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beh direi che la direzione è segnata, chissà che capacità di memoria ha quel cristallo :)



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MessaggioInviato: 14/10/2012, 01:38 
Se venne deciso di "confondere gli uomini" cancellando l'universalità del linguaggio da essi utilizzato, qualsiasi cosa esso rapresentasse, significa che la Torre di Babele rappresentava per gli "dei" un grosso pericolo. E' interessante allora osservare che, ancora una volta, l'evento narrato nella Bibbia viene riproposto in molte altre culture antiche.

Fonte: http://www.webtre.it/babele.html

Beroso, il sacerdote caldeo, affermò che a Babilonia vi erano testimonianze scritte conservate con la massima cura che comprendevano un periodo di quindici miriadi di anni (150.000 anni). Questi scritti contenevano la storia dei cieli e del mare, della nascita del genere umano, anche di chi aveva regole superiori, e delle gesta compiute da loro.

Immagine

Questo frammento preservato da Alessandro Polistoro che rivela la fantastica antichità di Babilonia è parallelo al «Timeo» di Platone, Libro Primo, che cita Giamblico mentre dice che gli Assiri non solo avevano conservato i memoriali di sette e venti miriadi di anni (270.000 anni), come aveva detto Ipparco, ma anche di sette epoche precedenti. Non c'è nessuna prova autonoma che Abramo sia vissuto ma gli studiosi ebrei presumono che egli sia nato a Ur verso il 2000 a.C; secondo le tradizioni dei rabbini il patriarca osservò la costruzione della torre di Babele, quindi datano la sua costruzione intorno al ventesimo secolo a.C, ma la cronologia della Genesi è così congetturale che la torre, sempre che sia stata mai costruita, avrebbe dovuto e-sistere già molto tempo prima.
L'erudito Beroso evidentemente credeva che la torre di Babele fosse stata costruita da giganti epoche prima. Eusebius e Syncellus citano parte della perduta «Babyloniaca».

«Dicono che i primi abitanti della Terra, che si gloriavano della propria forza e della loro statura e disprezzavano gli Dei, stabilirono di innalzare una torre la cui cima avrebbe dovuto toccare il cielo, nel luogo in cui ora sta Babilonia, ma quando essa cominciò ad avvicinarsi al cielo i venti vennero in aiuto degli Dei e rovesciarono l'opera sui suoi progettisti, e si dice che le sue rovine si trovino a Babilonia; e gli Dei introdussero una diversità di lingue tra gli uomini, che fino a quel tempo avevano tutti parlato il medesimo linguaggio; e una guerra scoppiò tra Crono e Titano, ma il luogo in cui essi costruirono la torre è oggi chiamato Babilonia, a causa della confusione delle lingue, perché gli ebrei chiamano la confusione Babel».

La somiglianza tra il brano della Genesi e la storia di Beroso suggerisce un'origine comune dalla stessa fonte più antica da lungo tempo perduta; nessuna conferma si trova negli annali di Babilonia né su quelle migliaia di tavole nella grande Biblioteca di Assurbanipal a Ninive, come se una simile torre non fosse altro che una fantasia.Na-bupolassar, padre di Nabucodònosor, nel sesto secolo a.C, asserì che Marduk gli diede ordine di costruire la torre di Babele che era stata indebolita dal tempo ed era caduta in rovina, se questa fosse effettivamente la famosa torre di Nemrod nessuno lo sa.

La torre di Babele non era unica; nello Zambia i Barotse dicono che i loro antenati ammucchiarono alberi su alberi per dare la scalata al cielo, la torre crollò uccidendo la maggior parte dei costruttori; nel Congo gli uomini cercarono di arrampicarsi su pali fino alla Luna. La tribù Dinka del Sudan orientale crede che molto tempo fa la gente salisse e scendesse dalla Luna con una corda; i Mulunga si servivano d'una ragnatela.

In America gli indiani Quilayute ricordavano un tempo quando i Prodi avevano fatto una scala di frecce dalla Terra al cielo; gli Sachomish respinsero il cielo con dei lunghi pali; i Queets presero d'assalto le regioni celesti salendo su una scala di frecce per salvare due fanciulle rapite dagli Dei. Il «Codex Chimapopoca» dice come Nata, il Noe del Messico, e la moglie si salvarono dal diluvio e aggiunge «dopo il Diluvio che distrusse il mondo primordiale, restarono in vita sette giganti. Uno di loro, Xelhua, costruì la grande piramide di Cholula per raggiungere il Paradiso ma gli Dei fecero scempio del linguaggio dei costruttori». I norvegesi, come gli indiani del sud America, i babilonesi, gli egiziani, i greci e gli eschimesi, credevano in un Albero del Mondo che sosteneva il cielo, da cui ebbe origine il maio inglese (palo ornato di nastri e fiori attorno al quale i giovani danzano nelle feste di calendimaggio. N.d.T.); questo è un chiaro riferimento alla torre di Babele ed all'assalto dei giganti al Paradiso.

Beroso associò la distruzione della torre di Babele al conflitto tra Crono e i Titani menzionati nella mitologia greca. Il presente scrittore negli altri suoi volumi ha analizzato le letterature e le leggende dell'India, del Tibet, della Cina, del Giappone, dell'Egitto, di Babilonia, della Grecia, di Roma, della Scandinavia, della Britannia, dell'Africa, del nord e del sud America, del Messico, del Perù e dell'Oceania dei tempi antichi. Le tradizioni di ogni paese raccontano con sorprendente conformità la stessa storia di un'Età d'Oro in cui governavano gli Dei, e della successiva ribellione dei giganti in una guerra condotta con armi fantastiche seguita da cataclismi che frantumarono quella civiltà e sparsero i sopravvissuti per tutta la Terra.

I fanatici della fantascienza possono immaginare la torre di Babele come una slanciata colonna sormontata da qualche potente raggio laser per distruggere le cosmonavi ostili, una fantasticheria forse improbabile ma non del tutto impossibile dato che gli antichi utilizzavano a quanto pare forze psico-elettriche ancora sconosciute a noi. Può darsi che la torre fosse solo un simbolo del legame che univa il cielo alla Terra. Qualunque sia la verità, non sembra molto dubbio che nelle e-poche remote una grande civiltà soffrì la distruzione dai cieli.

Alcuni studiosi moderni pensano che «due distinte tradizioni giacciono sotto le forme attuali del mito, una che si riferisce alla costruzione di una città, Babel, e all'origine della diversità dei linguaggi; l'altra intorno alla costruzione di una torre e alla dispersione della gente per la Terra; queste due sono state in un tempo successivo intrecciate da Yahwist in uno stesso racconto, o erano già state unificate nella fonte di cui si serviva, fosse scritta o orale».

