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Blissenobiarella ha scritto:

Nino Galloni: "Come ci hanno deindustrializzato", un viaggio che passa da Enrico Mattei e Aldo Moro


Grazie Bliss per il CLAMOROSO articolo.

L'ennesima conferma che le cose esposte sino a qui hanno un fondamento concreto.

Un articolo che devono leggere tutti, sino in fondo.
Poi magari chissà... potranno pure tornare a leggere Topolino.

Nino Galloni.... finalmente qualcuno dice le cose come stanno realmente.
Grazie anche al grande Messora....

Che Dio li benedica..... a tutti e due...... [V]

Cita:
MESSORA: Quindi è vero che sul Britannia si presero delle decisioni?

GALLONI: Qui dobbiamo capirci. Allora, Bilderberg, Britannia, il Gruppo dei 30, dei 10, gli Illuminati di Baviera, sono tutte cose vere. Gente che si riunisce, come certi club massonici, e decidono delle cose. Ma non è che le decidono perché veramente le possono decidere, è perché non trovano resistenza da parte degli Stati. L’obiettivo è quello di togliere di mezzo gli Stati nazionali allo scopo di poter aumentare il potere di tutto ciò che è sovranazionale, multinazionale e internazionale in questo senso. Dopodiché è ovvio che se gli Stati sono stati indeboliti o addirittura nei governi ci sono rappresentanti di questi gruppi, che siano il Britannia, il Bilderberg, gli Illuminati di Baviera, eccetera, negli Stati Uniti d’America c’era la Confraternita dei Teschi, di cui facevano parte padre e figlio Bush, che sono diventati presidenti degli Stati Uniti. E’ chiaro che dopo questa gente risponde a questi gruppi che li hanno, bene o male, agevolati nelle loro ascese.

MESSORA: Quindi alla fine decidono.

GALLONI: Ma perché dall’altra parte è mancata, da parte dei cittadini e degli Stati, una seria resistenza. Quindi praticamente questi dominano la scena.

MESSORA: Quindi non è colpa di questi ma è colpa di chi non si oppone abbastanza.

GALLONI: Questi si riuniscono, decidono delle cose, però rimangono lì. Ci sono sempre stati i circoli dei notabili che hanno deciso delle cose. Mica è detto che siano riusciti sempre a farle!

MESSORA: Però in questo caso ci sono riusciti.

GALLONI: In questo caso ci sono riusciti perché non hanno trovato resistenza.


Amen.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 01/05/2013, 00:18 
Sapevo che ti sarebbe piaciuto [;)]



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MessaggioInviato: 01/05/2013, 00:47 
Chi ha tradito l'economia italiana? Nuova Edizione
euro: salvarsi senza svendersi

del Prof. Nino Galloni

Immagine

http://www.editoririuniti.it/libri/chi- ... aliana.php

La sconfitta del principale paradigma liberista (il risanamento dei conti pubblici come presupposto dello sviluppo) sostituito dal paradigma voluto dal potere vincente, la speculazione internazionale (che, invece, sta sostenendo, subito lo sviluppo con conti in ordine) non risulta ancora digerita dai governi e dagli Stati: che continuano ad anteporre «lacrime e sangue» e a non selezionare le misure di politica economica per scegliere solo quelle che aiutano lo sviluppo senza peggiorare i conti ovvero che migliorano i conti senza penalizzare lo sviluppo. Su questa strada è addirittura l’euro a rischiare, a breve, una brutta fine. Oggi la speculazione finanziaria è dieci volte più forte delle classiche istituzioni internazionali. La stessa Germania, in Europa, non riesce a tenere il passo con il cambiamento dei paradigmi. La svolta liberista anti-keynesiana della fine degli anni settanta ha esaurito la sua spinta devastatrice, ma la attuale prepotenza della finanza internazionale, dove ci sta portando? Su tale linea di ragionamento l’economista Nino Galloni propone questa ricerca che parte dal dopoguerra per arrivare alla cruciale resa dell’Unione Europea al diktat americano fra ottobre e novembre del 2011.

[...]
la pretesa di ottenere, promettere o fornire rendimenti dalle attività finanziarie puramente speculative superiori a quelli dell’economia reale e agli stessi tassi di sviluppo, è la causa determinante l’origine dello squilibrio: eccesso di mezzi monetari sempre piú liquidi per fronteggiare gli impegni sul versante speculativo e carenza di mezzi per le attività produttive sia pubbliche, sia private. Le banche tedesche e francesi (per non parlare delle spagnole e delle inglesi) sono piene di titoli tossici, il cui ammontare supera di decine di volte quello di tutti i debiti pubblici dei Paesi al di qua e al di là dell’Atlantico.
[...]
Il problema di oggi sembrerebbe, invero, rappresentato dal fatto che le attuali cerchie di potere non risultano né responsabili, né lungimiranti mentre i movimenti popolari non trovano coaguli adeguati verso il governo – o, almeno, una qualche proposta-progetto – del cambiamento. Su questa strada sono di ostacolo non solo i cosiddetti poteri forti, ma soprattutto i vecchi pregiudizi e l’esistenza, tipica dei Paesi latini, di una fitta rete di connivenze e di appartenenze che, dal basso, minano la democrazia e utilizzano la legalità al contrario, cioè negandola, per ottenere benefici e privilegi: ciò che segna l’ostacolo a una politica partecipata da tutti e finalizzata al bene di tutti.
[...]
(Dalla premessa dell’autore)

Nino Galloni, (Roma 1953), direttore generale del Ministero del Lavoro, funzionario in diversi ministeri finanziari, è attualmente membro effettivo del Collegio dei sindaci dell’Inps. È stato ricercatore all’università di Berkeley in California, stretto collaboratore di Federico Caffè e ha insegnato nelle università di Roma, Milano, Napoli, Modena e Cassino. È autore di numerosissimi articoli e libri fra cui, più recentemente, Mercato senza padroni (2001), Dopo lo sviluppo sostenibile (2002), Misteri dell’euro, misfatti della finanza (2005), La moneta copernicana con M. Della Luna (2008), Prendi i tuoi soldi... e scappa? (2010); per Editori Riuniti, L’occupazione tradita (1998) e Il grande mutuo (2008).

