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SETE DI PROFITTO: Le Banche mettono le mani sull’Acqua

Il mondo della finanza, istituti di credito in testa, non si lascerà sfuggire l’occasione d’oro offerta dal governo, che ha dato vita ad una privatizzazione forzata del comparto idrico. Che dovrà concludersi entro il 2015.

Di Roberto Cuda

http://informarexresistere.fr/2011/05/1 ... sullacqua/

Chiare, fresche, dolci acque. E redditizie. Senza fare troppo rumore, le banche stanno mettendo le mani su una delle risorse vitali del Paese (e del mondo intero). Dopo aver acquisito piccole quote nelle principali società idriche del settore, ora si avvicina il momento di fare il grande salto. Restano due ostacoli da superare: le tariffe (troppo basse) e il referendum per l’acqua pubblica.
Poi sul resto ci si può mettere d’accordo. La svolta è arrivata con l’operazione San Giacomo, nuovo polo dell’acqua controllato da Iren (frutto della fusione tra la ligure-piemontese Iride e l’emiliana Enìa) in partnership con F2i, il fondo di private equity guidato da Vito Gamberale e partecipato al 55% da Intesa SanPaolo, Unicredit, Merryl Lynch e sette fondazioni bancarie. F2i nella nuova società – che ha inglobato la genovese Mediterranea delle Acque – avrà una quota del 35%, con l’opzione di salire al 40%. Altro socio di rilievo con l’8% è la Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta partecipata al 30% dalle stesse fondazioni.
Manovre che segnalano gli appetiti del mondo creditizio verso un boccone troppo ghiotto per farselo sfuggire, specie in periodi di vacche magre. E il ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi, lo ha offerto su un piatto d’argento con un decreto del 2009, poi convertito in legge, avviando una vera e propria privatizzazione forzata del comparto. Infatti entro il 2015 i comuni dovranno scendere al 30% nelle società quotate in Borsa (al 40% entro giugno 2013), mentre nelle aziende a totale capitale pubblico l’azionista privato dovrà salire al 40% entro quest’anno. In caso contrario scatta l’obbligo di gara per l’affidamento del servizio.

Una rivoluzione per il settore, che riverserà in Borsa partecipazioni per oltre due miliardi di euro nei prossimi tre anni e mezzo, rimettendo in gioco gli attuali assetti proprietari. Sempre che il referendum non rovini la festa.

Il cappio dei debiti
Intanto sui pacchetti in vendita hanno messo gli occhi tutti: banche, gruppi industriali (in primis Caltagirone, già azionista di rilievo di Acea), fondi di investimento, fondi pensione, fondazioni bancarie, ma anche organismi pubblici come Cassa depositi e prestiti e veicoli come F2i. I Comuni dal canto loro potrebbero cogliere l’occasione per dare un po’ di ossigeno alle casse, in sofferenza per il taglio ai trasferimenti, cedendo quote anche superiori alla soglia imposta per legge.

Le banche tuttavia sono avvantaggiate sui competitor grazie agli intrecci finanziari già in essere, che legano a doppio filo le sorti del settore agli interessi degli istituti. Le sole società quotate hanno debiti bancari per 6 miliardi di euro, su 9 miliardi di capitalizzazione, che fruttano ogni anno dai 240 ai 360 milioni di interessi (prelevati direttamente dalle bollette dei cittadini). Una spada di Damocle che peserà non poco nel processo di privatizzazione, quando cioè si tratterà di collocare le partecipazioni sul mercato. In prima fila svetta Intesa SanPaolo, seguita nell’ordine da Banco Popolare, Unicredit, Dexia Crediop, Mps e Bnp (che controlla Bnl): sono loro che tengono le briglie del debito nel comparto idrico, ben in grado di influenzare le scelte strategiche delle aziende clienti. E saranno loro, con tutta probabilità, a contendersi la torta.

«Sul piatto ci sono soprattutto le imprese del Nord, più ricche ed efficienti», continua Lembo, segretario nazionale del Comitato italiano per il Contratto mondiale dell’acqua. Inoltre, continua Lembo, «mentre in regioni come la Toscana, l’Umbria e l’Emilia le tariffe sono già aumentate, in Lombardia e Veneto ci sono margini molto più ampi. Ma per ora le banche mantengono uno stretto riserbo sull’argomento, visti i nostri tentativi (andati a vuoto) di avere qualche chiarimento».

Del resto i rischi sono bassi e il rendimento è garantito per legge. Già nel 2006, infatti, la normativa stabilisce una remunerazione minima del 7% sul capitale investito, da incorporare nelle tariffe.

«Ma si tratta appunto di una soglia minima – continua Lembo – destinata con tutta probabilità a salire, visto che in Italia la tariffa media è circa la metà di quelle europee. La stessa remunerazione viene garantita ai fondi pubblici, ad esempio quelli erogati da Cassa Depositi e Prestiti, quando i tassi applicati da quest’ultima agli enti locali si attestano oggi intorno al 3%. Una norma iniqua, di cui abbiamo chiesto l’abrogazione per via referendaria». Nel 2009 F2i ha assicurato agli investitori un rendimento medio del 15%, al di sotto del quale difficilmente scenderà in futuro se vuole continuare a rastrellare capitali.

A pesare saranno anche gli interventi per chiudere le falle di una rete non proprio in ottimo stato – si stimano non meno di 50 miliardi di euro nei prossimi 15 anni – che aumenteranno i debiti delle multiutility e faranno lievitare i prezzi. È questo un nodo cruciale dei processi in atto, come spiega Andrea Gilardoni, docente di Economia e gestione delle utilities all’università Bocconi di Milano: «Il settore idrico è oggetto di grande attenzione, ma richiede grossi investimenti, che la pubblica amministrazione non è più in grado di sostenere. Il fabbisogno è di gran lunga superiore alle risorse disponibili e non resta che il ricorso alla finanza privata per riparare le reti e garantire una gestione efficiente delle varie fasi, dal trasporto alla depurazione, dal riciclo al trattamento fognario. Le nuove normative europee, d’altro canto, impongono parametri qualitativi dai quali non possiamo prescindere».

Il nodo tariffe
Le tariffe saranno, dunque, il vero spartiacque di un ingresso in forze della finanza privata. «Banche e fondi intervengono solo se hanno ritorni adeguati – conferma Gilardoni – e dunque servono prima regole chiare e trasparenti, come è già avvenuto nel settore elettrico, a partire dalle tariffe. Le banche finora hanno mostrato prudenza, proprio a causa dell’incertezza normativa e del malfunzionamento del sistema degli Ato. Per contro la natura del servizio idrico potrebbe garantire rendimenti costanti che, soprattutto in periodi di crisi, costituiscono un asset importante. Si tratta insomma di investimenti con rischi contenuti, meno sensibili ai cicli dei mercati finanziari».

