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 Oggetto del messaggio: Il lato sbagliato
MessaggioInviato: 24/09/2011, 03:46 
Il lato sbagliato
di Sandrone Dazieri
http://www.sandronedazieri.it/

E’ una storia di ordinaria immigrazione. Senza violenza fisica.
Per ottenere la cittadinanza nel nostro Paese ci sono sostanzialmente due vie. La prima è quella di essere un calciatore concupito dalla Nazionale, uno sportivo che potrebbe rappresentarci alle olimpiadi o una battona che la dà a qualche ministro. In questi casi, la cittadinanza può arrivare in tempi misurabili in settimane. Per tutti gli altri la trafila dura anni.
Tre anni fa, visto che viveva stabilmente con me in Italia, mia moglie decise di chiedere la cittadinanza. Eravamo consapevoli delle difficoltà. Nei due anni precedenti ci eravamo trovati invischiati in lunghe file davanti alle questura, sotto il sole e la pioggia, per i permessi di soggiorno e di residenza, con momenti di leggera disperazione quando non capivamo qualcosa dei documenti da portare, dei tempi di attesa, dei passaggi giusti da compiere. Abbiamo sempre avuto fortuna, devo dirlo, perché le persone che abbiamo trovato dall’altra parte dello sportello erano persone civili e seriamente dedite a gestire le complessità della burocrazia. Certo, qualche volta davano del tu a mia moglie, che qualche volta aveva più anni di loro, ma questo succede anche con la maggior parte dei tassisti milanesi e con metà delle persone che hanno a che fare con lei. Per un italiano medio essere un migrante è una condizione di minorità: sei assimilato a un ritardato o un adolescente. A volte, io che do del tu a tutti, mi irrito, una volta quasi attaccai al muro un portiere d’albergo e un’altra feci fermare un taxi e dissi al guidatore “Se a me chiama dottore, che non ho la laurea, a lei la chiami dottoressa, che ne ha tre e parla quattro lingue, anche se in questo cavolo di paese la prendono solo a fare lavori di **********”, ma per lo più tollero, perché anche questo è trattare lei da minore o minorato: sa difendersi da sola, e se vedeste dove è cresciuta, che sembra la Detroit di Eminem nella profonda Russia, capireste che ho ragione.
Comunque, tre anni fa circa abbiamo fatto la domanda, e finalmente questa settimana ci è arrivata la lettera dalla prefettura. Domanda accolta. Stavamo già mettendo in frigo lo champagne, quando abbiamo scoperto che per superare l’ultimo step avremmo dovuto portare alla Prefettura di Cremona più o meno tutti gli stessi documenti che tre anni prima avevamo spedito a Roma. Ce li siamo procurati e siamo partiti. Alla Prefettura di Cremona non c’era tanta fila, evidentemente le cittadinanze sono più rade dei permessi di soggiorno, ma il gentile funzionario che ci ha accolto ci ha gelato alzando l’estratto del certificato di matrimonio: non va bene, ci ha detto.“Per quale motivo? C’è scritto che siamo sposati” abbiamo risposto.“Sì, ma dall’estratto io non posso sapere se nel frattempo non avete fatto domanda di divorzio”.
In un mondo ideale, se mia moglie volesse divorziare da me non dovrebbe importare per l’espletamento di una pratica in essere da tre anni, ma nell’Italia di oggi importa, perché rende nulla la domanda retroattivamente. “Quindi cosa serve?”, chiedo.
Il gentile funzionario ci spiega che occorre l’atto integrale di matrimonio, ovvero - e questo ha dell’incredibile – la copia FISICA (leggi fotocopia) della pagina di registro del Comune dove è stato segnato il verbale del nostro matrimonio. Il comune è Bologna, maledizione a noi quando abbiamo deciso di fare i romantici e sposarci nel posto dove ci siamo conosciuti (durante la Fiera del Libro per Ragazzi, lei era la mia omologa della casa editrice Rosman). Quindi ieri sono partito per Bologna. L’impiegato dello Sportello del Cittadino bolognese, alla mia richiesta, si è rannuvolato. “C’è un problema” ha detto. “Gli archivi comunali sono in trasloco e i registri sono tutti impacchettati”. “E quanto tempo ci vorrà perché li spacchettino?”, ho chiesto. “Non lo sappiamo. Venti giorni almeno”.
Ho avuto una leggera vertigine. Perché secondo la richiesta della prefettura, mia moglie avrebbe dovuto portare tutti i documenti entro quindici giorni dal ricevimento della raccomandata. Forse non succederà niente se ritardiamo, ma forse succederà qualche nuova magagna, entrerà in vigore qualche nuova norma della Bossi Fini che prevede l’esibizione di qualche nuovo documento, il superamento di nuove trafile. O magari dovremo rifare tutto da capo.
Non ha un finale questa storia, per lo meno non ancora e so che non è una gran storia. L’umiliazione che mia moglie e io subiamo è niente rispetto alle violenze fisiche che altri migranti subiscono ogni giorno, è niente rispetto al trattamento da lager subiti nei centri di detenzione, a Lampedusa, nelle strade, nei cantieri dove migliaia di migranti lavorano in nero e muoiono. Aspetteremo, rifaremo i documenti, aspetteremo di nuovo e intanto avremo il privilegio di vivere in una casa e avere un lavoro. Però per la millesima volta ho avuto voglia di fare i bagagli e cercare un Paese decente dove andare a vivere.
Dove saremo entrambi migranti, e io non mi sentirò responsabile per quello che fa la mia gente a chi è nato dal lato sbagliato della frontiera.

