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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 26/10/2015, 09:15 
Onestamente inizio a sperare che ciò accada il più presto possibile... a quel punto avremmo due strade da poter percorrere.

O il trionfo del NWO che sfrutterebbe la situazione per ricostituire un sistema ancora peggiore di questo rinascendo dalle proprie ceneri come ha già fatto più volte nel corso della storia...

O il tentativo di realizzare un nuovo sistema socio-economico attraverso modelli alternativi come decrescita felice ed economia del dono propedeutici al ritorno alla natura che manca all'uomo fin dal termine dell'età dell'oro...



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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 26/10/2015, 12:16 
Io vorrei chiedere,

non sarebbe possibile e meno utopistico semplicemente


un ritorno al sistema economico precedente,


basato sulla sovranità, in cui gli Stati e non le banche stampano moneta, in cui lo Stato non può andare in fallimento seguendo le stesse regole di ragioneria di un' azienda, etc etc [?]



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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 26/10/2015, 12:26 
Continuando a inseguire la chimera della "crescita infinita"?!

Impossibile...



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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 26/10/2015, 12:34 
Assolutamente no...

Almeno non fino a che restiamo su questo pianeta - una volta che si ha accesso al resto dell' universo infinito allora la crescita infinita diventa possibile.


Ma ad esempio io so che con il sistema precedente quello che oggi le banche fanno non potrebbero farlo e i banchieri verrebbero puniti con l' impiccagione.

E allora non abbiamo avuto nessuna crisi globale nonostante il paradigma errato della crescita infinita su questo pianeta limitato perchè siamo sempre molto lontani dal raggiungere il livello massimo di sviluppo.


Non si potrebbe semplicemente fare un passo indietro?



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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 28/10/2015, 01:41 
Cita:
SPY FINANZA/ Il Portogallo è pronto a far "ballare" i mercati

Forse scomodare la parole golpe è eccessivo lo ammetto, ma quanto sta accadendo in Portogallo è davvero grave. Sapete benissimo che non sono uno dall'indignazione facile di fronte ai poteri forti, ci sono sempre stati e ci saranno sempre, quindi è inutile gridare ai complotti, però qui c'è qualcosa di diverso in ballo. Ovvero, il residuo minimo di sovranità popolare che la politica, anche quella più deteriore, deve lasciare e ha sempre lasciato.

Per la prima volta dalla creazione della moneta unica, infatti, uno Stato membro ha di fatto vietato alle forze anti-europeiste di poter andare al governo, nonostante ne avessero la forza certificata dal voto libero degli elettori. A casa mia, prosaicamente, si chiama dittatura, ancorché in giacca e cravatta e con la possibilità di recarsi alle urne. Il Presidente portoghese, Anibal Cavaco Silva, si è infatti rifiutato di permettere alla coalizione di centro-sinistra di provare a formare un governo, dopo che questa si è assicurata una maggioranza assoluta alle ultime elezioni: il leader di centro-destra sconfitto, Pedro Passos Coelho, ha ricevuto un mandato esplorativo per cercare una maggioranza, impossibile numeri alla mano, al fine di formare un esecutivo. La cosa grave è che il Presidente lusitano non ha minimamente tentato di mascherare le ragioni della sua decisione: anzi, le ha rivendicate con forza, dicendo chiaro e tondo che era troppo rischioso che la coalizione di sinistra andasse al potere, visto che la sua agenda è in netta antitesi con i desiderata di Bruxelles.

Ecco le parole del presidente: «In 40 anni di democrazia, nessun governo in Portogallo è dipeso dal supporto di forze anti-europeiste, ovvero forze che hanno fatto campagna elettorale chiedendo l'abolizione del Trattato di Lisbona, del Fiscal compact e del Patto di stabilità, oltre che chiedere la fine dell'unione monetaria, riportando il Portogallo ai tempi dell'escudo e la dissoluzione della Nato». Mancano le scie chimiche e il fatto che qualcuno della componente di sinistra abbia abbattuto l'aereo Itavia su Ustica e siamo al completo. Ma non basta: «Questo è il momento peggiore per una cambiamento radicale alle fondamenta della nostra democrazia. Dopo che abbiamo portato avanti un oneroso programma di assistenza finanziaria, con conseguenti pesanti sacrifici, è mio dovere e prerogativa costituzionale fare di tutto per prevenire falsi segnali che siano inviati alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati».

Lo chiedo a voi, cari lettori: vi pare normale che un presidente della Repubblica decida di imperio che chi ha vinto le elezioni non possa governare, solo perché sgradito ai mercati e alle istituzioni europee? Viviamo in un mondo in cui i governi li scelgono, a prescindere, gli investitori e non i cittadini? Certo, è così e lo sappiamo purtroppo, basti ricordare quanto accaduto nel novembre 2011 nel nostro Paese e i tre governi non eletti che si sono succeduti, tutti in linea perfetta con i diktat europei, ma almeno fino a oggi si parlava di "bene del Paese" e si utilizzava il mantra del "ce lo chiede l'Europa", oggi siamo al diniego gridato in faccia senza tanti scrupoli.

