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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 23/10/2016, 13:09 
Cita:
Partigiani restaurano scritta del Duce
Per Anpi Recoaro si tratta di recupero della memoria storica


(ANSA) - RECOARO (VICENZA), 23 OTT - Una scritta del Duce, una delle tante che apparivano su molte case dagli anni '30, è stata restaurata a Recoaro Terme dal gruppo locale dei partigiani dell'Anpi. "Giudici dei nostri interessi, garanti del nostro avvenire, siamo noi. Soltanto noi. Esclusivamente noi e nessun altro". Firmato Benito Mussolini. Così riporta la frase pronunciata dal Duce nel 1935 e dipinta su un muro a Recoaro. Il proclama era ormai sbiadito e qualche parola era illeggibile.
Ora la scritta è tornata grazie ai partigiani agli antichi splendori. Parole nere su fondo bianco incorniciate da una cornice dipinta colore bordeaux. "Questo rientra - ha spiegato il presidente provinciale Danilo Andriollo - in un percorso di recupero della memoria storica che l'Anpi di Recoaro porta avanti".



http://www.ansa.it/veneto/notizie/2016/ ... 51791.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 30/11/2018, 21:45 
L’industria nel fascismo: ecco come si costruirono le basi del “miracolo italiano”
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https://www.ilprimatonazionale.it/econo ... ano-76036/

https://www.ilprimatonazionale.it/econo ... o-2-76070/


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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 14/03/2019, 18:06 
Cita:


Tajani nella tempesta: “Mussolini ha fatto anche cose positive”


Benito Mussolini ha fatto anche delle cose positive per l’Italia prima della guerra. È il concetto alquanto controverso espresso dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani a La Zanzara su Radio 24 che sta facendo infuriare la polemica (ascolta audio in fondo).

Su Twitter e anche nel Parlamento europeo che presiede, l’esponente di Forza Italia e del PPE è finito nell’occhio del ciclone per aver dimenticato di citare lo sterminio di civili in Cirenaica ed Etiopia, l’abolizione definitiva del parlamento e il furto dell’oro “per la patria”, tra le altre cose. A essere condannate sono le leggi razziali “folli” e la dichiarazione di guerra al fianco dei nazisti.

Fino a quando non ha dichiarato guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non s’è fatto promotore delle leggi razziali, a parte la vicenda drammatica di Matteotti, Mussolini ha fatto delle cose positive per realizzare infrastrutture nel nostro paese, poi le bonifiche. Da un punto di vista di fatti concreti realizzati, non si può dire che non abbia fatto nulla (…) Poi si può non condividere il suo metodo. Io non sono fascista, non sono mai stato fascista e non condivido il suo pensiero politico.

“Però se bisogna essere onesti, Mussolini ha fatto strade, ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato tante parti della nostra Italia, l’istituto per la ricostruzione industriale. Quando uno dà un giudizio storico deve essere obiettivo, poi non condivido le leggi razziali che sono folli, la dichiarazione di guerra è stata un suicidio“.
Tajani a chi chiede sue dimissioni: sono antifascista

Parole che inevitabilmente hanno creato un polverone sia dentro che fuori gli ambienti politici dando il via alla richiesta di dimissioni per il numero uno dell’Europarlamento.

“Chiedo al presidente di ritirare le sue dichiarazioni su Mussolini altrimenti si ritiri lui stesso“.

Così a Strasburgo oggi l’eurodeputato belga Philippe Lamberts ricevendo la standing ovation. Ma Tajani, grande assente oggi a Strasburgo, si affida a Twitter per un commento.

“Si vergogni chi strumentalizza le mie parole sul fascismo. Sono da sempre un antifascista convinto. Non permetto a nessuno di insinuare il contrario. La dittatura fascista, le sue leggi razziali, i morti che ha causato sono la pagina più buia della storia italiana ed europee”.






https://www.wallstreetitalia.com/tajani ... -positive/


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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 15/03/2019, 13:43 
quando si parla per luoghi comuni e banalità è inevitabile che si dica anche questa prima o poi ^_^



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la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 16/03/2019, 01:24 
Se è per questo anche i veneziani hanno costruito tante cose belle dalle mie parti, ma erano degli occupanti, e pure un po' carogne. Ma la Storia è andata così? Che facciamo, demoliamo tutto?

Quanta ipocrisia...
Tajani per una volta ha detto solo la verità, quello che pensano tanti italici, pure antifascisti, ma ANCORA non si può e non lo si deve dire. Il bello è che poi bisogna pure fare giurin giurello e dire "sono anti-fascista", col bollino DOC apposto sulla natica!
Che è come dire "sono anti-longobardo"... Che senso ha? :D



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“Questa crisi, questo disastro [europeo] è artificiale, e in sostanza questo disastro artificiale ha quattro lettere: EURO.”
Joseph Stiglitz
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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 02/09/2019, 17:55 
Cita:

A. James Gregor: «Così gli storici di sinistra hanno deformato il fascismo»


In occasione della triste morte dello storico e politologo americano A. James Gregor, riproponiamo l’intervista che gli facemmo sul Primato Nazionale di marzo 2019.

Professore emerito di scienza politica a Berkeley, Università della California, A. James Gregor è uno dei più grandi esperti di dottrina fascista a livello mondiale. Tra i primi a ricostruire in maniera rigorosa la teoria politica fascista, in tempi in cui il pontifex maximus della cultura italiana, Norberto Bobbio, sosteneva che il fascismo non avesse mai avuto un’ideologia, Gregor ha dedicato quasi tutta la sua produzione scientifica a smontare questa leggenda metropolitana (e accademica). E lo ha fatto soprattutto in ambito anglosassone, dove molti, forse troppi studiosi hanno preteso di ergersi a brillanti interpreti del fascismo pur senza aver letto quasi nulla della nutrita letteratura teorica fascista, che invece Gregor conosce a menadito, con pochi eguali anche in Italia. Lo abbiamo quindi contattato per tracciare un bilancio di questo dibattito scientifico, in occasione del centenario della celebre riunione milanese in piazza San Sepolcro.
Intervista ad A. James Gregor

Il prossimo 23 marzo il fascismo compirà cent’anni. Nonostante una letteratura scientifica che nel frattempo è diventata sconfinata, nel linguaggio politico quotidiano la parola «fascismo» viene spesso usata a sproposito. Lei come se lo spiega?