http://www.sandronedazieri.it/



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MessaggioInviato: 24/09/2011, 21:44 
Confini
http://www.liciatroisi.it/2011/09/23/confini/

Questo post di oggi di Sandrone va alla grande con questo mio che state per leggere.
Dunque, l’università vuole invitare una ricercatrice cinese. Non è una cosa esotica. Come immaginerete, l’università invita ospiti stranieri di continuo. La cosa, che poteva sembrare di prim’acchitto banale e piana, si è lentamente trasformata in una corsa ad ostacoli. Ci vogliono dei documenti. E vabbeh, posso capire. Ci vuole una lettera d’invito, in carta intestata. Poi ci vuole la fotocopia della carta d’identità e del passaporto – tutti e due rigorosamente – di chi invita, il passaporto fotocopiato dal lato della firma. Poi ci vuole una lettera, in originale, in cui l’ospite conferma in prima persona di ospitare l’invitato dalla data tot alla data tot. La lettera d’invito mi lascia basita. Dopo tutti i dati di chi ospita (nome, cognome, lavoro, nazionalità, recapiti di ogni genere) in tono minatorio la lettera ricorda che chi ospita è
consapevole delle conseguenze previste dall’art. 12, comma 1, del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) che dispone: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico è punito con la reclusione fino a tre anni e con una multa fino a 15.500 Euro”
Dopo di chi seguono generalità di chi viene invitato, corredate da recapiti di ogni genere anche qui, e poi tutta una serie di garanzie:
1. occorre indicare dove alloggerà la persona
2. occorre depositare una cauzione a titolo cautelativo
3. occorre dichiarare di poter pagare le spese mediche in caso di infortunio di qualsiasi genere
4. occorre dichiarare l’arrivo dello straniero alla Polizia entro 48 dall’ingresso sul suolo italiano, e all’Ufficio Stranieri entro 8 giorni dall’arrivo
Il risultato è che è un mese che si combatte per ottenere tutti i documenti. Per esempio, la fideiussione bancaria è problematica, dato che ogni cifra che esce da un ente pubblico richiede tonnellate di carta che la giustifichino.
Più passa il tempo e meno io le capisco, queste cose. È proprio il concetto di frontiera, che mi sfugge. Mi sembra un’inutile limitazione della libertà personale, che per altro non serve certo a bloccare i criminali che vogliono entrare o fermare l’immigrazione clandestina. Serve solo a bloccare chi vuole viaggiare per lavoro o per piacere, intrappolandolo in una rete di carte bollate e burocrazia varia. E pensare di fermare così l’immigrazione non è diverso dal credere di poter arginare le onde del mare a mani nude.
Ogni tanto sogno un mondo in cui la circolazione delle persone sia libera, in cui ciascuno possa stabilirsi dove gli pare e piace, e si scelga uno stato che lo rappresenti davvero, e l’essenza dell’uomo non sia legata al posto in cui per caso è nato. Un posto migliore, dove lo scambio di usi e costumi sia incentivato, invece che demonizzato manco fosse l’origine di tutti i mali. Ma figurati, è una pia utopia. E forse lo scopo di tutta questa trafila è tenerci ciascuno confinato nella sua personale prigione, nello stato che devi amare perché ci sei nato, e se sei nato dal lato sbagliato del mappamondo, problemi tuoi. Forse ci vogliono divisi e impauriti, ciascuno arroccato al suo pezzetto di terra, all’oscuro di quanto vasto e splendido sia il mondo, e in quanti modi diversi l’essere umano sia declinato a seconda della latitudine.