INDICE

Premessa. L'evoluzione dell'attuale crisi mondiale

I. Dal 1947 al 1962

II. Gli anni'60 e '70

III. Dal <<divorzio>> tra Tesoro e Banca d'Italia alla messa a regime delle privatizzazioni

IV. Il nuovo millennio: dopo la fine della globalizzazione, il nulla?

Conclusione. Come contrastare la catastrofe?

Indice dei grafici e delle tabelle

Appendice alla seconda edizione. E' possibile salvare l'euro? <--- NOVITA'

Indice dei nomi e degli argomenti

Bibliografia



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MessaggioInviato: 01/05/2013, 00:48 
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Blissenobiarella ha scritto:

Sapevo che ti sarebbe piaciuto [;)]

Grazie Bliss... [:X]



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MessaggioInviato: 05/05/2013, 16:39 
Articolo segnalato dal nostro amico Zelman in "Progetto Europa"....
Da leggere assolutamente.....

Cita:
Zelman ha scritto:

Non so se nelle pagine pregresse è stato postato o se ne è parlato
mi preme di postare il link sotto...:
Ho segnato qualcosa ma è da leggere passo passo (la pagina intera è al link seguente, io me la sono salvata, è da stampare e diffondere...)

http://www.signoraggio.it/italia-potenz ... ecco-come/

Italia, potenza scomoda: dovevamo morire, ecco come


Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.

E’ la drammatica ricostruzione che Nino Galloni, già docente universitario, manager pubblico e alto dirigente di Stato, fornisce a Claudio Messora per il Nino Galloniblog “Byoblu”. All’epoca, nel fatidico 1989, Galloni era consulente del governo su invito dell’eterno Giulio Andreotti, il primo statista europeo che ebbe la prontezza di affermare di temere la riunificazione tedesca. Non era “provincialismo storico”: Andreotti era al corrente del piano contro l’Italia e tentò di opporvisi, fin che potè. Poi a Roma arrivò una telefonata del cancelliere Helmut Kohl, che si lamentò col ministro Guido Carli: qualcuno “remava contro” il piano franco-tedesco. Galloni si era appena scontrato con Mario Monti alla Bocconi e il suo gruppo aveva ricevuto pressioni da Bankitalia, dalla Fondazione Agnelli e da Confindustria. La telefonata di Kohl fu decisiva per indurre il governo a metterlo fuori gioco. «Ottenni dal ministro la verità», racconta l’ex super-consulente, ridottosi a comunicare con l’aiuto di pezzi di carta perché il ministro «temeva ci fossero dei microfoni». Sul “pizzino”, scrisse la domanda decisiva: “Ci sono state pressioni anche dalla Germania sul ministro Carli perché io smetta di fare quello che stiamo facendo?”. Eccome: «Lui mi fece di sì con la testa».

Questa, riassume Galloni, è l’origine della “inspiegabile” tragedia nazionale nella quale stiamo sprofondando. I super-poteri egemonici, prima atlantici e poi europei, hanno sempre temuto l’Italia. Lo dimostrano due episodi chiave. Il primo è l’omicidio di Enrico Mattei, stratega del boom industriale italiano grazie alla leva energetica propiziata dalla sua politica filo-araba, in competizione con le “Sette Sorelle”. E il secondo è l’eliminazione di Aldo Moro, l’uomo del compromesso storico col Pci di Berlinguer assassinato dalle “seconde Br”: non più l’organizzazione eversiva fondata da Renato Curcio ma le Br di Mario Moretti, «fortemente collegate con i servizi, con deviazioni dei servizi, con i servizi americani e israeliani». Il leader della Dc era nel mirino di killer molto più potenti dei neo-brigatisti: «Kissinger gliel’aveva giurata, aveva minacciato Moro di morte poco tempo prima». Tragico preambolo, la strana uccisione di Pier Paolo Pasolini, che nel romanzo “Petrolio” aveva denunciato i mandanti dell’omicidio Mattei, a lungo presentato come incidente aereo. Recenti inchieste collegano alla morte del fondatore dell’Eni quella del giornalista siciliano Mauro De Mauro. Probabilmente, De Mauro aveva scoperto una pista “francese”: agenti dell’ex Oas inquadrati dalla Cia nell’organizzazione terroristica “Stay Behind” (in Italia, “Gladio”) avrebbero sabotato l’aereo di Mattei con l’aiuto di manovalanza mafiosa. Poi, su tutto, a congelare la democrazia italiana avrebbe provveduto la strategia della tensione, quella delle stragi nelle piazze.

Alla fine degli anni ‘80, la vera partita dietro le quinte è la liquidazione definitiva dell’Italia come competitor strategico: Ciampi, Andreatta e De Mita, secondo Galloni, lavorano per cedere la sovranità nazionale pur di sottrarre potere alla classe politica più corrotta d’Europa. Col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il paese è in crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da “prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto, emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati) il debito pubblico esploderà fino a superare il Pil. Non è un “problema”, ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato, disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».