È d’accordo Giampaolo Attanasio, associate partner di Kpmg specializzato nel settore energy e utility: «L’interesse degli investitori per il comparto è legato al buon rapporto tra rischio e rendimento e a una remunerazione comunque superiore a quella dei titoli pubblici. Tuttavia la mancanza di chiarezza normativa e il basso livello delle tariffe ostacolano l’afflusso di capitali privati. Molti preferiscono aspettare, in attesa di una netta separazione tra patrimonio e gestione del servizio e di un maggiore consenso sugli aumenti tariffari. In ogni caso un eventuale ingresso delle banche non avverrà direttamente, ma attraverso fondi infrastrutturali come F2i, che potrebbero attrarre gli investimenti mettendo in gioco una reale competenza nel settore. Per il resto molto dipenderà dall’esito della crisi, per nulla scontato. Quando le quote dei Comuni verranno messe sul mercato potremmo trovarci di fronte ad un’economia in ripresa oppure ad uno scenario giapponese, di stasi: situazioni molto acquirenti».

Intesa Sanpaolo sembra aver fiutato prima degli altri l’affare
Dai documenti contabili risulta, infatti, la banca di gran lunga più esposta sul settore idrico. Azionista al 10% di Acque Potabili (provincia di Palermo), al 3,6% di Acegas e al 3% di Iren, compare tra i grandi finanziatori di tutte le multiutility quotate in Borsa.

Acegas, Acque Potabili, Acsm Agam, Hera, Iride ed Enìa registrano debiti a breve e medio-lungo termine intorno ai 420 milioni di euro verso Intesa, oltre il doppio dei volumi di Unicredit. Acea e A2A non forniscono il dettaglio dei creditori, ma sappiamo che la banca guidata da Corrado Passera intrattiene rapporti privilegiati con entrambi. Nel marzo 2010 essa garantì il collocamento di un prestito obbligazionario Acea pari a 500 milioni di euro, insieme a Bnp, Mediobanca, Mps e Unicredit, mentre nove mesi dopo compare tra i collocatori di obbligazioni A2A per 1 miliardo di euro, insieme a Bnp, Mediobanca, Banco Bilbao e Calyon. Nei prospetti di entrambe le aziende, depositati alla Borsa del Lussemburgo (paradiso fiscale nel quale è avvenuta l’emissione), si precisa che gli istituti “e le rispettive affiliate sono impegnati, e potrebbero esserlo in futuro, in attività di banca d’investimento, banca commerciale (inclusa l’erogazione di prestiti agevolati) e altre transazioni correlate con le imprese emettitrici e le proprie affiliate e potrebbero prestare servizi per esse”.

Intesa è anche uno dei grandi investitori di F2i, il fondo entrato prepotentemente nel mercato idrico con l’operazione San Giacomo-Mediterranea delle Acque, ma non disdegna interventi di minor cabotaggio in diversi Ato. Nel 2009 ha partecipato alla concessione di un prestito in pool alla società Multiservizi, che ha in appalto il servizio idrico dell’Ato di Ancona per la realizzazione degli investimenti previsti dal Piano d’Ambito, e ha acquisito un mandato per un finanziamento all’Ato di Novara, in attesa del quale ha concesso un prestito ponte in pool con altri istituti. Nel 2008 si segnala la prosecuzione dell’attività di advisory verso la Gori Spa, concessionaria per il servizio idrico dell’Ato Sarnese Vesuviano. Nelle relazioni di bilancio dei due anni precedenti emergono rapporti con l’allora Smat di Torino, a garanzia di finanziamenti della Banca Europea per gli Investimenti, e con la Telete per progetti relativi al ciclo idrico dell’Ato 1 Lazio Nord-Viterbo e dell’Ato 3 Umbria, nonché un’operatività “di particolare rilievo” con le principali aziende del nord Italia, quali Aem Milano, Hera, Asm Brescia e Iride.


Fonte: http://www.vocidallastrada.com/2011/05/ ... no-le.html



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MessaggioInviato: 21/07/2012, 09:24 
Acqua, 'Privatizzazione dei servizi illegittima'

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'articolo 4 della finanziaria-bis 2011


20 luglio, 21:00

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 15874.html

di Tommaso Tetro e Eva Bosco

La norma sulla privatizzazione dei servizi pubblici così com'é non va. La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della Finanziaria-bis 2011 che disponeva la possibilità per gli enti locali di liberalizzare i servizi pubblici, dai quali la stessa manovra escludeva però l'acqua, cavallo di battaglia della campagna dei referendari contrari alle privatizzazioni. Nel giugno 2011, infatti, la liberalizzazione dei servizi pubblici fu sottoposta a due quesiti referendari e vinsero i sì, cioé i favorevoli all'abrogazione della legge allora in vigore. Il motivo centrale per cui la Consulta ha stabilito l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della Finanziaria-bis 2011 è che viola l'articolo 75 della Costituzione, cioé quello che vieta il ripristino di una normativa abrogata dalla volontà popolare attraverso referendum: la Corte, infatti, rileva che quell'articolo ripropone nella sostanza la vecchia norma che il referendum voleva cancellare e anzi la restringe e la peggiora. E a dire il vero per Federutility la sentenza "era abbastanza prevedibile" soprattutto "guardando alla sequenza delle norme" che sono state "riproposte quasi uguali"; per il direttore della Federazione delle utilities, Adolfo Spaziani, è "evidente che la norma si reggeva su basi non solide".

In ogni caso la bocciatura alla 'privatizzazione' dei servizi pubblici giunta dalla Corte Costituzionale ridà nuova linfa ai movimenti dell'acqua che parlano di "una grande vittoria": viene ribadita - "con forza la volontà popolare espressa il 12 e 13 giugno 2011 e rappresenta un monito al governo Monti e a tutti i poteri forti che speculano sui beni comuni: l'acqua e i servizi pubblici devono essere pubblici". Non mancano le reazioni politiche. Il Pd, con Umberto Marroni, capogruppo Pd di Roma Capitale e Marco Causi, deputato Pd in commissione Finanze, parla subito di "bocciatura della delibera del sindaco Alemanno" sull'Acea. Il leader dell'Idv Antonio Di Pietro dice che "vigilerà, fuori e dentro il Parlamento, affinché il responso dei cittadini e la sentenza della Corte costituzionale vengano rispettate". Per Paolo Ferrero è "una vittoria della democrazia". Il governatore della Puglia Nichi Vendola ricorda che si tratta di un risultato della Puglia (che ha presentato il ricorso): "La Puglia ha vinto, ma soprattutto, con la Puglia, hanno vinto la democrazia e il popolo del referendum. La nostra perseveranza nella battaglia che abbiamo condotto, giorno dopo giorno, ci ha dato ragione". Per Legambiente, tra le associazioni che si sono battute a favore dei referendum, "giustizia è stata fatta".

