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MessaggioInviato: 18/04/2013, 22:11 
Allora spiegami come possa il PD, questo PD in modo particolare a candidarsi ad essere forza di governo! [;)]



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MessaggioInviato: 18/04/2013, 22:21 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Allora spiegami come possa il PD, questo PD in modo particolare a candidarsi ad essere forza di governo! [;)]


...vedi la loro candidatura derivava dal semplice fatto,che in base ai sondaggi erano nettamente vincitori,ma in un mese fuggendo da tutto si sono ritrovati sconfitti,e' una semplice congettura numerica,x guidare un partito occorrerebbe una persona carismatica o che infonda fiducia che abbia un programma ben preciso,senza doverne partorire uno all'esigenza del momento,certamente sono qualita'che il bersani non conosce,con i risultati che si vedono............ [;)]


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MessaggioInviato: 19/04/2013, 13:31 
Non hanno mai vinto! [;)]
Italia est omnis divisa in partes tres... (Narrava G. Cesare della Gallia ...) [;)]



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MessaggioInviato: 22/04/2013, 18:05 
Bindi, Letta, Bersani, Zanda? Il Pd è senza un leader, è guerra per le consultazioni

Un'intera segreteria dimissionaria. Regolamenti di conti senza sosta e guerra tra bande infinita. Re Giorgio vuole qualcuno con chi parlare. Chi andrà al Colle?

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... zioni.html

ma sarebbe utile capire quale sinistra,o quale sara' la sinistra'vera,un bel dilemma........................................[;)]


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MessaggioInviato: 22/04/2013, 19:22 
Quella di Vendola e qualla di ... Renzi! [;)] [:o)]



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MessaggioInviato: 22/04/2013, 20:23 
Ottimo che le sx si stanno centrifugando, la parte peggiore andrà con i 5s!



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MessaggioInviato: 29/04/2013, 23:49 
Continuate a crederci!

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MessaggioInviato: 11/05/2013, 22:23 
LA SINISTRA ITALIANA MORIRÀ CON l'EURO? di Piemme



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La situazione è oramai al limite del grottesco. A parte alcune lodevoli eccezioni, il grosso della sinistra italiana non solo non vuole ammettere che la moneta unica e i trattati su cui la Unione europea si è costituita sono stati una colossale fregatura per le masse popolari. Non vuole ammettere che l'euro è destinato a scomparire, ed anzi si aggrappa ad esso come un devoto alla divina Provvidenza.

Per restare alla metafora religiosa, è come se il destino di questa sinistra fosse segnato da un inesorabile peccato originale. E' vero infatti che questa sinistra fu artefice e campione del disegno europeista.

Ricordiamo il referendum d'indirizzo che si svole l'11 maggio del 1989. Per quanto solo consultivo, esso diede mandato al governo di procedere verso l'Unione con risultati plebiscitari. Votarono l'88% dei cittadini e i SI furono l'88%. Tra tutti i referendum per l'Unione svoltisi nei paesi europei, quello italiano diede insomma il risultato più eclatante.

I gruppi dirigenti di vari raggruppamenti della sinistra italiana si fanno ancora scudo di quei risultati per sostenere che essi non fanno che rispettare la "volontà popolare".

Non sta scritto da nessuna parte l'obbligo di inseguire la "volontà popolare". Se un popolo decidesse di andare al macello il dovere di partiti che si rispettino non è quello di inseguire le pulsioni suicidiarie ma quelo di contrastarle. Un partito che si rispetti non si limita a "rappresentare" passivamante la "volontà popolare", ma cerca anzi di plasmarla e di indirizzarla verso quello che considera il bene comune.

Ma il punto è un altro. Il consenso dei cittadini italiani, col famigerato referendum del maggio 1989 fu estorto con l'inganno. Vale la pena ricordare quale fu il quesito. Eccolo:

«Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?».
Come si evince facilmente, la formulazione non tirava in ballo né l'euro né i dogmi neoliberisti che saranno poi sacramentati nei Tratti di Maasctricht. Il quesito anzi faceva leva sui sentimenti democratici dei cittadini e prospettava infatti sì una cessione di sovranità, ma non alla banca privata come la Bce, o ad organismi oligarchici europei (come la Commissione europea), bensì ad un parlamento europeo. Si chiedeva infine la redazione di una Costituzione che alludeva ad un processo costituente squisitamente politico che avrebbe dovuto implicare un successivo passaggio referendario. Non parve vero, agli architetti di quel referendum-trappola del 1989, farsi scudo del'Art. 75 della Carta costituzionale [1] , e far sottoscrivere agli italiani che l'eventuale Costituzione europea sarebbe stata sottoposta alla ratifica, non dei cittadini, ma... "degli organi competenti degli Stati".

