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MessaggioInviato: 20/05/2013, 13:45 
letta,dopo avere scorazzato x mezza europa a chiedere consigli su come fare partire la ripresa in italia,ha pensato bene di mettere un ulteriore balzello sugli italiani,tanto i padroni del reich decidono loro

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Le associazioni dei consumatori sul piede di guerra: "Continuare a insistere che ci sarà un nuovo aumento dell'Iva dal 21 al 22% è Federconsumatori e Adusbef lanciano allarme contro posibile aumento dell'Iva dal 21 al 22% e su gravi ripercussioni sull'economia.


ROMA (WSI) - Tra il possibile aumento Iva del 1 luglio, la scadenza Imu di giugno al netto dell'esclusione della prima casa e quella Tares a dicembre, potrebbe arrivare una batosta 2013 da 734 euro a famiglia. Lo calcola Federconsumatori, sommando i rincari per ogni singola imposta: 45-45 euro per la Tares, 207 euro per l'Iva, 480 euro medi per l'Imu.

L'ipotesi di aumento dell'Iva dal 1 luglio acuisce la situazione di crisi per il commercio al dettaglio e 26mila imprese del settore potrebbero scomparire entro fine anno. Lo afferma l'Ufficio studi Confcommercio rivedendo la previsione del saldo natalità-mortalità alla luce del possibile nuovo scatto dell'imposta sui consumi.

"Continuare a insistere, come avviene in questi giorni, che ci sarà un nuovo aumento dell'Iva dal 21 al 22% è francamente da irresponsabili". Lo affermano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti rispettivamente di Federconsumatori e di Adusbef.

"Non si è ancora capito che il potere di acquisto delle famiglie, ormai ridotto ai minimi storici, sta determinando un mercato in continua contrazione e recessione, con gravi ripercussioni sia sul benessere delle famiglie stesse che sulle imprese. Anche alla luce di altri aumenti quali prezzi e tariffe, vi sarà un'ulteriore riduzione del potere di acquisto, soprattutto a danno dei redditi fissi (lavoratori e pensionati). In uno scenario simile, aumentare l'Iva avrebbe una ricaduta impressionante e deleteria su un mercato già asfittico, facendo impennare ulteriormente prezzi e tariffe".

"Quel che è peggio - proseguono - è che ad aumentare non saranno solo i prodotti soggetti all'Iva al 22% peraltro il 70% del totale, ma, attraverso costi aggiuntivi a partire da quello fondamentale dei carburanti, incidendo sui costi di trasporto verranno ritoccati i prezzi di tutti i beni trasportati su gomma, in particolar modo i beni di largo consumo, nonché le tariffe praticate da artigiani e professionisti, oltre agli arrotondamenti che si verificheranno come sempre a sfavore delle famiglie. Si può calcolare che l'aumento dell'Iva determinerà, con le motivazioni indicate, un'implementazione del tasso di inflazione di 0,6 - 0,7 punti percentuali, con una ricaduta negativa complessiva di 207 euro annui in più a famiglia con un nucleo di tre persone.

UE SPINGE PER PIANO COMUNE, MARTEDI' CONSIGLIO EUROPA - Settimana decisiva per l'annunciato piano europeo anti-evasione fiscale. Martedì si riunità infatti in Consiglio europeo dedicato proprio a questo tema. Secondo quanto riporta Bloomberg, che anticipa una bozza delle conclusioni del prossimo vertice, "sarà data priorità agli sforzi per estendere lo scambio automatico di informazioni a livello Ue e globale".

AUSTRIA E LUSSEMBURGO VERSO OK SCAMBI DATI EVASIONE - Si andrebbe verso un ok, da parte di Austria e Lussemburgo, allo scambio automatico di dati fiscali fra i Paese Ue, come vorrebbe l'annunciato piano anti-evasione europeo. Lo riporta Bloomberg citando una bozza delle conclusioni del prossimo vertice europeo del 22 maggio che verterà proprio su questo argomento. La bozza prevede, per questo scambio di informazioni, un periodo di transizione per tutti i Paesi membri. L'accordo del 2005 esentava Austria e Lussemburgo. (ANSA)

http://www.wallstreetitalia.com/article ... -euro.aspx


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MessaggioInviato: 20/05/2013, 14:01 
Che dire........
Questa è l' Europa che vogliono propinarci. Ti dicono che se esci dall' euro e dall' Europa muori di fame e noi ci crediamo. Ti dicono che questa è l' unica soluzione, ma per chi ? Per loro o per noi ?
Ti dicono che il patto di stabilità serve per garantire l' economia dei paesi, ma a me sembra sia il contrario. Quali sono i paesi in crescita ? Quasi tutti quelli che sono appena entrati nell' euro o che fanno parte della comunità pur mantenendo la loro moneta.
Allora qual' è la verità ?
La Germania vive alle spalle dei paesi europei e la sua crescita fittizia e dopata dipende dalla sudditanza dei paesi subalterni ai poteri economici. Adesso faranno fuori la Francia non rendendosi conto che poi toccherà a loro.
Il 4 Reich è fallito.


Ultima modifica di greenwarrior il 20/05/2013, 14:08, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 20/05/2013, 14:05 
Cita:
greenwarrior ha scritto:

Che dire........
Questa è l' Europa che vogliono propinarci. Ti dicono che se esci dall' euro e dall' Europa muori di fame e noi ci crediamo. Ti dicono che questa è l' unica soluzione, ma per chi ? Per loro o per noi ?
Ti dicono che il patto di stabilità serve per garantire l' economia dei paesi, ma a me sembra sia il contrario. Quali sono i paesi in crescita ? Tutti quelli che sono appena entrati nell' euro o che fanno parte della comunità pur mantenendo la loro moneta.
Allora qual' è la verità ?



[:264] ci propinano tutto ed il contrario di tutto solo x tenerci intorpiditi mentre loro si fanno gli interessi propri,ma tutto con la complicita'dei ns politici che sono succubi dei burocrati dell'euro...... [:(!]