«Fin dal 1919, anno in cui Benito Mussolini chiamò a raccolta il movimento politico degli interventisti rivoluzionari, il fascismo ha avuto una storia straordinaria. La prima assemblea fascista era composta da sindacalisti nazionali, nazionalisti modernisti e radicali generici. Tra questi vi erano intellettuali colti e combattivi, che offrirono al movimento idee in grande abbondanza. Tutta questa mole di idee sopravvive ancora oggi negli archivi e nelle biblioteche europee e nordamericane.

Durante il decennio seguente alla fondazione del movimento e alla sua ascesa al potere, sono stati espressi vari giudizi di merito da parte della comunità anglofona. Mentre molti accademici indipendenti riconobbero i meriti del sistema rivoluzionario fascista, gli studiosi marxisti vi videro solo della reazione. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, l’atmosfera intellettuale invece mutò sensibilmente. Il fascismo venne inestricabilmente associato al nazionalsocialismo di Hitler. Tutte le nazioni che avevano aderito all’Asse furono dunque identificate con l’aggettivo “fascista”. Ciò ebbe come conseguenza che ogni nefandezza morale commessa da questi Paesi fu catalogata come “fascista”.

«Fin dal 1919 intellettuali
colti e combattivi
offrirono al movimento
una gran messe di idee»

Questo tipo di etichetta fu di grande convenienza strategica per le forze alleate. Le violazioni morali di una delle nazioni dell’Asse potevano così essere attribuite a tutte le altre – e la guerra contro di esse poteva essere caratterizzata come una guerra contro il male assoluto. Per cui, l’attacco dei giapponesi a Pearl Harbor, avvenuta prima di una dichiarazione formale di guerra, diventò un’infrazione “fascista”. Lo sterminio nazionalsocialista degli Ebrei divenne un’oscenità “fascista”. L’antisemitismo della legione romena di San Michele fu una depravazione “fascista”. Fu così per tutto il secondo conflitto mondiale. Entro la fine della guerra, il “fascismo” era quindi diventato il ricettacolo di ogni empietà immaginabile. Il fascismo scomparve dietro una narrazione studiata a tavolino – e così è tuttora.

Oggigiorno, quando gli accademici parlano di pregiudizio razziale, omofobia, sterminio del popolo ebraico o di «pulizia etnica», si riferiscono ai responsabili qualificandoli come “fascisti” – quando invece, chiaramente, si intende “nazionalsocialisti”. Eppure, esistono ricerche accademiche molto approfondite sul razzismo fascista. Renzo De Felice, ad esempio, ha scritto una Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo che tratteggia uno scenario decisamente diverso dalle credenze comuni. Siamo in possesso di molte informazioni sulle relazioni dell’Italia fascista con gli ebrei – e mentre ci sono molti esempi di atti odiosi e criminali (in particolar modo quando la Repubblica sociale italiana venne occupata dalle forze tedesche), tuttavia questi misfatti sono in generale moralmente meno gravi rispetto al trattamento riservato agli ebrei da parte dei sovietici. Infatti, fino all’occupazione tedesca, il trattamento degli ebrei da parte dei fascisti italiani era molto simile a quello riservato ai neri e agli americani giapponesi negli Stati Uniti in tempo di guerra.

«Entro la fine della guerra
il “fascismo” era diventato
il ricettacolo di ogni
empietà immaginabile»

Durante gli anni del secondo conflitto mondiale, gli Usa e il Regno Unito furono alleati dell’Unione Sovietica, la quale fu responsabile del genocidio di milioni di suoi cittadini e dell’esodo di ulteriori milioni di persone nell’ambito delle pulizie etniche. Tuttavia, nessuna persona ragionevole si sognerebbe di addossare la colpa di questi crimini a Washington o a Londra. Ciò nondimeno, gli accademici anglosassoni non hanno esitato a ritenere il fascismo colpevole dei crimini nazionalsocialisti. E tutto fa pensare che le cose non cambieranno in tempi brevi.

Gli accademici anglofoni, molti dei quali sono di sinistra, traggono infatti vantaggio dal bollare il “fascismo” come il depositario di tutto il male. In questa cornice, i regimi marxisti sono invece sottoposti a critiche molto più blande: né lo stalinismo né il maoismo, infatti, sono stati marchiati della stessa ignominia. Il “fascismo” rimane pertanto il nemico universale, mentre il cosiddetto “antifascismo” può essere effettivamente usato come arma contro tutti gli oppositori politici. In questo contesto desolante, gli storici delle idee, contando sulle proprie forze, possono solo continuare – contro ogni difficoltà – nei loro sforzi di fornire resoconti storici obiettivi».

Il Suo celebre studio The ideology of fascism, risalente ormai al 1969, è stato tra i primissimi ad analizzare il fascismo da una prospettiva rigorosamente dottrinaria. A 50 anni esatti dalla sua pubblicazione, ritiene quell’opera ancora attuale, oppure alcuni giudizi sono da rivedere?