Vale la pena ricordare che in altri paesi i cittadini bocciarono sonoramente nei referendum l'europeismo oligarchico: i NO alla Costituzione europea vinsero in Francia nel maggio 2005 e in Olanda nel giugno 2005. Mentre i NO all'adozione dell'euro vinsero in Danimarca nel settembre del 2000 e in Svezia nel settembre 2003. In Irlanda i cittadini bocciarono a più riprese i ripetuti tentativi di stravolgere la loro Costituzione cedendo sovranità (nel giugno 2001 e poi nel giugno 2008).

Tutti sannno come sono andate le cose. Ricevuto il mandato, anche grazie all'appoggio incondizionato delle sinitre di allora, le cricche politiche dominanti procedettero a passo di corsa verso tutta un'altra strada, quella che porterà ad un'Unione antidemocratica, con una devoluzione dei poteri verso organismi oligarchici sovranazionali per di più seguaci delle dottrine economiche neoliberiste e monetariste.

Un quarto di secolo è passato da quel refendum. Malgrado le cose abbiano preso la piega che hanno preso e l'Unione sia in preda allo sfascio, queste sinistre non danno segni di resipiscenza. Anzi, esse si stanno incaponendo, vogliono difendere l'indifendibile ad ogni costo. Questo porterà al definitivo suicidio delle sinistre italiane, lasciando alle destre, molto più furbe, la possibilità di cavalcare l'antieuropeismo che cresce ogni giorno di più tra le masse popolari.

Sarebbe bello se gli italiani fossero chiamati adesso, per una seconda volta, con un referendum d'indirizzo costituzionale (sulla base del precedente del 1989), ad esprimersi. Non con un quesito truccato però, chiedendo loro se accettano che tutto sia deciso da organismi europei privi di ogni legittimità democratica, se accettano le politiche di austerità crudele imposte dai Trattati come quelli di Maastricht e del Fiscal compact, che la politica monetaria sia decisa da una banca privata svincolata da ogni controllo pubblico qual è la Bce.

Non abbiamo dubbi che anche in questo caso avremmo un risultato plebiscitario.
Se una sinistra potrà mai rinascere in questo paese, rinascerà solo se saprà, non solo incontrare e rappresentare il crescente disprezzo popolare per quest'Europa realmente esistente, ma indirizzarlo verso un recupero della sovranità nazionale, quindi democratica e popolare.

http://sollevazione.blogspot.it/2013/05 ... leuro.html

...da sinistra a sinistrata....................[;)]


Ultima modifica di ubatuba il 11/05/2013, 22:24, modificato 1 volta in totale.

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E la chiami sinistra
questa Sinistra che non è!.

(mettendoci il motivo di Fred Buongusto forse.....)


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Hai ragione, ce ne sono molte di più ...[:D]



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MessaggioInviato: 12/05/2013, 10:52 
Cita:
bleffort ha scritto:

E la chiami sinistra
questa Sinistra che non è!.

(mettendoci il motivo di Fred Buongusto forse.....)



ciao bleffort.loro si ostinano a dichiararsi e chiamarsi in tale modo.........[;)]


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E come, pure! [:D]



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Oggi mi va di gettare benzina sul fuoco!! [}:)]

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Ormai ll nostro Paese è diventato un cesso ....[8)]



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SPAGNA: LA SINISTRA CHE DICE NO ALL'EURO E RIVENDICA LA SOVRANITÀ MONETARIA
18 maggio. E' di grande importanza questo Manifesto appena lanciato in Spagna. Molti dei nostri lettori potrebbero dire che è la scoperta dell'acqua calda. L'importanza sta nel fatto che esso è sottoscritto da esponenti di spicco della sinistra radicale spagnola come Julio Anguita (ex coordinatore di Izquiera Unida - nella foto) e Manuel Monereo, nonchè da altri noti intellettuali del calibro di Miguel Riera. Ci auguriamo che il manifesto ottenga il massimo numero di adesioni in Spagna e che, in Italia, contribuisca ad aiutare tanti compagni a liberarsi dal tabù per cui difendere la sovranità nazionale sarebbe... di destra.