Dopo quasi tremila anni il greco classico di Omero è facilmente frainteso nella moderna Atene, estese epoche devono esser sicuramente trascorse perché l'originale lingua mondiale si sviluppasse nelle centinaia di lingue parlate oggi, molto prima che Abramo e Nemrod venissero in conflitto per la torre di Babele. L'interpretazione biblica di «Babele» come derivazione dell'ebreo «babel», «confondere», è oggi ritenuta errata; una più verosimile derivazione appare quella dell'Accade «Bab-Ili» che significava «Porta di Dio».

Una volta ritenuto Birs Nimrud a Borsippa, il luogo su cui s'ergeva la torre si pensa che sia una fossa nel terreno nell'attuale Es-sahen, all'interno del nucleo originario della città. Gli esuli ebrei, trasportati a Babilonia da Nabucodònosor, devono essere rimasti impressionati dalla possente torre chiamata in sumero «Etemenenanki» («Casa della Fondazione del Cielo e della Terra»), la base di questo «ziggurat» era di circa 88 metri per lato, l'altezza totale della torre e del grande tempio di Marduk che lo sormontava era della stessa misura. I cinquantotto milioni di mattoni occorsi per la costruzione della torre richiamano le piramidi dell'Egitto e del Messico; questo possente «ziggurat», che aveva sconvolto tanto Erodoto, era popolarmente chiamato la torre di Babele (239).

Immagine

È persino più significativo che la torre di Babele rappresentasse il secolare credo che «Dio» fosse sceso dal cielo per vederla e distruggerla, dimostrando così che la gente considerava il «Signore» non come uno Spirito intangibile ma come un Super-Uomo, un extraterrestre.



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MessaggioInviato: 14/10/2012, 05:15 
A me tutte queste "leggende" sulla torre hanno fatto venire in mente una tecnologia semi fantascientifica e cioè l'ascensore spaziale :)

http://it.m.wikipedia.org/wiki/Ascensore_spaziale



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MessaggioInviato: 20/12/2012, 17:00 
Due studiosi italiani scoprono la lingua universale prima della torre di Babele.

Secondo i due studiosi sembrerebbe che un’antica mano informatrice abbia inserito nel D.N.A. della nostra civiltà un linguaggio astronomico.

La scoperta, apre le porte delle antiche conoscenze e i monumenti del sito di Giza, decodificati alla luce del codice, segnalano un messaggio millenario partito da una civiltà, non storicamente riconosciuta dalla scienza ufficiale, vissuta la bellezza di 13 millenni or sono.

Sicuramente parlare di un messaggio partito la bellezza di 13000 anni fa e indirizzato agli esseri umani del 2000 d.c. ,può far sorridere più di uno studioso, ma le riprove che gli studiosi hanno trovato sono al di sopra di qualsiasi sospetto.

Una volta padroni del codice, ci si accorge che il messaggio millenario è stato inserito nel D.N.A. della nostra civiltà: si trova in tutte le mitologie antiche, in tutte le forme religiose e in tutte le tradizioni tramandate dal passato.

"Il codice degli dei" si prefigge lo scopo di dimostrare senza tema di smentite che la lingua unica prima della famosa torre di Babele era astronomica e che la comprensione di questo "linguaggio" ci porterà a risolvere il più grande segreto celato alla nostra civiltà, la sua vera origine.

Riporto qui di seguito l’articolo dello scopritore del codice: Giorgio Terzoli.

Premessa
Partendo dagli studi del professor De Santillana , ho scoperto un codice astronomico precessionale tramite il quale si esprimevano tutte le culture antiche. Per onor di merito è giusto dividere questa scoperta in due parti ben distinte ,la prima che chiameremo codice De Santillana_Von Dechend ("Il Mulino di Amleto"), intuita dagli studiosi nel 1969 e la seconda, che ho definito codice Terzo (dal nome del sottoscritto Giorgio Terzoli).

ll codice de Santillana- von Dechend
Giorgio de Santillana nacque a Roma nel 1901. Nel 1938 dovette abbandonare l’Italia in seguito a leggi razziali, in quanto ebreo e da allora visse negli Stati Uniti ,dove insegnò per lungo tempo al Massachusset Institute of Tecnology.
La sua splendida opera "Il mulino di Amleto", pubblicata negli Stati uniti nel 1969, fu il frutto di un lungo lavoro in collaborazione con la professoressa Herta von Dechend, la quale insegnò per molti anni all’università di Francoforte.

De Santillana e la Von dechend, mettendo in correlazione un numero infinito di miti che arrivavano dal nostro profondo passato, scoprirono una serie di elementi a dir poco incredibili: tutta la mitologia antica aveva gli stessi argomenti ,gli stessi personaggi (anche se con nomi diversi ma riconoscibili), gli stessi arredi scenici e gli stessi numeri, che apparivano quasi per magia in ogni tema mitologico. Motivi ricorrenti si riscontravano in Cina, in Arabia o in Egitto, a dispetto dei luoghi o dei tempi.

I miti o le tradizioni che arrivavano da tutte le ere e dai posti geografici più impensati ,quali miti amerindi, cinesi ,greci ,egiziani ,indiani , polinesiani ,sumeri ,ittiti ,scandinavi, germanici ecc contenevano gli stessi personaggi ,gli stessi arredi scenici ,le stesse trame e gli stessi numeri.

Dopo accurati studi i due professori ,seppure con un certo imbarazzo scientifico, riconobbero nei numeri in questione i dati per calcolare la precessione degli equinozi .L’imbarazzo scientifico crebbe a dismisura quando i due studiosi furono costretti ,dall’evidenza dei fatti ,a dichiarare che nella lingua comune del mito erano congelati elementi di alta astronomia.

I miti non solo descrivono esperienze comuni, ma lo fanno utilizzando lo stesso linguaggio simbolico comune ,gli stessi personaggi riconoscibili e gli stessi motivi letterali.

Secondo i due studiosi sembrerebbe che un’antica mano informatrice abbia inserito nel D.N.A. della nostra civiltà questi concetti.

I valori per calcolare con precisione la precessione degli equinozi ,sotto forma di numeri specifici si possono trovare nelle più antiche tradizioni umane.

La prova schiacciante della loro magnifica intuizione si trova nei numeri per calcolare la precessione degli equinozi ,i quali appaiono in ogni antica tradizione o in qualsiasi mito.

Considerando che l’origine della mitologia si perde nella notte dei tempi ,lo stesso de Santillana afferma che nel 4000 a.c. all’inizio della nostra storia ,erano già barcollanti per l’età ,la scoperta prendeva carattere di eccezionalità. Se prendiamo in esame che la scienza ufficiale farebbe risalire la scoperta della precessione degli equinozi al primo secolo a.c., da parte di un astronomo greco Ipparco ,la scoperta dei due studiosi potrebbe da sola costringerci a riprendere in serio esame buona parte della storia conosciuta.

