28/02/2015, 14:55
28/02/2015, 16:07
Meryddin ha scritto:E' una riflessione che ho fatto spesso questa della "leggibilità" di certi reperti. Mi sono sempre chiesto cosa avremmo fatto nell'800 trovando un dvd da qualche parte. Lo avremmo preso per un ornamento o un non meglio precisato oggetto rituale. E se magari avessimo intuito una sua funzione "tecnologica" in assenza degli strumenti per decifrarlo lo avremmo probabilmente messo in mano ai servizi segreti e fatto studiare di nascosto a scienziati accuratamente selezionati e riservati...
zakmck ha scritto:I Maya tramite le loro opere hanno cercato di tramandare una conoscenza, un messaggio, che non era destinato a chiunque, al saccheggiatore di tombe o all'ignorante, ma a colui che con il tempo avesse maturato la necessaria conoscenza per riuscire a comprenderne il significato. E questo messaggio e' stato abilmente celato nelle loro opere, con una maestria calcolata, in modo che fosse rivelabile esattamente alla fine dell'eta' del Ferro della creazione. E cosi e' stato o almeno si e' iniziato a farlo.
Non per niente il libro sacro dei Maya, il "Popol Vuh" inizia e finisce con le parole: "L'originale Popol Vuh non puo' piu' essere visto, esso e' stato celato al ricercatore e al pensatore".
Le loro opere sono quindi degli enormi criptogrammi.
Contengono dei messaggi codificati e vanno decifrati.
E alcuni di essi sono stati decifrati. Tra questi anche la lastra di Palenque cosi come tutti gli oggetti contenuti nella tomba e nel sarcofago oltre che altre 400 opere varie come il murale di Bonampak e la maschera di giada. Qui, a titolo di esempio, riporto uno dei primi tasselli relativo al coperchio del sarcofago di Pacal:Formato file: swf
Premere il pulsante giallo!!
La chiave che ha consentito di individuare questo meccanismo di cifratura e' stata proprio individuata tramite l'analisi dei simboli speciali contenuti nella cornice della lastra di palenque.
Come si puo' ben immaginare il procedimento e' piuttosto complicato e occorrerebbe un libro intero per illustrarlo, anzi piu' di uno, come infatti e' stato sapientemente fatto da Maurice Cotterell nei libri "The Mayan Prophecies", "The Amazing Lid of Palenque" vol. I e vol. II e "The Mural of Bonampak".
Infine merita un accenno anche la maschera che copriva il volto di Lord Pacal:
Una volta decifrata, nell'ultima scena ci mostra due porte e le istruzioni per aprire una camera segreta ancora oggi da ritrovare.
A noi purtroppo non rimane che speculare su quali meraviglie possa mai contenere.
28/02/2015, 20:24
01/03/2015, 00:41
MaxpoweR ha scritto:O_O mai sentito dove si può approfondire?
01/03/2015, 02:33
01/03/2015, 03:41
MaxpoweR ha scritto:mi incuriosisce molto in che modo p stata estrapolata la figura che si vede nell'animazione e che cosa rappresenterebbe, perchè ovviamente manipolando dei simboli si può ottenere ciò che si vuole quindi mi chiedevo se sotto ci fossero delle regole PRECISE o se si andasse un pò a tentoni.
27/07/2015, 01:29
Bit immortale? “Se tenete ad una foto, stampatela” – Vint Cerf
La tecnologia digitale rischia di trasformare il ventunesimo secolo in un nuovo Medioevo, un’epoca quasi inaccessibile alla storia. Un allarme paradossale, ancora di più considerandone l’origine: il Dottor Vinton “Vint” Cerf, uno dei “padri di internet”, oggi vicepresidente di Google, dove lavora da dieci anni con la carica di “Chief Internet Evangelist” (letteralmente, Evangelista-Capo di Internet).
Bene, ora Vint Cerf ci mette in guardia sul “buco nero” verso cui, inconsapevolmente, ogni giorno spingiamo i nostri documenti più cari e importanti: testi, fotografie, video che parlano delle nostre vite, ma anche documenti legali, testimonianze, informazioni preziose per chi – nel secolo prossimo o in quelli a venire – cercherà di capire qualcosa di noi e della nostra storia.
Ritrovandosi con un pugno di mosche in mano, a meno che il concetto di “preservazione digitale” non entri alla svelta nei nostri cervelli. La questione, ha spiegato Vint Cerf nel corso del meeting annuale della American Association for the Advancement of Science, è presto detta: via via che i sistemi operativi e i software vengono aggiornati, i documenti e le immagini salvate con le vecchie tecnologie diventano sempre più inaccessibili.
Nei secoli che verranno, gli storici che si troveranno a guardare indietro alla nostra era potrebbero trovarsi davanti a un “deserto digitale” paragonabile al Medioevo, un’epoca di cui sappiamo relativamente poco a causa della scarsità di documenti scritti.
“Pensando a 1000, 3000 anni nel futuro, dobbiamo domandarci: come preserviamo tutti i bit di cui avremo bisogno per interpretare correttamente gli oggetti che abbiamo creato? Senza neanche rendercene conto, stiamo gettando tutti i nostri dati in quello che rischia di diventare un buco nero dell’informazione”, ragiona il numero due di Google.