Come ha scritto Ambrose Evans-Pritchard sul Daily Telegraph, con il caso portoghese l'Europa ha davvero varcato il Rubicone della democrazia? Penso di sì, ma il tentativo di golpe per ora è fallito, visto che il Parlamento portoghese ieri ha sfiduciato il neo-governo di minoranza. Che fare, quindi? La palla passa nuovamente al presidente della Repubblica, il quale deve decidere a chi affidare un secondo mandato per formare un governo: cosa farà? Ignorerà di nuovo il risultato delle urne oppure affiderà un mandato esplorativo alle forze della sinistra per vedere se sono in grado di creare un esecutivo solido con i numeri di cui beneficiano?

Se a prevalere fosse questa seconda ipotesi, prepariamoci a movimenti sui mercati: finora lo spread lusitano è rimasto fermo, visto che i +6 punti base di ieri sono nulla, ma ricorderete come la settimana scorsa vi abbia parlato dei derivati sui tassi di interesse contratti da quattro municipalizzate portoghesi dei trasporti con Santander: a occhio e croce, il processo in corso a Londra e che durerà altre tre settimane, potrebbe conoscere sviluppi favorevoli alla banca spagnola se per caso le forze anti-Ue portoghesi dovessero riuscire nel loro intento di formare un esecutivo cui far votare le fiducia, alla faccia del presidente Cavaco Silva. A quel punto sì che lo spread salirebbe e, peggio ancora, comincerebbe la danza macabra dei credit default swaps, i derivati di distruzione di massa che hanno garantito l'innesco e l'accelerante all'incendio doloso del debito sovrano europeo quattro anni fa.

La cosa ancora più inquietante è che il presidente della Repubblica ha poi rafforzato la sua argomentazione dicendo che la grande maggioranza dei portoghesi non ha votato per misure che impongano il ritorno all'escudo o che implichino uno scontro frontale con Bruxelles. Vero, peccato che democrazia imponga che si leggano i numeri e ci si comporti di conseguenza: il cosiddetto "Blocco di sinistra", piaccia o meno, ha portato a casa il 50,7% dei voti e controlla l'Assembleia portoghese e questo risultato lo ha ottenuto dicendo chiaro e forte basta all'austerity e alla politica di tagli salariali. Quindi, il ragionamento vale anche al contrario, visto che i 28 seggi in meno del centro-destra parlano la lingua della sfiducia nei confronti di una politica cieca e tutta orientata verso il soddisfacimento delle richieste europee.

Inoltre, in base alla legge portoghese, nel Paese non si potranno tenere nuove elezioni prima della seconda metà del prossimo anno, quindi si rischia quasi un anno di paralisi politica in una nazione la cui fragilità economica e finanziaria è conclamata: un perfetto esperimento europeo di imposizione delle regole, ancora meglio dell'Italia vassallata del 2011.

Certo, come vi ho detto finora è tutto calmo, visto che la Bce sta comprando debito lusitano attraverso il suo programma di Qe, quindi andare front-load contro gli acquisti di una Banca centrale appare un suicidio annunciato anche per il più sfrontato degli hedge fund, ma, come vi ho già detto, ci sono altri modi di accerchiare un Paese sui mercati e penso che i credit default swaps saranno molto ambiti, se lo stallo politico proseguirà. E una volta che l'innesco sarà partito, basterà soltanto una parola di Mario Draghi rispetto all'eligibilità del debito lusitano per l'acquisto in caso di downgrade dei suo rating e outlook (cosa che le "tre sorelle" possono fare a comando, quando serve) e la situazione precipiterà a tal punto da permettere al Presidente della Repubblica anche atti di imperio, come l'imposizione di un governo di coalizione centrodestra-socialisti che lasci all'opposizione le ali estreme più anti-europeiste.

Mi sbaglierò, ma mi sembra un copione perfetto, tanto più per un Paese con il debito pubblico al 127% del Pil e in salita e il debito totale (pubblico+privato) addirittura al 379%, peggio che la Grecia, al netto di liabilities verso investitori esteri pari a oltre il 220% del Pil. La vittima ideale, l'esperimento perfetto in attesa del grande appuntamento di dicembre con le elezioni in Spagna, dove Ciudadanos e Podemos rappresentano una minaccia ben più grande del blocco di sinistra lusitano per le mire egemoni di Bruxelles sulle politiche degli Stati membri. Non sarà che questi partiti, magari involontariamente e in buona fede, stiano però operando da gate-keeper, ovvero da garanti dello status quo proprio attraverso le loro politiche formalmente anti-Ue ma talmente sconclusionate da divenire atti di rilegittimazione della vecchia politica e degli antichi equilibri? Ovvero, non si sta operando una sorta di operazione caos al fine di portare la gente a preferire il vecchio che garantisce però un minimo di stabilità e mercati mansueti?

