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06/05/2013, 17:03

Blissenobiarella ha scritto:

Lo dovranno ascoltare per forza.


..lo spero vivamente,ma che non sia troppo tardi............[;)]

06/05/2013, 17:16

E' troppo tardi. Per questo non c'è più possibilità di scelta.

06/05/2013, 17:31

Blissenobiarella ha scritto:

E' troppo tardi. Per questo non c'è più possibilità di scelta.


...il prima possibile,x evitare guai molto seri nell'ambito sociale.....[:(!]

con la prospettina di um aumento(prevista) ad oltre il 12%della disoccupazione,tutto il tessuto sociale puo' saltare..............[:(!]
Ultima modifica di ubatuba il 06/05/2013, 17:32, modificato 1 volta in totale.

06/05/2013, 20:56

Thethirdeye ha scritto:

Nigel Farage: Usciamo dell'Euro e restauriamo la dignità umana.



Un anno fa... le parole di Farage...


NON CHIAMATELO POPULISTA!NIGEL FARAGE VA PRESO SUL SERIO
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=281983

06/05/2013, 21:21

Thethirdeye ha scritto:

Thethirdeye ha scritto:

Nigel Farage: Usciamo dell'Euro e restauriamo la dignità umana.



Un anno fa... le parole di Farage...


NON CHIAMATELO POPULISTA!NIGEL FARAGE VA PRESO SUL SERIO
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=281983


Quelli che vengono definiti populisti, in genere dicono la verità.

07/05/2013, 23:37

Non si salva nessuno...

Crisi Slovenia: prelievo dell’1% su tutti gli stipendi, tasse sulla casa, aumento Iva

Ieri sera, fino a notte inoltrata, i partner della maggioranza si sono confrontati a Brdo pri Kranju per decidere una sorta di manovra correttiva per cercare di non far deragliare la “vaporiera” e presentare una strategia credibile a Bruxelles.

E a pagare saranno i soliti noti. Innanzitutto sarà introdotto il cosiddetto “debito di crisi”, ossia il prelievo obbligatorio dell’uno per cento da tutte le buste paga, saranno innalzate le tasse sui beni immobili (leggi case in primis), l’innalzamento dell’Iva, la vendita delle partecipazioni statali della Telekom (comunicazioni) e della Nova Kreditna Banka Maribor (Nkbm). Previsti tagli anche ai fondi per i Comuni e tagli nel settore pubblico dove il governo prevede una diminuzione annua degli addetti pari all’uno per cento. Se i sindacati non dovessero accettare l’esecutivo provvederà a tagli lineari degli stipendi. Sul fronte degli investimenti pubblici per cercare di far muovere un po’ la stagnante economia del Paese il governo Bratušek darà il via alla costruzione di due grosse centrali idroelettriche lungo il corso della Sava.

Lubiana aveva promesso però all’Ue che nel documento che sarà presentato il 9 maggio alla Commissione ci sarà anche la data dell’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione e l’avvio della riforma del regime referendario. Ebbene non ci sarà nulla di tutto questo.

http://www.imolaoggi.it/?p=49390

Oggettivamente... il progetto europa, dal punto di vista dei cittadini, è un totale e completo fallimento. Vogliamo prendere atto che la sua sopravvivenza non ci fa bene?!?

08/05/2013, 00:11

L. BINI SMAGHI

Morire di austerità (Libro)
Democrazie europee con le spalle al muro

Immagine

http://www.mulino.it/edizioni/volumi/sc ... NART=24522

«L’austerità, decisa nell’emergenza, è frutto dell’incapacità dei sistemi democratici di affrontare tempestivamente, e con misure adeguate, i problemi che stanno attanagliando i paesi avanzati. La cura non è però efficace. Genera malcontento e alimenta forze disgreganti all’interno della società, favorendo la nascita di movimenti populistici e mettendo a rischio la democrazia stessa.»