Al piano anti-italiano partecipa anche la grande industria privata, a partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li acquista più, i tassi sono saliti e la finanza pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato. L’industria passa in secondo piano e – da lì in poi – dovrà costare il meno possibile. «In quegli anni la Confindustria era solo presa dall’idea di introdurre forme di flessibilizzazione sempre più forti, che poi avrebbero prodotto la precarizzazione». Aumentare i profitti: «Una visione poco profonda di quello che è lo sviluppo industriale». Risultato: «Perdita di valore delle imprese, perché le imprese acquistano valore se hanno prospettive di profitto». Dati che parlano da soli. E spiegano tutto: «Negli anni ’80 – racconta Galloni – feci una ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50 gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più facendo investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi. Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione».

Alla caduta del Muro, il potenziale italiano è già duramente compromesso dal sabotaggio della finanza pubblica, ma non tutto è perduto: il nostro paese – “promosso” nel club del G7 – era ancora in una posizione di dominio nel panorama manifatturiero internazionale. Eravamo ancora «qualcosa di grosso dal punto di vista industriale e manifatturiero», ricorda Galloni: «Bastavano alcuni interventi, bisognava riprendere degli investimenti pubblici». E invece, si corre nella direzione opposta: con le grandi privatizzazioni strategiche, negli anni ’90 «quasi scompare la nostra industria a partecipazione statale», il “motore” di sviluppo tanto temuto da tedeschi e francesi. Deindustrializzazione: «Significa che non si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani: quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Lo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.

Le banche, altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia reale, e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie peculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita.
E’ il preludio al disastro planetario di oggi. In confronto, dice Galloni, i debiti pubblici sono bruscolini: nel caso delle perdite delle banche stiamo parlando di tre-quattromila trilioni. Un trilione sono mille miliardi: «Grandezze stratosferiche», pari a 6 volte il Pil mondiale. «Sono cose spaventose». La frana è cominciata nel 2001, con il crollo della new-economy digitale e la fuga della finanza che l’aveva sostenuta, puntando sul boom dell’e-commerce. Per sostenere gli investitori, le banche allora si tuffano nel mercato-truffa dei derivati: raccolgono denaro per garantire i rendimenti, ma senza copertura per gli ultimi sottoscrittori della “catena di Sant’Antonio”, tenuti buoni con la storiella della “fiducia” nell’imminente “ripresa”, sempre data per certa, ogni tre mesi, da «centri studi, economisti, osservatori, studiosi e ricercatori, tutti sui loro libri paga».
....

/... continua (nella pagina)



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MessaggioInviato: 13/05/2013, 00:40 
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DEBITO PUBBLICO: L’ITALIA MIGLIORE D’EUROPA (E NON È UNO SCHERZO)

Tempo fa abbiamo pubblicato un articolo del prof. Alberto Bagnai, che mostrava, con l’ausilio di stime ufficiali, come la spesa pubblica italiana (al netto degli interessi sul debito pubblico) sia perfettamente in linea con la media degli altri paesi europei e addirittura inferiore alla spesa pubblica di paesi virtuosi come Finlandia o Austria. Ora, il giornalista svizzero Marcello Foa propone uno studio, tanto incredibile quanto censurato, che mostra chiaramente come anche il debito pubblico italiano sia tutt’altro che elevatissimo, rispetto agli altri paesi (Svizzera compresa). Perchè allora i mezzi di informazione di massa, gli economisti salottieri ed i politici continuano a creare nell’opinione pubblica una percezione della realtà così alterata? Chi ha interesse a far credere all’italiano medio che la colpa della crisi economica sia da indentifcarsi nella spesa pubblica e nel debito pubblico? Forse gli stessi che suggeriscono all’Italia di cedere le sue riserve auree? Buona riflessione.

Nexus Edizioni

Debito pubblico: l’Italia migliore d’Europa (e non è uno scherzo)

La fonte è molto autorevole: la Neue Zürcher Zeitung (Nzz). L’autore dello studio molto competente in materia: l’economista Bernd Raffelhüschen, professore di Scienze finanziarie presso l’Università di Friburgo, in Germania. La conclusione è molto sorprendente: l’Italia è il Paese che ha il debito pubblico più sostenibile d’Europa.

Possibile? Sì, se si considera oltre al debito esplicito anche quello implicito ovvero gli impegni già presi dallo Stato per i decenni a venire e legati in particolare all’invecchiamento della popolazione: dunque le pensioni in maturazione nei prossimi anni, la spesa sanitaria che dovrà essere sopportata da una popolazione più anziana; il tutto considerando il saldo primario dello Stato.

Immagine

Lo studio risale al 2011 ed è passato praticamente inosservato (in Italia ne aveva parlato Rischio calcolato), la Nzz lo ha ripreso e lo ha integrato con un altro studio estendendo il panel anche alla Svizzera.

Il risultato non cambia: l’Italia resta il Paese numero uno dell’Europa, molto più sostenibile della Germania perché negli anni, paradossalmente, passati ha fatto i “compiti a casa” e si propone come il Paese, in prospettiva, con il più basso incremento di spese per pensioni, sanità e assistenza per anziani; gli altri Stati, invece, si sono accontentati di monitorare il debito esplicito, lasciando che la struttura di queste spese assumesse delle proporzioni tali da esplodere da qui a qualche anno: hanno guardato solo alla punta dell’iceberg, come scrive Gerhard Schwarz, oggi direttore del think tank svizzero Avenir Suisse, sulla Neue Zürcher Zeitung.

Il grafico che potete trovare qui non mente (mi spiace è solo in tedesco ma facilmente interpretabile). E se la nostra fosse una classe politica seria, dovrebbe iniziare a ripensare il Paese partendo da questi dati, sventolandoli alla stampa internazionale, menzionandoli continuamente alla Bce, al Fmi.