Gli equinozi sono i due momenti dell’anno in cui il giorno e la notte hanno eguale durata su tutto il pianeta. L’equinozio di primavera cade il 20 marzo ,mentre quello d’autunno il 22 settembre.

Per effetto della precessione degli equinozi ,il punto vernale o punto gamma o equinozio viene raggiunto ogni anno con qualche frazione di anticipo ,con il risultato che il sole molto lentamente si sposta attraverso tutte e dodici le costellazioni dello zodiaco.

Egli impiega circa 2160 anni per attraversare ogni singola costellazione e compie un intero giro in circa 25.920 anni.

I NUMERI PRECESSIONALI INDIVIDUATI DAI DUE STUDIOSI
72 = UN GRADO PRECESSIONALE
144 = DUE GRADI PRECESSIONALI
2.160 = TRENTA GRADI PRECESSIONALI (UN’INTERA COSTELLAZIONE ZODIACALE)
4320 = SESSANTA GRADI PRECESSIONALI (DUE COSTELLAZIONE PRECESSIONALI)
25920 = TRECENTOSESSANTA GRADI PRECESSIONALI EQUIVALENTI A UN’INTERO CICLO.

I MITI ASTRONOMICI
In relazione a questa scoperta si può azzardare che l’intera mitologia non era basata su racconti veri o presunti di personaggi straordinari e valorosi, ma ci parla in termini astronomici sulle traiettorie dei pianeti e del grande ciclo della precessione degli equinozi ,il quale cambia inesorabilmente il cielo e in particolar modo la posizione del Sole ,il giorno dell’equinozio ,all’interno di una delle dodici costellazioni zodiacali.

IL CODICE TERZO
Elaborando il codice scoperto dai due professori sono riuscito a trovare altri elementi comuni presenti in tutta la mitologia ,tramite i quali possiamo decifrare con senso logico e compiuto il significato della maggior parte dei testi mitologici.

IL 12 associato a qualcosa di circolare.
Tutti i 12 mitologici, affiancati ad un concetto circolare, corrispondono alle dodici costellazioni zodiacali che la precessione incontra nel suo lento incedere.
I 12 cavalieri della tavola rotonda ,i 12 apostoli ,i 12 saggi ,le 12 montagne ,i 12 piatti ,le 12 tribù ecc.

L’orologio cosmico
La precessione degli equinozi determina un grande orologio cosmico comprendente ore od ere precessionali di ben 2160 anni infatti, l’equinozio di primavera staziona circa 2160 anni in una costellazione zodiacale. Sapendo che ora siamo alla fine dell’era astronomica dei pesci possiamo stabilire con una certa sicurezza le epoche o le ore precessionali.

Gli animali mitologici.
Gli animali presenti nella mitologia simboleggiano le costellazioni zodiacali e nella maggior parte dei casi sono il riferimento diretto alla costellazione che, nell’epoca specifica, portava l’equinozio di primavera.

Gli dei correlati al sole.
Gli dei correlati al sole fanno sempre riferimento all’era precessionale in questione.
Nella tomba astronomica di Senemmut abbiamo la possibilità di osservare Horus (il dio solare egiziano) con una lunga asta in mano che indica con precisione dove si trovava il sole precessionale all’epoca in questione ,all’incirca alla metà della costellazione del Toro. (data che corrisponde al nostro 2450 a.c. esattamente la data attribuita dalla scienza ufficiale alla tomba)

Il dio solare Sumero-Ittita ,Tesup o Teschub ,lo si rappresentava sotto forma di Toro. Abbiamo in questo chiarificante esempio la dimostrazione che gli Ittiti identificavano la loro divinità solare con la costellazione che ospitava il sole al momento dell’equinozio di primavera (la costellazione del Toro).

I sumeri comparvero in mesopotamia nel Quarto millennio A.C. ( all’inizio dell’era precessionale del Toro ) ed infatti la divinità solare sumera viene dipinta sopra a un Toro simbolico che rappresenta l’omonima costellazione.

Utilizzando l’orologio precessionale la figura sumera ci indica anche che il sole si trovava all'inizio dell’era astronomica del Toro (4320 a.c. ) infatti ,la divinità è sulla parte iniziale della costellazione del Toro ,le corna ,indicandone l’inizio.

GLI EROI E LE PROVE PER DIVENTARE TALI
Analizzando la mitologia ho riscontrato che le fatiche e le terribili prove che la figura dell’eroe deve affrontare sono simboliche ed astronomiche. Ercole ,Giasone ,Ulisse e Teseo sono la stessa figura dell’uomo che per diventare eroe deve compiere un percorso pieno di pericoli e di prove alquanto bizzarre.

Se analizziamo che Ercole deve uccidere il Leone celeste ,Ulisse deve seguire le stelle di Orione e Giasone e Teseo affrontare un terribile Toro, oserei dire che siamo costretti ad ammettere che le prove degli Eroi sono costellate da prove precessionali.

La lingua universale prima della nostra Storia.
Si è sempre ricercata la lingua universale che si parlava tra i popoli prima del diluvio universale e per molto tempo si è creduto che questa fosse una scrittura comune a tutte le popolazioni, un idioma comune ,una sorta del nostro inglese commerciale.

Oggi abbiamo la possibilità di dimostrare che prima della scrittura era presente un gergo astronomico precessionale, comune a tutte le culture storiche e preistoriche. Possiamo affermare che prima della nostra storia esistevano conoscenze astronomiche e scientifiche e che tale sapienza veniva utilizzata in convenzioni mitologiche per esprimerle.

Non potrebbe essere la scoperta di questo codice, la più grande scoperta archeologica?

http://xoomer.virgilio.it/silvano/misteri219.html



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MessaggioInviato: 08/05/2013, 01:18 
Uno spunto di riflessione emerso durante uno dei periodici incontri con amici durante i quali si discute di tematiche "misteriose" - ovvero che la "lingua universale" del tempo di Babele potesse essere in qualche modo connesso alla TELEPATIA, ossia a una comunicazione per immagini ove il 'verbo', il linguaggio verbale meccanico sonoro fosse superato da immagini mentali direttamente disegnate nel cervello del ricevente.

Un articolo a supporto tratto da http://www.fosfeni.com/z_telepatia.html

TELEPATIA

Scienza o fantascienza, la telepatia affascina e fa scorrere molto inchiostro. Alcuni ricercatori, come il professor RHINE, hanno accumulato una quantità di statistiche che non hanno mai provato alcunché. La telepatia rimane quindi relegata a studi marginali in alcuni centri di parapsicologia.