La crisi ha prodotto effetti drammatici sul tessuto economico e sociale dei paesi europei. L’aspetto economico, pur rilevante, è solo il sintomo di un problema più ampio. La crisi è soprattutto politica. Riflette l’incapacità delle democrazie occidentali di risolvere problemi accumulati da oltre un ventennio. Chi è eletto democraticamente fa fatica a prendere decisioni impopolari che possono comprometterne la rielezione. L’emergenza diventa così il motore dell’azione politica e il modo per giustificare le manovre correttive di fronte agli elettori, con la conseguenza che la cura - tardiva e varata sotto la pressione dei mercati - diventa ancor più dolorosa e impopolare.

Lorenzo Bini Smaghi membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea dal 2005 al 2011, è visiting scholar all’Università di Harvard e all’Istituto Affari Internazionali. Con il Mulino ha pubblicato «L’euro» (20094), «Chi ci salva dalla prossima crisi finanziaria?» (2000); con Rizzoli «Il paradosso dell’euro. Luci e ombre dieci anni dopo» (2008).

08/05/2013, 13:13

Atlanticus81 ha scritto:

Non si salva nessuno...

Crisi Slovenia: prelievo dell’1% su tutti gli stipendi, tasse sulla casa, aumento Iva



Oggettivamente... il progetto europa, dal punto di vista dei cittadini, è un totale e completo fallimento. Vogliamo prendere atto che la sua sopravvivenza non ci fa bene?!?


...sarebbe logico che fossero i cittadini a decidere del loro futuro con annessi eventuali sacrifici.........[;)]

09/05/2013, 14:06

Non so se è già stato postato altrove... io lo carico qui perchè mi sembra coerente con il tema "Progetto Europa" in quanto fa vedere come l'Europa snaturi ciò che sono le attività di governo di un paese sovrano... che sovrano non è più.

C’era una volta la Programmazione economica finanziaria

Il parlamento italiano è stato impegnato in questi giorni nell’esame del Documento di economia e finanza (Def) varato dal governo Monti il 10 aprile scorso. Un tempo, questo fondamentale atto dello Stato si chiamava Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef), diventato poi Decisione di finanza pubblica (Dfp), fino ad assumere nel 2011 l’attuale denominazione.

Solo una banale e formale modificazione lessicale? No, il cambio di denominazione sottende anche un mutamento di sostanza, che coincide con le trasformazioni del quadro normativo europeo in tema di stabilità dei bilanci pubblici.

Prima dell’inasprimento della strategia del rigore nei conti pubblici, sublimata dall’inserimento nella Costituzione dell’obiettivo del pareggio di bilancio, una parte significativa di questi documenti era riservata all’esplicitazione delle linee di intervento del governo per favorire lo sviluppo e l’occupazione, per migliorare i servizi pubblici e ammodernare il paese.

Per loro natura erano strumenti di “programmazione” economica a tutti gli effetti, attraverso i quali si definivano le prospettive di sviluppo dell’economia reale e la riqualificazione dei servizi del welfare per il triennio successivo.

Beninteso: l’indicazione delle strategie di politica economica e degli interventi di riforma da perseguire nel periodo di riferimento non era avulsa da una valutazione del quadro tendenziale dei conti dello Stato e dalla previsione dei necessari interventi correttivi in tema di finanza pubblica, ma quest’ultimi non costituivano il “fine ultimo” della programmazione, come invece accade adesso.

Il Def attualmente si compone di tre sezioni: Programma di Stabilità, Analisi e tendenze della finanza pubblica e Programma nazionale di riforma (Pnr). Tutti e tre i documenti hanno una sola stella polare: il conseguimento ed il mantenimento del pareggio strutturale di bilancio, per come stabilito dal Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e monetaria (Fiscal compact) e dall’art. 81 della Costituzione.

Leggendo il Def 2013 ora all’esame delle Camere è stato stupefacente constatare come in mezzo a centinaia di pagine parole come lavoro, scuola, mobilità, salute e ambiente, cultura e beni culturali, mezzogiorno, perfino espressioni come «lotta alla povertà», siano citate esclusivamente in relazione alle riforme già fatte dal governo Monti tra il 2011 e il 2012, nel quadro dei doveri verso l’Europa in tema di risanamento dei conti pubblici.