E invece non solo dormono tutti: la stampa dov’è? Il centrodestra che fa? Perché nessuno vanta i meriti di un risanamento strategico che solo le politiche iper restrittive di Monti e gli effetti sciagurati e scandalosi del Mes (Meccanismo europeo di stabilità ovvero Fondo Salva Stati) possono compromettere?


http://www.nexusedizioni.it/economia/de ... o-scherzo/


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Ubs: ecco il piano Usa per salvare l'Italia

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Fed pronta ad acquistare quantita' massicce di titoli italiani e spagnoli per far ripartire l’economia globale. Obiettivo: abbattere Spread a 130. Foto: Andreas Hoefert, capo economista della banca.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... talia.aspx

NEW YORK (WSI) - La Federal Reserve e' pronta a comprare Btp e titoli di Stato spagnoli. L'indiscrezione viene dal capo economista di Ubs, secondo il quale la banca centrale americana non avrebbe piu' la pazienza di aspettare le prossime mosse delle autorita' europee ancora divise su molte questioni chiave, come quella degli aiuti diretti alle banche utilizzando i fondi dell'ESM.

Sembra fantascienza e invece il piano e' realmente sul tavolo. L’operazione, resa possibile dalle enormi disponibilita' liquide liberate dall'espansione monetaria di questi anni (piu' di 20 mila miliardi in circolazione), potrebbe far salire le quotazioni di Bonos e Btp, accorciando la distanza dai Bund tedeschi.

In questo modo, con la piu' gigantesca operazione di compressione artificiale dei tassi di interesse della storia, Ben Bernanke potrebbe far scendere lo spread tra Btp e Bund dagli attuali 250-260 punti a un livello non superiore ai 130-140 punti base.

Si spera cosi' di innescare un ciclo virtuoso di ripresa degli investimenti e dell'economia. E l’inflazione? Su questo capitolo la Germania potrebbe opporre ostruzione. Nel secondo Dopoguerra, ricorda un recente outlook del Fondo Monetario Internazionale e citato dall'edizione odierna di Libero quotidiano, una terapia di questo tipo, basata sugli acquisti a pioggia di titoli di Stato, servi' sia a sostenere l’economia Usa, sia a ripagare i debiti contratti durante la guerra, grazie alle maggiori entrate fiscali.

Ma pochi anni prima, nello stesso secolo, in Germania si scateno' un'inflazione che ha segnato indelebilmente i tedeschi, costretti a tanti anni di sacrifici. Nel periodo tra le due guerre si scateno' infatti l'iperinflazione di Weimar. Durante la sua fase finale, nel novembre 1923, il marco valeva un bilionesimo di quanto valeva nel 1914.

Tornando alla crisi dei giorni nostri, il concetto e': se Mario Draghi ha le mani legate dalla Germania, l'unica soluzione resta quella di fare affidamento sul "bazooka" a munizioni illimitate della Fed, la quale ha l'autorita' per comprare debito pubblico straniero.

Andreas Hoefert, capo economista per il mercato europeo di Ubs wealth management, e' convinto che Bernanke, che lascera' a gennaio 2014, potrebbe entrare nella storia come il primo presidente della Fed a non aver mai imposto una stretta della politica monetaria durante il suo mandato.

L'exit strategy dai piani di espansione monetaria eterodossi, insomma, non e' alle porte. Mentre la Borsa Usa continua a infilare record su record, l'economia reale non e' ancora tornata ai livelli pre crisi.

"Il successo dell’allentamento - osserva l'analista - resta in dubbio anche se e' vero che, al contrario di altri Paesi, gli Usa non sembrano a rischio di cadere in una recessione a doppio minimo e che la disoccupazione si sta riprendendo, con un ritmo lento ma sicuro. Inoltre il mercato azionario attualmente sta rincorrendo un record dopo l’altro".

Ancora peggiore e' pero' la situazione in Europa, che resta in recessione se non in depressione. "Se questa situazione dovesse permanere ancora a lungo, rischierebbe di compromettere gli sforzi immani della Fed nella lotta alla deflazione", sottolinea Hoefert.

Secondo l'economista la politica monetaria secondo la strategia del "colpisci e stupisci" che la Fed attua dal 2008 ha forse sorpreso molti, ma non chi ricorda le parole pronunciate dal suo presidente durante un discorso tenuto nel 2002, quando era membro del Consiglio dei governatori («Deflation: Making sure it doesn’t happen here»), che gli è valso il soprannome di «Helicopter Ben», e che definisce molti anni prima le misure della Fed in una situazione di crisi finanziaria con rischi deflazionistici come quella del 2007–08.

Proprio nel discorso del 2002 Bernanke aveva anche detto che "la Fed ha l’autorita' per acquistare sia debito pubblico straniero sia debito pubblico nazionale". Un'arma potenzialmente molto efficace dunque, quella che ha a disposizione la Fed nel suo arsenale. "Nulla puo' fermare la Fed dal fare il lavoro che la Bce si rifiuta di fare o accetta di fare solo in cambio di una stretta fiscale ancora maggiore nei Paesi periferici: acquistare i titoli di Stato di Spagna, Italia e altri Paesi per allentare le condizioni monetarie di tali nazioni", prosegue Hoefert.

Nel suo discorso Bernanke ha anche sottolineato che un tale intervento avrebbe un "potenziale impatto su una serie di mercati finanziari, compreso il mercato dei cambi. Tuttavia in un mondo segnato dalle guerre monetarie, in cui il Giappone ha già sparato la sua ultima salva e l’euro rimane il combattente furtivo, un tale ipotetico ultimo intervento potrebbe finalmente far uscire allo scoperto l’euro e mettere la Bce di fronte al fatto che una depressione europea autoindotta non è un evento isolato, ma uno che ha effetto sulla ripresa mondiale", ha chiosato Hoefert, secondo cui l'intervento della Fed in aiuto dei paesi finanziaramente piu' fragili dell'area euro potrebbe essere l'unica via per uscire dal tunnel.