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 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 25/09/2011, 00:31 
e' cosi' dappertutto, io in spagna anche come cittadino europeo per avere la cittadinanza , devo aspettare 10 anni.

hehehhe



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« Innanzi a quella foce stretta che si chiama colonne d'Ercole, c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole e da queste alla terraferma di fronte. In tempi posteriori,essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere di un giorno e di una brutta notte tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve. »


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MessaggioInviato: 26/09/2011, 18:44 
Così, mentre non siamo in grado di fermare i delinquenti veri (neanche quelli nostrani, per la verità), rendiamo la vita impossibile a chi il regolare vuole farlo davvero. Come anche per gli italiani: vuoi ristrutturare casa? Mesi di adempimenti. Oppure, pochi giorni, tutto in nero e tutto abusivo. Tanto, c'è sempre il condono pronto...

E' vero anche il discorso uomo-merce. Le famose (?) canottiere cinesi girano tutto il mondo, le persone invece devono starsene a casa loro. Una volta l'idea era che l'uomo fosse ridotto a merce, ora invece l'uomo è considerato meno ancora della merce?

Comunque, se vi doveste trovare ad assumere un dipendente straniero, potete sempre dire che si tratta del cugino di Mubarak. Vedrete che funziona...


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MessaggioInviato: 26/09/2011, 20:07 
Cita:
sezione 9 ha scritto:

Così, mentre non siamo in grado di fermare i delinquenti veri (neanche quelli nostrani, per la verità), rendiamo la vita impossibile a chi il regolare vuole farlo davvero. Come anche per gli italiani: vuoi ristrutturare casa? Mesi di adempimenti. Oppure, pochi giorni, tutto in nero e tutto abusivo. Tanto, c'è sempre il condono pronto...

E' vero anche il discorso uomo-merce. Le famose (?) canottiere cinesi girano tutto il mondo, le persone invece devono starsene a casa loro. Una volta l'idea era che l'uomo fosse ridotto a merce, ora invece l'uomo è considerato meno ancora della merce?

Comunque, se vi doveste trovare ad assumere un dipendente straniero, potete sempre dire che si tratta del cugino di Mubarak. Vedrete che funziona...




Perchè una canottiera non mangia, non ha bisogno di un lavoro nè di una casa. Una canottiera non incide sul costo del welfare nè sul costo per garantire la sicurezza sociale...

.. e la 'via della seta' è un fenomeno antico, dove non gli uomini ma le merci si spostavano tra oriente e occidente. Erano i mercanti con le loro merci a spostarsi e non interi popoli (mentre il fenomeno migratorio nella storia antica è un altro discorso ancora)



_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
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MessaggioInviato: 26/09/2011, 20:39 
Una canottiera, specie se fatta da uno schiavo senza diritti e senza nessun rispetto dell'ambiente, incide eccome. Quello che alcuni vogliono è l'esportazione del modello cinese, non dei cinesi. E' la concorrenza, il libero mercato, già: come se applicare leggi diverse alle stesse situazioni non sia fatto apposta per drogare il mercato e mandare in malora la "libera" concorrenza che libera non è affatto.


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