Ciononostante, le scoperte in fisiologia cerebrale del Dottor Francis LEFEBURE, medico e ricercatore francese, permettono di capire meglio questi fenomeni e i meccanismi che li producono. Le sue scoperte sono fondate sull'utilizzo sistematico dei fosfeni. I fosfeni sono tutte le sensazioni luminose soggettive, cioè quelle che non sono direttamente provocate dalla luce che stimola la retina. I fosfeni mettono in evidenza il funzionamento ritmico del cervello e l'esistenza di ritmi cerebrali che possono essere sviluppati e mantenuti dalla pratica di esercizi di pensiero ritmato. Il ritmo struttura il pensiero e gli dà una potenza particolare, migliorando l'attenzione, la concentrazione, la memoria, lo spirito d'iniziativa e la creatività. Ma nel corso delle loro ricerche, il Dr LEFEBURE e i suoi collaboratori si sono resi conto che i fosfeni e il pensiero ritmato sono facilmente trasmissibili per telepatia.

ESPERIENZE DI TRASMISSIONE TELEPATICA DEI FOSFENI

"La trasmissibilità telepatica dei fosfeni è molto grande, senza paragone possibile con quella dei pensieri, nelle ordinarie condizioni di sperimentazione.

Se si fissa un cerchio rosso su un muro bianco e poi lo si toglie, si vedrà comparire un cerchio verde, colore complementare, che è anche un fosfene. M. Delay, sperimentando con dei dischi di colori differenti fissati in successione dal soggetto emettitore, si è accorto che un soggetto vicino, con gli occhi bendati, percepiva un fosfene, non durante la fissazione del disco da parte del soggetto emettitore, ma durante la sua percezione del colore complementare, e che il fosfene del soggetto recettore aveva il colore del fosfene del soggetto emettitore e non quello del disco.
E' durante questa esperienza che si è accorto che questa trasmissione non obbediva alle leggi abitualmente ammesse per la telepatia. Questa è funzione della distanza e anche della posizione relativa dei due soggetti. Il soggetto recettore riceve tanto meglio quanto più è vicino all'emettitore e si trova di fronte a lui.

Si possono provocare all'interno dei fosfeni dei ritmi che sono loro propri. Ad esempio, illuminando gli occhi con due lampade disposte in modo che ciascun occhio non veda che una sola di esse e illuminando in modo alternato al ritmo di due secondi.

Se l'illuminamento avviene a questo ritmo, i due fosfeni consecutivi, anziché coesistere, si alternano, ma non al ritmo dell'illuminamento, bensì con un ritmo proprio del soggetto, con una media di otto secondi per lato per tre minuti.

Questo ritmo d'altra parte dà molte informazioni sullo stato del cervello e sull'influenza che farmaci e regimi alimentari possono avere su di esso.

Ma quello che ci interessa qui è che nel corso delle esperienze di telepatia è stata provocata questa alternanza in un soggetto. Un altro soggetto, in una stanza vicina, per quanto non preavvertito del tipo di fosfene che gli si voleva trasmettere, percepiva due fosfeni che si alternavano al ritmo del soggetto emettitore, e ancora più nettamente di lui (esperienza di Raoul Violay).
Ma se non ci si vuole lanciare in esperienze di questa complessità, si osserverà che se si ha un fosfene consecutivo ad un illuminamento, è abbastanza facile provocare un fosfene in una persona vicino a voi che non ha fissato sorgenti luminose. In più, se l'attenzione è stata attirata sulla grandissima trasmissibilità telepatica dei fosfeni, si noteranno nella vita di tutti i giorni dei casi spontanei che, solitamente, passano inosservati."

Estratto di Fosfenismo, nuova spiegazione dell'origine delle religioni.

La telepatia fosfenica, o telepatia iniziatica, si definisce in modo diverso dall'idea solita che ci si fa della telepatia. Le ricerche del Dr LEFEBURE hanno provato che se si sviluppa in sé il pensiero ritmato è facile trasmetterlo ad altri. Con telepatia fosfenica intendiamo quindi dire: "trasmissione del pensiero ritmato".

Il pensiero ritmato indotto in un'altra persona andrà a provocare un pensiero che non corrisponderà necessariamente al movimento emesso. La percezione di questo movimento può effettuarsi in diverse maniere: può avvenire attraverso immagini (ad esempio l'immagine di una discesa di sci, della salita di un palloncino, la visione del pendolo di un orologio, etc.), oppure attraverso sensazioni cenestesiche (impressione di essere su una barca, etc.), o ancora attraverso queste due forme di percezione simultaneamente.

ESPERIENZE DI TELEPATIA FOSFENICA

Per questa esperienza, definiremo un soggetto emettitore ed un soggetto recettore. Essi possono piazzarsi uno dietro l'altro (con l'emettitore dietro), oppure faccia a faccia. L'emettitore fa un fosfene, lo proietta sul recettore e induce un pensiero ritmato sotto forma di un punto luminoso in movimento. Per cominciare, si può animare il punto luminoso con un movimento laterale di bilanciere. Il ritmo preferenziale da utilizzare è il ritmo di due secondi: un secondo per l'andata, un secondo per il ritorno. Si può utilizzare un metronomo per lavorare ad un ritmo ben preciso. La persona che riceve chiude gli occhi e rimane attenta alle sensazioni e alle immagini che possono comparire, in particolare a quelle di natura ritmica.

Il pensiero ritmato indotto agisce in profondità e aiuterà a sbloccare certe capacità. Questo è ciò che spiega come certi personaggi che possiedono un'altissima spiritualità possano con questo genere di tecniche innescare in altri dei fenomeni spirituali elevati. E' qui l'autentico senso dell'Iniziazione: innescare delle energie che permetteranno di realizzare e di esprimere le facoltà verso le quali tende l'individuo.

Le implicazioni della telepatia fosfenica sono in effetti molto profonde perché essa crea una relazione che coinvolge i sentimenti. Questa forma di telepatia è molto più ricca del semplice invio di cifre e di forme. Entra in gioco una comprensione più completa di un altro individuo attraverso i sentimenti che si ricevono, il che supera di gran lunga il linguaggio superficiale attraverso il quale ci esprimiamo e che spesso non ci permette di descrivere certe sensazioni, tanto è limitato. E' possibile che la telepatia fosfenica sia la «lingua comune perduta» menzionata in certe leggende, come ad esempio nella famosa storia della torre di Babele dell'Antico Testamento.

http://www.fosfeni.com/z_telepatia.html

Aspetto i vostri commenti al riguardo!

[;)]



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Non lo so, è plausibile che ci si riferisse a ciò a mio parere se tale capacità fosse garantita da un supporto tecnologico che quindi si può disattivare o rendere inutilizzabile (sottraendo la fonte di energia) non credo che si possa pensare che sia stata tolta a tutti gli uomini la capacità di comunicare telepaticamente, anche perchè se abbiamo perso questa capacità è stato sicuramente qualche milione di anni fa visto che il nostro organismo ha subito enormi modifiche strutturali anche molto fini nel corso del tempo per sviluppare gli apparati atti all'uso della parola anche in maniera complessa, nonché tutti i processi mentali che si sono dovuti attuare per creare un linguaggio coerente.