Più passa il tempo e più mi pongo questa domanda, spesso anche di fronte a certe uscite e certi atteggiamenti del Movimento 5 Stelle. Una cosa è certa, la frattura in seno all'Ue è in atto e non si capisce come politiche miopi possano sanarla: forse sarà la prossima ondata di crisi globale a darci una risposta e farci capire quale sarà il nuovo equilibrio politico ed economico. Sembra tutto scritto, sembra una sceneggiatura perfetta.




http://www.ilsussidiario.net/News/Econo ... ti/650013/


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 28/10/2015, 13:35 
Al contrario del governo polacco, che si vuole smarcare dall' Europa solo per dipendere direttamente da Washington,

la coalizione vincitrice in Portogallo è sia euroscettica che a favore della uscita dalla NATO.


Ecco perchè faranno di tutto per impedire che arrivino al governo e per sabotarli una volta che ciò accadesse.



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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 28/10/2015, 16:57 
Molti dei problemi alla base della crisi del 2008 rimangono irrisolti

Il mondo non si è pienamente ripreso dai problemi del 2008, il che significa che un'altra crisi è possibile, afferma il direttore generale della China Banking Regulatory Commission, Min Liao.

"E' probabile che il mondo dovrà affrontare un'altra crisi finanziaria globale nei prossimi cinque anni. Il motivo sta nel fatto che molti dei problemi alla base della crisi del 2008 rimangono irrisolti. Le fragilità sono ancora lì, ad esempio nel sistema bancario ombra, nell'alto indebitamento, la mancanza di riforme strutturali, la sostenibilità dei mercati emergenti e ad alta frequenza ", ha detto Liao in un'intervista in occasione del vertice sull'agenda globale del World Economic Forum.

"L'economia reale non può recuperare al livello pre-crisi nel prossimo futuro, e rimane incerto se un inasprimento dei regolamenti sia in grado di controllare i rischi provenienti da un sistema bancario ombra e tecnologie dirompenti. Pertanto, la prossima crisi potrebbe nuovamente coglierci impreparati", ha detto l'economista.

Liao ha sollecitato l'inasprimento delle norme internazionali in materia di sistema bancario ombra, che vede come una minaccia per l'economia globale.

"Le recenti turbolenze del mercato azionario cinese testimoniano i rischi provenienti da un sistema bancario ombra, che è armato con le nuove tecnologie. La preoccupazione è la stessa negli Stati Uniti e in Europa", ha aggiunto.

Nel mese di settembre, un team di analisti di Goldman Sachs ha pubblicato un rapporto dicendo che la crisi finanziaria globale è entrata nella sua terza fase. Questa fase è caratterizzata da prezzi estremamente bassi delle materie prime, la crisi economica in Cina e di altre economie emergenti, e una bassa inflazione globale.

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... 2&pg=13169


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 30/10/2015, 01:54 
Cita:
Deutsche Bank: perdita record a 6 miliardi. Maxi piano di tagli

Immagine

Un rosso da 6,01 miliardi nel terzo trimestre sta penalizzando il titolo Deutsche Bank sulla piazza di Francoforte, dove cede il 3,50% circa. A far scattare le vendite anche l’annuncio della sospensione del dividendo per gli anni 2015 e 2016 e oneri di ristrutturazione per 3,8 miliardi di euro. D’altra parte si tratta di una perdita netta record per l’istituto tedesco, causata da importanti svalutazioni e nuove previsioni di rischi giuridici. Basti pensare che nello stesso periodo dell’anno precedente il gruppo aveva perso “solo” 94 milioni di euro.

In realtà non è stata una doccia fredda per il mercato, perché il management aveva già annunciato la cifra provvisoria a metà ottobre. La banca tedesca ora corre ai ripari e vara un piano di riassetto con drastici interventi: sopprimerà novemila posti di lavoro e ritirerà la propria presenza in dieci paesi. L’obiettivo è quello di arrivare a risparmiare 3,8 miliardi entro il 2018.

I tagli all’organico

Deutsche Bank sopprimerà 15mila posti di lavoro, di cui 9mila a tempo indeterminato, e ritirerà la propria presenza in dieci paesi. L’obiettivo è quello di arrivare a risparmiare 3,8 miliardi entro il 2018. Il gruppo bancario tedesco ha comunicato che uscirà da Argentina, Cile, Messico, Perù, Uruguay, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Malta, Nuova Zelanda. In Europa, la banca rafforzerà la sua presenza puntando su sinergie tra Private Banking e Wealth Management. È prevista una riduzione di 200 filiali in Germania. L’Italia, in questo quadro, rimane un mercato chiave per Deutsche Bank e qualsiasi rumor di un presunto ritiro è totalmente infondato. Il piano al 2020, in realtà, è ben più drastico e prevede un taglio del numero dei clienti serviti dalla divisione investment banking del 50%.

