In questo Forum puoi scrivere... con cognizione... quello che vuoi.
Rispondi al messaggio

Dell'Utri e Forza Italia

09/10/2009, 22:23

Massimo Ciancimino racconta la storia del pizzino che Provenzano inviò a Berlusconi

Pochi giorni fa, tra i primi in assoluto, abbiamo dato conto della lettera di minaccia che nel 1991 la Mafia avrebbe scritto a Berlusconi. In quella missiva, che da oggi più propriamente cominceremo a chiamare pizzino, il senso era: "Caro Silvio, o ci dai una delle tue reti o ci sarà un luttuoso evento".

Nei giorni seguenti, durante i quali ha rieccheggiato l'assordante silenzio senza precedenti della disinformazione televisiva, in molti hanno cercato di ricostruire la vicenda. Oggi, Massimo Ciancimino (il figlio del boss Vito, ex sindaco mafioso di Palermo e ora deceduto) svela un retroscena incredibile: quel pizzino è stato scritto da Provenzano, che l'avrebbe data al suo uomo di fiducia Pino Lipari, il quale l'avrebbe consegnata allo stesso Massimo Ciancimino che a sua volta avrebbe completato il "trasferimento" porgendolo nelle mani di Berlusconi in persona.

Ma non è tutto: secondo Ciancimino (fonte corriere.it), vi sarebbero altre due lettere che Provenzano avrebbe inviato a Berlusconi, attraverso Ciancimino e poi Marcello Dell'Utri (il senatore berlusconiano, promotore e fondatore di Forza Italia, già condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa). Assume centralità quindi il ruolo di Dell'Utri (questi fatti stanno infatti emergendo nel corso di un processo a suo carico) in qualità di anello di collegamento tra la Mafia e Berlusconi.

Nella missiva, si fa riferimento anche a importanti "contributi" politici che le famiglie mafiose potrebbero regalare alla nascente Forza Italia e al movimento berlusconiano ispirato ai "valori" di Dell'Utri. Precisamente: “la mafia darà un appoggio che non sarà di poco alla sua posizione politica”.

Si cominciano allora a chiarire, forse, quelle intercettazioni che vedono coinvolti Berlusconi e Dell'Utri, mentre parlano di una bomba ("fatta con affetto", dice Silvio) che l'eroe Vittorio Mangano (lo stalliere di Arcore, mafioso pluriomicida condannato nel processo Spatola istituito da Giovanni Falcone) ha fatto esplodere davanti a una villa di Berlusconi.

Continua qui: http://sconfini.eu/Politica/massimo-ciancimino-racconta-la-storia-del-pizzino-che-provenzano-invio-a-berlusconi.html

09/10/2009, 22:57

Facciamo attenzione a queste cose, sono come il bacio di Andreotti a Riina o il filmato che sputtana Giacobbo. Prudenza nel prendere per buono tutto ciò che circola in questo momento sul Berlusca. E' facilissimo costruire prove (strano che vengano fuori tutte adesso), che tempismo !!!!!!! che poca serietà da parte della giustizia. Se io giudice avessi a disposizione le prove di coinvolgimenti mafiosi da parte di uomini politici, non sarebbero nemmeno stai eletti, gli avrei colpiti prima.
Ricordati che purtroppo per prendere voti al Sud, devi per forza scendere a compromessi con la mafia (UDC docet).
Ultima modifica di greenwarrior il 09/10/2009, 23:03, modificato 1 volta in totale.

