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L’omicidio Moro e quell’articolo su PenthouseOasi di_Ninfa
Nel novembre del 1978 lo scrittore italo americano Pietro Di Donato, famoso per avere scritto negli anni Trenta il romanzo dal titolo “Cristo fra i muratori”, viene incaricato dall’editore della rivista americana per soli uomini “Penthouse” di scrivere un articolo sull’omicidio di Aldo Moro. L’articolo esce nel dicembre del 1978 col titolo: “Cristo nella plastica“.
Claudio Sabelli Fioretti ne parla il 5 dicembre 1978 su Panorama: Di Donato gli racconta di avere conosciuto cinque anni prima, tramite un senatore del Partito Comunista Italiano suo amico, un noto industriale famoso per le sue idee di sinistra. Anche se il nome non viene fatto, si tratta dell’editore Giangiacomo Feltrinelli.
Alcuni anni prima Di Donato era stato in Italia per realizzare una serie di interviste, e tra le prime persone che aveva incontrato c’era proprio l’industriale Feltrinelli. E sarà proprio Feltrinelli in quei giorni a presentare allo scrittore un brigatista in contatto con quelli che saranno in seguito i rapitori di Moro.
“Il mio articolo – racconta Di Donato nel pezzo di Sabelli Fioretti – è il frutto del loro racconto”. A giudizio di Sabelli Fioretti il resoconto che fa Di Donato è “tanto singolare da apparire assolutamente fantasioso, ricco di errori tanto clamorosi da far pensare che sia il prodotto di un mitomane disinformato e superficiale”.
Il brigatista che Di Donato conosce, il cui nome è Zucor, sarebbe il capo della colonna che avrebbe rapito Moro e trucidato la sua scorta; ed è lo stesso Zucor a rivelare allo scrittore italo-americano alcuni dettagli della strage. A partire dal numero dei componenti del gruppo di via Fani, undici uomini ed una donna bionda, tra cui anche un motociclista vestito da poliziotto.
Il gruppo di fuoco, composto da quattro brigatisti vestiti da piloti dell’Alitalia, viene avvicinato mentre staziona di fronte al bar Olivetti da un vero pilota Alitalia, il quale offre loro un passaggio sulla sua auto sportiva.
Di Donato racconta anche dove si trovasse il primo rifugio di Moro, in un “garage sotterraneo di un grosso complesso residenziale della Balduina, dieci minuti da via Fani“.
La vera prigione di Moro, quella in cui lo statista democristiano avrebbe trascorso la gran arte dei 55 giorni delle sua prigionia, era già pronta da un anno. Si tratterebbe di un ripostiglio isolato acusticamente “al quale si accedeva attraverso un finto muro”. Sembra anche che la polizia, malgrado la vigilanza svolta 24 ore su 24 dai brigatisti, abbia perquisito il garage e chiesto loro informazioni.
Il racconto che Zucor fa a Di Donato è lungo e dettagliato: incluse anche le visite fatte a Moro dal medico, il suo stato di salute, non buono per via del rene sinistro, i racconti fatti dal presidente della DC sulla sua villa a Torrita Tiberina, i suoi passatempo durante la prigionia: oltre allo scrivere, a Moro venne concesso anche di leggere, guardare la televisione ed ascoltare dischi.
Dal racconto di Di Donato emerge anche come Zucor e Moro si fossero già conosciuti in precedenza, nel 1959, in casa dello scrittore Carlo Levi.
Secondo Di Donato tra Zucor e Moro si instaura un buon rapporto, tanto che mentre Zucor rivela all’ex presidente del consiglio la sua fede di cattolico osservante, Moro di ritorno gli racconta dei suoi sogni più ricorrenti (Benigno Zaccagnini e Francesco Cossiga).
Lo scrittore racconta anche chi furono gli esecutori materiali dell’omicidio dello statista democristiano: Anna la brigatista bionda, la stessa che era presente anche in via Fani, e Franco. Anna sarebbe anche uno dei fondatori delle BR, ed oltre ad avere studiato all’Università di Trento avrebbe partecipato al matrimonio tra Renato Curcio e Maria Cagol.
Molte parti del racconto fatto da Di Donato vengono contestate da Sabelli Fioretti; a partire dal matrimonio cattolico tra Curcio e la Cagol, al quale avrebbero partecipato solamente due testimoni, Italo Saugo e Vanni Mulinaris.
Il giornalista di Panorama giudica poi surreali alcuni passaggi del racconto di Di Donato, tra i quali l’episodio della messa celebrata da Papa Paolo VI su di un elicottero mentre sorvolava l’abitazione di Moro, cosi’ come quello nel quale la moglie di Moro, Eleonora, dopo avere chiamato pederasti, prostitute e codardi il cardinale Ugo Poletti e Amintore Fanfani, scaglia contro di loro un vaso di fiori.
Il Partito Operaio Europeo e la tesi del colpo di stato
Un’altra pubblicazione di particolare interesse in merito alla vicenda Moro è il libro dal titolo: “Chi ha ucciso Aldo Moro” scritto nel 1978 dal Partito Operaio Europeo (POE), un sedicente gruppo di estrema sinistra sospettato di avere legami con il partito Repubblicano statunitense.