D’altronde è la struttura stessa del Def ad imporre tutto ciò, dato che la sua prima sezione (Programma di Stabilità) si occupa della solidità del bilancio statale e della sostenibilità del debito, la seconda (Analisi e tendenze della finanza pubblica) dei conti della pubblica amministrazione, mentre la terza (Programma nazionale di riforma) elenca e spiega le riforme fatte nell’anno precedente per stare nei termini fissati dalla Ue e dall’Eurozona.

E la politica economica? Scomparsa. Detto in soldoni, l’attuale modello di costruzione europea, che ha fatto del rigore finanziario la sua filosofia dominante, non consente più agli stati membri di decidere la propria politica economica in funzione dei bisogni sociali e delle priorità del proprio mondo produttivo, ma di concepirla soltanto in regime di compatibilità con gli obiettivi di risanamento e stabilità finanziaria imposti dai recenti trattati dell’Unione.

Prima i bilanci e la stabilità monetaria, poi l’economia, la società e le persone in carne ed ossa. Ce lo chiede l’Europa.

http://www.linkiesta.it/c-era-una-volta ... z2SlPOX48J
Ultima modifica di Atlanticus81 il 09/05/2013, 14:07, modificato 1 volta in totale.

09/05/2013, 22:20

Atlanticus81 ha scritto:

Non so se è già stato postato altrove... io lo carico qui perchè mi sembra coerente con il tema "Progetto Europa" in quanto fa vedere come l'Europa snaturi ciò che sono le attività di governo di un paese sovrano... che sovrano non è più.

C’era una volta la Programmazione economica finanziaria

Il parlamento italiano è stato impegnato in questi giorni nell’esame del Documento di economia e finanza (Def) varato dal governo Monti il 10 aprile scorso. Un tempo, questo fondamentale atto dello Stato si chiamava Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef), diventato poi Decisione di finanza pubblica (Dfp), fino ad assumere nel 2011 l’attuale denominazione.

Solo una banale e formale modificazione lessicale? No, il cambio di denominazione sottende anche un mutamento di sostanza, che coincide con le trasformazioni del quadro normativo europeo in tema di stabilità dei bilanci pubblici.

Prima dell’inasprimento della strategia del rigore nei conti pubblici, sublimata dall’inserimento nella Costituzione dell’obiettivo del pareggio di bilancio, una parte significativa di questi documenti era riservata all’esplicitazione delle linee di intervento del governo per favorire lo sviluppo e l’occupazione, per migliorare i servizi pubblici e ammodernare il paese.

Per loro natura erano strumenti di “programmazione” economica a tutti gli effetti, attraverso i quali si definivano le prospettive di sviluppo dell’economia reale e la riqualificazione dei servizi del welfare per il triennio successivo.

Beninteso: l’indicazione delle strategie di politica economica e degli interventi di riforma da perseguire nel periodo di riferimento non era avulsa da una valutazione del quadro tendenziale dei conti dello Stato e dalla previsione dei necessari interventi correttivi in tema di finanza pubblica, ma quest’ultimi non costituivano il “fine ultimo” della programmazione, come invece accade adesso.

Il Def attualmente si compone di tre sezioni: Programma di Stabilità, Analisi e tendenze della finanza pubblica e Programma nazionale di riforma (Pnr). Tutti e tre i documenti hanno una sola stella polare: il conseguimento ed il mantenimento del pareggio strutturale di bilancio, per come stabilito dal Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e monetaria (Fiscal compact) e dall’art. 81 della Costituzione.

Leggendo il Def 2013 ora all’esame delle Camere è stato stupefacente constatare come in mezzo a centinaia di pagine parole come lavoro, scuola, mobilità, salute e ambiente, cultura e beni culturali, mezzogiorno, perfino espressioni come «lotta alla povertà», siano citate esclusivamente in relazione alle riforme già fatte dal governo Monti tra il 2011 e il 2012, nel quadro dei doveri verso l’Europa in tema di risanamento dei conti pubblici.