Il processo di ridimensionamento di Deutsche Bank, inoltre, comprende anche 19mila esuberi di Postbank, conseguenza della cessione delle poste tedesche annunciata da DB. Nel periodo che va dal 2015 al 2018, le unità di lavoro passano da 103 mila in totale a 77 mila, cioé 26 mila unità di differenza che risultano da ottomila assunzioni in due tranche e, di contro, 34mila tagli. Queste cifre, appunto, includono anche i 19mila posti di Postbank. Mentre la riduzione netta dei posti “bancari” è pari alle 9mila unità, già annunciate.

L’ad prevede due anni difficili

I due anni a venire non saranno semplici, anzi. Il nuovo amministratore delegato di Deutsche Bank, John Cyran, prevede infatti un bienni complesso per la banca. «Non penso che il 2016 e il 2017 saranno anni forti» ha dichiarato Cyran, aggiungendo poi: «Non abbiamo problemi di strategia. Sappiamo esattamente cosa fare e dove andare, ma abbiamo avuto grossi problemi ad implementare i nostri obiettivi». Il co-ceo dell’istituto, Juergen Fitschen ammette che la banca non ha fatto abbastanza per riformarsi: «I cambiamenti culturali vanno riempiti di contenuti. Questo è solo l'inizio». Cyran non nasconde la necessitàpoi di legare maggiormente le retribuzioni degli addetti ai profitti piuttosto che alle entrate. Riguardo al pagamento di bonus, Cyran rimanda ogni decisione al consiglio di supervisione.


http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... d=ACb74YPB


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 18/11/2015, 01:29 
Cita:
Commercio mondiale al collasso
17 novembre 2015, di Daniele Chicca

NEW YORK (WSI) – Di solito quando l’attività economica è in salute, c’è maggiore domanda di beni e servizi nel mondo. Quando invece l’economia è in fase di contrazione, c’è meno domanda. È un principio fondamentale di macroeconomia, che stabilisce la stretta relazione tra le grandi forze economiche a quelle industriali e del commercio.

Gli analisti e gli investitori sembrano però non averlo ben chiaro come concetto, dal momento che l’azionario americano, seppur in calo nell’ultimo mese, attraversa ancora una fase rialzista. Il tutto nonostante le prospettive di un rialzo dei tassi della Federal Reserve, il primo in oltre nove anni, e la crisi dei mercati emergenti.

Da inizio anno le attività del commercio mondiale si sono contratte dell’8,4% e negli ultimi 30 giorni l’indice Baltic Dry, cartina al tornasole delle attività commerciali delle navi cargo, è crollato. Un mese fa scambiava in area 809 punti, ora ne vale solo 628.

Alcuni numeri delle singole potenze economiche mondiali fanno particolare paura. Le esportazioni tedesche sono in ribasso del 18% circa in settembre, mentre le esportazioni Usa sono in flessione del 10% nell’ultimo anno di tempo. La Cina, intanto, ha da poco pubblicato dati allarmanti su export e import (vedi grafico sotto riportato). La domanda di materie prime, come l’acciaio, è in continuo calo.

Immagine

Ma se l’economia mondiale è in ripresa, come mai i dati sulle attività commerciali sono così brutti? Molto semplicemente perché, come spiega a Bloomberg il Ceo di Maersk, Nils Smedegaard Andersen, la crescita in realtà è molto più debole di quella che i numeri ufficiali sembrano indicare.

Il top manager ha spiegato che se le società come la sua stanno facendo fatica è perché:

“l’economia mondiale sta crescendo a un ritmo più lento di quello che il Fondo Monetario Internazionale e altre organizzazioni prevedono. Siamo convinti che la crescita globale stia subendo una frenata. Le attività commerciali sono nettamente più deboli di quello che sarebbero normalmente se le previsioni di crescita fossero realistiche”.

I mercati finanziari mondiali possono continuare ancora a correre, ma non possono nascondersi per sempre dietro a cifre macro fittizie. I numeri drammatici del commercio globale finiranno per avere il loro peso. Gli investitori devono stare attenti a non farsi trovare impreparati.


http://www.wallstreetitalia.com/commerc ... -collasso/


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 23/11/2015, 20:00 
Cita:
Alba di una nuova crisi in USA? Debiti famiglie vicini ai record del 2008

Alba di una nuova crisi in USA? Debiti famiglie vicini ai record del 2008
(Teleborsa) - Debito record per le famiglie americane, il cui sbilanciamento passivo torna sui livelli record del 2008, quando la crisi finanziaria si propagò all'economia travolgendola, proprio a causa dei forti debiti privati.

Stando ad un rapporto della Fed di New York, l'indebitamento delle famiglie ha toccato i 12.070 miliardi di dollari, con un aumento di oltre 200 miliardi in un solo trimestre, collocandosi appena sotto (-5%) il record di 12.680 miliardi del 2008.

Sono sempre i mutui ad aver innescato la spirale rialzista, oltre ai prestiti chiesti per sostenere gli studi universitari e l'uso delle carte di credito, proprio come avvenne nel biennio 2007-2008, quando la crisi dei subprime sfociò nella crisi finanziaria vera e propria, che raggiunse il culmine con il fallimento di Lehman.

