Iraq e Afghanistan: contractors Usa coinvolti nel traffico del sessohttp://www.giornalettismo.com/archives/73153/esportatori-democrazia-contractors/
Un rapporto shock del Washington Post evidenzia come, nei teatri bellici dove sono impegnati le truppe dello “Zio Sam”, sia cresciuta la tratta degli esseri umani a fine della prostituzione.
La politica degli Stati Uniti contro la tratta sessuale nelle zone di guerra? “Una tigre di carta“. Parola di Nick Schwellenbach and Carol Leonnig giornalisti dell’autorevole quotidiano della capitale statunitense che, in collaborazione con il Centro per l’integrità pubblica, hanno condotto un’inchiesta molto approfondita sullo sfruttamento sessuale nelle zone di guerra dove sono impegnate le truppe americane. Nonostante che le leggi tutt’ora in vigore, varate otto anni fa dall’allora presidente George W. Bush, prevedono serie condanne e sanzioni specie quando si tratta del perseguimento dei pubblici dipendenti (tra cui i militari) e dei privati che dovessero avviare “attività” legate allo sfruttamento e al commercio sessuale, in molti paesi dove sono impegnate direttamente le truppe americane, questo genere di crimini risulta in repentino aumento. E non solo. I governi locali – spesso, più o meno etero-diretti dagli stessi americani, vedi Iraq ed Afghanistan - tendono a chiudere un occhio (se non tutti e due) su questo genere di reati, onde non urtare la suscettibilità del potente alleato “stelle e strisce”.
LA LEGGE NON È UGUALE PER TUTTI – Del resto, nemmeno gli americani fanno più di tanto. Le risorse investigative “in loco” sono spesso limitate, inoltre, specie quando è comprovata la complicità di criminali indigeni, la “regola d’oro” vuole che sia meglio non impelagarsi in complicate questioni di competenza giurisdizionale. “Azioni penali Zero”, ha ribadito Martina Vandenberg, un avvocato ed ex investigatore per l’associazione a difesa dei diritti umani, Human Rights Watch, “nessuno si sforza di far rispettare la legge“. Il Dipartimento di Stato ha recentemente riferito che, effettivamente, ci sono state delle denunce su questo genere di reati, ma in attesa di successive e non meglio precisate indagini approfondite nessuno è stato formalmente accusato. Il deputato repubblicano del New Jersey, Christopher H. Smith, autore nel 2000 di una legge contro la tratta e lo sfruttamento sessuale, si domanda se le agenzie nazionali stanno perseguitando risolutamente questi crimini? Smith ritiene che “se le autorità hanno veramente a cuore la sorte delle donne sfruttate, non avrebbero distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte perché chi opera in questo genere di loschi traffici è un amico che stiamo pagando per fare lavori per noi“. Il portavoce del Dipartimento di Giustizia, Alejandro Miyar ha detto, a sua volta, che l’agenzia “indaga tutte le accuse credibili“.
UN RAPPORTO DELL’ESERCITO - Quasi un decennio dopo lo scandalo Dyncorp e dei suoi dipendenti accusati della compravendita di donne provenienti da tutta l’Europa orientale – i quali, peraltro, non furono poi perseguiti – il Dipartimento di Stato ha finalmente allertato l’esercito americano. In base a quanto dichiarato da un giornalista freelance, oggi, molte donne detenute in Iraq per “prostituzione” sono finite in questo tipo di “commercio” per necessità, vittime dei debiti contratti con i loro stessi aguzzini. Un rapporto del febbraio di quest’anno, pubblicato on-line come parte di una presentazione PowerPoint dell’esercito americano, ha riportato come alcuni contractors di un subappaltatore dell’esercito in Iraq, avessero violentato diverse donne. “Le donne sono state reclutate dalle loro nazioni d’origine con promesse di un lavoro ben retribuito come estetiste a Dubai“, afferma il rapporto, “ma sono state invece costrette a consegnare i loro passaporti, trasportate contro la loro volontà in Iraq, e gli è stato impedito di lasciare quel paese se non avessero prima pagato una “tassa” di 1.100 dollari“. Per trovare i soldi necessari a “scappare”, le donne si sono prostituite. L’organizzazione, sembra, fosse gestita dagli stessi contractors. I subappaltatori lavoravano per l’Esercito e la Air Force Exchange Service, che gestisce i ristoranti e le altre operazioni commerciali nelle basi militari. Un portavoce dell’esercito del Criminal Investigation Command, che ha rifiutato di entrare nello specifico, tuttavia ha dichiarato che le accuse “sono state studiate ma non appaiono motivate“.