Giudizi e osservazioni mossi da quello che è l'esito della decisione della Consulta: bocciare la legge in vigore, tornando di fatto alla precedente. Ma la sentenza della Corte va letta nelle sue pieghe. Il testo, infatti, rileva che l'intento referendario era di superare le limitazioni, rispetto al diritto comunitario, delle ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (compreso quello idrico). La nuova normativa, osservano però i giudici costituzionali, "non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni" della legge abrogata: da un lato "rende ancor più remota l'ipotesi dell'affidamento diretto dei servizi", dall'altro la lega al rispetto di una soglia commisurata al valore dei servizi stessi, oltre la quale è esclusa la possibilità di affidamenti diretti: soglia che scende rispetto a quanto previsto nel testo precedente, passando da 900 mila a 200 mila euro. Con la sentenza della Consulta vengono bocciate anche le successive modificazioni comprese quelle apportate dal governo Monti a dicembre; allo stesso modo - rileva Vendola - sarebbero "a rischio quelle contenute nel decreto sulla Spending review che mira a fissare gli stessi limiti, oggi abrogate dalla Consulta, sulle società in house".



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MessaggioInviato: 21/07/2012, 11:34 
Ora bisognerebbe fare altrettanto per quei furbetti che hanno reintrodotto con altri mezzi la remunerazione garantita.
Qualcuno dovrebbe fare ricorso alla Consulta anche in questo caso, di certo non saranno le regioni che ora fanno finta di esultare (come se una SPA significhi gestione pubblica).


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MessaggioInviato: 25/07/2012, 23:12 
Attenzione la Corte Costituzionale non esclude la privatizzazione dell’acqua

http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z21feqOSxT

- Marco Barone -

In data 20 luglio da più parti è giunto un coro univoco, un coro che esaltava la grande vittoria dei movimenti, poiché la Corte costituzionale farebbe saltare la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali.

Un sentimento di euforia che ben comprendo, essendo anche io uno di quelli che ha sostenuto e sostiene il carattere pubblico e di bene comune dell’acqua, però dobbiamo necessariamente ritornare con i piedi per terra.

Già, perché se la sentenza 199 e 200 del 2012 riconosce che il vincolo referendario è stato infranto con l’articolo 4 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 dichiarando la palese violazione dell’articolo 75 della Costituzione, in realtà non si ribadisce il carattere né pubblico né comune dell’acqua, anzi questa sentenza suggerisce al legislatore come fare per intervenire in materia.

Diciamo che è una sentenza dal doppio effetto.

Il primo dal grande impatto mediatico e di riconoscimento apparente della democrazia diretta, riconoscendo il valore del referendum e riconoscendo il diritto all’illusione dei cittadini, dall’altro lato suggerisce, appunto, ai governanti come fare per privatizzare i beni comuni, quindi, l’acqua.

Non è una mia follia interpretativa.

E’ tutto scritto nero su bianco, e mi sorprende che questa disposizione sia sfuggita ai più.

Come prima cosa nella sentenza n° 199 si richiama testualmente una vecchia sentenza della Corte la quale afferma che: «la normativa successivamente emanata dal legislatore è pur sempre soggetta all’ordinario sindacato di legittimità costituzionale, e quindi permane comunque la possibilità di un controllo di questa Corte in ordine all’osservanza – da parte del legislatore stesso – dei limiti relativi al dedotto divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare» (sentenza n. 9 del 1997)

Però afferma che il legislatore ordinario, «pur dopo l’accoglimento della proposta referendaria, conserva il potere di intervenire nella materia oggetto di referendum senza limiti particolari che non siano quelli connessi al divieto di far rivivere la normativa abrogata»(sentenza n. 33 del 1993; vedi anche sentenza n. 32 del 1993).

Ma specialmente che Né può ritenersi che sussistano le condizioni tali da giustificare il superamento del predetto divieto di ripristino, tenuto conto del brevissimo lasso di tempo intercorso fra la pubblicazione dell’esito della consultazione referendaria e l’adozione della nuova normativa (23 giorni), ora oggetto di giudizio, nel quale peraltro non si è verificato nessun mutamento idoneo a legittimare la reintroduzione della disciplina abrogata.

Cosa vuol dire ciò?

Significa, questa esplicazione della Corte, che si deve avere pazienza. Una pazienza che deve riconoscere la finzione del diritto della democrazia diretta e partecipata. Superato il periodo della pazienza necessaria, si potrà intervenire, giustificando, per esempio la privatizzazione del bene comune, mai riconosciuto come tale dalla Corte Costituzionale, quale l’acqua pubblica come appunto bene comune, per ragioni che al momento del referendum non sussistevano ma che ora sussistono.

Penso al pareggio di bilancio, penso all’articolo 81 della costituzione, penso al rispetto della cassa dello Stato, penso allo spread, penso alla crisi, tutte condizioni tecnicamente e giuridicamente idonee a scavalcare la volontà referendaria ed a legittimare la reintroduzione della disciplina abrogata.

Quindi, basta un mutamento idoneo a legittimare la reintroduzione della disciplina abrogata ed un lasso di tempo sufficiente dall’esito del referendum, per rendere pieno il potere dell’oligarchia esistente, tutelando nel breve termine l’apparenza della democrazia diretta e nel lungo termine quello del sistema.

Ma i sistemi non governano per il breve termine, governano per e nel lungo termine, e son certo che l’acqua sarà destinata ad essere privatizzata, almeno a livello normativo, perché la Corte costituzionale non ha blindato la non privatizzazione dell’acqua, ma specialmente ha indicato espressamente come fare per superare la volontà referendaria.

Questo è il quanto.

Quindi, attenzione massima, la partita non è finita.

Marco Barone

http://www.facebook.com/baronemarco
http://www.reset-italia.net/2012/07/24/ ... A99paAkxOw



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MessaggioInviato: 24/10/2012, 20:25 
Proposta shock della Banca Mondiale:
"tassare l'aqua per aiutare gli assetati"


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“Entro il 2050 sulla terra ci saranno 10 miliardi di persone, 3 miliardi in più, su un pianeta dove l’emergenza acqua potabile non è più solo una imminente emergenza ma una drammatica realtà con cui già da oggi si confrontano quotidianamente 1,6 miliardi di persone.”