Cresce moltissimo però la porzione di finanziamenti per l'acquisto dell'auto, che sono lievitati oltre i mille miliardi di dollari, complice il boom registrato dal mercato delle quattro ruote.

Anche sotto il profilo della qualità la situazione è leggermente preoccupante, in quanto aumentano i prestiti concessi ad individui con un merito di credito negativo, anche se il rischio è ridimensionato dal fatto che la parte relativa ai mutui immobiliari è inferiore al 2008.


http://www.teleborsa.it/News/2015/11/20 ... 8-173.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Collasso Economico Globale
MessaggioInviato: 24/11/2015, 20:31 
Cita:
Caos e crisi migranti possono essere l’inizio della fine per l’Unione Europea
EUROPA UE, NEWS martedì, 24, novembre, 2015



Zerohedge riporta un breve riassunto di tutte le crisi attualmente in corso in Europa. Scorrendola non si può non essere d’accordo con Tyler Durden quando afferma che oramai nel vecchio continente regna il caos e che la crisi dei migranti possa essere l’inizio della fine per l’Unione Europea, con il ritorno alle sovranità nazionali (come notato da Sapir). VOCI DALL’ESTERO

Immagine

di Tyler Durden, 11 ottobre 2015

Da quando è stata creata l’Unione Europea, e il suo cugino mutante, l’Eurozona a moneta comune, sembra che l’Europa sia stata in un costante stato di crisi… che, come una profetica presentazione di AIG prevedeva, è esattamente ciò che è successo fin dal primo giorno. Ma mentre la Grecia non è più una fonte di stress, ora che l’insolvente paese mediterraneo si è arreso e ha ceduto la sua sovranità ai suoi signori europei, l’Europa si trova in quella che molti dicono sia una crisi ben più grave – quella in cui la sovranità culturale dell’Europa è a rischio a causa di un’ondata senza precedenti di migranti dal Medio Oriente, che stanno entrando nel continente, a migliaia ogni giorno.

Per coloro che non sono stati al passo, e anche per coloro che lo sono stati, qui per gentile concessione di ohboywhatashot, c’è una “sintesi in 60 secondi” su come quest’ultima crisi stia colpendo almeno 23 paesi in tutto il vecchio continente, e su come, mentre l’Unione Europea sta gradualmente diventando una “Disunione”, una cosa come al solito regni: il caos.

La crisi Europea

Islanda: non vuole più aderire all’Unione Europea. Ha fatto arrestare 26 banchieri.

Regno Unito: referendum sulla permanenza nell’Unione Europea a Giugno 2016. Il partito anti UE è alto nei sondaggi

Olanda: referendum sul trattato tra Ucraina e Unione Europea ad Aprile 2016. Il partito anti UE e anti immigrati è il primo partito nei sondaggi

Francia: Il partito anti UE e anti immigrati è il primo partito nei sondaggi

Portogallo: Il partito anti UE è stato il più votato alle elezioni di Ottobre 2015. Il Portogallo ha proibito ai partiti anti UE di prendere il potere. Il governo è caduto di nuovo a Novembre 2015. E’ quasi in bancarotta

Romania: rivoluzione a Novembre 2015. Il primo ministro e il governo si sono dimessi a seguito di massicce proteste contro la corruzione.

Polonia: il partito anti-UE ha vinto la maggioranza assoluta nelle elezioni di ottobre 2015

Ungheria: il governo non da più ascolto in alcun modo alla UE. Il paese ha chiuso tutte le frontiere ai rifugiati. I media mainstream europei ne parlano solo negativamente.

Austria: il paese ha chiuso alcune frontiere ai rifugiati. Ha avvertito la UE dell’insostenibile situazione dei profughi

Svizzera: non vuole aderire all’Unione Europea. Il partito svizzero anti UE e anti immigrati ha vinto le elezioni di Ottobre 2015

Spagna: la Catalogna vuole diventare una repubblica autonoma. Il parlamento catalano appoggia la dichiarazione di dividersi dalla Spagna. Il partito anti UE è alto nei sondaggi.

Italia: il partito anti UE è alto nei sondaggi. La crisi dei rifugiati si è intensificata nelle isole italiane.

Grecia: in bancarotta, disoccupazione giovanile oltre il 50%. La crisi dei rifugiati si è intensificata nelle isole greche.

Germania: la Merkel vuole accogliere ancora più immigrati. Alcune frontiere sono chiuse. Le dimostrazioni dell’estrema destra guadagnano popolarità

Svezia: uno dopo l’altro vengono bruciati i centri d’accoglienza per i migranti. Il primo ministro ha avvertito che la situazione sta diventando insostenibile.

Finlandia: il partito anti UE è il più votato alle elezioni di aprile 2015. la Finlandia che discute il “Fixit” è l’ultimo atto d’accusa contro l’euro

Danimarca: alcune frontiere sono chiuse. Il partito anti UE e anti immigrati è il più votato alle elezioni di Giugno 2015. La Danimarca rifiuta di ascoltare le autorità europee sul numero di rifugiati da ammettere.