10/10/2009, 00:08

favoletta.
c'era una volta la mafia e la politica
per tanti anni andarono d'accordo
poi ci fu mani pulite, e le indagini a palermo
la mafia si trovo' con molti nemici e senza interlocutori e collaboratori.
due giudici ed un magistrato sconvolsero il sistema italia.
i nuovi arrivati in parlamento furono invitati a collaborare, con le cattive da alcuni con le buone da altri, anche i nuovi arrivati non sapendo e non potendo gestire la cosa cercarono di contattare cosa nostra
per rimettere le cose a posto era necessario estirpare il bene alla radice.
scoppiarono le bombe, due bombe, sparirono le prove e le agende, doveva scoppiare la terza, per far piacere a qualcuno, ma il bersaglio fu avvisato dai servizi segreti...non quelli deviati, una svista..
e scappo' sotto falso nome in america centrale.
poi torno' e si butto' in politica...non si sa mai...
e pensare che anche un'altro avviso era partito, indirizzato a chi aveva l'agenda rossa, ma non arrivo' in tempo.
da li in poi e' tutto abbastanza confuso ma, come sempre e come diceva abramo lincoln, non si puo' ingannare tutti per sempre, e da sotto la sabbia riemergono tracce di quello che fu'. non quello che ci e' stato raccontato.
qualcuno ha vuotato il sacco, e altri lo hanno seguito, e i fascicoli sono di nuovo pieni, una sorta di sacro graal chiamato papello forse e' in mani sicure e se non scoppiano le bombe.......ne vedremo delle belle.

10/10/2009, 02:31

greenwarrior ha scritto:

Facciamo attenzione a queste cose, sono come il bacio di Andreotti a Riina o il filmato che sputtana Giacobbo. Prudenza nel prendere per buono tutto ciò che circola in questo momento sul Berlusca. E' facilissimo costruire prove (strano che vengano fuori tutte adesso), che tempismo !!!!!!! che poca serietà da parte della giustizia.


Io ho riproposto solo quelloche ho trovato e ritenuto interessante. Poi se la vogliamo dire tutta questo filmato non é neppure di adesso...ma é di un po' di tempo fà...non é spuntato ora [;)]

10/10/2009, 13:49

greenwarrior ha scritto:

Facciamo attenzione a queste cose, sono come il bacio di Andreotti a Riina o il filmato che sputtana Giacobbo. Prudenza nel prendere per buono tutto ciò che circola in questo momento sul Berlusca. E' facilissimo costruire prove (strano che vengano fuori tutte adesso), che tempismo !!!!!!! che poca serietà da parte della giustizia. Se io giudice avessi a disposizione le prove di coinvolgimenti mafiosi da parte di uomini politici, non sarebbero nemmeno stai eletti, gli avrei colpiti prima.
Ricordati che purtroppo per prendere voti al Sud, devi per forza scendere a compromessi con la mafia (UDC docet).


Guarda che questa conversazione è nota da più di 15 anni, ed è stata già usata in tribunale in quanto vera. Il punto è che non viene ammesso nessun coinvolgimento vero e proprio.
La giustizia non deve avere dubbi sul sospettato, ma certezze, non si può condannare per una mezza verità.

In ogni caso la conversazione è più che vera. E questo mette in risalto le lacune della vostra conoscenza di questo personaggio.

10/10/2009, 21:04

Lawliet ha scritto:
Guarda che questa conversazione è nota da più di 15 anni, ed è stata già usata in tribunale in quanto vera. Il punto è che non viene ammesso nessun coinvolgimento vero e proprio.
La giustizia non deve avere dubbi sul sospettato, ma certezze, non si può condannare per una mezza verità.

In ogni caso la conversazione è più che vera. E questo mette in risalto le lacune della vostra conoscenza di questo personaggio.


Concordo [;)]

10/10/2009, 21:19

Non nego che sia vera, ci mancherebbe altro. Volevo richiamare l' attenzione sui rischi di dar per buono tutto cio che ci propinano i media. La giustizia non deve essere un arma ad orologeria, ma uno strumento efficace di prevenzione.
Ultima modifica di greenwarrior il 10/10/2009, 21:21, modificato 1 volta in totale.

10/10/2009, 22:59

greenwarrior ha scritto:
La giustizia non deve essere un arma ad orologeria, ma uno strumento efficace di prevenzione.


La giustizia è giustizia....troppa diplomazia è controproducente [:)]

10/02/2010, 14:46

Aggiornamenti sulla questione.