Secondo Lars Thunell, vice presidente esecutivo della International Finance Corporation, branca della Banca Mondiale, ci sono solo due strade percorribili, una è quella del razionamento, una soluzione poco efficace e di difficile applicazione e l’altra è quella di far pagare l’acqua a chi la usa, ma in modo “socialmente responsabile”.

L’acqua nel 2010 è stata riconosciuta dalle Nazione Unite come un diritto irrinunciabile dell’umanità, ed è giusto che per questo motivo, sostiene Thunell, imprese e agricoltori paghino una tassa, che in Italia potremmo definire ‘di scopo’, che serva a portare l’acqua dove scarseggia. E, a fronte di possibili obiezioni e proteste, Thunell ricorda che solo l’1,5% dell’acqua viene utilizzata per fini alimentari, tutto il resto è destinato ad usi industriali, domestici e all’agricoltura, che ne assorbe la maggior parte.

Ed è in questo quadro che si colloca la direttiva sulle acque della Comunità europea emessa nel 2000, dove si incoraggiano i governi ad adottare politiche di risparmio e di maggiore efficienza nella distribuzione idrica, il cui 45%-50%, è il caso italiano, si perde ancora oggi lungo le migliaia di chilometri di tubature vecchie e mal manutenute.

Il problema dell’acqua e della sua ‘cattiva’ gestione viene messo in luce anche da uno studio condotto da un team di ricercatori dell’università inglese di Southampton guidati dal professor Robert Nicholls e che è stato pubblicato dalla rivista Nature. Secondo lo studio, il consumo crescente dell’acqua sta facendo, e farà sempre più in futuro, aumentare il livello degli oceani, in misura considerevolmente superiore a quella provocata dal riscaldamento terrestre e dal conseguente scioglimento dei ghiacciai dei poli.

(Leggi Sbugiardata la bufala dell’innalzamento dei mari ndr)

Secondo lo studio infatti l’estrazione di acqua dal sottosuolo profondo, come sta avvenendo in Arabia Saudita, sfruttando falde remote totalmente impermeabili e quindi non in relazione con il normale ciclo acqua-evaporazione-acqua, sta immettendo al consumo un’acqua tecnicamente ‘non compresa’ nel ciclo naturale che, una volta estratta e consumata, viene restituita molto più rapidamente ai fiumi ed ai mari, provocandone l’innalzamento.

Se non si fosse in un periodo storico in cui il clima si riscalda, il problema sarebbe tutto sommato più facilmente assorbibile, Più acqua, più ghiaccio ai poli, invece adesso, e per un bel po’ di tempo in futuro, l’acqua resta acqua e fa alzare il livello degli oceani. Aggiungendo problema a problema.

Source: nocensura.com: Proposta shock ...aqua per aiutare gli assetati"


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Se esclamo in merito a simili proposte: ma andate a cagare !!! [:(!] [:(!] è da maleducati?
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Ultima modifica di Wolframio il 24/10/2012, 20:25, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 08/03/2013, 14:00 
L'onda lunga dell'acqua bene comune


Torino è sulla strada della ri-pubblicizzazione, grazie a una delibera d'iniziativa popolare. A Piacenza, invece, i sindaci sono chiamati a decidere se seguire, o meno, l'esempio di Reggio Emilia (vedi Ae 146). A Roma -in vista delle amministrative di maggio- si discute la proposta di ripubblicizzazione di Acea Ato 2 avanzata del Crap. E il 9 marzo un convegno nazionale a Forlì

Luca Martinelli - "Grazie ad una deliberazione di iniziativa popolare, la Smat SpA, la società che gestisce l’acquedotto torinese, potrebbe diventare una società speciale consortile. Il documento è stato approvato questo pomeriggio dal Consiglio comunale. A favore hanno votato 20 consiglieri, 1 contrario, 16 astenuti" spiega un comunicato stampa del Comune di Torino, diffuso dopo che -lo scorso 4 marzo- era stata votata la delibera promossa dal Comitato acqua pubblica Torino (ne avevamo dato conto qui).
L'onda lunga del referendum tocca anche la città delle Mole, e punta a mettere "paletti" alle possibili scelte di un ente locale fortemente indebitato, che ha già dimostrato l'interesse a svendere le proprie partecipazioni azionarie per far cassa.


Smat spa, una società per azioni controllata al 100 per cento dagli enti locali, potrebbe diventare la più grande utility italiana a trasformarsi in soggetto di diritto pubblico: "Lunedì 4 marzo un incerto consiglio comunale di Torino è stato costretto ad approvare la delibera di iniziativa popolare sotto la spinta democratica dei cittadini -ha spiegato il Comitato, in un comunicato-. Emendamenti dell’ultimo minuto hanno comunque introdotto due elementi che giudichiamo negativamente. Il PD ha voluto cancellare gran parte della cosiddetta 'narrativa' che esprimeva le motivazioni che avevano portato alla proposta. La maggioranza di centro sinistra del Consiglio Comunale non ha avuto il coraggio di condividere il senso critico di larga parte della cittadinanza. Nel dispositivo si sono introdotti ulteriori passaggi di valutazione e analisi per l’effettiva applicazione della delibera, che -ricordiamo- viene discussa a distanza di sei mesi dalla sua presentazione".
Alle critiche del Comitato fanno da contraltare le dichiarazioni del sindaco della cittò, Pietro Fassino, che spiega quali siano le due condizioni che l'ente intende verificare, in un tempo di tre mesi, prima di procedere alla "trasformazione di Smat in società consortile". "In primo luogo -ha spiegato Fassino-, qualunque sia la forma societaria, bisogna garantire alla società che gestisce l’acqua adeguati flussi finanziari per investimenti, altrimenti nel tempo il servizio deperirebbe e il costo per i cittadini salirebbe. In secondo luogo, bisogna poi essere consapevoli che Smat ha già fatto cospicui investimenti finanziati da credito bancario: è necessario che la società sia in grado di onorare quegli impegni, che altrimenti ricadrebbero su tutti i 230 Comuni. E i piccoli Comuni non potrebbero sostenerli".


