Come indicato nel mio ultimo messaggio nella discussione “Se incontraste un alieno...” apro questa discussione per rispondere ad Aztlan senza andare fuori tema rispetto alla discussione originaria.
Dunque Aztlan, cosa dicevo nel messaggio che evidentemente ti ha turbato o disturbato?
1) Innanzitutto raccontavo una mia esperienza personale. Non ci trovo niente di male nell’aver fatto questo, visto che in questo Forum ho letto tanti racconti di esperienze personali. Certo, è un po’ fuori tema, e sono stato io il primo ad ammetterlo; lo è però fino ad un certo punto, visto che ogni volta che si parla di Grigi, Rettiliani et similia aleggia un forte senso di paura (giustamente o no, non è questo che intendevo discutere, questo può essere ed è stato oggetto di altre discussioni). Riagganciandomi a questo volevo raccontare la mia, tutto qua.
2) Poi ho detto chiaro e tondo (ma mi vedo costretto a ripetermi) che la paura è un sentimento naturale, quindi è perfettamente inutile che tu lo ripeta molte volte. Lo so già, anzi l’ho detto io per primo.
3) Ho detto che la paura è un sentimento superabile. La paura in generale, non mi sono limitato alla paura della morte, che ho affrontato in seguito. Su questo anche tu ti trovi d’accordo quando lo dici qui
Il punto è che la paura è un sentimento più che naturale.
quindi su questo non ci può essere polemica
4) Sempre io ho detto che è un sentimento associato al corpo ed al senso dell’io. Quindi non vedo l’utilità di ricordarmi con fare polemico che la paura produce reazioni fisiche e biochimiche nel corpo, sono stato io il primo a ricordare questa stretta associazione corpo-istinto di sopravvivenza-paura. Quindi la tua frase
NON capisco e sinceramente non mi interessa tentare inutilmente di comprendere questo rifiuto da parte tua di riconoscere un dato di fatto così elementare
non ha alcun senso e cade completamente nel vuoto rispetto a quanto mi fai notare, io non solo non lo disconosco e non lo rifiuto, ma sono stato il primo a farlo notare nella mia discussione; ma forse tu vuoi andare oltre e oltre (vedi punto c) d) ed e)) ti risponderò.
5) Poi ho parlato del caso limite che la paura possa raggiungere, che è quello della morte. Anche qui ho riportato qualche esempio che illustra come di paure, anche quella della morte, non necessariamente si resti schiavi o dipendenti. Era uno spunto di discussione che si riallacciava (se saputo cogliere) alla tematica paure da Grigio o Rettiliano. Avevo infatti doverosamente premesso di saperne poco o nulla di questo tema, dicendo che sono un “outsider”. Però mi chiedevo come mai in passato si riusciva a superare paure estreme come quelle della morte (un caso tipico: in guerra) ed oggi si possa considerare come estremamente terrificante l’eventuale incontro con un essere diverso da noi; o ancora, facevo notare come molte persone purtroppo vivano nella paura della criminalità organizzata, un timore molto concreto e pesante che secondo me è più temibile di quello che potrebbe sorgere da un eventuale incontro con un essere di un altro mondo. Premesso che non volevo sminuire l’esperienza di nessuno, volevo gettare uno spunto di riflessione e di dubbio: non saranno forse queste paure dell’alieno delle paure esagerate? Cosa c’è di oggettivo che possa giustificarle?
6) Poi, per chiudere il cerchio, volevo riportare una cosa secondo me molto interessante (secondo te no, ok) è cioè il fatto che in tradizioni millenarie vincere la paura (a vari livelli e con vari gradi di intensità, sicuramente) era considerato un passo molto importante. Nella tradizione buddhista Hinayana, specie nella forma più originaria (eremitaggio nella foresta) questo aspetto è sentito sicuramente come importante. Il passo relativo alla tecnica che ho riportato lo trovi in forma esatta nel Majjhima-nikayo, IV (I, 28 e seguenti); altri passi correlati si trovano sempre nel Majjhima-nikayo, CXV(III,128) e nell’Anguttara-nikayo, (III,1) cioè su testi tipici del buddhismo Pali. Questo per dire che non mi sto inventando niente (non rifiuto un bel niente) e che se qualcuno che legge fosse interessato ad approfondire, può andare a leggere lì.