-------------------------------------

Dopo la testimonianza di Genchi (che ha avuto le informazioni grazie alle intercettazioni telefoniche) arriva la conferma di Ciancimino Junior:

Fonte: http://ansa.it/web/notizie/rubriche/cro ... 73773.html

Ciancimino, Forza Italia frutto trattativa Stato-mafia
Lo ha detto Massimo Ciancimino al processo di Palermo: "Me lo spiego' mio padre"

PALERMO - "Mio padre mi spiegò che Forza Italia era il frutto della cosiddetta trattativa tra Stato e mafia". Lo ha detto Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, deponendo al processo per favoreggiamento alla mafia a carico del generale del'Arma Mario Mori.

L'argomento è stato affrontato dal teste nel corso della spiegazione di un pizzino, depositato agli atti del processo, e che a suo dire sarebbe stato indirizzato dal boss Bernardo Provenzano a Silvio Belusconi e Marcello Dell'Utri. Nel foglietto Provenzano avrebbe parlato di un presunto progetto intimidatorio ai danni del figlio di Berlusconi. "Intendo portare il mio contributo - si legge nel pizzino - che non sarà di poco conto perché questo triste evento non si verifichi (si allude all'intimidazione ndr). Sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione le sue reti televisive".

"Mio padre - ha spiegato il testimone illustrando il biglietto - mi disse che questo documento, insieme all'immunità di cui aveva goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di Riina era il frutto di un'unica trattativa che andava avanti da anni. Con quel messaggio Provenzano voleva richiamare il partito di Forza Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi passi e a non scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell'accordo". Il testimone ha anche spiegato che la prima parte del pizzino, che lui custodiva sarebbe sparita.

CIANCIMINO CONSEGNA COPIA LETTERA PADRE A BERLUSCONI - Massimo Ciancimino, a sorpresa, deponendo al processo al generale dei carabinieri Mario Mori, ha consegnato in aula una lettera scritta dal padre, l'ex sindaco mafioso di Palermo, indirizzata per conoscenza a Silvio Berlusconi. Il documento, di cui i pm e le difesa non avevano conoscenza , è stato ammesso dai giudici. Non se ne conosce ancora il contenuto.


-----------------------------------------------------------------

Ed anche;

Fonte: http://palermo.repubblica.it/dettaglio/ ... ?ref=rephp

Ciancimino: "Forza Italia è nata
grazie alla trattativa mafia-Stato"


Massimo Ciancimino torna in aula, al processo che vede imputato il generale Mario Mori di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano, e accusa: "La trattativa Stato mafia proseguì anche dopo il 1992". Un pizzino di Provenzano diretto a Dell'Utri e Berlusconi.

"Nel 1994, l'ingegner Lo Verde, alias Bernardo Provenzano, mi fece avere tramite il suo entourage una lettera destinata a Dell'Utri e Berlusconi. Io la portai subito a mio padre, che all'epoca era in carcere: lui mi disse che con quella lettera si voleva richiamare Berlusconi e Dell'Utri, perché ritornassero nei ranghi. Mio padre mi diceva che il partito di Forza Italia era nato grazie alla trattativa e che Berlusconi era il frutto di tutti questi accordi".

Massimo Ciancimino torna nell'aula bunker di Palermo, al processo che vede imputato l'ex generale del Ros ed ex capo dei servizi segreti Mario Mori di aver protetto la latitanza del capomafia Bernardo Provenzano. Rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonio Ingroia, il figlio dell'ex sindaco ha ripercorso il contenuto di un pizzino che ha consegnato nei mesi scorsi ai magistrati di Palermo.

"E' rimasta solo una parte di quella lettera - dice Ciancimino - eppure, fino a pochi giorni prima della perquisizione fatta dai carabinieri nel 2005 a casa mia, nell'ambito di un'altra indagine, il documento era intero. Ne sono sicuro. Non so cosa sia successo dopo".