D’altronde è la struttura stessa del Def ad imporre tutto ciò, dato che la sua prima sezione (Programma di Stabilità) si occupa della solidità del bilancio statale e della sostenibilità del debito, la seconda (Analisi e tendenze della finanza pubblica) dei conti della pubblica amministrazione, mentre la terza (Programma nazionale di riforma) elenca e spiega le riforme fatte nell’anno precedente per stare nei termini fissati dalla Ue e dall’Eurozona.

E la politica economica? Scomparsa. Detto in soldoni, l’attuale modello di costruzione europea, che ha fatto del rigore finanziario la sua filosofia dominante, non consente più agli stati membri di decidere la propria politica economica in funzione dei bisogni sociali e delle priorità del proprio mondo produttivo, ma di concepirla soltanto in regime di compatibilità con gli obiettivi di risanamento e stabilità finanziaria imposti dai recenti trattati dell’Unione.

Prima i bilanci e la stabilità monetaria, poi l’economia, la società e le persone in carne ed ossa. Ce lo chiede l’Europa.

http://www.linkiesta.it/c-era-una-volta ... z2SlPOX48J






"L’Europa monetaria costerà cara perché dovrà essere aumentato continuamente il tetto dirisorse della comunità che raggiunge già ora l’1,27 % dei PIL nazionali .Con l’arrivo di nuovi stati membri all’interno della Comunità si dovrà applicare una politica finanziaria rigorosissima ,con la previsione di smantellare sovvenzioni e aiuti che tra qualche anno non si riverseranno più neppure sul Mezzogiorno italiano che già tra il 2001 e il 2003 vedrà ridursi del 20 % il flusso del denaro dei fondi strutturali .

Lo ripeto numerosi sono i dubbi nei confronti dell’Europa .L’idea nata nel dopo - guerra per scongiurare altre guerre tra Stati Europei sta ora partorendo un mostro che non genererà , né democrazia , né stabilità , ne vantaggi economici per tutti . Non può generare democrazia perché il suo parlamento non legifera : è l’Europa dei grandi capitalisti ; il popolo, gli artigiani , gli imprenditori , i cittadini non ci sono oggi né tantomeno ci saranno domani , perché non potrà mai nascere un’Europa politica .

In un grande stato federale come in teoria potrebbe diventare l’Europa ,la compensazione e la stabilità dello Stato è garantito dalla mobilità dei cittadini ,cioè dalla roulotte che logicamente ha come prezzo da pagare la distruzione della famiglia e il contesto sociale cosi come lo conosciamo . Da noi per fortuna, le case non sono di legno ,sono al contrario di mattone , ci sono lingue diverse e radici storiche differenti .

L’idea stessa di fare dell’Europa uno Stato, senza possibilità di avere un Parlamento eletto dal popolo e legiferante, implica una grande e diffusa violenza sui cittadini delle istituzioni . Quest’Europa ,nata grazie ad accordi tra Stati non è altro che la ciambella di salvataggio degli interessi e del potere reale che si nasconde dietro gli Stati nazionali .Comunque la si veda , resta il fatto inconfutabile che l’Europa è solo una difesa del mercato europeo , un protezionismo quindi , che come tutti i protezionismi favorisce le grandissime imprese , i grandi affaristi , che hanno come interlocutore lo stato nazionale.

Sono gli stessi poteri che adesso vivono grazie ai soldi dello Stato di cui sono i padroni e che fanno l’Europa monetaria per essere ancora più padroni dello Stato nazionale :[color=red] le leggi finanziarie degli stati si ridurranno ad un semplice fax inviato da Bruxelles dal Consiglio d’Europa , terminale europeo delle cento grandi famiglie europee .


Con l’ingresso in Europa l’Italia non avrà più a sua disposizione la leva monetaria ,cioè se gli mancano i quattrini non potrà più stampare altri titoli di stato , per favorire l’economia non potrà più svalutare la moneta , perché gli resterà solo la leva fiscale e i quattrini dovrà toglierli maledettamente e subito dalle tasche dei cittadini, evidentemente aumentando la pressione fiscale.