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Thethirdeye ha scritto:


Problema, Reazione e... ecco pronta la SOLUZIONE.... [:D]

Ubs: ecco il piano Usa per salvare l'Italia
...


Mah quando l'ho letto stamane mi sembrava un pò pretenzioso... nel senso che anche se porti lo spread a 160, non è che ci salvi, risparmi un punto di interesse!
Non è che abbiamo tassi così da strozzino oggi , risparmieresti 20 miliardi l'anno toh. Mentre solo col fiscal compact ne devi 40, il calo dell'occupazione fa calare le tasse versate per altri 2, e le manovre per rilanciare consumi e occupazioni faranno altri 4, In totale stai sempre almeno 26 miliardi l'anno sotto per 20 anni. Quindi anche se gli stati uniti comprano i tuoi titoli di stato al massimo ti alleviano le sofferenze di certo non ti salvano quando per rilanciarti a livello industriale ti servono investimenti per 400 miliardi.
Senza una politica monetaria adeguata non ti salva niente.


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superza ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:


Problema, Reazione e... ecco pronta la SOLUZIONE.... [:D]

Ubs: ecco il piano Usa per salvare l'Italia
...


Mah quando l'ho letto stamane mi sembrava un pò pretenzioso... nel senso che anche se porti lo spread a 160, non è che ci salvi, risparmi un punto di interesse!
Non è che abbiamo tassi così da strozzino oggi , risparmieresti 20 miliardi l'anno toh. Mentre solo col fiscal compact ne devi 40, il calo dell'occupazione fa calare le tasse versate per altri 2, e le manovre per rilanciare consumi e occupazioni faranno altri 4, In totale stai sempre almeno 26 miliardi l'anno sotto per 20 anni. Quindi anche se gli stati uniti comprano i tuoi titoli di stato al massimo ti alleviano le sofferenze di certo non ti salvano quando per rilanciarti a livello industriale ti servono investimenti per 400 miliardi.
Senza una politica monetaria adeguata non ti salva niente.



Però te la venderanno come tale, ti diranno che è necessario, ti diranno che grazie a questo l'economia si riprenderà, che l'anno prossimo ci sarà la ripresa (come fanno praticamente ogni anno), e che così non dovremo aspettare 60 anni per tornare ai livelli occupazionali di qualche anno fa.

Nulla di tutto questo sarà vero, ma questo non avrà alcuna importanza - l'importante è convincerci che sarà così.

Per questo la Gruber (il mondo del giornalismo) viene invitato ai convegni del Bilderberg.

[8)]



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MessaggioInviato: 05/06/2013, 19:55 
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superza ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:


Problema, Reazione e... ecco pronta la SOLUZIONE.... [:D]

Ubs: ecco il piano Usa per salvare l'Italia
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Mah quando l'ho letto stamane mi sembrava un pò pretenzioso... nel senso che anche se porti lo spread a 160, non è che ci salvi, risparmi un punto di interesse!
Non è che abbiamo tassi così da strozzino oggi , risparmieresti 20 miliardi l'anno toh. Mentre solo col fiscal compact ne devi 40, il calo dell'occupazione fa calare le tasse versate per altri 2, e le manovre per rilanciare consumi e occupazioni faranno altri 4, In totale stai sempre almeno 26 miliardi l'anno sotto per 20 anni. Quindi anche se gli stati uniti comprano i tuoi titoli di stato al massimo ti alleviano le sofferenze di certo non ti salvano quando per rilanciarti a livello industriale ti servono investimenti per 400 miliardi.
Senza una politica monetaria adeguata non ti salva niente.


Ma infatti non salveranno proprio nessuno...... [:)]

Il termine esatto è: stanno comprando a buon mercato fette di patrimonio.
Patrimonio? Perchè parlo di patriomonio? E quale patrimonio?

La risposta è semplice... GARANZIE. Come in Grecia.

Chiederanno garanzie e noi saremmo costretti a mettergli in mano il patrimonio
paesaggistico, monumentale, architettonico e culturale del paese....

E pensare che c'è gente che che questa persone qui le ammirano pure....



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MEDIOBANCA: ITALIA VERSO LA BANCAROTTA, RISCHIO CIPRO

24 giugno, 2013

http://www.altrainformazione.it/wp/2013 ... hio-cipro/

Conto alla rovescia, allarme rosso firmato Mediobanca: l’Italia si avvicina rapidamente alla bancarotta, perché oggi il contesto macroeconomico «sta colpendo l’ italiana più pesantemente». Aggravante fondamentale, l’euro: a differenza del ’92, quando il debito era denominato in lire, oggi il nostro paese «non può più contare sulla leva della svalutazione». Messo alla frusta dalla crisi economica e sottoposto alla tortura del rigore che colpisce aziende e famiglie attraverso il taglio selvaggio della finanza pubblica, il sistema-Italia agonizza, le imprese licenziano o chiudono, i consumi crollano e quindi il gettito fiscale decresce, peggiorando ulteriormente la situazione del debito statale.

Nella trappola dell’austerity aggravata dalla crisi di liquidità – euro che la Bce eroga col contagocce, e solo al sistema bancario privato – stanno per franare anche le banche: il mercato immobiliare, la loro vera garanzia di solvibilità, è ormai in caduta verticale. Si avvicina il fantasma-Cipro: prelievo forzoso dai conti correnti per ricavare il denaro che Bruxelles nega all’Italia.