In ciò che è rimasto nella lettera si legge: “... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive”. Il “triste evento” sarebbe stato un atto intimidatorio nei confronti del figlio di Silvio Berlusconi. Massimo Ciancimino spiega: "Provenzano voleva una sorta di consulenza da parte di mio padre: questo concetto di mettere a disposizione le reti televisive l'aveva suggerito proprio lui a Provenzano, qualche tempo prima. Mio padre si ricordava di quando Berlusconi aveva rilasciato un'intervista al quotidiano Repubblica. Diceva che se un suo amico fosse sceso in politica lui non avrebbe avuto problemi a mettere a disposizione una delle sue reti”.


Insorge in aula l'avvocato Piero Milio, uno dei legali del generale Mori: "Cosa c'entrano questi argomenti con il processo, che si occupa della presunta mancata cattura di Provenzano nel 1995 a Mezzojuso, provincia di Palermo?". Il presidente della quarta sezione del tribunale, Mario Fontana, respinge l'opposizione e invita il pubblico ministero Ingroia a proseguire nelle domande: «E' comunque importante accertare cosa sia avvenuto eventualmente prima o dopo», dice.

Secondo la ricostruzione di Massimo Ciancimino, fatta propria dalla Procura, la trattativa fra mafia e Stato condotta durante le stragi del 1992 avrebbe avuto una “terza fase”: “A Vito Ciancimino, nel rapporto con Cosa nostra, si sarebbe sostituito Marcello Dell'Utri”, è l'accusa del figlio dell'ex sindaco. Che aggiunge: “ Mio padre mi disse che fra il 2001 e il 2002 Provenzano aveva riparlato con Dell’Utri”.

L’audizione di Massimo Ciancimino è proseguita con altre domande, poste dal pubblico ministero Nino Di Matteo. Oggetto dell’i nterrogatorio torna il misterioso “signor Franco”, l’agente dei servizi segreti che secondo Ciancimino junior sarebbe stato in contatto con il padre e con Provenzano. “Dopo un’intervista con Panorama, in cui emergeva in qualche modo un mio ruolo nell’arresto di Riina, il signor Franco mi invitò caldamente a tacere e a non parlare più di certe vicende perché tanto non sarei mai stato coinvolto e non sarei mai stato chiamato a deporre. Cosa che effettivamente avvenne – accusa Ciancimino junior - visto che fino al 2008, quando decisi di collaborare con i magistrati, nessuno mi interrogò mai”. Anche durante gli arresti domiciliari Massimo Ciancimino avrebbe ricevuto una strana visita: “Un capitano dei carabinieri – dice il testimone – mi invitò caldamente a non parlare della trattativa e dei rapporti con Berlusconi”.

Un emissario del signor Franco gli avrebbe pure preannunciato un’i mminente inchiesta nei suoi confronti e persino gli arresti domiciliari: “Per questo, ero stato invitato ad andare via da Palermo” . Ciancimino riferisce ancora le parole che gli avrebbe riferito il capitano del Ros Giuseppe De Donno, collaboratore di Mori:”Mi rassicurò che nessuno mi avrebbe mai sentito sulla vicenda relativa all’arresto di Riina. Su questa vicenda – mi disse - sarebbe stato persino apposto il segreto di Stato”.

Secondo la Procura, l’ultimo mistero legato al caso Ciancimino sarebbe quello della perquisizione del 2005: “Nessuno dei carabinieri presenti – accusa il testimone - chiese di aprire la cassaforte, che era ben visibile nella stanza di mio figlio”. Si commuove Massimo Ciancimino quando vede le fotografie di quella casa, fatte di recente dalla Dia su ordine della Procura. “In quella villa di Mondello ho tanti ricordi – spiega – lì ha vissuto mio figlio dopo la nascita”. Dopo una breve sospensione dell’u dienza, Ciancimino torna ad accusare: “I carabinieri e qualcun altro sapevano che in quella cassaforte c’erano il papello e altri documenti”.



Immagine

La scrittura è accertata essere quella del padre.

10/02/2010, 14:47

Ecco da chi è stata creata Forza Italia.. come si fa alla luce di tutto ciò negare la testimonianza di Genchi e di Ciancimino Junior?