Onestamente questa è l'ipotesi che mi convince meno, anche perchè fondamentalmente la telepatia non è un linguaggio a se stante ma "solo" un mezzo attraverso il quale si possono trasferire informazioni :)


Ultima modifica di MaxpoweR il 10/05/2013, 20:06, modificato 1 volta in totale.


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Non hai tutti i torti, ma ai tempi potrebbe essere stato sviluppato un tipo speciale di retro-virus in grado di portare quella mutazione genetica necessaria a inibire la capacità telepatica dei nostri antenati in un tempo immediatamente dopo il diluvio universale.

Magari questa capacità era ristretta a un gruppo limitato dei nostri antenati... un ceppo genetico 'speciale' (vedasi il gruppo sanguigno zero RH- tanto per capirci meglio)

[;)]



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il racconto però -e questa è una mia impressione- sembra mostrare la quasi istantaneità tra il crollo della "torre" e la perdita del linguaggio universale;

l'azione di un retro virus inibitore penso avrebbe comportato tempi più lunghi per la sua attuazione, non penso possa associare ad un evento del genere il senso di "velocità" che invece traspare (secondo me ovviamente); si fosse trattato di un evento "virale" e quindi meno "esplosivo" (anche volendo presumere che il virus fosse già pronto ed inoculato in una modesta parte della popolazione) anche il modo di tramandare l'evento avrebbe dovuto trasmettere la perdita strisciante della capacità invece che pressoché istantanea:)



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Cita:
MaxpoweR ha scritto:

il racconto però -e questa è una mia impressione- sembra mostrare la quasi istantaneità tra il crollo della "torre" e la perdita del linguaggio universale;


Non dimentichiamo pero' che gli antichi avevano una percezione del tempo molto differente dalla nostra.



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MessaggioInviato: 11/05/2013, 01:30 
Cita:
zakmck ha scritto:

Cita:
MaxpoweR ha scritto:

il racconto però -e questa è una mia impressione- sembra mostrare la quasi istantaneità tra il crollo della "torre" e la perdita del linguaggio universale;


Non dimentichiamo pero' che gli antichi avevano una percezione del tempo molto differente dalla nostra.


Quoto zakmck e aggiungo che l'apparente istantaneità dell'evento potrebbe essere un semplice "artificio letterario" con il quale si desidera enfatizzare esclusivamente la relazione causa-effetto e non la distanza temporale tra causa ed effetto.



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MessaggioInviato: 11/05/2013, 02:37 
Certo, la mia era una sensazione, ma come ho già detto delle varie ipotesi questa mi sembra la meno probabile, appare un pò forzata, ma è una opinione e come tale lascia il tempo che trova :)



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MessaggioInviato: 12/05/2013, 23:30 
La lingua più vecchia del mondo - Scoperte le 23 parole comuni a sette famiglie linguistiche. Risalgono a 15 mila anni fa. Sono i verbi e i nomi più usati.

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La lingua più antica del mondo risale a 15 mila anni fa e, nella preistoria, contava almeno 23 parole ancora esistenti.

Dall'Europa all'Asia gli scienziati dell'University di Reading, in Inghilterra, hanno viaggiato nel tempo e nello spazio, fino a raggiungere il cuore di un ceppo linguistico comune che si perde nella notte dei millenni.

Inclusa quella indoeuropea, la lunga ricerca ha scandagliato sette famiglie linguistiche del Continente euroasiatico, risalendo a un nucleo di 23 radici comuni: a tutti gli effetti, l'Abc della proto-lingua che, in pieno paleolitico, regolava la comunicazione di base.

L'ABC DELLA PROTOLINGUA. Nel vocabolario degli antenati c'era innanzitutto la parola «madre». Ma anche «maschio», «io», «tu», «noi», «vecchio», «mano» e «non».

Verbi di azioni frequenti come «dare», «sentire», «tirare» e anche «sputare».

Infine i nomi di piante, animali, persino colori e rituali che scandivano lo scorrere della vita quotidiana. «Fuoco», per esempio, è un concetto ricorrente in tutte le famiglie linguistiche. Al pari di «frassino» (stessa radice di «cenere»), «corteccia», «buio» e «verme».
La proto-lingua scoperta dall'informatica

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La mappa delle famiglie linguistiche del mondo.

Le radici della proto-lingua sono state ottenute rintracciando le corrispondenze tra i 200 vocaboli più usati nelle sette famiglie linguistiche studiate. Un campione di migliaia di parole, incrociate nel grande database del programma Torre di Babele.

La scoperta di Mark Pagel - biologo evoluzionista a capo del laboratorio di processing informatico che ha generato la nuova superfamiglia linguistica, è significativa non solo perché ha accomunato gli idiomi indoeuropei (tra i quali le lingue romanze e germaniche) a quelli altaici (turco e mongolo), uralici (finlandese e ungherese) e di altre famiglie asiatiche prese in esame.

PRIME SCRITTE 5 MILA ANNI FA. Prima del team di Pagel, nessuna ricerca linguistica era mai riuscita a datare una lingua prima dei 10 mila anni di età.

Le prime tracce di scrittura dell'uomo risalgono invece a circa 5 mila anni fa. «Il latino viene indicato una lingua morta, invece è quasi l'ultimo nato», ha ironizzato lo scienziato inglese.

LA STATISTICA SUPERA LA STORIA. Per ricostruire l'evoluzione del linguaggio nei millenni, il gruppo di Reading non ha usato il metodo comparativo tipico dei glottologi, che prende fonti e documenti storici come cartina di tornasole per verificare le caratteristiche lessicali e grammaticali delle lingue estinte.

Ma, come per altre indagini passate, il laboratorio informatico ha adottato modelli statistici di estrazione dati, privilegiando i sistemi astratti alla ricerca sul campo.

La parole più usate appartengono a più famiglie

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La protolingua comune a sette famiglie risale a 15 mila anni fa.

La convinzione che le leggi matematiche possano individuare - come anche in campo medico e biologico - la genesi e i percorsi delle lingue umane si basano sulla scoperta, nel 2007, che alcune leggi biologiche sull'evoluzione valgono anche nella linguistica.

Quanto più, per esempio, una parola è usata nel linguaggio comune, tanto più raramente è destinata a cambiare nel corso degli anni. Lo stesso avviene per i geni più forti, portatori di informazioni ereditarie più caratterizzanti. Non è un caso che i verbi di base, necessari per comunicare, siano anche quelli conservano le declinazioni più irregolari, di struttura simile alle lingue antiche.

LA FORZA DELLE PAROLE COMUNI. Prima di selezionare il campione da incrociare al computer, Pagel e colleghi erano arrivati a concludere che le parole pronunciate più di una volta ogni 1.000 parole (in media, circa 16 volte al giorno) mutano così lentamente, da poter essere rintracciate in almeno due famiglie linguistiche diverse.