7) Non solo, volevo far notare che queste cose sono rimaste vive fino a tempi relativamente recenti, e riportavo il racconto di Achaan Chah. Nota bene, la prospettiva di andare oltre al vincolo rappresentato dalla paura della morte si ritrova in molte tradizioni ed in forme ora simili ora molto diverse, ma ho riportato questo esempio perché secondo me il buddhismo pali lo fa in forma molto limpida e pura, basandosi solamente sull’uso pacifico del puro pensiero, come peraltro ho fatto notare nel mio messaggio raccontando la storia del noviziato di Chah. E’ ovvio che questa prospettiva non è riservata a tutti. Per il fatto stesso che stiamo parlando del buddhismo delle origini stiamo parlando di una via ascetica rivolta a pochi, non a tutti. Non all’uomo che vive nella società con le prospettive, le paure e gli interessi della società, ma a quei pochi che sentivano come primario l’obiettivo di svincolarsi da ogni legame, compreso quello della paura della morte (che peraltro era solo uno – e nemmeno dei più importanti – vincoli da superare), ma è una via effettivamente calcata con successo da diversi uomini , e Chah ne è un esempio recente ,secondo una tradizione millenaria basata sull’esperienza pratica (quindi sperimentale)
Ora rispondo alle tue osservazioni.
a) Mi fai notare, quasi a rimproverarmi di aver portato la discussione su questo piano (almeno questa è la mia impressione), che non stiamo a fare a gara a chi ha avuto più paura e lo fai qui:
Caro quisquis, se è per quello io l' ho vista in faccia tre volte ma non sto qui a fare a gara
.Ti ricordo ancora una volta che mi sono limitato a rispondere ad una domanda diretta che proprio tu avevi fatto qui
Quisquis, scusa la franchezza: tu hai mai visto la morte in faccia?
E non intendo in senso figurato, ma nel senso: hai mai rischiato di morire?
scendendo tu, non io, su questo piano. Io non amo la teatralità e non parlo di proposito delle mie due esperienze in cui mi sono trovato a pensare di poter veramente morire perché ho pudore di queste cose; non era questo il senso del mio discorso e se in prima battuta non ho capito come ti possa essere venuto in mente, adesso a posteriori credo di capirlo molto bene (vedi punto e).
b) Al che tu ritorni sull’esperienza che ho avuto con il cinghiale,
vedo dalle tue stesse parole che anche nel contesto che hai descritto tu, quando nella foresta hai fatto quel brutto incontro, te la sei fatta sotto ben benino, al punto da "avere la febbre" - parole tue
rimarcando (ancora una volta inutilmente, proprio perché lo avevo detto già io) una cosa che sono stato io per primo ad affermare con chiarezza, e cioè che mi ha fatto una grandissima paura. Certo, e allora? Cosa vorresti dire? Anzi, come ho detto, è stata in assoluto la più grande paura della mia vita (tra l’altro ho avuto cura di distinguere bene paura e dolore) ; anche qui si poteva cogliere facilmente un nesso col discorso che stavo sviluppando: perché questa paura irrazionale? Perché per una manciata di secondi ho pensato che sarei potuto morire, quando invece la situazione non era tale da giustificarlo? Un cinghiale non è un grandissimo problema e alla fine non lo è stato per me, visto che a parte la febbre non mi ha nemmeno ferito. Ma la febbre mi è venuta, perché ho avuto una paura irrazionale, esagerata, smodata (cioè oltre il giusto limite, oltre il modus), una paura alla fin fine ingiustificata, nata da una mia cattiva valutazione di una situazione (ti dice qualcosa la corda che viene scambiata per un serpente?); questo è un vincolo, un limite. Nesso? Facile. Poiché esistono paure esagerate nate da errate valutazioni, forse questa paura dell’alieno non potrebbe rientrare in questa categoria? E qui si poteva discutere.
c) Ma tu mi fai notare che non avere paura di fronte alla morte è anormale.