«Credo che il mio volume L’ideologia del fascismo abbia resistito bene all’usura del tempo. Il suo maggior limite è che non prendeva in considerazione tutti i testi di Mussolini scritti durante la seconda guerra mondiale. Ma forse il suo più grave difetto è che non analizzava l’opera e il ruolo di Julius Evola, che ancora oggi viene presentato come “il maggior pensatore fascista”. Come egli stesso ebbe a ripetere per tutta la sua vita, Evola non fu mai un “pensatore fascista”. La sua influenza è stata quasi interamente negativa e, per circostanze del tutto particolari, Mussolini gli permise di presentarsi come un portavoce del fascismo, non rendendo in questo modo un buon servizio alla sua ideologia.

Ho tentato di rimediare a questa mancanza in un’opera successiva, Gli intellettuali di Mussolini, in cui ho provveduto ad analizzare in maniera sufficientemente dettagliata l’infelice influenza esercitata da Evola sull’ideologia fascista. In questa stessa opera ho tentato inoltre di illustrare in modo più completo il lavoro di alcuni degli intellettuali più importanti del fascismo. Le mie pubblicazioni successive hanno poi tentato di inserire il pensiero fascista italiano in un contesto appropriato, illustrando cioè la sua relazione con il marxismo classico e applicato, con le religioni politiche e con il totalitarismo. Sono persuaso che l’intera raccolta dei miei lavori fornisca un resoconto storico credibile del pensiero fascista originale».

Il contenuto forse più dirompente della Sua opera fu l’aver evidenziato – in opposizione alla storiografia ancora fortemente ideologizzata di quegli anni – che la dottrina fascista non era meno razionale di quella liberale. Lei ha individuato in particolar modo in Giovanni Gentile il più importante teorico del fascismo. Eppure, non sempre la letteratura scientifica sembra ricordarselo. A che cosa è dovuto, secondo Lei, questo fatto?

«La mia valutazione del fondamento razionale della dottrina fascista italiana è basata sull’intero corpo delle opere intellettuali che sono risultate decisive in questa impresa rivoluzionaria del fascismo. Anche senza il contributo di Giovanni Gentile, l’opera di Sergio Panunzio e Ugo Spirito qualificherebbe comunque il pensiero fascista come razionale esattamente come lo era ogni altra dottrina rivoluzionaria del XX secolo. Se poi prendiamo in considerazione i lavori di Roberto Michels, Corrado Gini e Alfredo Rocco, si ha un’abbondanza di produzione intellettuale che salta inevitabilmente all’occhio.

Il fatto che così pochi studiosi anglofoni citino questa fondamentale letteratura nei loro lavori sul pensiero “fascista”, pertanto, significa che o non hanno letto nulla di tutto ciò, oppure che non sono neppure a conoscenza della sua esistenza. Ci sono pochissimi studiosi anglofoni, ad esempio, che sanno che Michels e Gini erano membri del Pnf e che contribuirono direttamente alle componenti teoriche e dottrinali della sua ideologia. L’attualismo di Giovanni Gentile forniva in questo senso la matrice in cui tutta questa produzione teorica venne incorporata. Mussolini, del resto, commissionò a Gentile – con crisma ufficiale – di redigere i fondamenti filosofici della Dottrina del fascismo e, poco prima del suo assassinio, Gentile scrisse Genesi e la struttura della società, che era una rappresentazione ideale dello Stato fascista.

«I regimi marxisti sono
criticati molto meno:
né stalinismo né maoismo
sono tacciati di tale ignominia»

Quasi tutto ciò è però andato perduto per gli ambienti scientifici. Per anni gli studiosi italiani hanno infatti scelto di non occuparsene per paura di essere accusati di “apologia di fascismo”. Inoltre, la comunità accademica italiana del dopoguerra era in gran parte orientata verso sinistra; pertanto qualsiasi studio obiettivo del pensiero fascista risultava quanto mai sgradito. A mero titolo esemplificativo, le principali case editrici italiane non hanno tradotto nessuno dei miei lavori, anche se erano stati pubblicati dai maggiori editori di letteratura accademica degli Stati Uniti (Princeton University Press, Stanford University Press, Yale University Press e California University Press). In Italia esisteva un pregiudizio – del resto ben documentato – a favore delle interpretazioni di sinistra per ciò che riguardava la produzione intellettuale del fascismo italiano, e regnava un totale ostracismo nei confronti della pubblicazione di studi che offrissero una versione alternativa a quella dominante. Solo negli ultimi anni alcuni piccoli editori si sono impegnati a pubblicare alcuni dei miei lavori più importanti – mentre altri, altrettanto importanti, non sono stati ancora tradotti.

Per anni, dunque, questo pregiudizio dominante ha fatto in modo che si tacesse del contributo di Gentile al fascismo – apparentemente per timore che questo rapporto avrebbe fornito al regime un eccessivo prestigio intellettuale. Eppure, Mussolini aveva dichiarato pubblicamente che Gentile era il suo “maestro”. Gli affidò la responsabilità di plasmare secondo i suoi dettami l’ambiente intellettuale italiano durante gli “anni del consenso”, e lo incaricò di scrivere la sezione filosofica della Dottrina del fascismo ufficiale. Negli ultimi 600 giorni della Repubblica di Salò, inoltre, Mussolini chiese a Gentile di assumersi la responsabilità di animare e supervisionare la vita intellettuale della Rsi – e fu per quel motivo che Gentile fu assassinato.

La questione, però, non è tanto se Gentile fosse o meno il “filosofo del fascismo”. Il vero problema è piuttosto se l’attualismo abbia effettivamente fornito al fascismo un fondamento razionale convincente. È la stessa domanda che può essere sollevata riguardo al marxismo formulato da Karl Marx e Friedrich Engels e al suo rapporto con lo stalinismo e il maoismo».

Lei ha interpretato il fascismo italiano come una developmental dictatorship, ossia una dittatura che potremmo definire «fisiologica» per un’Italia sulla via dell’industrializzazione e dell’ascesa a potenza mondiale, in ritardo rispetto a nazioni come la Francia e la Gran Bretagna. Per l’Italia il fascismo fu dunque, in qualche modo, «necessario»?