“Nei secoli a venire chi si farà delle domande su di noi incontrerà delle enormi difficoltà, dal momento in cui la maggior parte di ciò che ci lasceremo dietro potrebbe essere solo bit non interpretabili”.
Il problema – fa notare britannico The Guardian – è già qui. Negli anni Ottanta, era routine salvare i documenti sui floppy disk, caricare il videogioco “Jet Set Willy” da una cassetta al Sinclair ZX Spectrum, uccidere alieni con un joystick Quickfire II, e avere delle cartucce Atari Games in soffitta. Oggi, anche se i dischetti e le cassette sono in buone condizioni, in molti casi l’equipaggiamento necessario per utilizzarli si trova principalmente solo nei musei.
Detto in altri termini, il digitale ci ha sedotto con l’idea che il bit sia immortale, motivo per cui quando abbiamo qualcosa a cui davvero teniamo, corriamo subito a digitalizzarlo: foto, vecchi filmini di famiglia, lettere d’amore, documenti notarili, eccetera.
Peccato, però, che anche i bit possano “marcire” e “putrefarsi” (Vint Cerf parla espressamente di “putrefazione dei bit”) se leggerli diventa tecnicamente impossibile. L’ Evangelista-Capo di Internet arriva a dare un consiglio a tutti noi, ignare potenziali vittime del “marciume digitale”: se c’è una foto che per noi rappresenta un tesoro, stampiamola; non affidiamoci soltanto alla memorizzazione digitale.
“Nel nostro zelo, presi dall’entusiasmo per la digitalizzazione, convertiamo in digitale le nostre fotografie pensando che così le faremo durare più a lungo, ma in realtà potrebbe venir fuori che ci sbagliavamo”, ha detto Vint Cerf.
“Il mio consiglio è: se ci sono foto a cui davvero tenete, createne delle copie fisiche. Stampatele”.
Per rendere ancora più chiaro il suo discorso, Cerf porta l’esempio di un libro scritto dalla storica premio Pulitzer Doris Kearns Goodwin sul presidente americano Abraham Lincoln (“Team Of Rivals: The Political Genius Of Abraham Lincoln”). Per scriverlo, Kearns ha consultato intere librerie contenenti copie della corrispondenza scritta tra Lincoln e le persone che lo circondavano.
“Immaginiamo che ci sia una Doris Kearns Goodwin del ventiduesimo secolo, che voglia scrivere un libro sull’inizio del ventunesimo secolo cercando di avvalersi delle conversazioni di quel tempo. Scoprirebbe che enormi quantità di contenuti digitali sono o evaporati, perché nessuno li ha salvati, o a disposizione ma non interpretabili, perché creati con software vecchi di cento anni”.
Secondo il guru di Google, l’unica via d’uscita è iniziare a pensare sul serio al problema della preservazione del digitale. Una soluzione possibile è ciò che ha definito “pergamena o manoscritto digitale”, un concetto su cui stanno lavorando gli ingegneri della Carnegie Mellon University di Pittsburgh. In sostanza si tratta di fare delle “istantanee digitali” (“snapshot”) – nel momento in cui un oggetto viene salvato – di tutti i processi che in futuro saranno necessari per riprodurlo, incluso il software e il sistema operativo. L’istantanea potrebbe poi essere utilizzata per visualizzare la foto, il testo o il gioco in un computer “moderno”, anche a distanza di secoli.
Certo, si potrebbe ribattere che, a livello di collettività, i documenti più importanti saranno comunque copiati e adattati per i nuovi media, e che quindi non dovremmo farci carico della preoccupazione storica. Ma Vint Cerf ha una risposta anche per questo, prendendo in prestito una delle convinzioni più profonde degli storici: a distanza di secoli, anche documenti apparentemente irrilevanti possono rivelarsi importantissimi per la comprensione di un’epoca, con la sua sensibilità e il suo punto di vista.
E di noi – oggi tanto preoccupati del diritto all’oblio – cosa resterà?
21/02/2016, 20:25
"Dischi del tempo" per conservare per sempre la memoria dell'umanità
E' stata appena messa a punto una tecnica per memorizzare i dati per miliardi di anni, sostanzialmente per l'eternità. Gli inventori ritengono che il sistema potrebbe essere utilizzato per registrare tutta la storia del genere umano. Gli scienziati dell'Università di Southampton nel Regno Unito hanno costruiti dischi di vetro con una durata di 13,8 miliardi di anni, l'età approssimativa dell'Universo, Una durata praticamente illimitata a temperatura ambiente. Queste "capsule del tempo" potranno custodire la nostra storia e sopravvivere alla razza umana.
Ogni disco può gestire fino a 360 terabyte di dati, l'equivalente di 720 milioni di foto o una riproduzione musicale ininterrotta di 684 anni.
"E' eccitante pensare che abbiamo creato la tecnologia per conservare documenti e le informazioni e conservarla in spazio per le generazioni future", ha detto il professor Peter Kazansky dal Centro di ricerca optoelettronica dell'università inglese. "Questa tecnologia può garantire la storia e il progresso della nostra civiltà: tutto quello che abbiamo imparato, non sarà dimenticato."Guarda su youtube.com
21/02/2016, 23:17
06/12/2021, 23:48
07/12/2021, 12:37
07/12/2021, 16:12
vimana131 ha scritto:lo spazio di archiviazione si esaurirà in 30-50 anni
MaxpoweR ha scritto:tra 4mila anni