UNO SCANDALO CON LE STELLETTE - In un’altra intervista, un ex vigilantes della società di sicurezza Blackwater ha detto di aver visto suoi colleghi e molti soldati americani che pagavano le ragazze irachene per consumare atti sessuali. Le accuse sono emerse in una causa federale, intentata da diverse famigliari delle vittime irachene, presentata l’estate scorsa nel distretto orientale della Virginia, per il presunto omicidio colposo di una donna ed i maltrattamenti subiti da diverse altre. Ma le dichiarazioni, per lo più anonime e poco dettagliate, sono presto cadute a seguito del ritiro delle accuse da parte delle stesse famiglie irachene. L’ex guardia, che però non ha voluto svelare la sua identità, ha detto che nel 2005, ha visto i ragazzi più grandi raccogliere banconote da un dollaro, mentre le ragazze irachene, alcune di soli 12 o 13, eseguivano atti sessuali. A poi riferito di aver denunciato il fatto ai suoi superiori della Blackwater, ma che non è stata intrapresa alcuna iniziativa da parte loro. “E mi fa star male a parlarne ancora adesso,” ha chiosato. Infine, sempre l’ex vigilantes della Blackwater, ha anche detto che ha fornito tutte le informazioni in suo possesso ad un grand jury, ma il Dipartimento di Giustizia non ha voluto confermare o negare l’esistenza di un’indagine. Stacy DeLuke, portavoce di Blackwater, ora noto come Xe Services, ha smentito le affermazioni del suo ex collega. “La nostra società – ha dichiarato – nega con veemenza queste accuse anonime e prive di fondamento. Le politiche di Xe proibiscono nel modo più assoluto il traffico di esseri umani“.
I LOSCHI AFFARI DEI BORDELLI AFGANI - In Afghanistan, la prova della tratta è venuta alla luce quando 90 donne cinesi furono liberate dopo alcuni raid in un bordello tra il 2006 e il 2007. Secondo un rapporto del 2008, le donne hanno dichiarato all”Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che erano state prese per l’Afghanistan a fini di sfruttamento sessuale. Nigina Mamadjonova, capo dell’unità anti-tratta degli esseri umani, IOM in Afghanistan, ha confermato che i clienti di questo bordello erano per lo più uomini occidentali. Alla fine del 2007, dei funzionari di Armour Group, società che fornisce la security all’Ambasciata americana di Kabul, hanno fatto sapere che alcuni dei loro dipendenti hanno frequentato questi bordelli – peraltro pubblicizzati come da ristoranti cinesi – e sono stati accusati di essere implicati nella tratta umana. Un portavoce della società ha poi affermato che è in corso una causa legale con questi poiché una norma vieta esplicitamente all’impresa la divulgazione di notizie riservate che riguardano direttamente il governo degli Stati Uniti.
UNA PRASSI COMUNE A TANTI – James Gordon, per un certo periodo di tempo supervisore di Armour Group, ha sostenuto che un manager “si vantava apertamente di “possedere” prostitute a Kabul“, e che un tirocinante della società sperava di fare “soldi veri” nei bordelli, ed aveva già programmato di acquistare una donna per 20.000 dollari. Gordon ha poi detto che aveva avvertito i suoi superiori e anche Heidi McMichael, del Dipartimento di Stato ufficiale. “Mesi dopo – ha dichiarato sempre Gordon – ho chiesto alla McMichael perché nessuna azione fossestata presa?” Lei gli disse che la questione era stata deferita al FBI. Oggi la McMichael si è rifiutata di commentare, così come l’ufficio di presidenza. Gordon ha poi ancora detto che “il tirocinante è stato licenziato, ma che nessun’altra azione è stata presa“. Susan Pitcher, portavoce della società madre della Armour Group, la Wackenhut, ha riferito in una e-mail al WP che la sua società non avrebbe risposto alle accuse di Gordon. Anche in questo caso, poi, si è “lavata la coscienza” sottolineando che le politiche di Armour Group vietano questo triste genere di traffico e bla, bla, bla. Un’indagine aziendale interna nel novembre 2007, ha rilevato che un “program manager” a Kabul sapeva che alcuni dei suoi dipendenti avevano violato quelle politiche aziendali che vietano espressamente il commercio a fine sessuale. Il rapporto ha contestato le accuse che il manager abbia mai frequentato bordelli, ma ha concluso che era a conoscenza delle attività “che potrebbero portare discredito sia l’azienda sia ai clienti“. Solo una semplice lettera di rimprovero fu posta nel suo fascicolo.
UN MANDATO DIFFICILE – Alcuni procuratori del Dipartimento di Giustizia, privatamente lamentano che la politica di tolleranza zero è quasi inapplicabile – in parte perché fa poca distinzione tra schiavitù sessuale organizzata e la prostituzione volontaria. “Siamo interessati a perseguire ogni nostro connazionale che sfrutta la prostituzione spendendo ingenti risorse per poi trovarci di fronte a casi di semplice prostituzione volontaria?” Si chiede un procuratore federale che vuole restare anonimo. “Molte sventurate non hanno il coraggio o semplicemente i mezzi per denunciare il loro stato. E se pure una lo facesse, basta che qualcuno le dia un “bigliettone” per farla tacere e ridimensionare il tutto a “semplice” prostituzione volontaria e non organizzata“. Laura Dickinson, una professoressa di diritto ad Arizona State University, ha detto che “le autorità incaricate dell’applicazione della legge devono affrontare due sfide principali nel perseguire tali crimini: la raccolta della prova e la giurisdizione legale”. L’FBI ha 35-40 agenti nelle zone di guerra, ma sono concentrati per lo più sullo studio delle frodi e della corruzione. Gli organici preposti all’applicazione della legge militare sono formati da circa 150 agenti in Afghanistan, Iraq e Kuwait e devono gestire tutti i tipi di crimini, di ogni livello. Gordon, l’ex manager Armour Group, ha chiesto alle agenzie del governo di prendere sul serio le accuse. “Se è così grave”, ha detto, “se avete una politica di tolleranza zero, perché non state facendo niente?”. Già, perché?
http://www.giornalettismo.com/archives/ ... ntractors/