Vassilis, un alto dirigente del ministero delle Finanze greco, accetta di parlare con Linkiesta della situazione di Atene a poche ore dalle elezioni a condizione di restare anonimo. «Chiunque vinca, nessun partito avrà l’onestà di rispettare il memorandum della troika Fmi-Ue-Bce», ammette, riconoscendo che «se non cambieranno le cose, la Grecia non ha alcuna chance di sopravvivere nella zona euro».
Economia
4 maggio 2012 - 16:30
Abbiamo chiesto ad un alto dirigente del Ministero delle Finanze ellenico, responsabile per la politica fiscale degli ultimi due governi, a che punto si trovi davvero la Grecia. Egli ha ricoperto diversi incarichi ad alti livelli, tra l'altro, nella Commissione Europea e in Grecia, nel ministero dell'Economia e in quello della Difesa. L'intervista che segue, in cui egli ha preferito non comparisse il suo vero nome (Vassilis, il nome che compare nell’intervista, è di fantasia, ndr), è partita dal tema politica fiscale, ma è diventata uno sguardo a tutto campo sulla Grecia, sulla sua attuale posizione in Europa, e sulle imminenti elezioni.
Mr. Vassilis, la Grecia è stata costretta ad una durissima correzione della politica fiscale, altamente inefficiente, dei precedenti governi. Questa si inseriva in un contesto precedente in cui la politica fiscale era di fatto inesistente, e l'evasione prassi comune. Come descrive la situazione del paese prima e dopo l'introduzione delle misure di austerità volute dalla Troika?
Quando abbiamo cominciato ad applicare il memorandum (“mnimonio” in greco, ndr) la situazione generale del Paese era gravissima, e questo vale in maniera particolare dal punto di vista fiscale. La Grecia non era pronta ad accettare, né socialmente né, soprattutto, economicamente a sopportare le misure di austerità. Ora posso dire che di lì abbiamo fatto prima sforzi, e poi progressi notevolissimi, in particolare grazie all'assistenza tecnica diretta del Fondo monetario internazionale.
Avete ricevuto anche assistenza dalla BCE o dalla commissione europea?
No, non c'è stata assistenza diretta né dalla Bce né dalla Commissione europea, con cui pure abbiano avuto continui contatti bilaterali. In ogni caso, i progressi fatti sono tali per cui la nazione si è ora potenzialmente molto avvicinata alle richieste della Troika.
E qual è la situazione presente?
Il problema è che, se hai una 500, puoi potenziarne il motore, ma non puoi trasformarla in una Ferrari. Ora come ora, siamo sempre più in grado di implementare le misure di austerità fiscale, ma non possiamo andare al passo che ci viene richiesto. Ulteriori correzioni sono possibili in teoria, ma impossibili in pratica: i vincoli sono strettamente economici, in primo luogo, e politici, in secondo luogo.
Cioè?
Il sistema economico semplicemente non regge il passo, siamo già ai limiti della sostenibilità. I numeri sono numeri. Io mi trovo ogni giorno a decidere se pagare gli ospedali o dire di sì alle richieste dell'Europa, o meglio, della Troika. Abbiamo cercato in diversi casi di negoziare condizioni più realistiche di restituzione del debito, ma l'atteggiamento dell'Europa è, al momento, “take it or leave it”, prendere o lasciare. Da un altro punto di vista, le imprese soffrono altrettanto questa situazione. Ovviamente, non le grandi, che in Grecia sono sostanzialmente sane. Sono invece le piccole e le medie imprese che in questo momento sono strangolate, a causa della particolare interazione di banche e politica.
In che senso?
Nell'ultimo anno, un numero altissimo di piccole e medie imprese ha chiuso, perché si sono viste rifiutare il credito dalle banche. E questo non perché le banche non vogliano, ma perché semplicemente non hanno liquidità. Questa dipende essenzialmente dai prestiti di Fmi, Bce e Ue al ministero delle Finanze. Il governo però ha difficoltà di procedere alla ricapitalizzazione delle banche, a causa dei suoi fortissimi legami con interessi privati, in questo caso con i grandi banchieri. E sono i proprietari delle banche e gli azionisti più grandi, non i piccoli e i medi, ad essere favoriti in questo processo, mentre le conseguenze più gravi ricadono sulle piccole e medie imprese. Quindi il mercato manca di liquidità, e si ritorna ai problemi delle imprese, che non riescono ad ottenere il credito che le terrebbe in vita. Comprimendosi così il Pil, è impensabile venire incontro ad ulteriori richieste di austerità fiscale. Inoltre, con il recente taglio al valore nominale dei bond ellenici il buon funzionamento del sistema è impossibile. In questo senso, la nostra situazione è vicina in primo luogo a Portogallo e Irlanda, e ora alla Spagna, che ha addirittura un tasso di disoccupazione più alto del nostro. L'Italia viene dopo. Ma le proporzioni del problema rispetto alle dimensioni del Paese, e soprattutto il legame della politica con pochi grandi banchieri, sono una particolarità tutta nostra.