Dell'Utri: "IO. SENATORE PER NON FINIRE IN GALERA"

Fonte: ("il Fatto Quotidiano" di oggi, intervista reale) http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... _finire_in

[...]

Non sente una responsabilità, visto il suo ruolo politico?
Io sono un politico per legittima difesa. A me della politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Quando nel 1994 si fondò Forza Italia e si fecero le prime elezioni, le candidature le feci io: non mi sono candidato perché non avevo interesse a fare il deputato.

Poi, nel 1995, l’hanno arrestata per false fatture.
Mi candidai alle elezioni del 1996 per proteggermi. Infatti, subito dopo, è arrivato il mandato d’arresto.

E la Camera l’ha respinto. Ma le sembra un bel modo di usare la politica?
No, assolutamente. È assurdo, brutto. Speriamo cambi tutto al più presto! Ma non c’era altro da fare...

Perché non si difende fuori dal Parlamento?
Mi difendo anche fuori.

Perché non soltanto fuori?
Non sono mica cretino! Mi devo difendere o no? Quelli mi arrestano!

Se arrestano me cosa faccio, mi candido anch’io?
Ma a lei perché dovrebbero arrestarla? E poi a lei non la candida nessuno, quindi non si preoccupi. Io potevo candidarmi e l’ho fatto.

Ha fatto anche i circoli del Buon governo.
Si figuri che non abbiamo neanche più i telefoni perché non avendo più risorse per pagarli sono stati, diciamo, tagliati.

Voi non avete più risorse?
Sì, sì. Così è. Adesso lasciamo l’affitto della sede di via del Tritone a Roma perché non riusciamo più a mantenerlo.

E il Pdl non vi sovvenziona?
Il Pdl è avverso ai circoli: è fatto di persone che hanno preso il potere e hanno paura di chiunque sia migliore di loro.

Che fa se la condannano in appello?
Vado in Cassazione!

Non si dimette?
Ma sta scherzando?

E se la condannano in Cassazione?
Eh lì vado in galera. A quel punto mi dimetto.


[...]
Ultima modifica di Lawliet il 10/02/2010, 14:50, modificato 1 volta in totale.

10/02/2010, 15:29

Fonte: http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... le=2435968

Perché Ciancimino jr. ha deciso di parlare

La domanda è diventata uno slang che attraversa salotti borghesi e mercati popolari, uffici e redazioni, bar e sale Bingo, in una parola, tutta Palermo: "Perché parla Massimuccio?". E, soprattutto, perché parla proprio ora? Perché un giovane rampollo della borghesia mafiosa dal cognome pesante, che ha respirato omertà da quando era in fasce, custode di segreti e di miliardi, decide un giorno di fine 2007 di abbandonare la sua "dolce vita", destinata a continuare nonostante una condanna per riciclaggio e una confisca di 60 milioni di euro per incontrare Maurizio Belpietro, allora direttore di Panorama, e avventurarsi sui sentieri impervi della trattativa "mafia-stato" sollevando una querelle istituzionale dai risvolti imprevedibili?

E aprendo, di fatto, la strada ai primi interrogatori di gennaio 2008 (Caltanissetta) e marzo 2008 (Palermo) per puntare, come missili, le sue parole e i suoi documenti, contro Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi? In buona sostanza a Palermo la domanda alimentata dalla diffidenza verso un cognome che ha segnato in negativo la città e una vicenda istituzionale dai contorni ancora confusi, e: "chi glielo fa fare?".

Come per la formazione della squadra rosanero, ciascuno dei palermitani, ha, ovviamente, una propria risposta, a volte ancorata al terreno della logica, più spesso in volo nei cieli della dietrologia. Vuole salvare quel che resta (e non è probabilmente poco) del patrimonio familiare? Vuole sfuggire alla misura di prevenzione personale, l’unica che veramente lo spaventa e che gli impedirebbe di continuare a fare il trader sui mercati di mezzo mondo? Regola conti antichi del padre eseguendo una volontà testamentaria non scritta di don Vito, che negli ultimi mesi di vita gli descrisse "in maniera criptica la natura dei suoi rapporti economici attraverso una rete di prestanome?".