A Torino, e in tutto l'Ambito territoriale ottimale numero 3 del Piemonte, potrebbe partire un processo simile a quello che hanno avviato i sindaci della provincia di Reggio Emilia, dopo aver votato una mozione d'indirizzo volta alla ri-pubblicizzazione all'interno dell'Agenzia territoriale per i servizi idrico e rifiuti (ne abbiamo parlato su Altreconomia di febbraio 2013).
L'esempio reggiano potrebbe trovare presto una eco emiliana anche a Piacenza, dove il prossimo 14 marzo l'assemblea dei 48 sindaci della provincia sarà chiamata a decidere sul futuro affidamento della gestione dell'acqua (nel dicembre 2011 è scaduta la concessione a Iren).
"Si tratta di una scelta storica -spiega in un comunicato il comitato Abc Piacenza- tra due alternative agli antipodi, che condizionerà la gestione dell'acqua per i prossimi 30 anni".
"Abbiamo chiesto di poter intervenire ad inizio assemblea per illustrare ai sindaci le nostre proposte -continua il comitato-, ma questa possibilità ci è stata negata. Continuiamo ad attendere il percorso partecipativo annunciato dal Sindaco Dosi appena prima di capodanno. Speriamo che venga avviato presto, e magari allargato all'ambito provinciale.
Le due alternative tra cui scegliere:
1) affidare direttamente , 'in house', la gestione dell'acqua a un ente completamente pubblico, in ossequio alla volontà popolare espressa dal risultato referendario del giugno 2011.
2) una gara europea per la scelta del gestore privato o del socio privato con il quale gestire il servizio, in spregio alla volontà popolare.
L'ipotesi della gara, non certamente priva di incognite e alti costi, tradirebbe palesemente l'esito referendario.
La gara potrebbe essere vinta da qualche multiutility privata straniera, e anche qualora venisse vinta da Iren il quadro a cui si andrebbe incontro è quello di una privatizzazione sempre maggiore del servizio idrico integrato, in spregio al risultato referendario.
Iren infatti nel suo ultimo piano industriale, oltre a prevedere di continuare nel taglio degli investimenti previsti, prospetta chiaramente la privatizzazione totale del servizio, affermando che l'impegno della società si concentrerà nel consolidamento della partnership con F2i", il fondo d'investimenti guidato da Vito Gamberale.

Intanto, come anticipato da Altreconomia a febbraio, il Coordinamento romano acqua pubblica avvia il dibattito nella Capitale intorno allo studio di fattibilità economica per la ripubblicizzazione di Acea Ato2 Spa, redatto avvalendosi di consulenti professionisti. "Su questa base il Coordinamento romano acqua pubblica ha articolato una proposta che intende condividere con tutte le realtà interessate -spiega il Crap in un comunicato-: a partire dai lavoratori del settore, passando per i cittadini dei comuni dell'Ato2, arrivando fino al consiglio comunale di Roma, principale azionista di Acea. Con la consapevolezza che questo possa essere un primo passo verso la ripubblicizzazione di tutti i servizi pubblici, sempre più aggrediti da speculazioni e privatizzazioni". L'appuntamento per un primo momento di confronto pubblico sui temi sarà venerdì 22 marzo alle ore 18.00 presso il Cinema America Occupato (Via Natale del Grande 6- Zona Trastevere). Mercoledì 6 marzo, invece, alle ore 17.30 presso il Rialto S.Ambrogio (Via S.Ambrogio, 4) il Coordinamento romano acqua pubblica ha organizzato un incontro di autoformazione sulla proposta di ripubblicizzazione di AceaAto2.

"Ripubblicizzazione" è anche il titolo del convegno nazionale in programma a Forlì sabato 9 marzo: l'obiettivo dell'iniziativa -promossa dai comitati di Forlì-Cesena, Faenza, Ravenna e Rimini- è far "rispettare il referendum anche in Romagna". Tra i relatori, anche Roberto Balzani, sindaco di Forlì, che intervistammo a novembr 2012 (Ae 143) dopo che aveva portato in consiglio comunale una posizione contraria alla fusione tra Hera (multi utility quotata in Borsa partecipata anche dal Comune di Forlì) e Acegas-Aps (altra multi utility quotata, partecipata dai Comuni di Padova e Trieste). Balzani ci aveva spiega che quella che da un punto di vista finanziario è “un’operazione del tutto razionale, e probabilmente positiva e fruttuosa”, perché coinvolge due società quotate in Borsa, e vede l’ingresso come azionista del Fondo strategico italiano di Cassa depositi e prestiti, “renderà sempre più problematici i rapporti tra management e territori emiliano-romagnoli, e ciò indurrà l’azienda a muoversi verso logiche privatistiche ancora più marcate” ha commentato Balzani con Ae. “È la logica dell’azionista che -conclude il sindaco di Forlì- si è imposta anche all’interno del sistema pubblico”.

(Aggiornato il 7 marzo alle 9.42)


http://www.altreconomia.it/site/fr_cont ... intId=3957



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MessaggioInviato: 11/07/2013, 19:31 
Falde acquifere, “chi inquina non pagherà più”


9 Luglio 2013

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Chi inquina non pagherà più. Il Governo Letta condanna per Decreto la tutela delle falde acquifere

Chi inquina non pagherà più. Il Governo Letta condanna per Decreto la tutela delle falde acquifere. È quanto denuncia il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua che lancia un appello al Ministro dell'Ambiente Orlando per la tutela della qualità dell'acqua.

“Altro che il principio 'chi inquina paga', con il cosiddetto 'Decreto del Fare' festeggiano gli inquinatori, viene messa a rischio la salute dei cittadini e la qualità dell'acqua delle falde, un patrimonio comune di straordinaria importanza per la vita del paese”.

Da circa un anno si erano moltiplicati i tentativi per inserire di straforo nei vari decreti urgenti, senza alcun confronto pubblico preliminare con i cittadini, una contro-riforma sulle bonifiche. Ora il Governo Letta e le lobby industriali hanno introdotto nel cosiddetto “Decreto del Fare” una norma di modifica del testo Unico sull'Ambiente D.lgs. 152/2006 che fa ritornare all'anno zero il settore delle bonifiche.

Si legge nel decreto “Nei casi in cui le acque di falda determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all'eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamento sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione”. La qualità dell'acqua è subordinata alle logiche economiche, da oggi se chi inquina è d'accordo, si attenuerà l'inquinamento senza eliminare le sue fonti.

“È assolutamente grave – denuncia il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua - che venga inserito il principio della sola 'attenuazione' dell'inquinamento anche in presenza di rischio sanitario conclamato”.