Lussemburgo: il ministro degli esteri avverte che la UE potrebbe collassare in pochi mesi.

Croazia: il partito anti immigrati croati ha vinto le elezioni di Novembre 2015. Nascono tensioni tra Croazia e Serbia a causa dei rifugiati

Slovenia: l’Austria ha costruito delle barriere alle frontiere con la Slovenia. La Slovenia chiede aiuto alla UE per far fronte all’afflusso di migranti

Repubblica Ceca: alcune frontiere sono chiuse per i rifugiati. Cerca di mandare i rifugiati indietro verso il primo paese UE in cui sono entrati. Non da più ascolto alle UE.

Slovacchia: alcune frontiere sono chiuse per i rifugiati. Cerca di mandare i rifugiati indietro verso il primo paese UE in cui sono entrati. Non da più ascolto alle UE.

Serbia: tensioni tra Croazia e Serbia a causa dei rifugiati. La Serbia non può far fronte alle decine di migliaia di rifugiati e migranti


http://www.imolaoggi.it/2015/11/24/caos ... e-europea/


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La Finlandia è il nuovo grande malato d’Europa nonostante la tripla A. E l’euro non c’entra

Dopo la Grecia, la Finlandia: il paese nordico rischia di diventare il nuovo grande malato della zona euro sotto il peso della crisi economica prima, e della guerra in Ucraina, dopo. Il paese che quest'anno ha infatti segnato la peggiore performance economica in Europa dopo quella ellenica, si legge in un articolo del Wall Street Journal, segnando una flessione del pil dello 0,6% nel terzo trimestre, con il rischio di chiudere l'anno in recessione per il quarto anno consecutivo. Dal 2008 Helsinki ha bruciato il 6% del pil, peggio ha fatto solo l'Italia perdendo l'8%. Un risultato che stupisce quello della Finlandia, Paese il cui debito sovrano gode ancora del raro riconoscimento della tripla A di rating, con un debito pubblico in rapporto al Pil relativamente modesto al 62% e considerato dal World Economic Forum tra le prime 10 economie più competitive del mondo. Eppure Helsinki accusa segni di forte stress.

E la via più facile è dare la colpa all'euro, sebbene le responsabilità vadano cercate nella struttura economica del paese. I detrattori della moneta unica ritengono che la valuta comune abbia contribuito ad una serie di shock degli ultimi anni: innanzitutto l'implosione di Nokia, primo datore di lavoro della Finlandia; il crollo del settore della carta; lo scoppio della bolla delle materie prime. Ma il colpo di grazia di recente l'ha inferto il regime di sanzioni dell'Ue alla Russia che ha messo in ginocchio il più grande mercato di esportazione europeo verso Mosca.

Il risultato finale à stato una riduzione di un terzo dell'export del paese, bruciando il forte surplus commerciale della Finlandia. E semplicisticamente, osserva il Wsj, si tende a pensare che se la Finlandia avesse mantenuto la propria moneta avrebbe potuto rispondere a questi shock svalutando la valuta, sulla scia di quanto fatto da Regno Unito e Svezia in occasione della crisi finanziaria del 2008 con benefici sul pil. Ma l'impatto sul Pil di Londra e Stoccolma, solo apparentemente era legato alla mancata membership alla divisa comune.

Per capire la ripresa di Svezia e Gran Bretagna bisogna riconoscere la flessibilità delle rispettive economie, strutture solide ma dinamiche che hanno permesso al pil di tornare a crescere dopo la crisi. E a riprova del fatto che l'euro non c'entri molto concorre il fatto che le due economie che oggi segnano il ritmo di crescita più veloce fanno parte del club dell'euro: Irlanda e Spagna. La virtuosa Finlandia d'altra parte ha tratto dall'adesione all'euro il beneficio di costi di finanziamento irrisori visto il basso livello del suo debito, il che equivale a credibilità agli occhi degli investitori e delle agenzie di rating. Il problema della Finlandia dunque non è stato l'euro ma non essere riuscita a rendere più flessibile la sua struttura economica.

Al contrario ad esempio di quanto ha fatto la Svezia che ha ampiamente smantellato il modello sociale scandinavo tradizionale dimezzando la spesa sociale dagli anni Novanta ad oggi, riformando le pensioni e liberalizzando il mercato. In Finlandia invece la spesa pubblica è rimasta elevata, al 59% del Pil, e il mercato del lavoro è tra i più rigidi del mondo. Questo è il motivo per cui il costo del lavoro resta alto (il 20% in più rispetto alla Germania) e la produttività arranca.