«L’Italia fascista fu tra le prime nazioni del XX secolo a intraprendere una spinta sistematica verso la maturità industriale. È chiaro che l’industrializzazione era diventata essenziale per una comunità politica che intendesse sopravvivere nel mondo del XX secolo. La cosa è indiscutibile. La Russia di V. I. Lenin e Josef Stalin era stata pensata per essere il modello del socialismo rivoluzionario; eppure, al tempo del dominio di Stalin, aveva dato vita a un sistema di sviluppo a partito unico. La sua trasformazione era così evidente che Lev Trotskij lamentò che l’Unione Sovietica di Stalin era diventata un’imitazione del fascismo di Mussolini. E così doveva essere ovunque un regime rivoluzionario avesse assunto il potere.

In Cina, ad esempio, il governo nazionalista di Sun Yat-sen (1866-1925) rappresentava una dittatura di sviluppo monopartitica, che mobilitava in massa i suoi cittadini per industrializzare una nazione agricola. Nel secondo dopoguerra, tutti i regimi del “socialismo arabo” e “africano” tentarono di intraprendere una rapida industrializzazione sotto auspici monopartitici e autoritari. Stesso discorso in Asia, da Taiwan alla Corea del Sud fino a Singapore. Il genio di Mussolini stava nell’aver anticipato le esigenze esistenziali del XX secolo. Nel suo discorso in occasione della fondazione del suo movimento rivoluzionario, Mussolini parlò dei “miti” che lo animavano: il mito della nazione e il mito della produzione. In seguito affermò che la Russia di Stalin stava assumendo alcune caratteristiche del fascismo, giacché l’Unione Sovietica stava diventando sempre più nazionalista e si stava impegnando in un programma di rapida industrializzazione.

«Negli anni ’30, l’Italia fascista
era una nazione industriale
con tasso di crescita superiore
a tutti gli altri Stati europei»

Mussolini aveva capito che si trattava di un processo inevitabile, come fece intendere in un discorso ad alcuni studenti asiatici negli anni Trenta. Egli sostenne, cioè, che la rivoluzione in Asia era la conseguenza dell’arroganza delle economie avanzate e dell’incapacità delle nazioni arretrate di rispondere in maniera efficace. Per il fascismo l’industrializzazione era di importanza capitale. Se una nazione intendeva sopravvivere e godere dello status di Stato moderno, allora aveva l’urgente necessità di completare la sua fase di industrializzazione.

In questo senso, il fascismo italiano aveva risposto a un ineludibile imperativo internazionale. Altre nazioni – indipendentemente dalle loro pretese rivoluzionarie di “destra” o di “sinistra” – sono dunque state costrette a seguire il suo esempio. Il fascismo, spinto dalle analisi dei sindacalisti nazionali e incalzato dalla dura realtà, intraprese così un rapido sviluppo industriale. Negli anni Trenta, l’Italia fascista divenne una moderna nazione industriale, con un tasso di crescita superiore a quello di quasi ogni altra nazione europea. In questo modo il fascismo fornì all’Italia le basi per il “miracolo economico” del dopoguerra».

Al contrario di Renzo De Felice, che reputava il fascismo defunto nel 1945, Lei ha sostenuto che il fascismo come ideologia e prassi di governo è invece sopravvissuto alla caduta del regime mussoliniano. Dove si manifesterebbe dunque, secondo Lei, il fascismo ai nostri giorni?

«Se l’analisi precedente è corretta, ci si aspetterebbe che molti regimi rivoluzionari del XX secolo condividano almeno alcuni dei tratti essenziali del fascismo di Mussolini. Ovviamente questo non vuol dire che la letteratura dottrinale del fascismo storico sia stata letta e studiata dai rappresentanti di quei regimi rivoluzionari, spingendoli all’emulazione dell’Italia mussoliniana. Ma il fascismo aveva risposto a condizioni reali che caratterizzavano anche altri contesti. I fascisti si erano resi acutamente conto degli imperativi che dominavano la storia e avevano risposto. Quando il fascismo italiano cadde nel 1945, quegli imperativi rimasero gli stessi. E molti altri rivoluzionari apparvero sulla scena della politica internazionale, i quali tentarono di affrontare gli stessi problemi che avevano impegnato i primi fascisti. Le loro risposte, di conseguenza, hanno condiviso alcune delle stesse caratteristiche politiche.

Così, dopo la fine della seconda guerra mondiale, alcuni dei rivoluzionari del “socialismo africano” cercarono di intraprendere gli stessi sforzi di Mussolini – il che comportò la ricomparsa di alcuni tratti tipici del fascismo italiano. Come il Ghana di Kwame Nkrumah, si trattava di dittature di sviluppo. Questi regimi erano guidati da capi carismatici che hanno mantenuto il loro mandato per tutta la vita. E tali leader rifiutavano la guerra di classe, mobilitavano le masse, guidavano regimi monopartitici e dirigevano economie di sviluppo aperte al mercato. Molti di loro erano stati ispirati da Marcus Garvey, il rivoluzionario africano che, negli anni Venti, si era identificato come “il primo fascista”.