Entro sei mesi tutto sarà chiaro, riassume Stefano Feltri sul “Fatto Quotidiano”: o si ritrova un po’ di crescita, oppure il peggioramento della crisi, nell’ economia reale e sui mercati finanziari «potrebbe costringere il paese alla richiesta di salvataggio». Lo afferma l’analista Antonio Guglielmi in un report di Mediobanca Securities, la controllata londinese di Mediobanca specializzata in intermediazione finanziaria. Un rapporto riservato, consegnato soltanto ai clienti, che ha allarmato gli istituti di credito: la divulgazione di analisi pessimistiche sullo stato della situazione italiana non può che far precipitare la crisi, facendo fuggire gli “investitori”. Ai quali, notoriamente, non interessa che un paese abbia “i conti in ordine”, come vuole Bruxelles; al contrario, l’unico indicatore che conta è l’aspettativa di ripresa, che nel nostro caso è pari a zero. E mentre Enrico Letta continua a rimandare i problemi, dall’Iva all’Imu, secondo il report di Guglielmi il tempo sta per scadere.

Senza più lo scudo della moneta sovrana, di fronte alla recessione il paese è letteralmente indifeso, esposto all’attacco speculativo dei “signori dello spread”, i fantomatici “mercati” che puntano alla demolizione dell’ economia nazionale per poi mettere le mani, a prezzi stracciati, sull’industria dei beni e dei servizi. Il rapporto di Guglielmi, aggiunge il “Fatto”, sottolinea un fenomeno inquietante: di recente, sul mercato finanziario, il rendimento dei Btp ha superato quello dei Bot di pari durata. E perché mai i “mercati” chiedono un interesse più basso per un Bot che dovrà essere rimborsato tra sei mesi rispetto a un Btp ventennale emesso 19 anni e sei mesi fa? Intuitivo: i signori della finanza chiedono più soldi per i Btp, proprio perché a rischio: sentono vicino il collasso dell’Italia. «Questa differenza di rendimento non ha alcuna ragione di esistere – conferma Guglielmi – a meno che i mercati non stiano facendo differenza tra i bond a rischio ristrutturazione (Btp) e quelli che non sono soggetti a ristrutturazione (Bot e strumenti di mercato monetario )».

Traduzione: gli “investitori” si aspettano che già nei prossimi sei mesi l’Italia possa dichiarare una parziale bancarotta sul suo debito, come ha fatto la Grecia. Risultato immediato: la fuga dei grandi fondi di investimento dai paesi mediterranei. Possibili detonatori collaterali: la Federal Reserve che comincia ad asciugare liquidità, la Slovenia che chiede aiuto per le sue banche, l’Argentina che sembra a un passo da una nuova bancarotta. Incrinature pericolose, che minacciano la stremata finanza pubblica degli Stati ex sovrani dell’Eurozona, disabilitati nella loro funzione vitale di spesa a sostegno del sistema-paese. Primo allarme, lo spread: il differenziale di rendimento tra i nostri bond e quelli tedeschi, ammette Feltri, «dipende quasi esclusivamente da variabili che non controlliamo: se torna a salire, come sta succedendo, l’Italia potrà fare molto poco».

La bassa crescita, provocata dalla scure delle “riforme strutturali” avviate dal governo Monti, ha di fatto aggravato – come ovvio – la situazione del debito pubblico, oggi arrivato a 2.041 miliardi di euro. Guglielmi scarta subito l’idea di una maxi-patrimoniale, dato che Monti non ha neppure realizzato la mappatura della ricchezza degli italiani, premessa indispensabile per rendere equo un simile intervento. Inoltre, «introdurre una tassa straordinaria sulla casa sembra politicamente poco fattibile», dal momento che «con l’Imu, l’imposizione sugli immobili ha già superato la media europea (1,6% del reddito disponibile totale contro l’1% di media)». Casse statali in rosso, e dunque: caccia agli spiccioli per puntare a sopravvivere per qualche mese. Secondo Mediobanca, si possono recuperare 75 miliardi «senza danneggiare i consumi», cioè con una super-patrimoniale e una tassazione sui capitali fuggiti all’estero.

Per la precisione, potrebbero arrivare 3-7 miliardi alzando le aliquote sulle rendite finanziarie (esclusi i titoli di Stato), applicando alla finanza lo stesso carico fiscale che oggi grava sugli immobili. Altri 43 miliardi si ricaverebbero applicando il modello francese: un prelievo una tantum a carico dei maxi-patrimoni, del valore superiore a 1,3 miliardi. Poi i capitali nascosti in Svizzera, che potrebbero fruttare altri 20 miliardi. E altri 2, se proprio necessario, potrebbero giungere da un condono edilizio. «Una cura che darebbe un segnale al mercato, rendendo più credibile la nostra posizione». Ma non basterebbe, aggiunge Feltri, «perché Mediobanca Securities identifica un’altra emergenza che la politica italiana finge di non vedere: le banche». Lo stesso Guglielmi avverte che il tasso di copertura cash dei crediti problematici nelle banche italiane si è ridotto dal 51% del 2007 al 40 del 2013. «Significa che se un prestito non viene rimborsato, in tutto o in parte, le banche sono molto più dipendenti dalle garanzie reali, che di solito sono immobili». Problema: i prezzi delle case stanno crollando: «Dal picco del 2008 si sono ridotti del 12%, contro il 25% della Spagna».