Il tutto a fronte di un generoso sistema di benefici sociali per il quale la popolazione in età lavorativa economicamente attiva è di cinque punti percentuali più bassa della Svezia, un problema grave per un paese la cui forza lavoro è già calo a causa del profilo demografico peggiore dell'Ue. Oggi la sfida della Finlandia è dunque avviare profonde riforme strutturali: della pa, del mercato del lavoro e del welfare per consentire al paese di tornare a competere in un'economia globale. Questo sarebbe essenziale indipendentemente dal fatto che resti o no nell'euro.


http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=ACI7ajjB


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MessaggioInviato: 30/11/2015, 19:49 
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L’Fmi promuove la Cina: lo yuan entra tra le valute di riserva

FRANCOFORTE - Il Fondo monetario ha approvato oggi l'inclusione dello yuan, la moneta cinese, nel paniere delle valute di riserva. La decisione è stata presa dal consiglio esecutivo, che riunisce i rappresentanti dei Paesi membri dell'istituzione di Washington, e ha aggiunto lo yuan a dollaro, euro, yen e sterlina come componente dei diritti speciali di prelievo, la valuta di riserva dello stesso Fmi.

L'annuncio (che avrà effetto dal 1° ottobre 2016, per consentire una transizione ordinata) segue una raccomandazione avanzata il mese scorso dallo staff del Fondo monetario, secondo cui lo yuan soddisfa i requisiti di essere una moneta ampiamente utilizzata nel commercio internazionale e «utilizzata liberamente». Questo secondo punto è più controverso, in quanto alcune misure di liberalizzazione sono state approvate solo recentemente.

Anche se i criteri per l'ammissione dello yuan nel paniere dei dsp sono tecnici in senso stretto, la scelta dell'Fmi è legata anche a considerazioni di tipo politico in senso lato. La Cina è ormai la seconda economia mondiale alle spalle degli Stati Uniti (la prima, in base ai calcoli effettuati secondo la parità di potere d' acquisto) ed è nettamente sottorappresentata nel capitale del Fondo monetario, in quanto l'aggiustamento delle quote, approvato nel 2010 e che riconosce il maggior peso globale di Pechino e di altre economie emergenti, è tuttora bloccato dal Congresso degli Stati Uniti, che hanno potere di veto. Uno stallo che limita la rappresentatività dell'Fmi.

L'inserimento dello yuan fra le valute di riserva è in qualche modo una compensazione per il mancato aumento della quota e un tentativo da parte dei vertici del Fondo di mantenere buone relazioni con Pechino. È anche un segnale di fiducia che le autorità cinesi continueranno sul percorso delle riforme economiche, alcune delle quali realizzate proprio in funzione dell'ammissione della valuta nei dsp, nel momento in cui l'economia rallenta e le turbolenze sui mercati finanziari cinesi hanno avuto ripercussioni su quelli mondiali, anche per l'incertezza nella risposta da parte di Pechino.

Le istituzioni internazionali si confrontano con la possibilità che, senza un riconoscimento del proprio ruolo, la Cina finisca per bypassarle, come è avvenuto nella creazione della banca per le infrastrutture (Aiib), che di fatto supplisce agli interventi della Banca mondiale, dove pure l'aumento della quota cinese e degli altri emergenti è bloccato dal Congresso Usa.

Oltre al valore simbolico del riconoscimento alla Cina del ruolo di potenza economica, l'inserimento dello yuan nei dsp ha alcune importanti conseguenze pratiche: dovrebbe infatti produrre un graduale flusso di fondi sullo yuan da parte delle banche centrali, dei fondi sovrani e delle altre istituzioni multilaterali, flusso che in parte è già cominciato (una settantina di banche centrali hanno investito parte delle loro riserve ufficiali in yuan). La sola riallocazione di un 1% delle riserve internazionali sullo yuan significherebbe un flusso di 80 miliardi di dollari l'anno.


http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... d=ACP9f4jB


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Quanto costa alla Germania la crisi dei migranti
3 dicembre 2015, di Alberto Battaglia

MILANO (WSI) – Dopo quel volto riverso sulla sabbia, quello del piccolo Aylan la cui morte ha commosso l’Europa, molti altri esuli hanno inseguito il suo stesso sogno. La fiumana di migranti ha quindi trovato il suo spiraglio, nella rotta balcanica e ha raggiunto in massa la più ambita delle destinazioni: la Germania. Quali conseguenze economiche porterà questo imponente arrivo, quali costi e quali opportunità?

Sono le domande che da diverse settimane si pongono il governo tedesco e diversi istituti di ricerca. La realtà, purtroppo, è meno rosea di quanto i facili ritornelli sui vantaggi dell’immigrazione abbiano cercato di convincere l’opinione pubblica. Il caso tedesco è e sarà sicuramente emblematico per comprendere come, al netto delle considerazioni politiche ed umanitarie, l’afflusso di richiedenti asilo incida sull’economia del paese ospitante.

Le ultime stime sull’ingresso dei richiedenti asilo in Germania sono cresciute, dalle 800mila unità previste, a 1,1 milioni per il solo 2015. Un documento dell’agenzia federale del lavoro, tenuto in un primo momento riservato, si aspetta pertanto 400mila nuovi aventi diritto ai sussidi sociali per l’anno prossimo. Secondo le statistiche dell’Agenzia, in aperto contrasto con la vulgata dei siriani altamente istruiti, l’81% dei migranti non è in possesso di alcun titolo di studio.