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MessaggioInviato: 20/05/2013, 14:10 
Più che succubi direi .. compari! Immagine



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U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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MessaggioInviato: 21/05/2013, 23:02 
FONTE: CENTERFORNEWECONOMICS.ORG

Intorno al 1950 Padre José María Arizmendiarrieta, il parroco di paese di Mondragòn, nella regione basca della Spagna, si fece promotore dello sviluppo di una serie di industrie possedute in forma cooperativa per impiegare giovani nella sua parrocchia. La sua idea era che, se i lavoratori erano essi stessi i proprietari, il benessere creato da nuove industrie si sarebbe distribuito fra i lavoratori ed in maniera più ampia a tutta la comunità che li alimentava e li sosteneva.

Per saperne di più, a febbraio abbiamo visitato la regione insieme ad alcuni membri del consiglio della moneta locale BerkShares; lì abbiamo conosciuto il direttore di Educazione Cooperativa per le Cooperative Mondragòn (1).



Sono all'incirca 102 le cooperative che sono nate e si sono sviluppate fuori Mondragòn, impiegando oltre 100000 persone; le loro entrate annuali complessive si aggirano sui sei miliardi di euro, il ché fa di loro il settimo più importante giro d'affari della Spagna. Ciascuna di queste cooperative ha l'obbligo di donare il 10% dei propri profitti annuali a favore di progetti educativi e sociali, assicurando così alle istituzioni culturali basche un flusso continuo di fondi per scopi filantropici; questo sostegno ha così permesso la rinascita della lingua e della cultura basche dopo anni di oppressione da parte del dittatore spagnolo Franco.

Le cooperative sono anche obbligate a destinare il 10% dei loro profitti annuali ad un fondo sociale d'impresa, il quale viene poi utilizzato per per la ricerca e lo sviluppo di nuove cooperative e per il miglioramento delle industrie esistenti; ciò rappresenta un ulteriore sostegno all'economia regionale, creando nuovi posti di lavoro ed espandendo la rete di imprese che cooperano. Per contratto, la paga più alta di un lavoratore delle cooperative non può superare di otto volte la paga più bassa, distribuendo ulteriormente il benessere ed aumentando così il potenziale.

Caja Laboral è la banca a proprietà cooperativa fondata per servire i bisogni finanziari delle cooperative industriali; originariamente essa aveva anche il compito di sviluppare e finanziare le nuove imprese, tuttavia, quando la Spagna è entrata nell'Eurozona, le banche centrali hanno deciso che gli investimenti di Caja Laboral erano eccessivamente localizzati, essendo concentrati sulle cooperative, e hanno imposto una diversificazione a favore dei cosiddetti investimenti sicuri nei mercati globali, che includevano anche Lehman Brother.
In seguito a ciò è stato istituito l'Ente delle Cooperative Mondragòn per svolgere il ruolo di ricerca svolto dalla banca e per operare investimenti nella nuova imprenditoria

Sebbene “l'investimento sicuro” in Lehman, abbia causato una perdita di 40 milioni di euro, la Caja Liberal va abbastanza bene, anche adesso che l'industria bancaria spagnola sta andando in frantumi; basti considerare che essa conta 460 succursali in tutta la Spagna, gran parte delle quali concentrate nella regione basca nordorientale. Trattative per le strade di Bilbao, Spagna, proprietà dei crediti da parte degli stessi impiegati piuttosto che da parte di lontani investitori: ecco la chiave della Caja Laboral per mantenere stabilità in questi tempi duri per l'economia; Bilbao stessa vanta alcune delle opere delle cooperative di Mondragòn: il magnifico museo Guggenheim, progettato da Frank Gehry, è stato costruito da una delle cooperative, specializzata in “strutture d'acciaio che nessun altro è in grado di costruire”.

In un momento in cui la Spagna sta sperimentando il 25% di disoccupazione generale ed il 50% di disoccupazione giovanile, le Cooperative Mondragon non conoscono disoccupazione alcuna; e questo è il risultato di un lavoro di riqualificazione dei lavoratori e di uno spostamento degli stessi da settori che vanno a rilento verso altri più attivi e dinamici. Recentemente le Cooperative Mondragòn hanno dovuto ridistribuire 2000 lavoratori, spostandoli da FAGOR, il fiore all'occhiello delle Cooperative Mondragòn, verso altre cooperative, poiché l'Europa in recessione sta comprando meno stufe e lavatrici della FAGOR. Tale riposizionamento dei lavoratori e delle risorse della FAGOR è una battaglia da accettare, ma un sistema ampiamente cooperativistico di assemblee generali fa sì che i lavoratori-proprietari possano prendere decisioni che li aiutino ad affrontare situazioni economiche sempre mutevoli. Una delle risposte all'attuale situazione economica è stata quella di stabilire una volontaria e largamente cooperativistica riduzione dell'orario di lavoro, che ha permesso ad un maggior numero di persone di lavorare, sebbene con turni più brevi.

Parallelamente alle cooperative incentrate sulla produzione, ce ne sono altre del secondario e del terziario che forniscono servizi ai membri e alle cooperative industriali: Lagun Aro ad esempio è una cooperativa di assistenza sociale che fornisce un'assicurazione sanitaria e fondi previdenziali integrativi, mentre cooperative di consumo come la Eroski forniscono beni di prima necessità a prezzi accessibili. La Eroski produce ormai gran parte dei prodotti che vende, assicurando così ulteriori posti di lavoro nella regione.

Quando abbiamo parlato con il Direttore di Educazione Cooperativa riguardo ai Berkshares (2), lui ci ha raccontato di una valuta recentemente emessa nella Francia sudorientale, l'Eusko, che sostiene la cultura e l'economia basca; e ci ha chiesto in che modo una moneta basca potrebbe ulteriormente rafforzare le cooperative. Dal momento che l'Eusko è grossomodo improntato al modello dei Berkshares, sebbene non lavori ancora col sistema bancario, abbiamo suggerito di distribuire gli Euskos in tutte le varie succursali di Caja Laboral, consolidando quindi ulteriormente l'identità e l'indipendenza economica basche. Durante la visita ai giovani ed entusiasti organizzatori dell'Eusko a Bayonne, abbiamo scambiato Berkshares con Euskos (3), abbiamo mangiato del cibo basco squisito, abbiamo fatto fare le foto in parecchi dei negozi che vi aderiscono e ci siamo innamorati delle chiese, delle stradine con acciottolato, e dei Paesi Baschi francesi. Nuovi amici, bellissimi ricordi e tante lezioni apprese.