USCIRE DALL’EURO*

La drammatica situazione sociale ed economica in cui è sprofondata la nostra società esige una politica capace di creare le condizioni per uscire dalla crisi. È una necessità urgente. Il tempo è un dato primario per i rischi di aggravamento e degradazione che esistono, per l’enorme sofferenza sociale provocata dal persistere delle politiche di tagli, austerità e privatizzazione del pubblico.

La rete in cui siamo presi è fatta da un livello di disoccupazione catastrofico, da un indebitamento del paese con l’estero impossibile da affrontare e da un’evoluzione dei conti pubblici che porta al fallimento economico dello Stato. Oltre 6 milioni di disoccupati, oltre 2.300 miliardi di euro di passivo lordi con l’estero, e un debito pubblico crescente di quasi mille miliardi di euro e che si avvicina al 100% del PIL,. Sono dati che definiscono un disastro inimmaginabile, mettono in pericolo la convivenza e distruggono diritti sociali fondamentali.

Una crisi di questa portata ha cause complesse e multiple, dalla crisi generale del capitalismo finanziario agli sprechi e alla corruzione, passando per un sistema fiscale tanto regressivo quanto ingiustamente applicato, ma, anche a rischio di semplificare l’analisi per scoprire le soluzioni, bisogna attribuire all’entrata del nostro paese nella moneta unica la principale ragione di questa desolante situazione.

Come ora si riconosce, non c’erano le condizioni per stabilire una moneta unica tra paesi tanto disuguali economicamente senza accompagnarle con una fiscalità comune. La sua creazione implicava, d’altra parte, un quadro propizio all’instaurazione di politiche regressive e antisociali di tutti i tipi secondo i dettami della dottrina neoliberista, che ha avuto nella costruzione dell’Europa di Maastricht la sua massima espressione. Come si è valutato a suo tempo, lo Stato del welfare non è compatibile con l’Europa di Maastricht.

Con l’entrata nell’euro, il nostro paese ha perso uno strumento essenziale per competere e mantenere un ragionevole equilibrio negli scambi economici con l’estero, quale era il controllo e la gestione del tipo di cambio rispetto al resto delle monete. D’altra parte, c’è stata una cessione di sovranità a favore della BCE in quanto a liquidità e applicazione della politica monetaria, un’istituzione dominata fin dalle origini dagli interessi del capitalismo tedesco.

Come non poteva essere diversamente, l’arretratezza e la debolezza dell’economia spagnola rispetto ad altri paesi e la rigidità assoluta imposta dall’euro hanno condotto durante gli anni 2000 a un deficit della bilancia dei pagamenti a causa di una spesa corrente opprimente. Si sono registrati squilibri insostenibili, come pure è accaduto ad altri paesi come la Grecia e il Portogallo, catturati nella stessa trappola. Nei 14 anni trascorsi dalla creazione dell’euro nel 1999 fino alla fine del 2012, il deficit estero accumulato è stato di quasi 700 miliardi di euro, che si è dovuto finanziare indebitandosi con l’estero. Gli enti creditizi e le imprese spagnole hanno chiesto più di altri mille miliardi di euro di risorse per i propri piani d’investimento all’estero, specie in America Latina.

Fino all’anno 2008, in cui si è manifestata la crisi finanziaria internazionale, a causa delle agevolazioni straordinarie dei finanziamenti, il paese ha vissuto un sogno, come drogato, alimentando la bolla immobiliare e estraneo ai problemi che si erano generati. In quell’anno, tutto è cambiato radicalmente, i mercati finanziari di sono chiusi, dai canali non fluiva liquidità e la situazione di ciascun debitore è stata esaminata con rigore. Con il brusco cambiamento nella posizione debitoria della nostra economia nei confronti dell’estero, i passivi lordi sono passati da 540 miliardi a fine del 1998 a 2.200 miliardi nel 2008, il paese è entrato in fallimento ed è sopravvenuta una profonda recessione che a tutti gli effetti è ancora vigente.

Il settore pubblico ne ha risentito profondamente da allora, incorrendo in un deficit esorbitante a causa della drastica caduta delle entrate, rafforzata dall’esplosione della bolla immobiliare. Lo Stato, sul quale finiscono per scaricarsi tutte le tensioni delle amministrazioni pubbliche, ha avuto necessità di centinaia di milioni di euro, ottenuti con l’emissione di debito pubblico nei mercati interni ed esterni, di fronte all’impossibilità di finanziare direttamente per mezzo delle propria autorità monetaria. Alla fine del 2007, il debito circolante dello Stato era di 307 miliardi di euro, il 37% del PIL. Alla fine del 2012 era salito a 688 miliardi, il 65% del PIL, e continua ad aumentare in corrispondenza dell’evoluzione deficitaria dei conti pubblici.