«Dopo la guerra, rivoluzionari
del “socialismo africano”
cercarono di intraprendere
gli stessi sforzi
di sviluppo di Mussolini»

Ebbene, è possibile riconoscere tutte queste caratteristiche presso molti dei movimenti rivoluzionari emersi dopo la fine delle ostilità in Europa. In Africa, in Medio Oriente e in Asia, fecero la loro apparizione regimi rivoluzioni che comprendevano almeno alcuni dei tratti principali del fascismo. Il “socialismo arabo” rivoluzionario, ad esempio, ha manifestato alcune di queste caratteristiche. In questo senso, Gamal Abdel Nasser ha rappresentato il tipo di leader che ha dominato gli Stati arabi monopartitici sorti nel secondo dopoguerra. Nasser, infatti, introdusse un programma di sviluppo che non era né socialista né marxista. Governato in gran parte dalle tendenze del mercato, il suo programma autoritario e monopartitico ha generato per anni tassi di crescita produttiva oltre il 9%. Non ha offerto una risposta di classe: ha mobilitato le masse. Era risoluto nella sua difesa delle prerogative nazionali – e sistematicamente resisteva alle ingerenze delle “potenze coloniali”. Come i fascisti italiani, anch’egli era un difensore delle “nazioni proletarie” contro le “nazioni plutocratiche” già industrializzate. Per una varietà di fattori, sia interni che esterni, il socialismo africano e quello arabo hanno fallito; ma, in ogni caso, condividevano chiaramente alcune caratteristiche del fascismo di Mussolini. In questo, però, non erano soli.

«Esempi ancora più chiari
di ispirazione al Ventennio
sono quelli della Cina
e di Paesi del Sudest asiatico»

Ancor più chiari sono gli esempi che ci giungono dall’Asia. Taiwan, Singapore e la Corea del Sud conobbero una rapida industrializzazione sotto l’egida di un regime autoritario, monopartitico e guidato da un capo carismatico. Tutti avevano rifiutato la lotta di classe e, in tutti i casi, l’economia si era adeguata al mercato: le loro prestazioni, individuali e collettive, erano impressionanti. È in questo contesto che la Cina di Mao Zedong diventa particolarmente istruttiva. Dopo il fallimento della sue politiche “socialiste”, Deng intraprese quella che è stata identificata come la “seconda rivoluzione cinese”: rinunciò alla lotta di classe, impose la disciplina nel Partito e nella popolazione in generale, controllò l’organizzazione del lavoro, riformò l’istruzione pubblica e supervisionò l’Assemblea e l’opinione pubblica. Nel giro di pochi anni l’economia cinese prosperò, crescendo a tassi a due cifre fin nel XXI secolo. In tempi più recenti, Xi Jinping ha dichiarato che la Cina è pronta per il suo “ringiovanimento”, per la sua “palingenesi”, ossia per tornare alle sua antica gloria. Il presidente cinese ha sistematicamente potenziato l’esercito, fornendo la tecnologia più moderna per assicurare la sua capacità di combattimento. La Cina ha inoltre affermato il suo irredentismo, rivendicando i territori “perduti” nelle isole del Mar Cinese orientale e meridionale, entrando in contrasto con Giappone, Indonesia, Filippine e Vietnam. Pechino, del resto, non ha mai fatto mistero della sua intenzione di diventare la potenza egemone nella regione. Non c’è nulla di “marxista” in tutto ciò. Ma ci appare familiare perché riflette alcune caratteristiche della storia rivoluzionaria dell’Europa. Xi Jinping governa, come leader carismatico a vita, su una dittatura di sviluppo palingenetica, nazionalistica, centrata sullo Stato, monopartitica, militarmente aggressiva, irredentista e che chiama alla mobilitazione di massa: si tratta una sintesi politica che a noi storici dovrebbe apparire familiare. Abbiamo visto il suo antecedente cominciare a prendere forma esattamente cento anni fa».






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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 03/09/2019, 13:21 
xfabiox ha scritto:
A volte ritornano diverse bufale relative al Fascismo. Bufale vecchie, vecchissime: risalenti alla caduta di Salò, ed al tentativo di mitizzare un’epoca che luminoso aveva ben poco.

Mito: I fascisti non hanno mai rubato
Realtà: Si è sempre detto che il Fascismo è stata una dittatura che ha strappato la libertà agli italiani ma che almeno i fascisti non hanno mai rubano, non sono stati corrotti. Invece non è così. Mussolini non fa in tempo a prendere il potere che la corruzione già dilaga. Un sistema corrotto scoperto già da Giacomo Matteotti: denuncia traffici di tangenti per l’apertura di nuovi casinò, speculazioni edilizie, di ferrovie, di armi. Affari in cui è coinvolto il futuro Duce attraverso suo fratello Arnaldo.
E poi c’è l’affare Sinclair Oil: l’azienda americana pur di ottenere il contratto di ricerche petrolifere in esclusiva sul suolo italiano paga tangenti a membri del governo, e ancora ad Arnaldo, per oltre 30 milioni di lire. Matteotti lo scopre ma il 10 giugno 1924 viene rapito da una squadraccia fascista e ucciso. Messo a tacere il deputato socialista, di questa corruzione dilagante gli italiani non devono, non possono assolutamente più sapere. Speculazioni, truffe, arricchimenti improvvisi, carriere strepitose e inspiegabili: gerarchi, generali, la figlia Edda e il genero Galeazzo Ciano e Mussolini stesso! Nessuno rimane immune
I documenti scoperti e mostrati da storici di assoluto valore come Mauro Canali, Mimmo Franzinelli, Lorenzo Benadusi, Francesco Perfetti, Lorenzo Santoro presso l’Archivio Centrale dello Stato sono prove che inchiodano il fascismo alla verità. È stato anche realizzato un documentario RAI che lo testimonia bene (qui)
Si è sempre detto che il Fascismo è stata una dittatura che ha strappato la libertà agli italiani ma che almeno i fascisti non hanno mai rubano, non sono stati corrotti. Invece non è così. Mussolini non fa in tempo a prendere il potere che la corruzione già dilaga. Un sistema corrotto scoperto già da Giacomo Matteotti: denuncia traffici di tangenti per l’apertura di nuovi casinò, speculazioni edilizie, di ferrovie, di armi. Affari in cui è coinvolto il futuro Duce attraverso suo fratello Arnaldo.


