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 Oggetto del messaggio: Lega(mi) mafiosi?
MessaggioInviato: 03/12/2010, 23:04 
Castelli di paglia: “Gamma? Sembro io”

Un libro sul leghista "scelto" dalla 'ndrangheta. Il viceministro che fu condannato a rimborsare 33.100 euro per una consulenza "irrazionale e illegittima", dice: "Non c'entro". Retromarcia di Libero: prima titola contro Saviano, poi due suoi giornalisti confermano le sue tesi
“Saviano ha rotto i Maroni”, titolava Libero appena tre settimane fa riportando le dichiarazioni dell’autore di Gomorra, colpevole di aver denunciato che “la ‘ndrangheta al nord interloquisce con la Lega”.


Adesso due giornalisti dello stesso quotidiano pubblicano un libro in cui, attraverso la testimonianza del pentito Giuseppe Di Bella, ricostruiscono l’ascesa al potere della criminalità organizzata in Lombardia. E raccontano come proprio la ‘ndrangheta nel 1990 abbia scelto i cavalli su cui scommettere tra gli emergenti politici del Carroccio, portandoli fino a “importanti incarichi di Governo”, scrivono gli autori di Metastasi Claudio Antonelli e Gianluigi Nuzzi. Quest’ultimo ieri ha anticipato le critiche: “Non è colpa mia né di Libero se al Nord c’è la malavita”. Spiegando che la differenza è che “Metastasi è un’indagine compiuta in un anno di lavoro” mentre “Saviano ha sigillato un assioma televisivo”.

Sempre di fango si tratta, secondo gli esponenti del Carroccio. In particolare per il viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli e Stefano Galli, capogruppo in regione Lombardia: “Tutte fandonie”.
I due si sono sentiti tirati in ballo: sono entrambi nati e politicamente cresciuti a Lecco. La città in cui, secondo quanto ricostruito nel libro, nel 1990 gli uomini del clan di Franco Coco Trovato scelsero un anonimo uomo dell’emergente e ancora sconosciuto Carroccio trasformandolo, negli anni e a sberle di voti, in un politico di rango governativo. “Coco Trovato – ricorda Di Bella – aveva scelto il suo cavallo: è Gamma. Lo dice a tutti. Votare Lega, votare Gamma”. Gli autori di Metastasi nascondono il nome del politico con questo pseudonimo: ‘Gamma’, “nome in codice di soggetto che potrebbe essere sottoposto a indagini – scrivono gli autori – Gamma è una figura che ha ricoperto importanti incarichi di governo”. Non a caso la prima copia del libro è stata consegnata al procuratore Giancarlo Capaldo, capo della Procura di Roma, che ieri ha annunciato l’apertura di un fascicolo.

Se il racconto troverà riscontri, la Lega celodurista della caccia al “terrone mafioso” ne uscirebbe con le ossa rotte. In particolare Castelli. Che da anni racconta la sua città come una zona sana. “Nel 1993 il Comune sconfisse la famiglia Trovato”, ha detto ieri e, intervistato da Enrico Mentana al tg La7, ha invitato Nuzzi “a fare il nome di questo politico”, riconoscendo che “l’identikit si adatta perfettamente a me”. E gli anni coincidono: nel 1990 alle regionali la Lega registra il primo boom (18,9%) e nel 1992 Castelli è eletto per la prima volta alla Camera. “Ma io con Coco Trovato non ho mai parlato”. Nel 2006 “ho ricevuto una lettera con 29 proiettili” ha ricordato, sottolineando che agli amici si inviano altri messaggi. E di amici, l’ingegnere di Lecco, ne sa qualcosa.

Le consulenze a tempo pieno
Da ministro della Giustizia nel secondo governo Berlusconi distribuì talmente tante consulenze, ritenute di dubbia utilità, da finire indagato da procura e Corte dei Conti accusato di un danno erariali di circa un milione di euro. Secondo il procuratore Guido Patti, il ministro Castelli avrebbe creato “la figura del consulente personale a tempo pieno”.
Il Senato e il Tribunale dei ministri negarono l’autorizzazione a procedere, la Corte dei Conti, nell’aprile 2009, lo ha condannato al rimborso di 33.100 euro a titolo di risarcimento erariale, definendo “irrazionale e illegittima” una delle consulenze: quella affidata alla società Global Brain. Società di Alberto Uva, lo stesso finito pochi giorni fa nel mirino della procura milanese per corruzione nella vicenda Teleospedale.