Come i corpi vivi, le lingue cambiano e si adattano all'ambiente. Ma la loro radice resiste e, come una matrice primordiale, custodisce i concetti essenziali del pensiero. Questa semplice legge della vita è la chiave, sembra, per la Babele delle lingue e della storia.

http://www.lettera43.it/cultura/la-ling ... 594304.htm



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MessaggioInviato: 13/05/2013, 04:05 
Cita:
Monogenesi [modifica]

Per approfondire, vedi Lingua primigenia.
La teoria dell'origine monogenetica è l'ipotesi per cui ci sarebbe stata una singola protolingua (la "lingua primigenia" o protolingua mondiale) dalla quale si sarebbero poi distinte tutte le lingue parlate dagli esseri umani. Tutta la popolazione umana, dagli aborigeni australiani ai fuegini, possiede delle lingue. Questo include popoli, come gli aborigeni tasmaniani o gli andamanesi, che sono rimasti isolati dagli altri popoli per anche 40.000 anni. Così l'ipotesi dell'origine poligenetica comporterebbe che le lingue moderne si siano evolute indipendentemente su tutti i continenti, un'idea considerata non plausibile dai sostenitori della monogenesi.[20][21]
Tutti gli esseri umani odierni discendono da una Eva mitocondriale, una donna che si ritiene vivesse in Africa circa 150.000 anni fa. Ciò ha sollevato la possibilità che la lingua primigenia possa essere datata approssimativamente in quel periodo.[22] Ci sono anche teorie su un effetto a collo di bottiglia sulla popolazione umana, soprattutto la teoria della catastrofe di Toba, la quale ipotizza che la popolazione umana ad un certo punto, 70.000 anni fa, si sia ridotta a 15.000 o 2.000 individui.[23] Se ciò avvenne realmente, un tale effetto a collo di bottiglia, sarebbe un eccellente candidato per il momento della protolingua mondiale, anche se ciò non implica che sia anche il momento in cui sia emerso il linguaggio parlato come capacità.
Alcuni sostenitori di tale ipotesi, come Merritt Ruhlen, hanno tentato di ricostruire la lingua primigenia. Ad ogni modo, la maggior parte dei linguisti rifiutano questi tentativi ed i metodi utilizzati (come la comparazione lessicale di massa) per varie ragioni.[24][25]

fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/Origine_della_lingua


Le due teorie sembrano cozzare però...



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MessaggioInviato: 26/06/2013, 18:18 
C'era davvero una lingua universale.. retaggio di quello che fu la civiltà atlantidea pre-diluviana..

Simboli che poi sono stati "riciclati" dai 'primitivi' e dalle prime civiltà urbane storicamente riconosciute.

Simboli di cui forse abbiamo perso e/o dimenticato il loro reale significato e potere.

Da un articolo di Yuri Leveratto...

L’origine dell’antica scrittura europea e le sue similitudini con gli arcaici segni ritrovati in Sud America

Una delle caratteristiche della civiltà, oltre all’utilizzo stabile dell’agricoltura, è l’invenzione della scrittura.

La differenza tra i pittogrammi, i petroglifi e la scrittura, è che mentre i primi due rappresentano esseri umani, animali o cose, con la scrittura l’uomo è riuscito a rappresentare in forma duratura delle idee, dei concetti.

La storia accademica associa l’avvento della prima civiltà ufficiale, quella dei Sumeri, con l’apparizione della scrittura, approssimativamente 30 secoli prima di Cristo.

Sono vari però i ritrovamenti d’arcaici sistemi di numerazione e antiche tavolette d’argilla, dove vi sono rappresentati segni, che potrebbero essere ancora più remote di quelle sumere.

Innanzitutto bisogna ricordare gli antichi sistemi di numerazione e annotazione, come l’osso di Ishango, ritrovato in Africa, l’osso di Blanchard o i segni incisi nell’osso d’aquila di Le Placard. Alcuni di questi sistemi di numerazione risalgono ad addirittura 30 millenni or sono, ma non possono essere considerati come forme di scrittura.

I glifi ritrovati nelle tavolette di Vinca e Tartaria invece sono riconosciuti come la prima forma di scrittura, antecedenti quindi a quelli dei Sumeri.

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Nel 1908 l’archeologo Miloje Vasic portò alla luce varie tavolette d’argilla con iscrizioni sconosciute nella località di Vinca, nelle vicinanze di Belgrado (Serbia). Con la prova del radiocarbonio le tavolette di Vinca sono state datate dal 2500 al 2000 a.C.

In seguito, nel 1961, l’archeologo Nicolae Vlassa scoprì tre tavolette d’argilla con iscrizioni antiche simili alla scrittura dei Sumeri, ma più arcaiche, nelle vicinanze del paesello di Tartaria, in Romania. La prova del radiocarbonio ha dato un risultato sorprendente: 3500 anni prima di Cristo, ovvero un millennio più antiche delle tavolette ritrovate nell’attuale Irak, classificabili all’interno della civiltà dei Sumeri.

I simboli delle tavolette d’argilla sono in generale astratti, con croci, svastiche o linee, ma a volte sono zoomorfi o antropomorfi.

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Alcuni segni richiamano a simboli neolitici che sono presenti anche negli ideogrammi cinesi, nel cuineiforme sumero e nei geroglifici egizi, e questo sembra essere spiegato con il fatto che quei simboli si originarono in epoche ancora più arcaiche, ed hanno forse a che fare con il sorgere del nostratico, l’antica proto-lingua (forse solo parlata), che si originò con l’avvento dell’Homo Sapiens.

La teoria dominante per spiegare i segni di Vinca e Tartaria, siccome non sono stati decifrati, è che fossero usati per motivi rituali e legati ai cicli agricoli. Secondo un’altra teoria i simboli Vinca e Tartaria erano usati per numerare, ossia per tenere il conto di particolari eventi, come i giorni delle fasi lunari o la consistenza del bestiame.

Secondo Maria Gimbutas (1921-1994), i creatori della scrittura Vinca e Tartaria erano i discendenti degli indo-europei, e dominarono i Balcani a partire dal 4000 a.C. con una società fondata sul culto della Dea-Madre.

Dopo aver analizzato le tavolette di Tartaria e Vinca risulta evidente che la scrittura sorse in Europa almeno un millennio prima rispetto al mondo medio-orientale e, cosa ancora più incredibile, senza apparente influenza asiatica.

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Vi sono poi i segni di Glozel (Francia), che hanno suscitato moltissime polemiche nell’ambito archeologico.

Il sito archeologico, che fu portato alla luce nel 1924 da Emile Fradin, è stato individuato come risalente al Neolitico.

Il centinaio di tavolette d’argilla ritrovate a Glozel, che riportano segni simili a quelli delle tavolette di Tartaria, sono state però datate come appartenenti ad un’epoca differente, situata tra il 300 B.C. e il 300 A.D. (periodo Celtico).