Nell'arco di 60 anni Mondragòn, da povera città di operai metallurgici e con poche opportunità si è sviluppata fino a diventare quella che oggi è la sede del più grande gruppo commerciale di cooperative di proprietà operaia del mondo. Ma il suo successo non è soltanto una questione di proprietà. Padre Arizmendiarrieta era interessato alla vita di tutto il paese e dei suoi abitanti e creò un sistema che rifletteva questo suo desiderio: i profitti delle cooperative sostengono le scuole a favore dei bambini della comunità; la lingua basca, la danza e i programmi culturali creano orgoglio, coerenza e relazioni locali; gli investimenti in assistenza sanitaria e servizi sociali accompagnano i lavoratori e le loro famiglie attraverso le varie fasi della vita. Ma la vera trovata geniale è la figura dell'imprenditore sociale, ovvero colui il quale studia, sviluppa e finanzia nuove attività adeguate alla regione e alle capacità di quelli che in essa vivono; il suo ruolo espande l'influenza delle cooperative e permette la creazione di nuovi posti di lavoro per le future generazioni basche. Ed il nostro tentativo è adesso quello di esportare questa nuova figura dell'imprenditore sociale dai Paesi Baschi verso i Berkshires, fondando “un'industria mantenuta dalla comunità”, unita ad un programma di credito in Berkshares, e cercando così di far fronte in qualche modo alle crescenti sfide di quest'ormai fragile sistema economico globale.

Fonte: http://www.resilience.org
Link: http://centerforneweconomics.org/e-news ... ue-country
8.05.2013

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di MARCO OSSINO


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MessaggioInviato: 23/05/2013, 15:35 
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ubatuba ha scritto:


SPAGNA: LA SINISTRA CHE DICE NO ALL'EURO E RIVENDICA LA SOVRANITÀ MONETARIA

18 maggio. E' di grande importanza questo Manifesto appena lanciato in Spagna. Molti dei nostri lettori potrebbero dire che è la scoperta dell'acqua calda. L'importanza sta nel fatto che esso è sottoscritto da esponenti di spicco della sinistra radicale spagnola come Julio Anguita (ex coordinatore di Izquiera Unida - nella foto) e Manuel Monereo, nonchè da altri noti intellettuali del calibro di Miguel Riera. Ci auguriamo che il manifesto ottenga il massimo numero di adesioni in Spagna e che, in Italia, contribuisca ad aiutare tanti compagni a liberarsi dal tabù per cui difendere la sovranità nazionale sarebbe... di destra.

USCIRE DALL’EURO*

La drammatica situazione sociale ed economica in cui è sprofondata la nostra società esige una politica capace di creare le condizioni per uscire dalla crisi. È una necessità urgente. Il tempo è un dato primario per i rischi di aggravamento e degradazione che esistono, per l’enorme sofferenza sociale provocata dal persistere delle politiche di tagli, austerità e privatizzazione del pubblico.

La rete in cui siamo presi è fatta da un livello di disoccupazione catastrofico, da un indebitamento del paese con l’estero impossibile da affrontare e da un’evoluzione dei conti pubblici che porta al fallimento economico dello Stato. Oltre 6 milioni di disoccupati, oltre 2.300 miliardi di euro di passivo lordi con l’estero, e un debito pubblico crescente di quasi mille miliardi di euro e che si avvicina al 100% del PIL,. Sono dati che definiscono un disastro inimmaginabile, mettono in pericolo la convivenza e distruggono diritti sociali fondamentali.

Una crisi di questa portata ha cause complesse e multiple, dalla crisi generale del capitalismo finanziario agli sprechi e alla corruzione, passando per un sistema fiscale tanto regressivo quanto ingiustamente applicato, ma, anche a rischio di semplificare l’analisi per scoprire le soluzioni, bisogna attribuire all’entrata del nostro paese nella moneta unica la principale ragione di questa desolante situazione.

Come ora si riconosce, non c’erano le condizioni per stabilire una moneta unica tra paesi tanto disuguali economicamente senza accompagnarle con una fiscalità comune. La sua creazione implicava, d’altra parte, un quadro propizio all’instaurazione di politiche regressive e antisociali di tutti i tipi secondo i dettami della dottrina neoliberista, che ha avuto nella costruzione dell’Europa di Maastricht la sua massima espressione. Come si è valutato a suo tempo, lo Stato del welfare non è compatibile con l’Europa di Maastricht.

Con l’entrata nell’euro, il nostro paese ha perso uno strumento essenziale per competere e mantenere un ragionevole equilibrio negli scambi economici con l’estero, quale era il controllo e la gestione del tipo di cambio rispetto al resto delle monete. D’altra parte, c’è stata una cessione di sovranità a favore della BCE in quanto a liquidità e applicazione della politica monetaria, un’istituzione dominata fin dalle origini dagli interessi del capitalismo tedesco.

Come non poteva essere diversamente, l’arretratezza e la debolezza dell’economia spagnola rispetto ad altri paesi e la rigidità assoluta imposta dall’euro hanno condotto durante gli anni 2000 a un deficit della bilancia dei pagamenti a causa di una spesa corrente opprimente. Si sono registrati squilibri insostenibili, come pure è accaduto ad altri paesi come la Grecia e il Portogallo, catturati nella stessa trappola. Nei 14 anni trascorsi dalla creazione dell’euro nel 1999 fino alla fine del 2012, il deficit estero accumulato è stato di quasi 700 miliardi di euro, che si è dovuto finanziare indebitandosi con l’estero. Gli enti creditizi e le imprese spagnole hanno chiesto più di altri mille miliardi di euro di risorse per i propri piani d’investimento all’estero, specie in America Latina.