In Italia circa il 3% del territorio è gravemente inquinato e classificato nei Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche in cui gli interventi sono gestiti direttamente dal Ministero dell'Ambiente. In realtà oltre a queste situazioni estreme (da Priolo a Bussi, passando per Taranto, Brindisi, Brescia ecc.) si aggiungono una miriade di siti inquinati o potenzialmente inquinati sparsi su tutto il territorio nazionale la cui procedura di bonifica nella stragrande dei casi viene seguita dai comuni (si stimano in diverse migliaia, da discariche incontrollate a pozzi inquinati).

Recentemente lo Studio SENTIERI dell'Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato l'enorme impatto sanitario dell'inquinamento, con migliaia di morti in più rispetto all'atteso nei 37 siti monitorati.

In questo contesto che richiederebbe la messa in cantiere della vera grande opera, la bonifica del territorio italiano, il Governo Letta ha introdotto una norma sull'inquinamento delle falde acquifere che azzera ogni possibilità di bonifica definitiva delle aree inquinate, subordinando gli interventi di bonifica agli interessi economici di chi inquina anche in caso di concreto rischio sanitario.

Secondo Enzo Di Salvatore, professore di Diritto Costituzionale all'Università di Teramo “Subordinare l'eliminazione della fonte di inquinamento oltreché a possibilità tecniche anche al presupposto che ciò sia economicamente sostenibile per il privato che inquina si sostanzia in una prevalenza degli interessi economici del privato sul diritto alla salute e all'ambiente salubre. Ciò viola anche il diritto dell'Unione europea e segnatamente il principio chi inquina paga”.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua lancia un appello al Ministro dell'Ambiente Orlando, che ha dichiarato il tema della tutela dell'acqua tra quelli prioritari per il suo mandato, affinché il Governo riveda profondamente una posizione del tutto inaccettabile su un bene comune come l'acqua.

Il Forum chiede ai parlamentari di tutti i gruppi di intervenire per stralciare o almeno modificare profondamente le norme dal provvedimento nell'iter di conversione in legge in modo da rendere le norme realmente utili alla tutela della qualità dell'acqua.

Il Forum metterà in campo una serie di iniziative per contrastare quest'attacco all'accesso all'acqua potabile che l'ONU ha sancito essere un diritto umano, essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani.

Fonte: Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

[align=right]Source: Falde acquifere, “chi inquin...nquinamenti - ilCambiamento.it [/align]


[8)]
Aiutatemi a capire
In poche parole, se la mia ditta inquina le acque, il governo impedisce che si propaghi e mi lascia continuare ad inquinare indisturbato?


Ultima modifica di Wolframio il 11/07/2013, 19:36, modificato 1 volta in totale.


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Siamo proprio alla fine......... [|)]



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MessaggioInviato: 11/07/2013, 20:15 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Siamo proprio alla fine......... [|)]


In effetti assurdità come queste, per quanto nn si voglia andare sul pessimistico, fanno cadere le braccia nel vero senso della parola. [:(]
E' legale calpestare la salute dei cittadini (se è un ricco a farlo), ma se vado in giro con uno spinello in tasca (parlo in senso lato [:p]) devo temere che mi possano arrestare [xx(]
Ma siamo su scherzi a parte? ...



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MessaggioInviato: 30/11/2014, 10:00 
Alla Camera è accaduto un fatto di una GRAVITA’ INAUDITA
ovviamente passato sotto silenzio: nell’approvare il Collegato
Ambientale alla legge di stabilità 2014, è stato cancellato l’articolo
che impediva i distacchi del servizio idrico, garantendo il diritto
all’acqua tramite il “minimo vitale” (50 litri al giorno).
L’ACQUA NON E’ PIU’ UN DIRITTO DI TUTTI


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http://siamolagente.altervista.org/came ... olo-imped/

La Camera cancella il diritto all’Acqua e benedice i distacchi idrici

Il 13 novembre scorso la Camera ha approvato il Collegato Ambientale alla legge di stabilità 2014, cancellando un articolo che impediva i distacchi del servizio idrico e garantiva il diritto all’acqua tramite il minimo vitale.

Infatti, la sua formulazione originaria conteneva tre articoli sulla gestione del servizio idrico integrato, uno dei quali riguardante la disciplina della morosità.
In caso di utenti morosi l’articolo 26 imponeva ai gestori l’istallazione di limitatori di flusso idonei a garantire la fornitura giornaliera essenziale di 50 litri al giorno per persona, evitando così il distacco completo.

Assume particolare rilevanza anche la modalità poco trasparente con cui questo articolo è stato cassato. Infatti, nonostante in un primo momento sia stato oggetto di discussione e modifiche con intenzioni migliorative, successivamente è stata imposta la sua cancellazione in Commissione Ambiente senza ulteriore possibilità di approfondimenti e dibattito neanche da parte dell’aula.

Questa soppressione è un vero schiaffo in faccia alle migliaia di famiglie colpite, giornalmente, dai distacchi idrici da parte di gestori che utlizzano questo strumento in modo diffuso e indiscriminato, al solo scopo di rendere più efficace il propriorecupero crediti e più consistenti gli utili aziendali.

In un momento in cui il Governo Renzi lavora alle nuove privatizzazioni, si vuole rendere il servizio idrico ancor più appetibile alle lobbies economiche e finanziarie, cercando di dimostrare che l’acqua non è un diritto, ma una merce come le altre.

La maggioranza degli italiani però non la pensa così: in 27 milioni hanno votato aireferendum del 2011 affinché l’acqua fosse svincolata dalle logiche di mercato e sarebbe necessario che il Governo tenesse conto di una volontà popolare così chiara.

Per questo il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua si sta mobilitando in tutto il Paese contro il rilancio delle privatizzazioni, per impedire che “passo dopo passo” il Governo Renzi faccia tornare indietro il Paese.
Inoltre annunciamo sin da subito che ci attiveremo affinchè nel passaggio al Senato tale articolo venga ripristinato.

Il futuro è in una gestione dell’acqua pubblica, partecipata, senza profitti. E senza distacchi!

Roma, 20 Novembre 2014.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua



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 Oggetto del messaggio: Re: La privatizzazione dell'ACQUA
MessaggioInviato: 18/11/2015, 12:36 
Cita:
Campania, blitz di De Luca e Pd per la privatizzazione dell’acqua, protestano 5Stelle e comitati

Campania. Con il pretesto della commemorazione delle vittime francesi, il governatore e il Pd fanno un blitz (a favore dell'Acea) per la privatizzazione dell'acqua regionale. Ostruzionismo M5S, proteste dei comitati. Il 28 manifestazione a Napoli

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La commemorazione delle vittime degli attentati di Parigi è stato il grimaldello utilizzato dalla maggioranza di centrosinistra, guidata dal Pd, per approvare a tutti i costi la legge campana sul servizio idrico integrato.