Ma, se le cose stanno così, lei che posizione prende nei confronti del memorandum?
Ah, io sono un grande sostenitore del memorandum, che, nelle intenzioni, avrebbe un contenuto positivo per la Grecia. Come ho detto, in un certo senso abbiamo fatto grandi passi avanti perché la politica è stata costretta ad accettare vincoli imposti dall'esterno. Anzi, sono solito dire che, se non l'avessimo, il memorandum andrebbe inventato. Il problema è che esso, nella forma presente, non può più funzionare. Avremmo quindi bisogno che fosse ripensato in una nuova versione, cioè riscritto secondo criteri di maggiore flessibilità, e con vincoli temporali più larghi. Al momento, e lo si può vedere dai recenti dati economici, non siamo più in grado di venire incontro a ciò che, di mese in mese, esso ci richiede.
Cosa vede quindi per il prossimo futuro? (Domenica si vota, ndr)
Per il futuro, spererei in nuove condizioni più flessibili, e alla portata del nostro sistema. Ma questo non vuol dire che io veda questo cambio di passo probabile. Sia per come sono gli attuali equilibri europei, sia per la debolezza di chi con l'Europa deve negoziare, cioè il governo. Dall'altro lato, fino a che punto sono le attuali forze politiche disposte ad imporre il rispetto ei termini del presente memorandum? Quanto onesti sono disposti ad essere i nostri politici? Da quello che ho visto in campagna elettorale, questa onestà non c'è stata, da nessuna parte. Nessuno ha il coraggio politico di rischiare un discorso onesto con il popolo greco, di dire chiaramente i numeri, e indicare quanto lunga sia ancora la strada da percorrere. Come diceva Mitterrand, le politiche sono quelle che di cui la politica non parla.
E quindi?
Mi trovo nella scomoda posizione di prevedere che, stando così le cose, non abbiamo chances di sopravvivere come membri della zona euro.
Mi sta dicendo che non vede possibilità di un cambio di rotta nelle politiche economiche dell'Unione Europea? Vuole in questo senso commentare le recenti dimissioni di Juncker dall'Eurogruppo?
Alla prima domanda, rispondo che, dagli elementi che abbiamo, questo mi sembra improbabile al momento attuale. Per quanto riguarda Juncker, lo conosco personalmente, e mi sento di dire che probabilmente egli ha lasciato perché si è sentito non più abbastanza influente, o almeno non come in passato. È sempre stato molto equilibrato (veniva piuttosto dalla generazione politica di Mitterrand e Kohl) e le sue posizioni sono sempre state nell'interesse della Grecia. Credo quindi che egli abbia davvero lasciato per rassegnazione. Credo inoltre che sia un passo indietro per l'Europa, poiché Juncker era un pilastro del decision making europeo e mi sembra difficile che sia sostituito adeguatamente.
Cosa dovrebbe succedere, secondo lei, alle elezioni di domenica?
Davvero non lo so, e davvero temo molto il futuro. La politica, ciò che dice, è lontana anni luce dalla realtà, e le promesse sentite in campagna elettorale non sono in nessun caso realistiche. Avrei voluto sentire qualcuno dei due grandi partiti parlare un linguaggio nuovo, più franco e più autorevole, in grado di gestire le negoziazioni con l'Europa. Ora, abbiamo, e probabilmente avremo, da un lato, uno squilibrio permanente tra i diversi partiti di sinistra e quelli di destra, che in entrambi i casi urlano posizioni indifendibili e soprattutto economicamente non sostenibili. Dall'altro, abbiamo i due grandi partiti, Pasok e Nea Demokratia, che hanno eroso i loro consensi, dimostrando al contempo di non saper fare il "lavoro sporco", cioè compiere le scelte più difficili. Infine, i due partiti sono finiti in un vortice indecoroso di corruzione. Avremmo bisogno di Harry Potter, con tanto di bacchetta magica, ma non abbiamo alcuna idea di chi potrebbe assumerne il ruolo.
L'impressione che si riporta da questo colloquio è che la Grecia si trovi in un vicolo cieco. Vassilis afferma che non si può pensare di riaggiustare un disastro trentennale in ventiquattro mesi, e al tempo stesso credere che il paziente si alzi subito in piedi con un sorriso di gratitudine. Se alla Grecia si continuano a richiedere gli attuali aggiustamenti sociali e fiscali al passo che vorrebbe la Troika, si finirà per tornare alla dracma
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