Mazzette in salsa lombarda
Una storia di mazzette lombarde in salsa leghista-ciellina, denunciata da Galli, capogruppo del Carroccio in regione. A lui, Uva ha offerto una tangente da 15mila euro in vista di una gara d’appalto per l’assegnazione della gestione del sistema tv da installare negli ospedali lombardi. Galli si è rivolto prima ai magistrati, poi al Corriere della Sera: “Io certe persone le denuncio, altri danno loro le consulenze”.
Anche Giuseppe Magni, amico e braccio destro di Castelli al ministero, è finito indagati dalla procura di Roma: è stato filmato di nascosto negli uffici dell’imprenditore romano Angelo Capriotti a parlare di appalti ed “esigenze” che, secondo i pm, altro non erano che tangenti.

È poi toccato ad un altro uomo di fiducia di Castelli: l’avvocato Antonello Martinez sorpreso, rivelò Marco Lillo su L’Espresso, a chiedere soldi agli imprenditori del settore carcerario in cambio di una spintarella per gli appalti. In ballo c’erano i 25 nuovi carceri che il Guardasigilli voleva costruire. Tutte vicende legate al periodo in cui è stato ministro, venti anni dopo quel 1990 quando la ‘ndrangheta scelse di sostenere Gamma e portarlo fino al governo.

Da Il Fatto Quotidiano del 3 dicembre 2010

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12 ... %9D/80063/
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MessaggioInviato: 06/12/2010, 14:17 
‘Ndrangheta in Brianza, assessore leghista vende casa al superboss delle discariche

di Eleonora Lavaggi

Si tratta di Giuliano Beretta che non risulta indagato. L'aquirente, invece, è Fortunato Stellitano legato alla cosca Iamonte-Moscato. Il caso è esploso durante una seduta del consiglio comunale di Lissone
Non c’è niente di male nel vendere un appartamento di famiglia. Non c’è nulla di strano se i venditori sono Giuliano Beretta assessore leghista ai Lavori pubblici nel comune brianzolo di Lissone e sua moglie. Tutto regolare anche se poi si scopre che il compratore, Fortunato Stellitano, non è proprio uno stinco di santo e magari è finito in galera per un’inchiesta sulla ‘ndrangheta a Desio.

Da qui si capisce l’imbarazzo del politico padano. La notizia, infatti, viene fuori in un momento in cui fare affari con un calabrese in Brianza ti fa finire dritto sulla lista dei sospetti. Non si dovrebbe preoccupare più di tanto Beretta perché in Brianza c’è gente che per anni ha fatto affari con la parte “malata” della Calabria e ora è sulle barricate della legalità cercando di rifarsi una verginità politica tardiva.

Il caso di Beretta nasce e si alimenta durante l’ultima seduta del Consiglio comunale di Lissone, comune a guida leghista da 15 anni. Quando Ruggero Sala, ex vicesindaco di Forza Italia e ora consigliere di una Lista civica, ha dato dei “collusi con la mafia” ai consiglieri di maggioranza che stavano bocciando la Commissione sulla ‘ndrangheta. Di consiglieri comunali indagati per associazione a delinquere non ce ne sono. Di amministratori neppure. Così quel “collusi” urlato in faccia ai consiglieri di Pdl, Lega nord e Federalismo e Libertà ha suscitato un mare di polemiche, urla e spintoni. Tano che si sono dovuti mettere di mezzo i Vigili. Momento peggiore (se mai dovesse essercene uno migliore) per passare dalle parole ai fatti non poteva esserci.

La benzina sul fuoco l’aveva gettata Ruggero Sala rivangando una cessione di fabbricato a personaggi tutt’altro che raccomandabili da parte di un rappresentante dell’Amministrazione. Nessun nome, ma chiaro il riferimento proprio a Giuliano Beretta. Una sottolineatura che ha dato il là al resto con il lumbard che ha ribadito la necessità “di predisporre un etilometro all’ingresso dell’aula” dando in pratica dell’ubriacone all’ex vicesindaco. Ma è all’esterno del Comune che i due contendenti hanno dato il meglio di sé. La resa dei conti è avvenuta nel piazzale d’ingresso al municipio. Da una parte Sala, dall’altra Beretta, in mezzo un paio di Vigili per smorzare toni ed evitare scambi ravvicinati non proprio edificanti. Tutto attorno, gli altri consiglieri che trattenevano a stento i due contendenti. Dieci minuti buoni di inviti a chiarire la situazione, finché Beretta si è allontanato “scortato” dai leghisti e se n’è tornato a casa non con la propria moto, ma accompagnato in auto non essendo in grado di guidare talmente era accecato dall’ira.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12 ... che/80471/



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