La pubblicazione in esame ricostruisce la natura delle forze che avrebbero voluto e gestito il rapimento di Moro e l’uccisione della sua scorta. Si tratterebbe di un coacervo di entità tra le quali spiccherebbero La Corona britannica, d’accordo con le altre monarchie d’Europa, i Servizi segreti inglesi, lo Shin Bet israeliano, il Sovrano ordine di Malta, l’ex segretario di Stato degli Stati Uniti Henry Kissinger, la mafia, l’internazionale socialista e l’aristocrazia mondiale.
Si tratterebbe, dunque, di una sorta di ordine massonico sovranazionale, “un’organizzazione perfetta e collaudata”, responsabile anche degli omicidi di Martin Luther King, di Robert Kennedy e di Enrico Mattei, con lo scopo di portare avanti “il Grande Disegno di sviluppo economico e culturale che sapeva essere l’unica salvezza” per l’Italia e l’Europa.
Tuttavia il piano di destabilizzazione dell’Italia non ottiene l’esito prefissato, per via dell’opposizione e della fermezza del Vaticano, del governo e del PCI.
L’elemento che desta maggiore scalpore in questo lavoro non sono tanto le analisi sui responsabili e sulle cause di questo supposto tentativo di colpo di Stato, quanto la descrizione minuziosa che viene fatta del luogo in cui Aldo Moro sarebbe stato tenuto prigioniero:
“E’ più che probabile che l’appartamento in questione sia quello del principe Johannes Schwarzenberg, ambasciatore dei Cavalieri di Malta.
Il palazzo Schwarzenberg, che gode dell’immunità territoriale, si trova all’angolo tra Via delle Botteghe Oscure e Via Caetani“. “Lo steso principe – scrive il POE – si meravigliò che nessuno degli inquirenti avesse cercato di interrogarlo”.
“Il principe Schwarzenberg – si legge ancora nel libro – è morto in un incidente stradale qualche giorno dopo il ritrovamento del cadavere di Moro”.I documenti del SISMI
Documento 1
A pochi mesi dal sanguinoso epilogo della vicenda Moro e ben venticinque anni prima dell’uscita del libro di Fasanella e Rocca “La storia di Igor Markevic“, la teoria del grande intrigo internazionale comincia a dispiegarsi dietro al rapimento di Aldo Moro. E a ben vedere non si tratta di teorizzazioni di complottisti, se anche il SISMI comincia ad occuparsene proprio a partire dal dicembre del 1978.
Un documento del raggruppamento centri di CS di Roma del SISMI, datato 9.12.1978, reca sulla copertina la seguente scritta a penna: “Anna e Franco” cerchiato. E poi ancora la riga sotto: “Igor dell’età di Moro, nel 1970 espulso dal PCI; un castello di proprietà di Caetani Lelia – castello di Sermoneta – uno di questi Caetani è un brigatista espulso dal PCI.
Si potrebbe rintracciare tramite la madre, deceduta nel 1977 negli Stati Uniti all’età di 95 anni.
CAETANI BASSIANO
Marguerite Chapin Caetani, nata a New London il 21.06.1880, già direttrice di giornali del PCI a Roma”.
Nella terza pagina del documento si legge in alto a sinistra scritto a penna: “Igor ha interrogato Moro”.
Le pagine successive del documento contengono le pagine fotocopiate del settimanale Panorama del 5 dicembre 1978, con l’articolo di Sabelli Fioretti sullo scrittore Di Donato e quello sul libro del POE.
Documento 2
Un’informativa compilato dalla Prima divisione del SISMi e datata 14.12.1978, classificata come segreta, avente come oggetto specifico Igor Markevic e destinato al sig. comandante del raggruppamento dei centri CS di Roma, riferisce: Il Centro di Milano, interessato all’acquisizione degli elementi richiesti in stretta cooperazione con il Servizio elvetico, ha riferito che il nominato in oggetto:
– è nato il 27 luglio 1912, in località per il momento non potuta accertare;
– risiede in Svizzera dal 1943, in località Vevey;
– è cittadino italiano e famoso Direttore d’orchestra;
– a causa della sua professione è solito spostarsi in vari Paesi;
– vive in ottime condizioni economiche;
La di lui moglie – si legge ancora nel documento – Caetani Topazia, si è allontanata da casa per non meglio specificate “ragioni familiari” nel decorso mese di maggio. Sembra comunque da escludere che l’allontanamento sia dovuto a dissenso od altro.
Le notizie di cui sopra sono state portate a conoscenza del Direttore del Servizio il quale ha disposto di “seguire ed analizzare bene”ogni aspetto della vicenda soprattutto “in direzione di possibili sviluppi operativi”.
Il Centro di Milano – si legge in conclusione nell’informativa – con il quale codesto R/C – per le esigenze connesse ad immediatezza operativa – può mettersi direttamente in contatto, è stato sensibilizzato agli approfondimenti necessari d’intesa con il Servizio elvetico che, dal canto suo, si è dichiarato pronto a collaborare per qualsiasi necessità in territorio svizzero.