Fino all’anno 2008, in cui si è manifestata la crisi finanziaria internazionale, a causa delle agevolazioni straordinarie dei finanziamenti, il paese ha vissuto un sogno, come drogato, alimentando la bolla immobiliare e estraneo ai problemi che si erano generati. In quell’anno, tutto è cambiato radicalmente, i mercati finanziari di sono chiusi, dai canali non fluiva liquidità e la situazione di ciascun debitore è stata esaminata con rigore. Con il brusco cambiamento nella posizione debitoria della nostra economia nei confronti dell’estero, i passivi lordi sono passati da 540 miliardi a fine del 1998 a 2.200 miliardi nel 2008, il paese è entrato in fallimento ed è sopravvenuta una profonda recessione che a tutti gli effetti è ancora vigente.

Il settore pubblico ne ha risentito profondamente da allora, incorrendo in un deficit esorbitante a causa della drastica caduta delle entrate, rafforzata dall’esplosione della bolla immobiliare. Lo Stato, sul quale finiscono per scaricarsi tutte le tensioni delle amministrazioni pubbliche, ha avuto necessità di centinaia di milioni di euro, ottenuti con l’emissione di debito pubblico nei mercati interni ed esterni, di fronte all’impossibilità di finanziare direttamente per mezzo delle propria autorità monetaria. Alla fine del 2007, il debito circolante dello Stato era di 307 miliardi di euro, il 37% del PIL. Alla fine del 2012 era salito a 688 miliardi, il 65% del PIL, e continua ad aumentare in corrispondenza dell’evoluzione deficitaria dei conti pubblici.

Da quando è stata ammessa la crisi, la politica economica ha mantenuto alcuni tratti di base inamovibili. La perdita di competitività dell’economia spagnola è servita come scusa per applicare rigorosamente le ricette neoliberiste e si è cercato di compensare con il cosiddetto “aggiustamento interno”, un processo diretto a diminuire i salari e favorire i licenziamenti per diminuire il prezzo delle merci e dei servizi spagnoli, dal momento che la via naturale e storica della svalutazione della moneta è impedita dall’euro. Restrizioni, controriforme del lavoro e tagli continui marcano la politica degli ultimi anni. D’altro canto, la cosiddetta austerità si è imposta brutalmente nella politica fiscale, come esigenza dei poteri economici, facendo della lotta contro il deficit pubblico il talismano ingannevole della soluzione alla crisi.

Questa politica ha prodotto una retrocessione sociale molto dolorosa, ha dato un impulso incontenibile alla crescita della disoccupazione e, cosa fondamentale, è inutile. Il paese scivola senza freni e precipita in un baratro profondo. Gli agenti determinanti della crisi continuano intatti, quando non peggiorano. I passivi esteri non possono diminuire senza che si registri un eccedente nella bilancia di pagamento, cosa praticamente irraggiungibile per un’economia abbastanza demolita e scarsamente competitiva, e il pesante carico di debito pubblico non smetterà di crescere fino a quando non si diluisca il deficit pubblico, cosa che lo stesso governo non riesce a scorgere. La sfiducia è generale.

La società è ad un crocevia


Come superare il disastro? L’alternativa alla crisi difesa dalla Troika e apertamente dal PP passa per l’inasprimento dei tagli, per l’austerità e la distruzione del pubblico. L’economia spagnola, come è già successo in Grecia e Portogallo, cade nel precipizio e sprofonderà nell’abisso, con conseguenze sociali drammatiche e rischi politici di ogni segno.

Il PSOE, compartecipe attivo nell’attuale disegno economico e sociale, finge ora un disaccordo con il PP e critica la sua politica suicida, ma continua ad essere legato al criterio che l’euro è irreversibile.

Le direttive dei sindacati maggioritari, una volta appurato l’errore di calcolo commesso con il consenso critico a Maastricht, denunciano ora l’attuale stato di cose, ma non sono in condizione di proporre misure anticrisi realmente efficaci dal momento che non mettono in discussione con coerenza l’Europa costruita.

Altre forze, organizzazioni e autori di sinistra criticano l’Europa attuale e propongono cambiamenti abbastanza utopistici e progetti senza fondamento, dato il carattere non riformabile dell’Europa sorta, soprattutto dopo l’ampliamento della zona euro all’Est. Alle carenze originali della moneta unica si aggiunge il peso che esige la Germania come paese egemone e la realtà di una scomposizione dell’Europa, imprigionando alcuni paesi con debiti impagabili. L’imprescindibile e urgente necessità di rompere i vincoli dei Trattati europei non può paralizzarsi né nascondersi dietro progetti di altra natura. Per desiderabile che sia un’altra Europa, per ora non è percorribile, richiede basi molto diverse su cui fondarsi e la sovranità perduta di ciascuno Stato.

Il fallimento del progetto di costruzione dell’Europa è inoccultabile, e non è possibile determinare quando e come rovinerà l’insostenibile situazione esistente.

A noi firmatari di questo manifesto sembra chiaro che l’Europa di Maastricht non potrà sopravvivere con la sua attuale configurazione, dopo i disastri e le sofferenze che ha causato, oltre ad aver svuotato di contenuto la democrazia ed aver sottratto la sovranità popolare.

Affermiamo pure che il nostro paese non può uscire dalla crisi nel quadro dell’euro. Senza moneta propria e senza autonomia monetaria è impossibile far fronte al dramma sociale ed economico, tanto più che pure la politica fiscale è stata annullata dal Patto di Stabilità, proditoriamente costituzionalizzato.

È necessaria una moneta propria per competere e una politica monetaria sovrana per somministrare liquidità al sistema e stimolare una domanda ragionevole. E questo come prima condizione ineludibile, però non sufficiente, per poter sviluppare una politica avanzata di controllo pubblico dei settori strategici dell’economia, di nazionalizzazione delle banche, di ricostruzione del tessuto industriale e agricolo, di difesa e potenziamento dei servizi pubblici fondamentali con un potente e progressivo sistema fiscale, di ammortizzamento delle disuguaglianze e distribuzione della ricchezza, di ripartizione del lavoro per combattere la disoccupazione, di deroga delle controriforme del lavoro e delle pensioni, di rispetto vero verso l’ambiente, ecc…, e di affrontare un processo costituente che permetta di recuperare e approfondire la democrazia. Per tutto ciò bisogna lasciare da parte transitoriamente il deficit pubblico, dimenticarsi di fare proposte impossibili alla BCE e smetterla di avere nostalgia della Riserva Federale o della Banca d’Inghilterra quando si può disporre della Banca di Spagna come istituzione equivalente.