Saranno di 21,1 miliardi di euro nel solo 2015 i costi complessivi sulle casse pubbliche, secondo l’istituto Ifo di Monaco, tra vitto, alloggio e educazione per i migranti. Ancora più oneroso è, invece, il calcolo dei costi elaborato dal German Council of Economic Experts (l’organo collegiale dei cinque “saggi” nominati dal governo) che arriva a 22,6 miliardi. Secondo i “saggi” del Consiglio entro il 2020 saranno 500mila i migranti che si uniranno alla forza lavoro, mentre altri 350mila probabilmente saranno disoccupati.

Il punto fondamentale è, però, l’accesso al lavoro per i richiedenti asilo. Per agevolare l’ingresso dei migranti nel mercato del lavoro sia gli studiosi dell’Ifo sia quelli del German Council of Economic Experts si sono espressi contro il salario minimo tedesco, recentemente stabilito a 8,5 euro orari. Una settimana fa, tuttavia, il vicecancelliere, Sigmar Gabriel ha smentito ufficialmente che il salario minimo possa essere oggetto di modifica, anche per evitare la narrativa della guerra tra poveri. Mentre i costi economici sono pienamente gestibili grazie alle solide finanze tedesche, non può dirsi lo stesso per quelli politici con la popolarità della cancelliera Angela Merkel in caduta al 48%, proprio a causa delle politiche d’accoglienza disapprovate dal 47% dei tedeschi.
Parla un ricercatore dell’Ifo di Monaco

Michele Battisti, ricercatore dell’Ifo e studioso dell’economia dell’immigrazione offre un quadro più completo sulla questione migratoria in Germania e non solo.

Dottor Battisti, dai dati sembra emergere che il livello d’istruzione dei migranti, siriani inclusi, sia piuttosto basso...

La Siria è sicuramente un Paese più progredito, ma i suoi livelli di scolarizzazione non sono paragonabili a quelli europei. Il messaggio che è passato dai media, per i quali i siriani sarebbero tutti ingegneri nucleari è del tutto sbagliato. E’ molto forzato ritenere che la Germania abbia agito per un mero ritorno economico a breve termine.

L’integrazione dei richiedenti asilo quanto sarà impegnativa?

Non pensiamo che sarà così facile integrare queste persone, non lo diciamo per dare una visione negativa del fenomeno, ma al contrario per facilitarne l’inserimento nel mercato del lavoro. In particolare per quanto riguarda il salario minimo, introdotto di recente e pari a 8,5 euro orari, noi pensiamo che sia improbabile che i migranti abbiano fin dall’inizio le competenze sufficienti per poter trovare lavoro a quella cifra. Il salario minimo potrebbe essere un freno per le loro possibilità lavorative. Avanziamo quindi l’ipotesi di creare tipologie contrattuali per queste persone che possano andare al di sotto del salario minimo.

Più in generale cosa possiamo dire degli effetti economici dell’immigrazione?

L’effetto sul mercato del lavoro dell’immigrazione in generale è positivo. Secondo uno studio da me condotto insieme con Giovanni Peri e altri due studiosi dell’Ifo, gli effetti positivi dell’immigrazione dipendono anche dal Paese di destinazione: quelli dotati di maggiore mobilità e flessibilità sul mercato del lavoro e di stati più “leggeri” in termini di tasse e servizi possono trarne i maggiori benefici. Il discorso è simile anche per quanto riguarda la finanza pubblica: gli effetti possono essere negativi, ovvio a dirsi, soprattutto se questi immigrati fanno fatica a lavorare.

Nel caso italiano, ossia quello di un paese con un welfare importante e una disoccupazione relativamente elevata, il discorso è altrettanto valido?

La cosa più intuitiva è dire che gli effetti attesi di un aumento della forza lavoro siano negativi; ma quello che emerge nel nostro studio è che questo non è vero perché la quantità di lavoro disponibile non è un’entità data: l’ingresso dei migranti spesso crea nuovi posti, anche in realtà a disoccupazione relativamente alta.

E’ vero, come spesso si sente dire, che l’immigrazione provoca una pressione verso il basso dei salari?

In generale è quella degli immigrati precedenti la categoria che subisce la maggiore competizione coi nuovi arrivati. In generale l’effetto però non è visibile o molto contenuto. L’importante, come ha scritto anche l’Economist, è fare in modo che i richiedenti asilo possano lavorare presto. In molti Paesi questo non è nemmeno possibile. Anche in Germania la legge consente, in teoria, di poter lavorare dopo tre mesi, ma di fatto, a causa di briglie normative, passa circa un anno e mezzo prima che il rifugiato possa iniziare a lavorare.



http://www.wallstreetitalia.com/quanto- ... -migranti/


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