Lui la spiega cosi’, mescolando ragioni nobili e meno nobili, familiari e civili: "L’amico del sig. Franco mi disse di non parlare di lui, del suo mondo, di Berlusconi e della trattativa, De Donno mi assicurò che sulla trattativa avrebbero messo il segreto di Stato. E il pm Sciacchitano, attraverso il prof. Lapis, mi mandò a dire di non parlare della società del gas: a Lapis risposi che mi ero rotto le scatole di proteggere tutti e pagare solo io. E mia moglie (stanca dei guai giudiziari, ndr) mi disse che stavo rovinando il bambino chiamandolo Vito Andrea. Con lei presi un impegno, il giorno che sarei stato condannato avrei smesso con questa vita. Da oggi voglio che mio figlio Vito sia orgoglioso di portare il cognome che porta".

Se la serenità interiore di Gaspare Spatuzza notata da più d’un pm è il biglietto da visita della sua conversione religiosa, appare oggettivamente più difficile attribuire alle parole di Ciancimino jr, per ragioni familiari da sempre immerso in una sub cultura omertosa, l’abito laico di una folgorazione civile sulla via di Arcore.
Ma se è giusto interrogarsi sul perché il giovane Massimo parli solo adesso, appare lecita la medesima domanda nei confronti di altre memorie ad orologeria dei protagonisti sul palcoscenico istituzionale, da Nicola Mancino a Claudio Martelli, da Liliana Ferraro a Luciano Violante fino agli stessi Mori e De Donno, che rivelarono dopo sei anni il loro incontro del 25 giugno con Paolo Borsellino.

A conferma che i buchi neri di quella stagione sono ancora numerosi, e i miliardi di Ciancimino portati a Milano alla fine degli anni ’70, come testimoniano le sentenze dei processi di mafia e di bancarotta e le collezioni dei giornali dell’epoca, possono costituire una formidabile chiave interpretativa per rileggere vicende ancora attuali nell’Italia dei patti e dei ricatti.
Ultima modifica di Lawliet il 10/02/2010, 15:29, modificato 1 volta in totale.

10/02/2010, 15:30

Fonte: http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... _silvio_ce

Giovanni, Mario, Nino e gli altri: quegli uomini d’onore in prima fila per la nascita di Forza Italia in Sicilia

Adesso negano tutti. Quelli che c’erano e quelli che non c’erano. Nega Gianfranco Micciché, nel 1994 coordinatore di Forza Italia nella Sicilia occidentale, che dice: "Mai nessun mafioso ha avuto contatti, né rapporti con me". Nega Sandro Bondi che all’epoca aveva appena lasciato Fivizzano per approdare in quel di Arcore. E nega Giancarlo Galan, che c’era, ma che stava in Veneto. Tutti sono d’accordo. Massimo Ciancimino è un calunniatore manovrato: tra la Forza Italia delle origini e Cosa Nostra non c’è mai stato alcun rapporto.

Ha ragione il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, che, in qualità di dirigente, ricorda come le adesioni al partito avvennero "senza concedere mai alcuno spazio a personaggi che fossero in qualche modo anche lontanamente assimilabili ad ambienti collusi con la criminalità organizzata".

La storia però è tutta diversa. E a raccontarla non sono solo i processi, ma persino le collezioni dei giornali. Infatti se è sbagliato dire che Berlusconi vinse le elezioni del ‘94 (solo) grazie all’appoggio della mafia o che Forza Italia è nata per (esclusivo) volere di Bernardo Provenzano, altrettanto errato è affermare che Cosa Nostra con il movimento del Cavaliere non c’entra.

Anche perché già il 12 aprile del ‘94, il presidente della Commissione antimafia Tiziana Parenti, appena eletta nelle fila del partito del Cavaliere, denunciava a chiare lettere il "rischio di infiltrazioni mafiose.
In quei giorni si era spenta da poco l’eco della campagna elettorale. In Sicilia come nel resto del Paese erano nati centinaia di club azzurri. E visto che per fondarli bastava inviare un fax con cinque firme alla sede del partito, dentro ci si trovava di tutto.

