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 Oggetto del messaggio: Cratere da impatto sull’Appennino meridionale
MessaggioInviato: 04/11/2009, 12:17 
Il dott. Giuseppe Francione, geologo, docente di Scienza della Terra, ha fatto una scoperta, che se venisse confermata, darebbe al nostro Paese un cratere con i “fiocchi”. Non solo per le dimensioni notevoli, ma anche per la forma ellittica che potrebbe riferirsi ad un raro urto quasi radente. Attendiamo con ansia gli ulteriori studi di Giuseppe Francione, che attraverso l’analisi delle rocce dovrà stabilire se esistono le tipiche metamorfosi dovute allo shock da impatto. Andiamo pure avanti con i piedi di piombo, ma le prime immagini e la competenza dello scopritore ci danno grosse speranze. Nel seguito riporto una breve relazione scritta da Giuseppe Francione. (Enzo Zappalà)

Immagine

La scoperta, è stata fatta sulla catena dell’Appennino Meridionale; ci troviamo alle propaggini occidentali di un massiccio avente un’ossatura di natura calcarea. Il versante calcareo in esame è del Mesozoico (Cretacico Sup.), delimita il massiccio con andamento NW-SE lungo il suo lato meridionale, che con brusco aumento dell’inclinazione degli strati (40°) dà origine ad una monoclinale che s’immerge, verso sud-ovest, sotto la formazione flyschoide del miocene. Diversi sono stati gli elementi che hanno spinto lo scrivente ad interessarsi all’area in esame.

Innanzitutto la presenza di anelli semiconcentrici presenti soprattutto al lato ovest della monoclinale carbonatica (ad est sono meno marcati). Ma ciò che ha dato l’imput definitivo alla scoperta, è stata la curiosità di scoprire la causa dei frequenti crolli di massi calcarei di piccole e medie dimensioni, fino ad invadere la sottostante Strada Provinciale, creando diversi incidenti. Prima di eseguire un sopralluogo sull’area, visto che la zona si presenta alquanto impervia e con elevata acclività, sono state studiate le immagini satellitari e queste hanno fatto notare una gran forma geomorfologica ad ellisse.

Nessun fenomeno terrestre che si conosce è in grado di generare una forma morfologica come quella in esame, anche se in un primo momento si è pensato ad una cava di pietre, ad una frana, ad una forma d’erosione glaciale, ad un fenomeno carsico, e solo per ultima ipotesi all’impatto prodotto da un corpo celeste.

Escluse tutte le altre, l’ultima appariva comunque inverosimile, in quanto si sa che la caduta di un corpo celeste sulla Terra produce un cratere a forma di scodella (semisferica), come quello del Meteor Crater in Arizona (USA), e non a forma d’ellisse.

E’ scientificamente provato che solo il volo molto radente di un corpo celeste può dar origine ad un cratere avente forma ad elisse. Nel caso in esame il corpo celeste ha impattato il suolo con un angolo bassissimo, quasi radente ad esso, con un’angolazione che i calcoli indicano molto rara (10° ÷ 15°). Di norma l’impatto che avviene con angoli maggiori, anche se ancora abbastanza bassi, origina comunque crateri aventi una forma quasi semicircolare in quando l’onda d’urto che si genera dall’impatto si propaga in modo semisferico (simmetricamente). In tali casi si mantiene la forma e diminuisce l’energia dell’impatto.

Se ciò fosse confermato dagli ulteriori rilievi in atto, in via di pubblicazione, sarebbe una scoperta di notevole importanza scientifica, non solo perchè sembra essere l’unica in Italia, ma anche per il modo in cui si è verificata.

Immagine

l cratere da impatto scoperto si trova a quota media di 706 metri s.l.m. Oltre al cratere principale, sono stati rinvenuti, al lato Est-Nord-Est, altri quattro crateri/depressioni secondari di piccole dimensioni, di questi solo uno è stato studiato in modo particolare.