L’ammontare del debito estero è insolvibile. La maggior parte è debito del settore privato, e tocca a chi l’ha contratto risolvere i problemi che si presentino, incluso il settore finanziario, molto compromesso. Perciò rifiutiamo qualsiasi operazione di “riscatto” del nostro paese e per la stessa ragione consideriamo come debito completamente illegittimo quello contratto dallo Stato per distribuire fondi di salvezza per gli enti creditizi che non siano stati nazionalizzati.

Rispetto al debito pubblico, lo Stato deve fare una profonda ristrutturazione dello stesso (abbandono, moratoria, conversione in moneta nazionale) che allevi la pressione schiacciante che subiscono i conti pubblici. Agendo diversamente, può considerarsi come irrimediabile il fallimento del Settore pubblico.

Non ci sfuggono i problemi e la complessità dei passi che proponiamo, tra gli altri limitare la libera circolazione di capitali. E la nostra analisi non ci impedisce nemmeno di collaborare con azioni, proposte e mobilitazioni con quella parte della cittadinanza e le sue organizzazioni che, sotto effetto del bombardamento mediatico cui siamo sottoposti o per altri motivi, ancora non condivide la nostra opzione di fronte al crocevia in cui ci troviamo e la necessità di rompere il nodo gordiano dell’euro. Senza dubbio, di fronte al disastro che ci coinvolge e di fronte alle cause profonde che lo promuovono ed acutizzano, non possiamo restare zitti né evasivi. A nostro modo d’intendere, oggi la società spagnola, che è entrata in una agonia prolungata e senza speranza, non dispone di altra scelta che uscire dall’euro per impedire lo sprofondamento definitivo del paese.

Recuperare la sovranità perduta, rendere effettiva la sovranità popolare, richiede di venire fuori dai capestri che ci paralizzano, affrontare la dura realtà e dotarsi dei mezzi per tracciare un progetto di sopravvivenza che, con tutte le difficoltà, può rappresentare anche una grande opportunità per creare una società sovrana, prospera, solidale, democratica, ecologicamente responsabile e libera.

Primi firmatari:

Julio Anguita/ Sebastián Martin Recio/ Diosdado Toledano/ Héctor Illueca/ Salvador López Arnal/ Joaquín Miras/ Juan Rivera/ Miguel Riera/ Andrés Piqueras/ Miguel Candel/ Alberto Herbera/ Isabel de la Cruz/ Rodrigo Vázquez de Prada/ Manuel Muela/ Rosario Segura/ Juan Montero/ Leonel Basso/ Joan Tafalla/ Manuel Monereo/ Antonio Gil/ Manuel Cañada/ Santiago Fernández Vecilla/ Carlos Martínez/ Pedro Montes

http://sollevazione.blogspot.it/2013/05 ... leuro.html

...questa e' la sinistra....spagnola, quella italiana deve chiedere alle banke............. [:(!]

In Italia ci sono sempre e solo cose strane....... [V]



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"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 23/05/2013, 20:43 
Romano Prodi su Italia, UE e globalizzazione

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giovedì 23 maggio 2013

Per chi non lo sapesse, Romano Prodi è professore di economia (industriale), e viene dalla “scuola” di Andreatta. Personaggio quest’ultimo che ha “privatizzato” di fatto la Banca d’Italia ( di diritto pubblico solo ancora di pura facciata) sposando e facendo attuare dalla “sua” Democrazia Cristiana allora al “potere” quel “divorzio” tra quest’ultima e il “Tesoro” che ha amputato lo Stato italiano di quell’essenziale componente della sua potestas che presiede alla politica monetaria. Preludio essenziale all’allora futuro abbandono ( e trasferimento a livello sovranazionale) della pratica prevista dalla dottrina dello Stato che vuole tra i caratteri essenziali appunto dello Stato nazionale quello di “battere moneta”, il cui corollario più rilevante è quello di poter fissare il tasso di sconto ufficiale a sua volta fondamentale nel determinare costi e ampiezza del credito, che altro non rappresenta che il flusso sanguigno dell’intero organismo economico.
Questa è una circostanza rilevante perché ha costituito una implicita sconfessione della teoria keynesiana che deprivata della possibilità di una attiva politica monetaria perde gran parte del suo armamentario “interventista”, risultando la politica fiscale e quella dell’intervento diretto o indiretto sull’economia reale terreno molto meno mistificabile di scontro politico e sociale. Ciò per le immediate ricadute sugli equilibri di “classe” e dei più generali “interessi” della società capitalistica di queste ultime misure, che necessariamente sono per loro ineliminabile natura “discrezionali” e “discriminanti”. Non potendo contare sull’ “illusione monetaria” che è sottesa alla maggiore “universalità” delle categorie concettuali e operative delle grandezze appunto monetarie. Per rimanere nell’ambito della metafora emato-anatomica, mentre la moneta-“sangue” circola in tutto il corpo, la politica fiscale e interventi nel mercato dei beni incidono ex definitione su parti specifiche della anatomia del “corpo”-economico ( e non su altre).
Poiché è stato Presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004, quindi nel cruciale lasso di tempo che ha preparato e poi attuato la moneta unica europea, Prodi nel diciottesimo DVD de l’Espresso dedicato a “Il modello europeo e la politica economica comunitaria” deve dirci da quale interpolazione tra le varie “idelogie” che si contrappongono in materia di filosofia economica ha ricavato ciò che contribuito in non trascurabile parte a realizzare: il “monstrum” ( tra l’altro) di una Banca Centrale Europea che, nel mentre ha privato di ogni autonomia in termini di politica monetaria le Banche Centrali delle “Nazioni” aderenti all’area euro, ha “dimenticato” di assorbirne il ruolo esclusivo di lender of last resort ( prestatore di ultima istanza ).

