verificare le possibilità che la vita ha di attecchire e svilupparsi anche in ambienti tanto estremi.
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