Il cratere principale presenta una forma semplice, è formato da una doppia depressione entrambe a forma d’ellisse. In particolare l’ellisse più esterna, poco marcata, ha le seguenti dimensioni: lunghezza asse maggiore 1800 metri, lunghezza asse minore 600 m. All’interno di questa prima elisse, si trova un’altra ellisse, di forma pressoché “perfetta”. Le sue dimensioni sono: lunghezza asse maggiore 920 metri, lunghezza asse minore 400 metri; l’asse maggiore ha la direzione NW-SE. L’area del cratere è di 290 000 mq.

Dai rilievi nell’area del cratere, si evince che esso è privo di scarpata morfologica ad ovest, a nord e a sud, dove il cratere si raccorda dolcemente con il primitivo versante; evidentemente, l’azione modellatrice, operata negli anni dalle acque, dal vento, dalla neve ed altri fattori esogeni hanno cancellato la primitiva forma, indice di un impatto non avvenuto di recente [Fig. 1].

Lungo il tratto dell’orlo (lato est) di uno dei crateri secondari, sono stati trovati diversi frammenti ferrosi sia in schegge sia in piccoli frammenti che risultano “cementati” o “penetrati” nella roccia calcarea [Fig. 2]. I frammenti ferrosi presentano una patina di ruggine e fatti analizzare in laboratorio risultano contenere Fe e Ni. Questo fa presumere che quasi certamente si tratti di un meteorite avente composizione prevalentemente metallica.

Immagine

E’ stato stimato che le dimensioni del corpo impattante che ha dato origine al cratere principale si possano aggirare sui 100 metri di diametro. Tutti i crateri, sia il principale sia i secondari, presentano la direzione dell’asse maggiore con un orientamento da nord-ovest verso sud-est. Ciò porterebbe a ipotizzare che l’area sia stata interessata da uno sciame di meteoriti, più precisamente da un corpo principale da cui si sono separati, durante l’attraversamento della bassa atmosfera, dei piccoli frammenti, che avendo conservato la traiettoria del corpo iniziale, nel cadere hanno originato altri crateri da impatto avendo tutti l’asse maggiore dell’ellisse orientato uguale a quello principale.

L’identificazione sicura di un cratere da impatto è data dal rinvenimento di fenomeni di metamorfismo da shock all’interno del cratere, in altre parole dei cambiamenti chimico-fisici avvenuti nella roccia a causa degli elevati valori dell’energia sprigionata nel momento dell’impatto.

Nel caso di un grosso impatto, si dovranno identificare delle strutture nella roccia chiamate “Shatter-cones”. Sono delle fratture della roccia, avente una forma conica che si rinvengono o isolati o a gruppo nel cratere. Nel caso in esame ne sono stati rinvenuti due, di cui uno ben caratterizzato. Queste forme mostrano in superficie delle striature longitudinali, simile alla trama di una coda di cavallo. Il vertice del cono è rivolto sempre verso il punto in cui è avvenuto l’impatto. Gli Shatter-cones si formano, in rocce a grana fine, quando l’onda d’urto generata dall’impatto attraversa la roccia. In genere le dimensioni che possono raggiungere variano da qualche cm a circa 5 metri di lunghezza, l’angolo del vertice è di circa 90°.

L’impatto di un corpo celeste con il pianeta Terra, anche se di medie dimensioni, libera una notevole quantità d’energia. Basti pensare al meteorite caduto in Arizona (USA) circa 49500 anni fa, che ha lasciato un’impronta a forma circolare il cui diametro è di 1200 metri ed ha liberato energia pari a 20 Megaton, vale a dire 1000 volte quella della bomba nucleare che distrusse la città di Hiroshima. Il suo diametro doveva aggirarsi sui 30-40 m.

Nel caso in esame, le dimensioni del meteorite potrebbero essere di circa 100 m, con un’energia d’impatto certamente superiore, anche se la direzione molto radente rende difficile una semplice estrapolazione. Anche se l’età dell’evento non è ancora stata determinata, utilizzando dei criteri di datazione assoluta con gli isotopi radioattivi, si può ritenere che sia avvenuto nell’Era Quaternaria, ossia nel Pleistocene Med.-Sup.

Ulteriori studi più approfonditi sono ovviamente in atto.

Fonte: astronomia.com


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