Secondo Pierre Carnac, nel suo libro “La storia comincia a Bimini”, le antiche tavolette d’argilla che riportano segni che richiamano ad un arcaico alfabeto, non decifrato a tutt’oggi, sarebbero state ritrovate anche a Alvao (Portogallo), Bunesti (Romania), Petra Frisgiada (Corsica), Puygravel (Francia), e nella catena montuosa dell’Atlante (Marocco).

Pierre Carnac fa poi delle comparazioni con alcuni segni (pittogrammi e petroglifi), ritrovati in alcuni siti archeologici del Sud America, che ho avuto la possibilità di studiare in questi anni.

In particolare Carnac si riferisce alla somiglianza dei glifi di Glozel con i petroglifi di San Agustin (Colombia) e con i pittogrammi della Pedra Pintada (Roraima, Brasile).

Sempre secondo Carnac nella Pedra Pintada vi sarebbero 43 segni dei 111 di Glozel.

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Carnac assimila anche i segni del Manoscritto 512 ai glifi di Glozel che a loro volta deriverebbero da quelli di Tartaria. Secondo lui almeno 20 segni del Manoscritto 512 sarebbero identici a quelli di Glozel.

Secondo Carnac, vi sono delle similitudini tra l’antica scrittura europea (Tartaria e Vinca), le tavolette di Glozel, e alcuni glifi che sono stati rappresentati in forma pittografica o di petroglifi in Sud America.

In particolare per Carnac i glifi che i bandeirantes portoghesi della spedizione del 1753, riportarono nel Manoscritto 512, dopo averli visti presso un’enigmatica città in rovine nell’interno del Brasile, avrebbero origine da viaggi transoceanici che fecero alcuni popoli indoeuropei intorno al 3000 a.C.
Per lui questi popoli potrebbero essere stati dei megalitici stanziati inizialmente nei Balcani i cui discendenti potrebbero essere stati i Cari (che vivevano nell’attuale Turchia meridionale) o i Pelasgi.

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Gli strani segni del manoscritto 511

http://www.yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=367



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MessaggioInviato: 29/12/2013, 23:03 
Il nostratico - La lingua franca dell'era antidiluviana

In seguito agli ultimi studi di archeologia e genetica, si può affermare che l’uomo moderno (Homo Sapiens), si originò in Africa (attuale Etiopia), circa 200 millenni or sono.

Il suo più lontano antenato, l’Homo Habilis, a sua volta evolutosi in Africa ben 2 milioni di anni fa, già era in grado di parlare: alcuni archeologi hanno dimostrato che vari crani di Homo Habilis hanno una cavità accentuata nella regione dell’emisfero cerebrale dove si trova, nell’Homo Sapiens, una protumberanza del cervello presso il centro di Broca, responsabile neurologico della parola. Si è così dimostrato che già il nostro più lontano progenitore poteva emettere dei suoni ai quali iniziava a dare diversi significati.

Il primo appartenente alla specie Homo che uscì dall’Africa e tentò una prima colonizzazione del pianeta fu l’Homo Erectus, i cui resti, trovati in Indonesia e in Cina, risalgono a circa 500.000 anni fa.

Intorno a 200.000 anni or sono una specie di Homo chiamata Neanderthal si espanse in Europa. Era discendente del Homo Heidelbergensis.

Il fatto fondamentale della storia dell’umanità fu però, come già accennato, l’avvento dell’uomo moderno (Homo Sapiens), circa 200 millenni or sono, in Africa.

L’Homo Sapiens era in grado di utilizzare meglio gli strumenti litici a sua disposizione, ma soprattutto si distingueva dalle altre specie umane perché era in grado di esprimersi meglio e di comunicare con ricchezza di particolari. Sapeva così tramandare la sua cultura, ovvero l’insieme delle sue conoscenze e tradizioni.

Eminenti scienziati, come ad esempio l’archeologo Glunn Isaac, sostengono che la lingua madre dell’umanità, o lingua primigenia, si sia sviluppata in Africa tra i 150 e i 100 millenni or sono. Lo studioso è giunto a questa conclusione notando che le culture paleolitiche est-africane di quel periodo rivelavano un’elevata differenziazione locale. Isacc fece un parallelo tra l’incremento delle culture litiche e la differenziazione del linguaggio.

Circa 100 millenni or sono, quando gruppi di Homo Sapiens uscirono dall’Africa intraprendendo la colonizzazione del mondo, la loro consistenza numerica totale era piuttosto limitata (circa 20.000 individui secondo il celebre scienziato A.J.Coale).

A partire da quella data, si è verificata una notevole evoluzione nell’utilizzo degli strumenti litici, e una diffusione sia delle tecniche di navigazione (di cui purtroppo si sono trovati pochi resti), sia dell’uso di legno e avorio.

Questo passaggio culturale dall’epoca musteriana a quella aurignaciana venne accompagnato da un miglioramento e arricchimento costante della lingua primigenia.

La possibilità di comunicare in modo raffinato deve aver aiutato molto nel grande viaggio di espansione che portò i Sapiens a colonizzare tutto il pianeta soppiantando gli Herectus e i Neanderthal.

Intorno a 100 millenni or sono alcuni gruppi di umani si spinsero verso il sud dell’Africa, mentre altri piccoli gruppi viaggiarono verso l’ovest e il nord del continente. Con il passare dei secoli questi umani iniziarono a differenziare la loro lingua dalla primigenia dando così origine alle quattro proto-lingue africane: Niger-Kordofaniano (attuali Bantú, Yoruba e Wolof, tra le altre), Nilo-Sahariano (per esempio le lingue Masai e Nubiane), Koisan (Boscimani e Ottentotti), e la lingua dei Pigmei.

Come eccezione a questa espansione c’è da ricordare che un limitato gruppo di Sapiens giunse in Brasile (Piauí), direttamente dall’Africa circa 60 millenni or sono (tesi dell’archeologa Niede Guidon riconosciuta internazionalmente). Per ora è impossibile individuare che lingua parlassero, ma si pensa che si esprimessero nella lingua primigenia.

Tornando al gruppo di umani che, a partire da 100 millenni or sono, si diresse in Asia, passando probabilmente attraverso lo stretto di Aden, si può ipotizzare che la loro lingua si differenziò da quella primordiale, e si sviluppò in una forma che viene chiamata nostratico da alcuni studiosi.

Il nostratico fu ipotizzato inizialmente dal linguista danese Holger Pedersen nel 1903.

Un altro scienziato che teorizzò l’origine unica delle lingue fu l’italiano Alfredo Trombetti (1866-1929), nel suo libro L’unità d’origine del linguaggio, del 1905 (l’italiano si distinse sullo studio delle lingue sinodenecaucasiche).