Palazzo Santa Lucia è scosso dall’inchiesta che coinvolge lo stesso governatore Vincenzo De Luca, accusato con altri sei di corruzione per indizione, ma la questione viene liquidata con la formula “comunicazioni del presidente”. Al primo punto c’è la la legge che il predecessore di centrodestra non era riuscito ad approvare.

La seduta era convocata per lunedì alle 11, il gruppo 5Stelle ha occupato in anticipo gli scranni della presidenza, rifiutano di rientrare nei banchi senza discutere dell’inchiesta che ha coinvolto il governatore e il suo capo segreteria (poi dimessosi). Vogliono anche bloccare l’approvazione della legge sul servizio idrico: all’esordio della consiliatura sul tavolo c’erano la proposta grillina, quella del Pd e una stilata direttamente dalla presidenza sotto l’occhio vigile del vicepresidente Fulvio Bonavitacola.

I dem hanno rapidamente ritirato la loro, in commissione nessun emendamento delle opposizioni è passato, così in aula è arrivato il testo voluto da De Luca. In meno di 20 minuti c’è stata la lettura articolo per articolo e l’approvazione. Un anticipo del futuro disegnato dal governatore, che ha già pronta una nuova legge per contingentare i tempi delle discussioni in aula e mettere la fiducia su tutti i provvedimenti.

I 5Stelle hanno provato a bloccare i lavori con l’occupazione dei posti di presidenza, ma la presidenza si è accomodata più in basso, al posto del governo, e De Luca è andato via, lasciando la gestione della pratica alla presidente dell’aula Rosetta D’Amelio e al capogruppo Pd, Mario Casillo.

La seduta viene interrotta: nella capigruppo la maggioranza impone la linea che il consiglio va fatto a tutti i costi per commemorare le vittime di Parigi, i 5Stelle chiedono al centrodestra di firmare la richiesta di sfiducia a De Luca ma da Forza Italia in giù non ci pensano proprio ad accettare.

Al generale Carmine De Pascale (eletto nella lista De Luca presidente) il compito di officiare l’omaggio ai francesi. I comitati per l’acqua pubblica, presenti nella sezione dedicata al pubblico, urlano «pagliacci», i grillini leggono a oltranza le loro comunicazioni all’aula, D’Amelio minaccia di chiamare le forze dell’ordine per farli sgomberare. Secondo, breve, stop e la seduta riprende: il centrodestra abbandona i lavori, lasciando così campo libero a Pd e soci, del resto la norma va bene anche a loro.

In Aula ci sono solo i grillini che occupano e il centrosinistra. Un gruppo di zelanti consiglieri innalza la bandiera della Francia per oscurare la protesta, il generale dà libero sfogo alla retorica: «Cordoglio unanime, sentito riverente e commosso» e via di questo passo per un paio di minuti poi, finalmente per il Pd, si passa alla votazione a ritmi forsennati. Il tempo di esclamare «il consiglio approva» e De Luca lascia il palazzo.

I 5Stelle provano ad afferrare i microfoni, la presidente D’Amelio viene spinta: verrà portata fuori dall’aula e affidata agli infermieri del 118. «De Luca instaura il regime in regione Campania e i consiglieri regionali del Pd con a capo il presidente del consiglio D’Amelio fucilano la democrazia» commenta il deputato 5S Luigi Gallo.

De Luca prima fa la vittima («Una giornata intera perduta a causa delle sceneggiate dei 5Stelle e senza poter rendere le mie dichiarazioni. Non succederà più») e poi aggiunge soddisfatto: «C’è chi fa chiacchiere e chi decide».

Ma cosa c’è nella legge?

L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico nel rapporto nazionale del 2015 ha indicato la gestione distrettuale come modello a cui tendere, un modello che piace al governo e piace anche alla destra.

La legge campana si muove in questo verso: spariscono i cinque Ambiti territoriali ottimali a favore di uno solo, regionale, suddiviso in cinque ambiti distrettuali. La gestione è spostata nell’Ente idrico campano, che diventa il soggetto di governo dell’Ato regionale.

I 550 comuni campani cedono il passo al Comitato esecutivo (organo dell’Eic) in cui siedono in 20, sono loro che scelgono il presidente, il direttore generale e affidano la gestione in ogni ambito distrettuale. Una volta accentrate le decisioni, le gestioni pubbliche vicine a una dimensione territoriale potranno essere facilmente scalzate via.

Infine l’articolo 21, prolungando i commissariamenti degli Ato per il periodo transitorio, apre la porta alla possibilità di un nuovo provvedimento (dopo quello già bocciato dal Tar) che consenta alla Gori spa (controllata dall’Acea) di spalmare sulle bollette degli utenti 122 milioni di debito.

Padre Alex Zanotelli, presente in aula, commenta: «La legge creerà un’agenzia unica che gestirà la governance e le fonti stesse dell’acqua. È una vergogna che il Pd abbia approvato questa legge, un tradimento del referendum, i loro figli e nipoti li malediranno. Questa norma è la stessa di Caldoro, quella che eravamo riusciti a bloccare. Non ho le prove ma deve esserci stata una trattativa, il governo Renzi vuole dare la gestione dell’acqua in mano a quattro multiutility: Piemonte e Liguria a Iren; la Lombardia ad A2A; Hera in centro Italia e Acea al sud».

Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, commenta: «E’ un obbrobrio politico, ricorreremo».

Il 28 novembre manifestazione a Napoli dei comitati per chiedere il ritiro della legge.



http://ilmanifesto.info/campania-blitz- ... -comitati/


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 Oggetto del messaggio: Re: La privatizzazione dell'ACQUA
MessaggioInviato: 18/11/2015, 14:39 
pensare che votammo pure un referendum contro la privatizzazione dell'acqua... ovviamente tutto sepolto sotto un mare di silenzio...


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 Oggetto del messaggio: Re: La privatizzazione dell'ACQUA
MessaggioInviato: 18/11/2015, 22:14 
questo ha la faccia e gli atteggiamenti del mafioso e venduto alle lobby. Basti vedere le opere faraoniche che ha fatto partire a salerno lasciando la città in un mare di debiti.



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 Oggetto del messaggio: Re: La privatizzazione dell'ACQUA
MessaggioInviato: 05/02/2016, 21:15 
Cita:
Perchè le “Élite Bancarie” di Wall Street si stanno comprando tutta l’Acqua del Mondo?
Si sta accelerando una tendenza preoccupante: le banche di Wall Street e i multimiliardari dell’elite stanno acquistando l’acqua in tutto il mondo ad un ritmo senza precedenti.

ria da 425 miliardi di dollari».