Documento 3
In un documento definito “appunto” e datato 9.12.1978, si legge quanto riferito da una fonte definita “molto attendibile”: Un senatore del PCI (non identificato) sarebbe a conoscenza dell’identità del capo delle Brigate Rosse. Questi si chiamerebbe Igor e sarebbe figlio o nipote di Marguerite Caetani, già direttrice della rivista edita da Feltrinelli, intitolata “Botteghe Oscure”.
Igor, coetaneo di Moro, avrebbe partecipato agli interrogatori del leader della DC.
I Caetani – si legge nel documento – già da oltre dieci anni, avevano un ufficio in via Arenula, dove provvedevano al reclutamento di giovani che, successivamente, partecipavano a riunioni politiche nei possedimenti Caetani, in particolare nella tenuta di Ninfa e nella “stanza del Cardinale” all’interno del castello di Sermoneta”.
Di seguito vengono elencati gli accertamenti eseguiti sul conto di Markevic:
Gli accertamenti condotti hanno permesso di identificare Igor Markevic, marito di Caetani Topazia e nipote di Margaret Chapin in Caetani.
Presso il comune di Roma – si legge ancora nell’appunto – sono stati assunti molti fiancheggiatori delle Brigate Rosse, che suddivisi successivamente in piccoli gruppi hanno dato vita a vere e proprie cellule eversive.
A conforto di tale affermazione la fonte ha citato la Barbara Balzerani e la Mariani Gabriella (inquisite per la vicenda Moro), ed ha riferito che in via Gradoli fu trovata la chiave dell’autovettura “Jaguar”, targata H…
via Aurelia n.701. L’auto era appartenuta originariamente a tale Sermoneta, amico di una brigatista residente in v. di S.Elena n.8.
A questo indirizzo è stata più volte notata Bonaiuto Anna, facente parte del gruppo in argomento. Al tempo della vicenda Moro gli occupanti dell’appartamento si allontanarono da Roma, per evitare perquisizioni, e lasciarono il recapito di un Bar di Trevignano, sito in via Garibaldi.
Si passa poi ad una serie di accertamenti eseguiti sul gruppo di presunti terroristi che occupavano un appartamento sito in via di S.Elena n.8; si tratta dei coniugi Di Nola, mentre i corrispondenti di Trevignano sono: Cecconi Settimo, professore di filosofia e abitante in via del Monte; Franchi Antonio, coniugato Gerometti, al momento non meglio identificato; il gruppo indicato godrebbe, secondo gli informatori, del fiancheggiamento di un gruppo di 122 persone assunto dal Comune di Trevignano, sul conto delle quali il SISMI sta effettuando degli accertamenti.
In via della Balduina n.224, si legge ancora nel documento, esiste un garage di pertinenza di un residence, dove potrebbero essere state celate le auto per il rapimento Moro, successivamente abbandonate in via Licinio Calvo.
Sono in corso accertamenti – si legge ancora nell’informativa – per stabilire la fondatezza della notizia.
In relazione alla nota scoperta – si legge in conclusione nel documento – di un covo NAP in via Tiburtina, occupato dalla sedicente Tarquini Lucia, la fonte ha riferito che il contratto di affitto del covo potrebbe essere stato scritto da De Luca Partrizia, impiegata al Comune di Roma, amica della Balzerani.
In merito agli accertamenti da eseguire sulle circostanze citate, il documento termina con l’indicazione dell’avvenuta identificazione della De Luca Patrizia, nata a Roma il 4.03.1950, ivi residente in via Boccea n.65.
Si sta tentando – conclude il documento – l’acquisizione di un saggio calligrafico della De Luca, per sottoporlo ad esame da parte del CCIS, al fine di stabilire la fondatezza della notizia. (cm)
Note sulla rivista Botteghe Oscure
Il documento di conclude con alcune note sulla rivista Botteghe Oscure.
Rivista letteraria che raccoglie racconti e poesie. Al momento dell’accertamento di numeri ne sono usciti complessivamente 25, i quali vengono chiamati quaderni, e vengono distribuiti due volte l’anno, in primavera ed autunno. Di seguito vengono citati, a titolo esemplificativo, i contenuti del primo e del venticinquesimo numero della rivista, tra i quali compaiono scritti di Montale, Petroni, Penna, Bassani e Rinaldi. Sull’edizione del primo numero non viene rilevato il nome della Margherita Caetani.
Viceversa sul venticinquesimo numero si legge: rivista edita a cura di Marguerite Caetani; redattore Giorgio Bassani, distribuita in Italia da Giangiacomo Feltrinelli. Nella nota di congedo dell’ultimo numero, scritta dal redattore Bassani, si rileva come la pubblicazione sia stata fondata da Marguerite Caetani, la quale ha sempre conservato la cittadinanza americana. La rivista ha raccolto scritti in lingua italiana, inglese e francese.(cm)
Sullo stesso argomento:
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