SE invece sei in pericolo di morire e non provi nessuna paura, QUELLO non è normale.
Io ti rispondo ancora una volta: se questa affermazione viene intesa in senso assoluto io non sono d’accordo, le eccezioni ci possono essere; la logica conseguenza di questa affermazione infatti, se intesa in senso assoluto, è che ogni punto di vista che richiami al coraggio di fronte alla morte sia oggettivamente sbagliato, cosa questa che non considero vera. Non solo, ma con queste premesse significa finire per equiparare tutti quei monaci che, seguendo la tradizione da me indicata, hanno ottenuto degli oggettivi conseguimenti (verificabili da chiunque si voglia dare la pena di conoscere dal vivo gli uomini di questa tradizione nelle sue forme originarie, per la qual cosa non basta certo andare a sfogliare un libro), che una tradizione dall’esperienza pratica millenaria sia solo roba per gente come minimo un po’ toccata e che l’anelito alla libertà (ben distinto dall’anelito alla salvezza che caratterizza il Cristianesimo) tipico del buddhismo originario sia solo roba per gente anormale. Non so se tu pensi questo, se sì su questo terreno mi trovi in totale disaccordo, ed è perfettamente inutile che citi questa o quella enciclopedia (cose arcinote, per altro ricordo ancora una volta che io per primo e non tu ho parlato di base fisica della paura), nella quale poi vorrei vedere come ed in che modo è dimostrato che trasmutare la paura della morte nel suo opposto sia una cosa impossibile a compiersi.
d) E già, trasmutare, questo sembra che ti sia sfuggito. Infatti fin dal mio primo messaggio ho avuto ben cura di parlare di trasmutazione, una cura che tu non hai avuto nel ribattere. Qui infatti il punto non è esattamente, come scrivi tu
SE invece sei in pericolo di morire e non provi nessuna paura, QUELLO non è normale
ma, la possibilità e capacità di trasmutare questa paura. Il punto non è rendersi insensibili alla paura, ma saperla dominare prima e trasmutare poi. Anche qui non vedo dove i testi enciclopedici che hai citato potrebbero costituire una prova contraria a riguardo, fermo restando che per quanto mi riguarda l’esperienza pratica raccolta da una sapienza millenaria e verificabile fa molto più testo di un testo di questo tipo e non ho certo paura di affermarlo.
e) Infine, se era qui che volevi andare a parare, potevi farlo subito e direttamente senza tanti giri di parole, alla fine infatti dici:
mi spiace per te, ma se ti prendi il disturbo di consultare qualunque testo medico, scientifico o enciclopedico, troverai che la paura è un meccanismo naturale di reazione a situazioni di pericolo
Lo sapevo già, quindi non ti dispiacere; anzi, non ti dispiacere anche perché sprechi energie a vuoto, perché il tuo dispiacere non mi raggiunge; io, per esempio, non mi dispiaccio per te; Ripeto, se volevi andare a parare nella scenetta “Scienza contro Superstizione” che traspare dal tuo
E' scienza, semplicemente.
e da quanto lo precede,potevi dirlo subito senza giri di parole, senza nasconderti. Se invece non era qui allora spiegami cosa volevi dire perché io non l’ho capito. Io non mi nascondo, ho subito premesso che andavamo fuori tema (anche se l’aggancio col tema c’era) ed ho raccontato cose che ritengo di grande valore (mi riferisco a Chah, non alla mia disavventura da ridere), proprio perché ci tengo a comunicarle al prossimo. Si può essere d’accordo o meno, ma rispondendo a tema.
f) Ancora, nel mio messaggio dicevo: "Voglio dire che la paura è qualcosa di relativo alle esperienze di ciascuno"; il senso è chiaro, il livello di soglia della paura può variare in base a tanti fattori, tra cui le esperienze di ciascuno, il che si riallaccia al tema della "corda scambiata per serpente" e al tema del giudizio (vedi Epitteto).
g) Infine, a scanso di possibili equivoci, preciso che ovviamente non sto spingendo nessuno ad andare a cercare pericoli di qualcunque tipo, né sto spingendo all'imprudenza o all'avventatezza.
Ti saluto.