Un personaggio milanese , che trovandosi in America era andato a parlare al Fondo Monetario Internazionale , ha saputo che queste istituzioni internazionali prevedono in pochi anni un aumento di ben 11 punti in percentuale della pressione fiscale nel nostro Paese, con tanti saluti alle imprese della Padania.

Inoltre c’è da considerare che entriamo in Europa con uno stock di debito pubblico altissimo ,2 milioni e . di MLD, e che l’Europa ci ha già chiesto di rientrare dall’attuale 121 % del rapporto debito - PIL, al di sotto del 100 % in pochissimi anni .

Uno scherzetto che significa trovare mezzo milione di MLD in aggiunta alle solite stangate della legge finanziaria . Neppure se vendessero il Colosseo , Scalfaro ,il Tevere , etc. riuscirebbero in una simile impresa .Ma quel che più conta per noi è che ,se entrassimo in Europa con una pressione fiscale sulle nostre imprese già adesso senza paragoni al mondo e con i dati della pressione fiscale ridotti solo perché viene trascurato il valore dell’economia sommersa che produce ma non paga le tasse , le nostre imprese perderebbero rapidamente ogni competitività all’interno di uno Stato centralista.

Solo una Padania libera dal giogo romano potrà pensare all’Europa come meta di approdo del nostro sistema imprenditoriale . Alla Padania non interessa un’Europa che sarà piena d’instabilità di tutti i tipi e che distrugge le nostre medie e piccole imprese che a differenza degli altri paesi qui sono la spina dorsale della nostra economia . Quindi se l’Europa non riconosce la Padania , la Padania non può riconoscersi nell’Europa

(estratto dal "INTERVENTO DEL SEGRETARIO FEDERALE, ON. UMBERTO BOSSI, Sabato 28 marzo 1998)[/color]


siete tutti figli di Bossi senza saperlo
[8D]

09/05/2013, 23:04

rmnd ha scritto:


siete tutti figli di Bossi senza saperlo
[8D]


Peccato però che alla fine non abbia fatto nulla per impedire tutto questo negli ultimi 20 anni!

Comunque ora che la Lega ha proposto il referendum sull'euro perché non accusi anche loro di folklore con la stessa verve rivolta ai 5 Stelle?

http://www.leganord.org/index.php/le-id ... pa-ed-euro

Cosa fa questa proposta diversa da quella dei 5 Stelle?

10/05/2013, 00:11

Atlanticus81 ha scritto:

rmnd ha scritto:


siete tutti figli di Bossi senza saperlo
[8D]


Peccato però che alla fine non abbia fatto nulla per impedire tutto questo negli ultimi 20 anni!

Comunque ora che la Lega ha proposto il referendum sull'euro perché non accusi anche loro di folklore con la stessa verve rivolta ai 5 Stelle?

http://www.leganord.org/index.php/le-id ... pa-ed-euro

Cosa fa questa proposta diversa da quella dei 5 Stelle?

Allo stesso modo. I trattati internazionali che io sappia, non possono essere sottoposti a referendum.

né la lega , nè l'm5s, nè nessun altro si sogna di raccogliere firme per referendum fallimentari ed anticositizionali, ma si limitano a proclami .

10/05/2013, 00:20

rmnd ha scritto:

Atlanticus81 ha scritto:

rmnd ha scritto:


siete tutti figli di Bossi senza saperlo
[8D]


Peccato però che alla fine non abbia fatto nulla per impedire tutto questo negli ultimi 20 anni!

Comunque ora che la Lega ha proposto il referendum sull'euro perché non accusi anche loro di folklore con la stessa verve rivolta ai 5 Stelle?

http://www.leganord.org/index.php/le-id ... pa-ed-euro

Cosa fa questa proposta diversa da quella dei 5 Stelle?

Allo stesso modo. I trattati internazionali che io sappia, non possono essere sottoposti a referendum.

né la lega , nè l'm5s, nè nessun altro si sogna di raccogliere firme per referendum fallimentari ed anticositizionali, ma si limitano a proclami .


Riconosco in questa tua affermazione una certa onestà intellettuale che apprezzo e che ti fa onore, nonostante le divergenze politiche e socio-economiche delle nostre reciproche posizioni.