Infatti la prolusione del suo intervento si basa tutta e in modo insistito – come se si trattasse della scoperta della “pietra filosofale” per dirimere irrisolte ed eterne questioni in materia di scelte nel “regno della scarsità” ( dimensione dell’economia) – sulla esigenza di saper prendere il meglio da “idelogie” che avrebbero in modo dannoso sin qui diviso il mondo. Dunque false sarebbero le alternative tra liberismo, socialismo, laissez-faire, interventismo. La superiorità del “modello renano” sul modello “anglosassone”, specie alla luce della crisi economica in atto, lo proverebbe in modo inequivoco traducendosi in un mix ottimo tra Stato e Mercato.
Insomma Prodi vorrebbe dirci che Keynes avrebbe desiderato forse un mix sub-ottimale tra interventismo elaissez-faire? E che un mix ottimale tra Stato e mercato non è una “ideologia”? Non è stato concepito un tale ottimale mix in articulo mortis del capitalismo durante la grande crisi del ’29 a fronte del pericolo comunista in URSS? Ma a Prodi manca qualsiasi rimembranza del “paradosso del mentitore”: affermare la morte delle “ideologie” costituisce in re ipsa una idelogia, e precisamente quella post-modernista che in economia ha condotto al “pensiero unico”.
Ma quello della “menzogna” è territorio scivoloso per il nostro ex Presidente del Consiglio. Menzogna è infatti sul piano storico quella che Mussolini al costituirsi dell’IRI non ebbe migliore auspicio che affidarsi al pragmatismo nella missione di quell’Istituto, come se Beneduce messo lì al suo vertice dallo stesso “Duce” non avesse da tempo anticipato il keynesismo almeno in termini pro-interventisti, e che dalla stessa Gran Bretagna non si fosse già da tempo manifestato un autentico pellegrinaggio intellettuale tributario del solco in quella direzione inaugurato dalI’Italia.[1]
Sul resto delle “illuminazioni prodiane” al netto del soporifero stile comunicativo del professore bolognese c’è poco da dire, al di là di una serie di luoghi comuni in stile didascalico circa le doglianze relative alla triste resa dei conti attuale a fronte di ciò che la UE doveva e prometteva di essere e non è poi stato attuato, e sull’esigenza per l’ex Bel Paese di adeguarsi ai tempi imposti dal “mutamento del mondo”, cioè dalla Globalizzazione. Come se questa fosse un decreto del suo cattolico firmamento divino e non già un errore” ideologico” che (tra l’altro cozza irrimediabilmente con la filosofia economica supposta pragmatica del modello renano ) riposa sul pur ricordato Keynes che denunciava, nell’ultima pagina della General Theory, le venefiche insidie di teorie sbagliate elaborate da “defunti economisti”. Nel caso, vedi i pericoli della Globalizzazione e le panzane della teoria dei costi/vantaggi comparati in regime di free trade che si devono a Ricardo e alla sua del tutto infondata teoria del commercio internazionale trasformata in dogma dai suoi posteri. Non facendo eccezione a tanto folle fede nei dogmi chi come Prodi ha poca dimestichezza con la logica, cadendo in modo tanto eclatante nel trabocchetto dei suoi paradossi non sapendo, anche per tal verso, di iscriversi tra i molti “ideologi” della Globalizzazione a dispetto della sua fede anti-ideologica. Per non dire della coerenza del Prodi ultimo Presidente dell’IRI, che pur molto poco “renanamente” ne ha scritto l’epitaffio regalando l’Istituto - attore principale della filosofia dello “Stato imprenditore” e artefice del dimenticato “miracolo economico” - a mo’ di saldo inservibile alla logica delle privatizzazioni “thatcheriane”.


Vittorangelo Orati
Tratto da: lafinanzasulweb.it
Fonte: http://www.frontediliberazionedaibanchi ... 51191.html



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MessaggioInviato: 24/05/2013, 11:08 
(Quella faccia, oltre che la pensione, mi ha rovinato il pranzo!) [:(!] [8)]



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...ma non doveva risolvere il conflitto in mali?.......[;)]


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Mi sa che l'ha fatto scoppiare lui ...! [8D]



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MessaggioInviato: 25/05/2013, 11:25 
L’Economist lancia l’allarme: la crisi dell’euro non è finita.
I leader europei si dirigono verso un baratro


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http://ilcontagio.org/2013/05/24/lecono ... n-baratro/


Pubblicato il maggio 24, 2013 di ABATE FARIA

Altro pesante editoriale da parte dell’Economist (http://www.economist.com/news/leaders/2 ... eepwalkers) sulla gestione della crisi da parte dei nostri leaders europei, in preda ad un totale immobilismo, affetti da cronica letargia, indecisi a tutto, procedono come sonnambuli dirigendosi verso un burrone…

Per questo nel mio post di ieri mi stropicciavo gli occhi vedendo alcuni titoli di giornali che esaltavano Letta per esser riuscito a porre all’odg del prossimo vertice europe di giugno la discussione di misure per contrastare la disoccupazione.

Niente di meno, caspiterina!

Mi domandavo nel post Lasciate ogni speranza,voi ch’ entrate: l’Italia è (quasi) finita! :
http://ilcontagio.org/2013/05/23/lascia ... si-finita/

Discutere?!

Ancora discutere?!

Dopo 5 anni di crisi non sarebbe il caso di dare qualche risposta?!

Questo vale per il nostro governo, ma anche per la nostra cara bella addormentata Europa.

Tic tac…Tic tac..Tic tac…

Buona lettura.





Fonte: http://www.huffingtonpost.it/

Un gruppo di sonnambuli che cammina ignaro verso il precipizio. È così che l’Economist vede i leader europei, da Angela Merkel ad Enrico Letta. “Forse non ve ne siete accordi – si legge nell’editoriale – ma questa settimana c’è stato un summit dell’Unione Europea”. Un meeting – nella lettura del settimanale finanziario – tra sonnambuli, che invece di affrontare il burrone verso cui si sta dirigendo l’Ue preferiscono raccontarsi la favola di una crisi già relegata al passato.