Così, a Capaci, il paese della strage, una settimana prima delle elezioni, una bandiera di Forza Italia viene piazzata sul balcone della palazzina del boss locale, in quel momento in carcere.

A Misilmeri, invece, il responsabile del club cittadino, l’incensurato Giovanni La Lia si sente spesso per telefono con uno degli autori della strage dei Georgofili, a Firenze. Mentre ad Altofonte, coccarde e volantini sono distribuite da Mario Gioè, fratello di Nino, l’uomo d’onore morto suicida in carcere dopo essere stato arrestato per la bomba a Falcone. Angelo Codignoni, il responsabile nazionale dei club, smentisce che Gioè abbia ufficialmente fatto parte del movimento, ma per ironia della sorte, il 5 febbraio 1994, presenta Forza Italia ai siciliani nelle sale del San Paolo Palace, l’albergo di un imprenditore condannato come prestanome, dei fratelli Graviano, i due boss di Brancaccio ora sospettati di essere in rapporti con Marcello Dell’Utri e Berlusconi.

E il club viene poi chiuso da Micciché. A Villabate, intanto, la fa da padrone Nino Mandalà, amico ed ex socio di Renato Schifani e Enrico La Loggia, che di li a poco prenderà in mano la locale famiglia mafiosa. Mentre il movimento politico di Sicilia Libera, fondato per volontà del cognato di Riina, Leoluca Bagarella, vede una serie di suoi aderenti confluire negli azzurri.

Decine di pentiti sono concordi nell’affermare che nel ‘94 arrivò l’ordine di schierarsi col Polo. Dice, per esempio, Pasquale Di Filippo, genero del boss della Kalsa Tommaso Spadaro: "Mi ricordo che mio suocero mi disse: 'Dovete votare per Berlusconi'. Tutta Palermo sapeva che doveva votare Berlusconi".

Anche se l’ex braccio destro di Provenzano, Nino Giuffrè, spiega: "Forza Italia non l’abbiamo fatta salire noi. Ma il popolo stanco della Dc. E noi furbi abbiamo preso la palla al balzo. Tutti Forza Italia".
Così, tra chi sostiene e fa campagna per il cavaliere, ecco anche il commercialista di Totò Riina, Pino Mandalari, un potente massone, già arrestato negli anni Settanta, e poi condannato a dieci anni di carcere.

In quei giorni i telefoni di Mandalari sono sotto controllo. La polizia lo sente lamentarsi perché a una riunione Micciché non lo ha fatto salire sul palco, ma poi lo ascolta mentre chiama Michele Fierotti e Filiberto Scalone di An e mentre parla con la segreteria di La Loggia che chiama pure a casa chiedendo di Enrico.

Certo, una volta interrogati tutti, a partire da Mandalari, negano (La Loggia) o minimizzano. Ma l’impressione che non si sia andati troppo per il sottile, resta. E diventa più evidente con il passare del tempo. Nel 1995, per esempio, entra in Forza Italia, Giovanni Mercadante, senza che nessuno dica niente sulla sua stretta parentela con il boss di Prizzi (legato a Provenzano), Tommaso Cannella. Il risultato è che Mercadante passa dal comune alla regione e infine approda nelle patrie galere.

Selezione della classe dirigente? Nessuna. Tanto che nel ‘96, diventa addirittura presidente della regione l’ex commercialista della moglie di zio Bino. Si chiama pure lui Provenzano (Giuseppe, ma è un’omonimia), è stato in prigione, poi però l’hanno prosciolto per insufficienza di prove. Per la politica quasi una medaglia. Per la mafia, che certamente ha frainteso tutto, l’ennesimo segnale.
Ultima modifica di Lawliet il 10/02/2010, 15:30, modificato 1 volta in totale.
Rispondi al messaggio