Mito: Devi ringraziare il Duce se esiste la pensione.
Realtà: In Italia la previdenza sociale nasce nel 1898 con la fondazione della "Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai", un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch'esso libero degli imprenditori. Mussolini aveva in quella data l’età 15 anni. L’iscrizione a tale istituto diventa obbligatoria solo nel 1919, durante il Governo Orlando, anno in cui l’istituto cambia nome in “Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali”. Mussolini fondava in quella data i Fasci Italiani e non era al governo.
Tutta la storia della nostra previdenza sociale è peraltro verificabile sul sito dell'Inps. La pensione sociale viene introdotta solo nel 1969. Mussolini in quella data è morto da 24 anni.


Mito: La cassa integrazione guadagni è stata pensata e creata dal Duce per aiutare i lavoratori di aziende senza lavoro.
Realtà: La cassa integrazione guadagni (CIG) è un ammortizzatore sociale per sostenere i lavoratori delle aziende in difficoltà economica. Nasce nell'immediato dopoguerra per sostenere i lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra furono colpite dalla crisi e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività. Quindi la cassa integrazione nasce per rimediare ai danni causati dal fascismo e della guerra che hanno causato milioni di disoccupati.
Nel 1939, tramite circolari interne, veniva prevista la possibilità, prevista senza un reale quadro normativo per poterla applicare, visto che allora era totalmente inutile.
L’Italia, già coinvolta nelle guerre nelle colonie (Libia, Abissinia) si stava preparando all’entrata in guerra al fianco della Germania e l’industria (soprattutto quella bellica) era in gran fermento, motivo per cui non solo si lavorava a turni pesantissimi ma si assistette addirittura al primo esodo indotto di lavoratori dall’agricoltura all’industria.
La Cassa Integrazione Guadagni, nella sua struttura è stata costituita solo il 12 agosto 1947 con DLPSC numero 869, misura finalizzata al sostegno dei lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra erano state colpite e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività.


Mito: Ai tempi del Duce eravamo tutti più ricchi.
Realtà: Mussolini permise agli industriali e agli agrari di aumentare in modo consistente i loro profitti, a scapito degli operai. Infatti fece approvare il loro contenimento dei salari.
Nel 1938, dopo 15 anni di suo operato, la situazione economica dell’italiano medio era pessima, il suo reddito era circa un terzo di quello di un omologo francese.


Mito: grazie al Duce la disoccupazione non esisteva
Realtà: non vi era un reale stato di benessere dell’economia ma in realtà l’Italia stava preparando l’entrata in guerra e tutte le industrie (e l’artigianato) che direttamente o indirettamente fornivano l’esercito lavoravano a pieno regime. Senza contare le masse arruolate nell'esercito per poi essere usate come carne da macello per i sogni di gloria del duce.
Per contro, l’accesso al lavoro era precluso a tutti coloro che non sottoscrivevano la tessera del Partito Nazionale Fascista, sanzione che era estesa anche ai datori di lavoro che eventualmente li impiegassero. Motivo per cui durante il fascismo assistemmo ai flussi migratori di tutti coloro che per motivi politici non intesero allinearsi al regime ma avevano una famiglia da mantenere.
Il 27 maggio 1933 l'iscrizione al partito fascista è dichiarata requisito fondamentale per il concorso a pubblici uffici; il 9 marzo 1937 diventa obbligatoria se si vuole accedere a un qualunque incarico pubblico e dal 3 giugno 1938 non si può lavorare se non si ha la tanto conclamata tessera.


Mito: Il Duce ha fatto costruire grandi strade in Italia.
Realtà: Il programma infrastrutturale che prevedeva la costruzione delle strade completate durante il ventennio cominciò già durante il quinto governo di Giovanni Giolitti, avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture. Infatti, la necessità di realizzare infrastrutture in Italia fu un’idea di Giovanni Giolitti durante il suo quinto governo (15 giugno 1920/7 aprile 1921), avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture, sviluppo industriale dimostratosi necessario dal confronto con le altre grandi potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale.
Tale “rivoluzione” non potè essere attuata da Giovanni Giolitti, prima, e dal governo Bonomi che ne seguì solo per i sette mesi che resse a causa del boicottaggio e dell’ostruzionismo politico da parte del nascente fascismo, prima generico movimento popolare (1919) e poi soggetto in forma di partito dal 1921, con la costituzione del Partito Nazionale Fascista.


Mito: “quando c’era lui i treni arrivavano in orario”
Realtà: non è vero. Come spiega questo articolo dell'Indipendent, si tratterebbe infatti di un mito derivante dalla propaganda durante il Ventennio.
La puntualità dei treni era infatti per la propaganda fascista il simbolo del ritorno all'ordine nel paese ma, in realtà, è solo grazie alla censura sistematica delle notizie riguardanti incidenti e disservizi ferroviari che questa immagine si è potuta formare.


Mito: Il governo di Mussolini raggiunse il pareggio di bilancio il primo aprile 1924 (e quindi è migliore dei governi attuali)
Realtà: Partiamo malissimo perché il pareggio è successo nel 1925 ed in altra data. Il mito calca la mano sul concetto fondamentale che il governo fascista fu in grado di pareggiare il bilancio dello stato mentre i governi attuali siano degli inetti. Che ci sia riuscito non c’è dubbio, ma era già successo prima che Mussolini salisse al governo (fu Minghetti a realizzarlo) nel 1876. Quindi dovremmo replicare anche le politiche economiche di 2 secoli fa?
All’inizio del ventennio l’Italia arrivava da un periodo di indebitamento causato dalla Guerra Mondiale e furono adottati dei provvedimenti corretti come le liberalizzazioni, riduzione delle spese e l’espansione industriale aiutò moltissimo, ma è possibile secondo voi paragonare l’economia di inizio ‘900 con quella attuale?
Come ogni disinformazione che si rispetti è più importante quello che si sta dimenticando di dire, e cioè che negli anni successivi però andò tutto in vacca: la crisi mondiale in parte e il disinteresse dell’economia del Duce, molto più interessato a fare la guerra, portarono il bilancio in negativo vanificando tutti gli sforzi fatti. La politica di autarchia messa in atto limitò moltissimo le importazioni e le esportazioni, politica totalmente inapplicabile oggi. Oltre ad aver causato la distruzione della nazione nella Seconda Guerra Mondiale.
Citando Totò: “L’operazione è riuscita, ma il paziente è morto”
Ha poi senso paragonare le scelte fatte quasi 100 anni fa a quelle attuali? Non è corretto né economicamente né storicamente. Un modello che è crollato su se stesso non è il miglior modello.


