Il contadino che fu registrato in tre bande partigiane in cui non era mai stato
La vicenda del chietino Cesare Ciammaichella, ucciso da soldati tedeschi che volevano derubarlo, è un esempio della disinvoltura con cui nel dopoguerra vennero stilate le liste di chi partecipò alla lotta contro l'occupazione
AGI - Alla fine della seconda guerra mondiale il suo nome è stato inserito in ben tre bande come partigiano combattente, ma in realtà Cesare Ciammaichella fu più semplicemente una delle migliaia di vittime civili della ferocia nazista. E venne persino arbitrariamente “arruolato” come soldato all’8 settembre 1943, nonostante non avesse prestato servizio militare, né prima né durante il conflitto.
La storia del contadino di Brecciarola, nell’agro di Chieti, merita di essere raccontata, perché esemplificativa della disinvoltura con cui nel dopoguerra vennero stilate le liste delle bande per il riconoscimento dell’attività partigiana contro l’occupazione tedesca, che in Abruzzo fu particolarmente dura, considerato che per la prima volta in Italia vi furono applicate le strategie del terrore con le rappresaglie e le stragi di civili (Pietransieri, Sant’Agata di Gessopalena, Francavilla) e la tattica della terra bruciata.
Ciammaichella, classe 1903, il 7 maggio del 1944 vide arrivare nel suo casolare due soldati tedeschi, molto giovani, che reclamavano la consegna di una vacca, che lui rifiutò. I suoi fratelli, aiutati da altri contadini, lanciarono pietre all’indirizzo dei militari, che se ne andarono. Ma mentre i fratelli, per prudenza, si allontanarono dalla zona, lui non ascoltò i consigli della moglie Clara di fare altrettanto. Non aveva fatto nulla e riteneva che non avesse nulla da temere, e si attenne al detto “male non fare, paura non avere”. Invece i tedeschi tornarono, e non erano due.
Ciammaichella, tirato giù dal letto, fece appena in tempo a far mettere in salvo la famiglia, ma quando lui stesso tentò la fuga venne colpito con una fucilata e lasciato a terra per morto. Raccolto e portato in ospedale, dissero che per lui non c’era più nulla da fare, a allora lo riportarono a casa dove spirò il 9 maggio, come testimoniarono sottoscrivendo l’atto di morte n. 487 del 9 maggio alle ore 17 i testimoni Pasquale Di Muzio e Gabriele Fraticelli.
Dopo la liberazione, avvenuta nel giugno dello stesso anno, si mise in moto un meccanismo diabolico che ne fece simultaneamente un partigiano combattente nella Brigata Maiella, della Banda Palombaro e della Banda Francavilla.
Il suo nome sarà iscritto persino nel ruolino di una quarta Banda, la Fortunato proposta come attiva dall’8 settembre 1943 al 13 giugno 1944, con a capo la vedova Mafalda de Bonis riconosciuta partigiana combattente, ma che fu dichiarata inesistente persino dall’apposita Commissione: Ciammaichella sarebbe stato impegnato nell’attività partigiana come «isolato» dall’8 settembre 1943 al 9 maggio 1944.
La Commissione regionale abruzzese per il riconoscimento della qualifica di partigiano, con verbale n. 37 del 6 dicembre 1946 (scheda n. 3414) lo dà appunto in «attività partigiana» in questo intero periodo, e alla voce località precisa: «diverse – isolato – Francavilla» (ben distante da Brecciarola). Documentalmente sancisce che è morto il 7 maggio, due giorni prima, cioè, di aver compiuto il periodo che gli viene riconosciuto. Il giudizio della Commissione ne fa comunque un «caduto per la lotta di liberazione».
Nella Banda Francavilla avrebbe invece prestato attività partigiana fino al 7 maggio, secondo l’estratto dallo schedario. Ovviamente il suo nome non compare nell’elenco ufficiale dei caduti della Brigata Maiella (che non erano partigiani ma patrioti inseriti come soldati di fanteria da montagna nel II Corpo polacco del generale Anders) né tanto meno degli arruolati, perché non ne aveva mai fatto parte.
È di tutta evidenza che Ciammaichella, che non si era mai mosso dal suo podere, fu una delle vittime civili della guerra, e come tale era stato correttamente inserito nell’elenco fornito dal questore di Chieti il 17 aprile 1946 in risposta a precisa richiesta del ministro degli Interni Ferruccio Parri in data 17 novembre 1945, il quale chiedeva che l’inchiesta fosse «condotta con ogni scrupolo e sollecitudine» per fornire tutti i possibili nominativi. I Carabinieri altrettanto correttamente, avevano iscritto Ciammaichella nell’elenco delle vittime civili e non tra quello dei partigiani combattenti.
A Chieti, in seguito, verrà realizzata una lapide nel Sacrario monumentale, con i «nomi gloriosi / Fulgida consacrazione di italiche / partigiane virtù», dove assieme ai componenti della Banda Palombaro fucilati l’11 febbraio 1944 appare anche l’agricoltore Cesare Ciammaichella. I discendenti, e in special modo il nipote che ne perpetua il nome, chiedono ora che sia ripristinata la verità.
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