Nella sua conferenza annuale sui “Cinque rischi principali”, la Goldman Sachs ha affermato che una scarsità d’acqua potrebbe essere, per l’umanità del 21° secolo, una minaccia più grave di quella di cibo e d’energia.

Nel 2012 la Goldman Sachs ha comprato l’azienda Veolia, che eroga l’acqua a 3 milioni e mezzo di cittadini in Inghilterra sudorientale. Nel 2003, insieme al gruppo Blackstone e ad Apollo Management, aveva acquistato Ondeo Nalco, azienda leader nella depurazione dell’acqua, con 10 mila addetti in 130 paesi.

Nel 2008, sempre la Goldman Sachs ha investito, insieme ad altri fondi, 50 milioni di dollari nella China Water & Drinks, azienda leader tralaltro nella produzione e distribuzione di acqua in bottiglia in Cina.

Poiché la Cina soffre di una delle peggiori carenze d’acqua in Asia, il suo settore delle acque in bottiglia è quello che sta crescendo più velocemente al mondo, e sta vedendo profitti enormi.

Come spiega Jo-Shing Yang nel suo articolo su Global Research, il maggiore economista di Citigroup, nel 2011 disse che «L’acqua diventerà il bene più importante, di gran lunga più del petrolio, del rame, delle risorse agricole e dei metalli prezios», ebbe a dire nel 2011 Willem Buitler, direttore economico di Citigroup.

Nello specifico, una delle opportunità lucrative è la fratturazione idraulica (fracking) per l’estrazione di petrolio e gas, in quanto genera una grandissima domanda d’acqua e servizi correlati.

Ogni pozzo richiede dai 10 ai 20 milioni di litri d’acqua, l’80% della quale non può essere riutilizzata perché è 10 volte più salata dell’acqua di mare. Citigroup raccomanda ai proprietari di diritti di sfruttamento dell’acqua di venderla alle compagnie di fracking anziché agli agricoltori, perché l’acqua per il fracking può essere venduta ad un prezzo 60 volte più alto di quella per l’agricoltura.

La famiglia Bush, nel 2005 e 2006, ha comprato 1.200 km quadrati di terreno alla frontiera tra Bolivia, Brasile e Paraguay. Il terreno si trova sulla falda acquifera più grande del mondo, dal volume di circa 40.000km cubi. Si stima che questa riserva sotterranea potrebbe rifornire il mondo intero d’acqua potabile per 200 anni.

Sfortunatamente, la corsa alla privatizzazione dell’acqua è inarrestabile: molti stati hanno difficoltà finanziarie e non sono più in grado di mantenere e aggiornare le loro aziende di erogazione.

Di fronte alle offerte di milioni di dollari da parte di Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Citigroup, UBS, ecc., città e stati avranno molta difficoltà a rifiutare le privatizzazioni. Le multinazionali e le banche di Wall Street avevano preparato e atteso questo momento da anni.


http://www.ilnavigatorecurioso.it/2016/ ... del-mondo/


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 Oggetto del messaggio: Re: La privatizzazione dell'ACQUA
MessaggioInviato: 22/04/2016, 15:50 
Acqua: la Camera approva la privatizzazione


Il ddl sull’acqua bene comune è stato stravolto dal Partito democratico, che ieri ha approvato un testo che va in direzione contraria

Immagine

¯
(Rinnovabili.it) – Il Pd è uno dei partiti che appoggiarono il referendum sull’acqua bene comune, l’ultimo a raggiungere il quorum nel 2011. Ieri, però, proprio per iniziativa dei democratici, la gestione del servizio idrico ha fatto un altro passo verso la privatizzazione. La Camera dei deputati ha infatti licenziato la proposta di legge sulla tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque con 243 voti a favore, 129 contrari e 2 astenuti. Ora il testo passa al Senato, dove il governo dispone di una ampia maggioranza.

Dopo il voto è stata bagarre in aula, con le opposizioni che hanno messo in atto una protesta e dispiegato le bandiere con la scritta “2 Sì per l’acqua bene comune”. La seduta è stata sospesa dal presidente di turno, Roberto Giachetti.


Il conflitto tra maggioranza e opposizione, tra Pd schierato per la privatizzazione – pur senza ammetterlo – e M5S, Sel e SI sull’altro fronte, si combatte intorno all’articolo 6.

È questo il cuore del ddl di iniziativa popolare presentato ormai nel 2007 con 400 mila firme: prescrive l’affidamento del servizio idrico solo a enti di diritto pubblico pienamente controllati dallo Stato, garantendo un anno agli enti per l’adeguamento. Ma prima in Commissione Ambiente, poi ieri in aula, il Pd ha stravolto il senso del disegno di legge originario, aprendo al mercato la gestione dell’acqua pubblica.


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Il provvedimento approvato alla Camera, infatti, non reca più la formula che garantiva l’affidamento «in via prioritaria» a società interamente pubbliche. Da un lato l’acqua resta un servizio pubblico locale di interesse economico generale, e viene garantito anche il diritto a un quantitativo minimo vitale di acqua procapite (massimo 50 litri giornalieri, anche in caso di morosità). Dall’altro, per l’affidamento del servizio idrico integrato non è più prioritario rivolgersi a società pubbliche. Il che è una grossa apertura ai privati.


«Oggi è caduta anche l’ultima foglia di fico dietro la quale il Pd aveva provato a nascondersi – si legge nella nota del Forum italiano dei movimenti per l’acqua – Infatti, la Commissione Bilancio ha cancellato la via prioritaria assegnata all’affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche. Un disconoscimento palese e spudorato che ha ribaltato il senso di quella legge sottoscritta da 400 mila cittadini e aggiornata alla luce dei risultati del referendum popolare del 2011».

Del resto, questa modifica va di pari passo con il Testo Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo della Legge Madia n. 124/2015. Qui si trova l’altra metà del disegno renziano: l’obbligo di gestione dei servizi pubblici locali attraverso società per azioni e il ripristino della «adeguatezza della remunerazione del capitale investito» nella composizione della tariffa. La stessa riga che 27 milioni di cittadini avevano abrogato nel 2011.
_



L'attuale Governo sta facendo di tutto per farsi odiare. Ora agisce anche contro il volere del popolo.

È inutile....... ci vogliono mettere alla prova.
Pensano forse di essere invincibili?
Mandiamoli via!


AL BABBEO (con tutta la crew): L'ACQUA NON SI TOCCA!



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