Nella simulazione di Mediobanca Securities, le banche italiane potrebbero correggere al ribasso del 45% il valore degli immobili che hanno in bilancio: in questo caso, la copertura dei crediti (contanti più garanzia) resterebbe al 100%. «Ma se invece volessero mantenere il tasso di copertura attuale, 125%, basterebbe un calo dei prezzi immobiliari del 10% per spazzare via il 17% del capitale, calcolato secondo i parametri di “Basilea 2”». Le banche, insomma, sono fragili. «E abbiamo perso l’occasione di farle salvare all’ Europa: ora si è affermato il “modello Cipro”», conclude Feltri. «L’Eurogruppo ha deciso che se una banca ha bisogno di aiuto, l’Esm (il fondo salva-Stati) ci metterà parte dei fondi, massimo 60 miliardi. Gli altri li dovrà recuperare lo Stato nazionale». Come? «Convertendo obbligazioni in azioni, prelevando dai depositi, tassando i cittadini». Solo tre mesi fa, sempre Guglielmi suggeriva di creare una “bad bank”, nella quale collocare gli asset “tossici”, ma l’Abi si è molto risentita. Nel frattempo, la situazione è peggiorata: «Possiamo solo sperare che l’Italia non debba mai porsi il problema, ma dal rapporto di Guglielmi l’approccio “wait and see”, aspetta e spera, pare il più pericoloso di tutti». Allo Stato strangolato dall’Unione Europea potrebbe restare un’unica possibilità: spremere a sangue i cittadini.



Fonte: http://www.libreidee.org
Link: http://www.libreidee.org/2013/06/mediob ... hio-cipro/



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DERIVATI. NOI COME LA GRECIA

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DI GUIDO VIALE
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http://www.altrainformazione.it/wp/2013 ... rettyPhoto

Preoccupanti legami tra banchieri, privati e pubblici, imbroglioni, e affamatori del "popolo bue".

Chi o che cosa ha autorizzato i nostri governi a giocare al casinò dei derivati con il denaro degli italiani? Quale regolamento interno, quale legge, quale norma della Costituzione? E perché non se ne può sapere quasi niente? Secondo quanto riferito da la Repubblica (e dal Financial Times) del 26 giugno, il Tesoro italiano è esposto per 160 miliardi di euro (più di un decimo del Pil italiano) con operazioni sui derivati la cui data di stipulazione non è nota. Il governo Monti ne ha rinegoziati nel corso dell’anno scorso per un importo di 31 miliardi, registrando su queste operazioni una perdita potenziale, non ancora giunta a scadenza, di circa 8 miliardi (poco meno dell’importo con cui la ministra Gelmini e, dopo di lei, il ministro Profumo sono riusciti a distruggere sia la scuola che le università italiane).

Naturalmente il ministro del Tesoro ha subito smentito ogni rischio, ma quella smentita vale zero. Infatti solo un anno fa su un’altra partita di derivati del Tesoro si era già registrata una perdita di 3 miliardi, saldata dal governo Monti. Su di essa c’era stata una interrogazione parlamentare dell’Idv e una elusiva risposta – «si tratta di un caso unico e irripetibile» – del sottosegretario Rossi Doria; designato a rispondere non si sa perché, dato che si occupa di scuola e non di finanza, materia sui cui è lecito supporre una sua totale incompetenza. Ma se tanto dà tanto, sui 160 miliardi di derivati in essere, le perdite «a futura memoria», che verranno cioè caricate sul bilancio dello stato nel corso degli anni, per poi dire che gli italiani sono vissuti «al di sopra delle loro possibilità», potrebbero ammontare a molte decine di miliardi di lire.

Ma facciamo un passo indietro: da tre anni ci ripetono che la Grecia ha fatto il suo ingresso nell’euro truccando i conti perché, in base al suo indebitamento, non ne avrebbe avuto titolo; di qui i guai – e che guai! – in cui è incorsa successivamente. Successivamente. Perché all’epoca del suo ingresso nell’euro nessuno si era accorto di quei trucchi. Poi si è scoperto che a organizzarli era stata la banca Goldman Sachs, allora diretta, per tutto il settore europeo, da Mario Draghi, nel frattempo assurto alla carica di presidente della Bce, cioè dell’organo preposto a garantire la riscossione di quei debiti contratti in modo truffaldino. E di quei trucchi non si è più parlato.

Ma lo stratagemma a cui il governo greco e Goldman Sachs erano ricorsi per truccare i conti era proprio quello di nascondere un indebitamento eccessivo (secondo i parametri di Maastricht) dietro a derivati da saldare in futuro. Nello stesso periodo – o poco prima, cioè con maggiore preveggenza – il governo italiano sembra essere ricorso esattamente allo stesso stratagemma: ufficialmente per coprire il debito italiano dai rischi del cambio (allora c’era ancora la lira) e dalle variazioni dei tassi di interesse: i derivati sono stati infatti introdotti nel mondo della finanza come forma di assicurazione contro la volatilità dei cosiddetti mercati; ma, come si vede, la funzione che svolgono è esattamente il contrario.

E’ comunque del tutto evidente che lo scopo effettivo di quelle operazioni era quello di "truccare" i conti e garantire così anche all’Italia l’ingresso nell’euro. Qui la presenza ricorrente dello stesso personaggio è ancora più dirompente; perché nel periodo che intercorre tra la probabile – non se ne sa ancora molto – sottoscrizione di quei derivati e l’emersione dei primi debiti che essi comportano Mario Draghi è stato direttore generale del Tesoro (l’organismo contraente) dal 1991 al 2001; poi, utilizzando in modo spregiudicato il cosiddetto sistema delle "porte girevoli", responsabile per l’Europa di Goldman Sachs (una delle banche sicuramente coinvolta in queste operazioni), poi Governatore della Banca d’Italia e poi presidente della Bce e in questo ruolo uno degli attori più decisi a far pagare agli italiani – e agli altri infelici popoli vittime degli stessi raggiri – la colpa (in tedesco schuld, che, come ci ricordano i ben informati, vuol dire anche debito) di essere vissuti "al di sopra delle proprie possibilità".