Mito: Mussolini rinunciò al suo stipendio per risanare l'economia e finanziare la guerra
Realtà: che Mussolini abbia o meno rinunciato al suo stipendio è irrilevante essendo stato un dittatore: dubito che le sue spese personali fossero state proporzionate al suo stipendio e il “dover finanziare una guerra” fu proprio quello che portò a sciupare quello che aveva fatto (per Mussolini era inconcepibile che non si facessero guerre, erano nella natura dell’uomo).


Mito: Mussolini non aumentò le tasse
Realtà: a parte i primi anni non è vero che le tasse non furono aumentate, un po’ alla volta nuove tasse colpirono gli italiani e la lira che aveva rafforzato nei primi anni venne svalutata più volte per poter tirare avanti. In parole povere davanti alle difficoltà il governo prese di volta in volta decisioni diverse e logicamente variavano anche di molto in base al momento storico. Non si può dire “Mussolini non aumentò le tasse”.


Mito: Mussolini impose ai membri del governo l'uso delle biciclette facendo risparmiare miliardi al popoli italiano
Realtà: Non esiste nessuna conferma sulla fiaba delle biciclette. Anzi ad un certo punto per spingere l’industria dell’automobile si mise una tassa sulla bici e, almeno in alcune grandi città, si cominciò a limitarne l’uso. Sull’effettivo risparmio di questa manovra come prima pesa il non detto: a chi rimosse l’auto? Quante erano le auto? Furono risparmiati miliardi di lire? Se parliamo di miliardi di lire (ne considero almeno due per essere plurale) del 1925 parliamo di circa 1.5 Miliardi di euro oggi con la rivalutazione monetaria. Al 2012 la spesa per autoblu e autogrigie in italia è stato di circa 1 Miliardo di euro, quindi dobbiamo dedurre che negli anni ’20 in Italia c’erano più auto pubbliche che adesso? Vi sembra possibile? E cercando tra i documenti del parlamento di quegli anni ho trovato stanziamenti per le automobili al servizio del governo…


Mito: Il Duce è stato l'unico uomo di governo che abbia veramente amato questa nazione.
Realtà: «Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative.» enunciò il Duce il 26 maggio 1940 (ndr. L’Italia nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1946, p. 37): e così fu, visto che nella disastrosa “campagna di Russia”, solo per compiacere Adolf Hitler con una presenza italiana del tutto male equipaggiata e fornita nelle sue operazioni di guerra di guerra, persero la vita ufficialmente 114’520 militari sui 230’000 inviati al fronte, a cui aggiungere i dispersi, ovvero le persone che non risultavano morte in combattimento ma nemmeno rientrate in patria, che fonti UNIRR stimano in circa 60’000 gli italiani morti durante la prigionia in Russia.
Già...proprio amore.
Mussolini amava talmente l’Italia che:
- ha instaurato una dittatura
- ha abbassato i salari
- ha portato il paese al collasso economico
- ha tolto la libertà ai cittadini italiani
Il Duce amava talmente l’Italia da aver introdotto leggi razziali antisemite nel 1938 solo per compiacere l’alleato nazista, inutili perché in Italia gli ebrei, a differenza che in Germania, non avevano un’importanza rilevante in un sistema economico di cui la dittatura volesse provvedere all’esproprio.
Voleva così bene al suo popolo da farlo sprofondare in una guerra civile quando fu esautorato dal potere creando la Repubblica Sociale Italiana. Un paese già allo sbando a causa dell'armistizio dell'8 settembre e provato dalla guerra (condotta da lui con esiti a dir poco disastrosi) venne dilaniato ancora di più tra cosiddetta" Repubblica di Salò" e Italia liberata.
E i fascisti, soprattutto durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) collaborarono attivamente ai massacri di rappresaglia a seguito delle operazioni partigiane e alla deportazione nei lager di cittadini italiani.
E l’Italia, unico nei paesi “satellite” della Germania nazista, il fascismo fu istitutore e gestore di “lager” in Italia con l’impiego prevalente di proprio personale: la bibliografia ufficiale stima in 259 i campi di prigionia in Italia e gestiti con presenza prevalente di personale italiano, alcuni normali campi di detenzione, altri campi di smistamento in attesa della deportazione in Germania come quello di Bolzano e Fossoli, in provincia di Modena; ma alcuni erano autentici campi di sterminio come la Risiera di San Sabba a Trieste, dove il tenore dei massacri era inferiore solo ai campi in Germania e Polonia, molto più grandi e appositamente attrezzati.
Dossier, lettere, minacce, accuse vere e false oscenità, inganni, arresti, ricatti. Un ventennio di ricatti! Gerarca contro Gerarca, amante contro amante, e l’accusa di omosessualità come arma politica. E Mussolini su tutto e su tutti fa spiare, controlla, punisce, muove le sue pedine. - See more at: http://www.lagrandestoria.rai.it/dl/por ... qF7YM.dpuf
E ci sarebbe tanto altro da aggiungere, ampiamente documentato: corruzione dilagante, dossier, lettere, minacce, accuse vere e false oscenità, inganni, arresti, ed anche ricatti. Un ventennio di ricatti! Gerarca contro Gerarca, amante contro amante, e l’accusa di omosessualità come arma politica. E Mussolini su tutto e su tutti fa spiare, controlla, punisce, muove le sue pedine.