[;)]
Ultima modifica di Atlanticus81 il 10/05/2013, 00:22, modificato 1 volta in totale.

10/05/2013, 00:57

rmnd ha scritto:
I trattati internazionali che io sappia, non possono essere sottoposti a referendum.

Eh già.... l'hanno studiata bene la GABBIA che hanno creato.
Sei contento rmnd?

Tanto i trattati internazionali, dovranno essere RI-trattati...... [:o)]
Con le buone o con le cattive. Cominciamo pure ad abituarci all'idea....

10/05/2013, 20:12

tratto da: http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=277889

Come facciamo a pagare una rata annuale di 120 miliardi all’anno, tra interessi e riduzione del debito, come ci impone il Fiscal Compact? Non possiamo, a meno di distruggere continuamente risorse che potrebbero essere dedicate alla ripresa. Per questo il calo dello spread si è fermato, non per il teatrino della politica, ma perché gli investitori sanno che l’Italia dalla crisi non esce. Le misure di riduzione dei costi della politica sono giuste sul piano della morale pubblica, ma sul piano economico il loro effetto è zero. Il pagamento dei debiti pubblici alle imprese è giusto, ma al massimo impedisce ulteriori chiusure, non fa ripartire una economia ferma. Così pure incentivare le assunzioni a tempo indeterminato può far assorbire qualche contratto precario particolarmente scandaloso, ma non aggiunge all’esistente nulla. Nessuna azienda assume se non ha nulla da fare in più di quello che già fa.

E allora? Allora bisogna abbandonare totalmente le politiche liberiste che continuano a fallire e a farci fallire. Per metterla in politica bisogna dire no a Berlusconi, ma anche a Ciampi, a Prodi e ovviamente a Monti. Se davvero si vuol abbattere la disoccupazione di massa e considerarla, come fecero tutti i progressisti e gli antifascisti negli anni trenta, il primo nemico della democrazia, allora bisogna rovesciare il tavolo delle misure e dei convincimenti di questi venti anni. Primo, ci vuole un grande intervento pubblico perché il mercato è fallito. Ci vogliono nazionalizzazioni e investimenti pubblici in opere necessarie davvero, abbandonando le varie Tav che producono lauti profitti, ma quasi zero lavoro. Secondo, bisogna bloccare i licenziamenti subito, imponendo alle multinazionali e alle grandi imprese una vera e propria tassa sociale per il lavoro. Se te ne vai paghi Cremaschimolto di più di quello che ti costa restare, questo deve imporre un potere politico con la schiena dritta.

Terzo, bisogna ridurre qui e ora l’orario di lavoro nelle due modalità conosciute. L’abbassamento dell’età della pensione e la riduzione dell’orario settimanale. Questo non crea nuovo lavoro, ma ridistribuisce quello che c’è in modo più giusto, soprattutto a favore dei giovani e degli esodati, e in prospettiva migliora la stessa produttività. Quarto, bisogna ridistribuire ricchezza, prima di tutto con il reddito ai disoccupati e poi con l’aumento delle retribuzioni e delle pensioni più basse. Questo perché bisogna smetterla di pensare che l’economia riparta vendendo Ferrari e Armani ai benestanti e ai ricchi nel mondo. Siamo troppi in Italia per vivere solo di questo. Naturalmente ci sono tante altre misure che andrebbero prese, ma qui ho voluto sottolineare quelle davvero di emergenza e di rottura con le politiche economiche che ci hanno portato a questo disastro.

So bene che queste scelte, che negli anni trenta sarebbero state definite come riformatrici, nulla hanno a che vedere con l’ideologia del riformismo liberista delle oligarchie che ci governano, in Italia e in Europa. Però quanto dobbiamo aspettare e pagare ancora, prima che si capisca che queste oligarchie ci stanno trascinando nel loro fallimento? Facciamo della lotta alla disoccupazione di massa la priorità della politica, e se qualcuno ci risponde parlando di Europa rispondiamo come recentemente hanno fatto milioni di portoghesi: che si fotta la Troika.
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