Successivamente i linguisti russi Illic-Svityc e A. Dolgopolskij confermarono le tesi di Pedersen e individuarono il nostratico come la lingua dalla quale poi si originarono sia l’indo-europeo, che il semitico, il georgiano, l’uralico, l’altaico, e le lingue dravidiche.

Questi studiosi giunsero a tali conclusioni facendo un percorso “a ritroso”, ovverosia analizzando le lingue moderne e rapportandole tra loro. Essi giunsero anche alla conclusione che le lingue sinodenecaucasiche (idiomi sinotibetani, nadene, basco, e nord-caucasici), si differenziarono dal nostratico circa 80 millenni or sono.

Successivamente l’eminente linguista Joseph Greenberg (1915-2001), incluse anche la maggioranza delle lingue amerindie (ma non il ceppo nadene, le cui lingue principale sono l’athabaska dell’Alaska e gli idiomi apache e navajo), nella famiglia del nostratico.

In seguito a quest’ultimo studio si può affermare che la maggiorparte degli amerindi, pur avendo un’origene asiatica (dal punto di vista genetico), parlano lingue derivate dal nostratico e non dal gruppo sino-denecaucasico.

Se si accetta la teoria che il nostratico fu la lingua madre delle famiglie indo-europee, georgiane, dravidiche, altaiche, uraliche e afroasiatiche, si può giungere alla conclusione che il luogo dove si parlava andasse dalla Palestina alla Turchia centrale, fino all’India, includendo Mesopotamia e Iran. Il nostratico continuò ad essere la lingua franca anti-diluviana per circa 90 millenni, ovviamente evolvendosi durante questo tempo.

Ma quando avvenne la differenziazione tra nostratico e le altre famiglie asiatiche, indo-pacifiche e australiane?
A tale proposito bisogna ricordare che durante l’era glaciale la linea di costa nei vari continenti era completamente diversa dall’attuale. E’ probabile che il gruppo di umani che uscì dall’Africa, circa 100 millenni or sono, si diresse verso est passando lungo le coste della penisola arabica e dell’attuale Iran.

Alcuni si fermarono e trovarono delle condizioni di vita ideali per le loro esigenze, mentre altri, continuarono il viaggio verso est.

Le prime tracce di Homo Sapiens trovate in Cina risalgono a circa 67 millenni fa. Furono necessari pertanto ben 33.000 anni per giungere dall’Africa alla Cina.

I Sapiens giunsero in Australia, probabilmente viaggiando su imbarcazioni di fortuna attraversando brevi tratti costieri, circa 50.000 anni or sono.

Si può cosi supporre che le differenze tra il proto-nostratico parlato nel Medio Oriente a partire dai 100 millenni or sono e le altre famiglie linguistiche, avvenne circa 80 millenni or sono. Durante il grande viaggio di espansione si originarono così le famiglie: sinodenecaucasica (lingue sinotibetane e altre), austrica (thay, viet), indopacifica e australiana.

Non mancano le eccezioni: secondo Greenberg il basco fa parte della famiglia sinodenecaucasica: è pertanto possibile che un gruppo di Sapiens del Medio Oriente (che si erano già staccati dal gruppo dei nostratici), decisero, per motivi ignoti, di tornare indietro, viaggiando verso nord-ovest.

Questo gruppo di umani fu pertanto il primo ad entrare in Europa, circa 40.000 anni fa, in piena era glaciale, dando inizio cosi alla più antica lingua europea, quella basca.

L’altra eccezione molto importante riguarda le lingue amerindie: secondo Greenberg la maggioranza di esse (escluso l’athabaska e il nadene degli Apache e Navajo), derivano dal nostratico. Pertanto si può supporre che un gruppo di nostratici si diresse verso il nord dell’Asia, probabilmente intorno ai 60 millenni or sono. Alcuni colonizzarono l’attuale Siberia dando origine alle lingue altaiche e uraliche, mentre altri viaggiarono in America attraverso lo stretto di Bering entrando nel Nuovo Mondo circa 40 millenni or sono e dando origine alle lingue amerindie. Si ipotizza pertanto che vi furono tre flussi di espansione dall’Asia verso l’America (attraverso l'Alaska): il primo, nostratico 40 millenni or sono; il secondo, sinodenecaucasico 14 millenni fa, che diede origine alla cultura Clovis; infine l’ultimo, pochi millenni or sono, degli Eschimesi.

Tornando al nostratico, eminenti studiosi hanno avanzato l’ipotesi che la zona di espansione di questo idioma si estendeva dalla Palestina all’India. Alcuni studiosi indicano nelle culture Kebaran (Israele 18-10 millenni a.C.), e Natufiana (Palestina, Siria, 10500-8500 a.C.), la culla del nostratico, mentre altri sostengono che il luogo da dove si espanse fu la cultura Zarziana (nord dell’Iraq 18-8 millenni a.C.).

E’ possibile che il nostratico si parlasse a Khambat, 9500 anni fa?

Siccome secondo Greenberg l’attuale idioma dravidico, parlato oggi nel sud dell’India, deriverebbe dal nostratico, è realmente possibile che quest’ultimo fu la lingua utilizzata a Khambat e Dwarka, civiltà le cui vestigia sono state cancellate dall’innalzamento repentino dei mari, durante la fine dell’era glaciale. E’ inoltre possibile che il sumero derivi a sua volta dal proto-dravidico, ma questa tesi non è stata confermata da alcun scienziato.

A mio parere nell’arco temporale che va dai 40 ai 10 millenni or sono è possibile che il nostratico fu utilizzato anche in forma scritta, magari solo da una ristretta cerchia di sacerdoti esoterici, ma a tutt’oggi non si sono trovate evidenze di tale supposizione.

Probabilmente a partire dagli 80 millenni or sono iniziarono a diffrenziarsi altre lingue che ebbero come origine il nostratico. Innanzitutto vi fu la citata espansione verso l’Asia del nord (lingue altaiche e uraliche). Quindi vi fu un espansione verso l’Africa che diede inizio alle lingue afroasiatiche (egizio, lingue semitiche e cuscitiche). Poi vi fu un’espansione verso la Turchia e quindi verso le steppe del Kurgan da dove poi si evolsero le lingue indoeuropee.

In seguito alla repentina fine dell’era glaciale e a sconvolgimenti climatici di portata eccezionale (diluvio universale), accaduti nel 9500 a.C., molte civiltà antidiluviane vennero distrutte. Si persero purtroppo quasi tutte le evidenze dell’antico nostratico scritto, ma rimangono oggi giorno alcune tracce, come l’enigmatico disco di Festo, o, nel Nuovo Mondo, il petroglifo di Ingá, la Fuente Magna e il Monolito di Pokotia, che riportano iscrizioni che potrebbero derivare dal nostratico.

http://www.esoterismoemisteri.com/il_no ... diluv.html



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