I leader europei – argomenta l’Economist – sembrano essersi dimenticati della crisi, e già non si parla più di dissoluzione dell’euro. In realtà, stanno marciando come sonnambuli verso l’orlo del precipizio. È il senso della copertina dell’ Economist in edicola oggi, che mostra Angela Merkel in testa ad un drappello con Hollande, Rajoy, Barroso, Passos Coelho e Van Rompuy alla sua sinistra e Draghi, Letta e Samaras alla sua destra: tutti in marcia verso lo strapiombo. Titolo: “The sleepwalkers” (i sonnambuli, appunto). Sottotitolo: in attesa di un disastro europeo.

Nell’editoriale del settimanale economico britannico si osserva che in generale “la somma dell’indebitamento di governi, privati e imprese è ancora eccessivo”, che “le banche sono sottocapitalizzate e gli investitori internazionali si preoccupano per le perdite ancora da determinare” e che se anche “gli interessi sono bassi, le aziende dell’Europa del sud soffrono per una crudele stretta creditizia”.

L’Economist scrive anche che “i mercati finanziari sono stati anestetizzati da quando Mario Draghi ha promesso ‘di fare qualsiasi cosa serva’ per proteggere l’euro del collasso” e che la mossa del presidente della Bce ha dato sia tempo che mezzi per combattere la speculazione. Ma al contrario i leader politici non riescono a trovare una via di uscita per “riforme ordinate”.

“E se i leader dell’eurozona inciampassero? Come il Giappone – conclude l’Economist – l’Europa sarà in ombra per gli anni a venire. Il costo sarà misurato in termini di disillusione, comunità sociali arrugginite e vite sprecate. Ma a differenza del Giappone, l’Eurozona non ha coesione. Per tutto il tempo che stagnazione e recessione stresseranno la democrazia, l’eurozona rischia un fatale rigetto popolare. Se i sonnambuli tengono alla loro valuta e alla loro gente, devono svegliarsi”.

“Qualcuno chiami un’ambulanza per sonnambuli”, invoca l’Economist. Il Prodotto Interno Lordo dell’Eurozona continua a restringersi, e il turbamento si sta espandendo anche a paesi chiave come la Finlandia e l’Olanda. Le vendite al dettaglio stanno calando. La disoccupazione, superiore al 12%, è un record, basti pensare che più di una persona su quattro in Spagna è senza lavoro. Nonostante i tagli alla spesa, i deficit restano persistenti e alti. Di fronte a un quadro così grave – osserva l’Economist – la calma ostentata a Bruxelles è un segno non tanto di convalescenza, quanto piuttosto di decadenza.

“Per il bene di tutti – si legge ancora nell’editoriale – i leader europei devono scuotersi dal loro letargo. Devono capire che se non agiscono, l’Eurozona rischia di andare in pezzi”. “Dopo anni di crisi, la lista delle cose da fare è chiara”. Il compito più urgente – sostiene l’Economist – consiste nel troncare il legame tra banche e governi troppo deboli per supportarle. Era questo lo scopo dell’unione bancaria approvata lo scorso anno. Ora che la pressione si è allentata, però, l’unione si è ritrovata intrappolata in una serie di tecnicismi. “Questo ritardo è altamente dannoso”, avverte l’Economist. “Le banche europee hanno bisogno di fondi con qualsiasi strumento. L’America ha recuperato prima dell’Europa non solo perché è stata meno austera, ma anche perché ha riorganizzato le sue banche in maniera tale che potessero fare di nuovo dei prestiti”.

L’immobilità dei “sonnambuli” non deriva certo dalla mancanza di cose da fare, prosegue l’editoriale, quanto piuttosto dalla mancanza della “volontà” di farle. L’Economist individua almeno due ragioni per questo immobilismo. Da un lato le elezioni di settembre in Germania. Dall’altro, il risentimento diffuso degli elettori europei verso i propri politici in generale e l’Unione europea in particolare. Spendersi per l’Ue, insomma, non sembra convenire troppo ai leader europei, che però così rischiano di piombare, bellamente, giù dal burrone.


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MessaggioInviato: 25/05/2013, 16:04 
Anche l'Università USA costretta ad ammettere l'orribile inganno chiamato "Austerity" - Lo studentello che sconfessa i distratti professoroni
di Sergio Basile

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Austerity – Il Discepolo Supera il Falso Maestro

Amherst, Massachussetts, Usa - Il ventottenne laureando in economia, lo statunitense Thomas Herndon, è solo l'ennesimo testimone della bestiale bufala chiamata "Austerity" (detta in altri termini dittatura dell'Eurozona, per comprenderci) e lo è diventato – suo malgrado – in un modo davvero curioso: preparando la sua tesi di laurea presso l'University of Massachussetts. In particolare il giovane Thomas non ha fatto altro che dar seguito – nel modo più serio e semplice possibile – ad un compito assegnatogli dai suoi professori. Mai avrebbe immaginato, in tutta onestà, di poter diventare per molti un eroe, per altri (pensiamo a Draghi, alla Merkel, a Barroso, Monti e Letta) un vero e proprio incubo. Nonché prova tangibile della mala fede di molti, che con la scusa della truffaldina crisi hanno finito per imporre una dittatura reale ai danni di oltre 200 milioni di cittadini del Sud Europa e dell'Irlanda, trasformandole in sottocolonie della colonia Usa, chiamata Europa. Il Giovane Herdon ha dunque demolito dalle fondamenta – è davvero il caso di riconoscerlo – addirittura lo pseudo-studio posto a base delle politiche di austerità intraprese dai governi liberisti e socialisti in Europa. Pensiamo al governo Hollande in Francia. Pensiamo soprattutto ai governi Samaras, Monti-Letta e Rajoy, in Grecia, Italia e Spagna.