Non basta: ogni sei mesi, ci informa sempre Repubblica, il Tesoro è tenuto a trasmettere una relazione sullo stato delle finanze pubbliche, comprensivo anche dei dati sull’esposizione in derivati, alla Corte dei Conti. Ma in venti anni o quasi, questa si è accorta solo ora dei rischi connessi a queste operazioni e, per saperne di più, ha inviato la Guardia di Finanza nelle stanze del Tesoro; che però si sarebbe rifiutato di esibire la relativa documentazione. Ci ricorda qualcosa tutto ciò? Si ci ricorda da vicinissimo le recenti vicende del Monte dei Paschi di Siena i cui dirigenti – oggi in carcere o sotto inchiesta perché considerati dalle procure di Siena e Roma degli autentici delinquenti – sono riusciti a nascondere alla vigilanza della Banca d’Italia (che combinazione!) una esposizione debitoria incompatibile con il regolare funzionamento di una banca, nascondendola sotto degli onerosissimi derivati, che hanno tenuto rigorosamente nascosti per anni.

Il casinò dei derivati accomuna così le istituzioni di governo del paese alle banche truffaldine (per ora MPS; ma chissà quante altre si trovano nelle stesse condizioni, e non solo in Italia. Mario Draghi al vertice della Bce non ispira certo tranquillità). Per saperne di più, cioè per capire in che mani siamo finiti, in che mani ci hanno messo i governi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni (da quando la teoria liberista e il pensiero unico la fanno da padroni e, in termini pratici, da quando è stato portato a termine il famigerato divorzio tra Tesoro e Banca centrale che ha messo le politiche dei governi in balia della finanza: leggi degli speculatori internazionali), basta leggere la sinossi di come funziona il casinò dei derivati che ne fa Luciano Gallino (Repubblica, 26 giugno).

«Nel mondo – spiega Gallino – circolano oltre 700 trilioni di dollari (in valore nominale) di derivati [cioè 700mila miliardi, oltre 10 volte il valore presunto del prodotto lordo mondiale, nota mia], di cui soltanto il 10 per cento, e forse meno, passa attraverso le borse. Il resto è scambiato tra privati, come si dice, "al banco", per cui nessun indice può rilevarne il valore». Ma aggiunge, anche di quel dieci per cento scambiato nelle borse, a definirne il valore concorre solo il 40 per cento [cioè il 4 per cento degli scambi complessivi, nota mia]. «Di quel 40 per cento, almeno quattro quinti hanno finalità puramente speculative a breve termine…Di tali transazione a breve, circa il 35-40 per cento nell’eurozone e il 75-80 per cento nel Regno Unito e in USA si svolgono mediante computer governati da algoritmi…che operano a una velocità anche di 22mila operazioni al secondo…Ne segue che chi parla di "giudizio dei mercati" [praticamente tutti gli esponenti del mondo politico, imprenditoriale, manageriale e accademico europei, nota mia] dovrebbe piuttosto parlare di "giudizio dei computer". «Macchine cieche e irresponsabili – aggiunge Gallino – opache agli stessi operatori e ancor più ai regolatori. E per di più, inefficienti». Ma molto efficienti però, aggiungo io, nel trasferire ricchezza dai redditi da lavoro e dalla spesa sociale ai profitti e alla rendita, compito che nel corso degli ultimi trent’anni hanno svolto egregiamente. E non senza che gli addetti alla "regolazione" dei mercati, siano essi manager o politici, o entrambe le cose grazie al sistema delle "porte girevoli", ci abbiano messo tutta la loro scienza e il loro potere per portare questo trasferimento fino alle estreme conseguenze, quelle che oggi possiamo vedere esposte in vetrina nella catastrofe della Grecia. Ma allora, perché continuare a rimaner sottomessi a un sistema simile? Non è ora di trovare la strada per tirarsene fuori al più presto?


Guido Viale
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MessaggioInviato: 29/06/2013, 11:57 
Mi fanno ridere questi fantomatici piani per salvare questo o quel paese......
Sono ridicoli e pianificati per quello che ben sappiamo. Che ci lascino nel nostro brodino e senza interferire, meglio soli che mal accompagnati.
Sanno che l' Italia è potenzialmente un ostacolo da rimuovere piazzando le loro marionette nei posti chiave. Quando avremo preso coscienza delle nostre potenzialità, avremo la chiave di volta per liberarci dai parassiti mondialisti.



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Thethirdeye ha scritto:


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Tratto da: http://www.gadlerner.it/2013/06/26/scri ... i-derivati

Scricchiola il debito pubblico con gli 8 miliardi dei derivati
mercoledì, 26 giugno 2013



Le rivelazioni di Andrea Greco su “La Repubblica” a proposito di un aggravio sui conti del Tesoro per un ammontare di 8 miliardi, relativi a contratti speculativi stipulati vent’anni fa, confermano purtroppo che il debito pubblico è un pozzo senza fondo. L’illusione di ripianarlo gradualmente nel tempo attraverso politiche virtuose di rigore, viene smentita di volta in volta dalla scoperta di nuove magagne, impegni di lunga scadenza che alla fine si rivelano nodi inestricabili. Si confermano le buone ragioni degli economisti considerati eretici anti-sistema, cioè coloro che ipotizzano forme di consolidamento del debito rivolte a salvaguardare la spesa sociale e “tosare” una finanza internazionale divenuta sovrabbondante fino alla devastazione dell’economia reale. Temo un’estate calda, il bis del 2011.

P.S. Ho messo la foto di Mario Draghi perchè all’epoca era il direttore generale del ministero del Tesoro che stipulò quei “convenientissimi” contratti speculativi derivati.



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MessaggioInviato: 29/06/2013, 12:39 
Si salva la finanza non l'economia che rimane assurda e iperproduttiva senza senso destinata ad una crisi sempre piu massiccia.



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