Ma sai qual è la cosa più buffa? E' che il fascismo e il nazismo furono entrambi dei regimi socialisti, si, come i compagni di merenda emiliani, quelli bolscevichi ed i cinesi, ma fortemente nazionalisti.
L'unica differenza è che non sognavano l'Internazionale, la fogna globale confluente che piace tanto a Sion ed ai suoi bovi rossi, gialli ed arlecchini.
Fu tutto pianificato apposta per fare da trampolino a questi babbei beoti, che nel comunismo pensano di trovare la manna, mentre la ragione di fondo del loro credo ideologico è che presi uno per uno sono delle pavide, grette e Dem-enti scimmie provinciali (bifolchi lucrosi).



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 03/09/2019, 13:53 
Morley ha scritto:
il fascismo e il nazismo furono entrambi dei regimi socialisti, si, come i compagni di merenda emiliani, quelli bolscevichi ed i cinesi, ma fortemente nazionalisti.
L'unica differenza è che non sognavano l'Internazionale, la fogna globale confluente che piace tanto a Sion ed ai suoi bovi rossi, gialli ed arlecchini.

Già questo basterebbe a farmi preferire il fascismo dal fogno trotzkista global-fucsia-arcobaleno, se proprio dovessi scegliere un 'sistema'.
Attualmente le tecnostrutture global quali UE, FMI e compagnia cantante devono molto al fascismo: hanno imparato ad usare la propaganda mediatica e la demonizzazione degli avversari a loro vantaggio, e funziona che è una meraviglia, le persone richiedono a gran voce l'"ORDINE GLOBALE" per essere 'protette' dai "pericoli esterni", che cambiano a seconda del periodo: prima i terroristi islamici, poi Putin, poi i sovranisti, poi i cinesi, poi l'Iran... Viviamo in un fascismo globale dove al posto del balcone ci sono i g7, e la cosa bella è che nessuno se ne accorge, oppure intuisce che c'è qualcosa che non va, ma il piatto per tanti è ancora pieno, quindi perché demolire tutto rischiando di magnare meno? Se fossimo nel ventennio, questo sarebbe il periodo della piena legittimazione popolare.
Sappiamo bene come andò a finire dopo la sbornia di consenso... Il potere dà alla testa, a chiunque.



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 04/09/2019, 11:38 
Già, il sionismo è in effetti social-globalismo, in cui i riccastri fanno i duci e i loro associati a delinquere fanno gl'inciuci a destra e a sinistra.

Di più c'è che non comanda più il valore morale, ma quello monetario, per cui tutto si compra e tutto si vende, anche l'Anima, soprattutto.

Il riccioluto cafone di campagna è diventato dottore e politico d'affari, e lo scribacchino d'ufficio un burocrate mafioso, tutti insieme fanno l'NWO, patinati perfino di religione e di spiritualismo, sebbene non capiscano un Fico secco di nulla.

(Stai a vedere adesso che censurano il reply dalla piattaforma, come quando misi d'Alema vestito da prete con la bibbia in mano, l'unica volta, a mo' di Ciccinnà.
Nemmeno Trump si è permesso tanto).



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 04/09/2019, 21:15 
Morley ha scritto:
Già, il sionismo è in effetti social-globalismo, in cui i riccastri fanno i duci e i loro associati a delinquere fanno gl'inciuci a destra e a sinistra.

Preferiresti forse Pollo & Vodka??? [:297]



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 04/09/2019, 22:13 
Meglio una bella porzione di lasagne "handmade"... :)



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 05/09/2019, 12:59 
qualunque -ISMO andrebbe scacciato come la peste.



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 05/09/2019, 13:49 
MaxpoweR ha scritto:
qualunque -ISMO andrebbe scacciato come la peste.

Ok, ma dovresti anche dirci quale sistema dovremmo adottare in sostituzione! Sei in grado di fare una proposta valida? (dico seriamente), così almeno discutiamo di qualcosa di interessante.



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 05/09/2019, 13:53 
Monarchia assoluta illuminata, è il miglior sistema di governo, ovviamente il monarca dovrei essere io, altrimenti mi va bene qualunque cosa non permetta ad uno solo di decidere in mia vece.



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 Oggetto del messaggio: Re: Le bufale sul fascismo che i nostalgici ripetono su inte
MessaggioInviato: 10/09/2019, 14:58 
sottovento ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:
qualunque -ISMO andrebbe scacciato come la peste.

Ok, ma dovresti anche dirci quale sistema dovremmo adottare in sostituzione! Sei in grado di fare una proposta valida? (dico seriamente), così almeno discutiamo di qualcosa di interessante.

Ma ti senti proprio perso senza "sistemi"?
sottovento ha scritto:
Morley ha scritto:
Già, il sionismo è in effetti social-globalismo, in cui i riccastri fanno i duci e i loro associati a delinquere fanno gl'inciuci a destra e a sinistra.

sottovento ha scritto:
Preferiresti forse Pollo & Vodka??? [:297]

Amico, su questo pianeta sporcato dai suini salvati da Satana, vivo di acqua e di quello che trovo in natura, molto meno di pollo e vodka, perchè mi fanno oltretutto schifo la carne, gli alcolici e molte molte altre cose,
le caramelle non attaccano; in quanto poi al sistema sion-social-capitalista vigente di comodo per molti porci, sappi che non c'è di meglio per tutti gli OGM dediti al denaro, siano essi magnati del petrolio o macahi fumati che rincorrono quegli altri sperando di essere come loro, di destra o di sinistra.

Ora, detto questo, dovresti capire quanto il genere OGM sia segnato nel libro nero di Qualcuno che osserva la sua "evoluzione".



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