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Growth in a Time of Debt

Ma chi c'è all'origine della curiosa faccenda e del grande inganno? I professori della Harvard University, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, autori dello studio “Growth in a Time of Debt” (Crescita al tempo del Debito). L'assioma o assunto di base posto come pilastro teorico della ricerca ritiene che "se il debito pubblico di una nazione raggiunge la soglia del 90% del Pil, diventa un ostacolo insuperabile alla crescita". Assunto tra l'altro – come trattato in più occasioni da Qui Europa - più volte smentito nella realta da economie come il Giappone: Paese col più alto debito pubblico al mondo. Ma un assunto dogmatico, questo, più volte criticato e rigettato da numerosi premi Nobel per l'economia e studiosi di rilievo internazionale, del calibro di Joseph Stiglitz a Paul Krugman. Anche grazie ad "operette comiche" come "Growth in a Time of Debt", si preferì sostituire alle politiche di crescita keynesiana, incentrate sul Deficit Spending (oggi di fatto abolito, facendo venir meno il ruolo stesso dello stato elo stesso requisito giustificativo della tassazione: i servizi restituiti dallo stesso Stato) e sulla possibilità di creare ricchezza grazie alla spesa a debito ed al Meccanismo del Moltiplicatore economico.


Tutto per caso #8203;

"I miei professori di Amherst – ha dichiarato nei giorni scorsi il giovane Thomas Herndon - mi avevano assegnato un compito molto comune: prendi una ricerca fatta da altri (nel caso specifico quella di Reinhart e Rogoff) economisti, e prova a dimostrare che sei capace di replicarne il risultato. (…) Essi – continua Thomas - mi hanno messo a disposizione tutte le loro fonti originarie da cui avevano attinto i dati sulla crescita. Mi hanno dato accesso anche alle varie versioni dei loro calcoli".

La Svista – Due Catastrofici, Grossolani, infami Errori?

A questo punto la scoperta del giovane universitario fu davvero eclatante: gli economisti di cui sopra avevano commesso due grossolani e catastrofici errori, quella che lo stesso Herndon ha definito generosamente come una "svista di allineamento” (?) nelle colonne delle cifre da addizionare usando il software Microsoft Excel. Sbaglio (o pseudo-tale) apparso ancor più grave se si considera il fatto che la coppia di titolati e noti professori omise clamorosamente di includere nella ricerca i risultati ottenuti (ed in palese controtendenza con le loro conclusioni finali) da tre nazioni esaminate, cioè Australia, Canada e Nuova Zelanda. In questi Paesi (così come avvenuto col Giappone) la crescita economica non fu di fatto mai penalizzata da un elevato livello di debito pubblico.

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Tre legittimied inquietanti interrogativi

Anzi! Ma allora ci chiediamo: 1) perchè i professori non ricontrollarono i loro studi, appotando le dovute correzioni? 2) Perchè tali clamorose ed inquietanti esclusioni? 3) Forse per facilitare le mire espansionistiche Usa in Europa e per conferire loro un alibi, dando nel contempo un pretesto valido di legittimità all'euro-casta? Voi che dite? Certo, a pensar male (come diceva Giulio Andreotti) spesso ci si indovina. Mah! Questi americani!

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Una dolorosa smentita – Eurocasta KO anche sul piano teorico

Dinnanzi a tutto ciò i geni dell'economia Made in Usa Reinhart e Rogoff, hanno dovuto fare il loro doloroso e doveroso mea culpa publlico scegliendo come "patibolo", le colonne del New York Times. Come? semplice: ammettendo il macroscopico errore e prendendo le distanze dalle politiche di austerity. O meglio dalle distruttive politiche di austerity. Cio avveniva prima dell'ultimo G20.

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Avvenne al G20 – Vergognoso

Ciò - con estrema inquietitudine – spiega il perchè nell'ambito dello stesso vertice dei potenti della Terra, dal comunicato finale, sia stato fatto letteralmente sparire ogni riferimento al rapporto debito/Pil, per effetto di questa raccapricciante scoperta. Ma dinnanzi a tutto ciò, Angela Merkel, Manuel Barroso e i politici italiani, continueranno ancora a recitare l'assurda ed ignobile farsa sull'austerità e l'altrettanto assurda storiella della riduzione (lacrime, sangue e suicidi) del debito pubblico? un debito pubblico (ricordiamolo) assolutamente non creato dai cittadini, ma da banche sovrane e politica infame. Che fa anche rima!

Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)

http://www.quieuropa.it/anche-luniversi ... austerity/



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http://www.corriere.it/politica/13_maggio_27/napolitano-ue-unione-politica_92e02f4c-c6b6-11e2-91df-63d1aefa93a2.shtml

L'INIZIATIVA PER L'ANNO EUROPEO DEI CITTADINI
[color=blue]Napolitano: «Per superare la crisi dell'Ue procedere verso l'unione politica»

Il messaggio del capo dello Stato all'incontro di Ventotene: «L'unità politica dell'Europa è il nostro futuro»[/color]


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Caspita.... lucidissimo sì....

Fa parte della stessa CRICCA di oligarchi di cui fa parte quest'altro signore qui:

"Romano Prodi, 4 dicembre 2001, Financial Times,
sui futuri problemi che l’Euro avrebbe causato:

«Sono sicuro che l’Euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile.
MA UN BEL GIORNO CI SARÀ UNA CRISI e si creeranno i nuovi strumenti»."


Tutto secondo copione rmnd..... che che tu ne dica....



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Thethirdeye ha scritto:

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Fa parte della stessa CRICCA di oligarchi di cui fa parte quest'altro signore qui:

"Romano Prodi, 4 dicembre 2001, Financial Times,
sui futuri problemi che l’Euro avrebbe causato:

«Sono sicuro che l’Euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile.
MA UN BEL GIORNO CI SARÀ UNA CRISI e si creeranno i nuovi strumenti»."


Tutto secondo copione rmnd..... che che tu ne dica....


si ma tu sai che una frase estrapolata dal contesto può avere un significato diametralmente opposto.
Sai anche che occorre leggere l'originale (se l'intervista è stata fatta in Inglese) .
Terzo, sai anche che quella frase circola in rete dal novembre 2012 ..prima di allora nessuno di voi 'cospirazionisti' l'aveva notata? Ci avete messo 11 anni?



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