Da quando è stata ammessa la crisi, la politica economica ha mantenuto alcuni tratti di base inamovibili. La perdita di competitività dell’economia spagnola è servita come scusa per applicare rigorosamente le ricette neoliberiste e si è cercato di compensare con il cosiddetto “aggiustamento interno”, un processo diretto a diminuire i salari e favorire i licenziamenti per diminuire il prezzo delle merci e dei servizi spagnoli, dal momento che la via naturale e storica della svalutazione della moneta è impedita dall’euro. Restrizioni, controriforme del lavoro e tagli continui marcano la politica degli ultimi anni. D’altro canto, la cosiddetta austerità si è imposta brutalmente nella politica fiscale, come esigenza dei poteri economici, facendo della lotta contro il deficit pubblico il talismano ingannevole della soluzione alla crisi.

Questa politica ha prodotto una retrocessione sociale molto dolorosa, ha dato un impulso incontenibile alla crescita della disoccupazione e, cosa fondamentale, è inutile. Il paese scivola senza freni e precipita in un baratro profondo. Gli agenti determinanti della crisi continuano intatti, quando non peggiorano. I passivi esteri non possono diminuire senza che si registri un eccedente nella bilancia di pagamento, cosa praticamente irraggiungibile per un’economia abbastanza demolita e scarsamente competitiva, e il pesante carico di debito pubblico non smetterà di crescere fino a quando non si diluisca il deficit pubblico, cosa che lo stesso governo non riesce a scorgere. La sfiducia è generale.

La società è ad un crocevia


Come superare il disastro? L’alternativa alla crisi difesa dalla Troika e apertamente dal PP passa per l’inasprimento dei tagli, per l’austerità e la distruzione del pubblico. L’economia spagnola, come è già successo in Grecia e Portogallo, cade nel precipizio e sprofonderà nell’abisso, con conseguenze sociali drammatiche e rischi politici di ogni segno.

Il PSOE, compartecipe attivo nell’attuale disegno economico e sociale, finge ora un disaccordo con il PP e critica la sua politica suicida, ma continua ad essere legato al criterio che l’euro è irreversibile.

Le direttive dei sindacati maggioritari, una volta appurato l’errore di calcolo commesso con il consenso critico a Maastricht, denunciano ora l’attuale stato di cose, ma non sono in condizione di proporre misure anticrisi realmente efficaci dal momento che non mettono in discussione con coerenza l’Europa costruita.

Altre forze, organizzazioni e autori di sinistra criticano l’Europa attuale e propongono cambiamenti abbastanza utopistici e progetti senza fondamento, dato il carattere non riformabile dell’Europa sorta, soprattutto dopo l’ampliamento della zona euro all’Est. Alle carenze originali della moneta unica si aggiunge il peso che esige la Germania come paese egemone e la realtà di una scomposizione dell’Europa, imprigionando alcuni paesi con debiti impagabili. L’imprescindibile e urgente necessità di rompere i vincoli dei Trattati europei non può paralizzarsi né nascondersi dietro progetti di altra natura. Per desiderabile che sia un’altra Europa, per ora non è percorribile, richiede basi molto diverse su cui fondarsi e la sovranità perduta di ciascuno Stato.

Il fallimento del progetto di costruzione dell’Europa è inoccultabile, e non è possibile determinare quando e come rovinerà l’insostenibile situazione esistente.

A noi firmatari di questo manifesto sembra chiaro che l’Europa di Maastricht non potrà sopravvivere con la sua attuale configurazione, dopo i disastri e le sofferenze che ha causato, oltre ad aver svuotato di contenuto la democrazia ed aver sottratto la sovranità popolare.

Affermiamo pure che il nostro paese non può uscire dalla crisi nel quadro dell’euro. Senza moneta propria e senza autonomia monetaria è impossibile far fronte al dramma sociale ed economico, tanto più che pure la politica fiscale è stata annullata dal Patto di Stabilità, proditoriamente costituzionalizzato.

È necessaria una moneta propria per competere e una politica monetaria sovrana per somministrare liquidità al sistema e stimolare una domanda ragionevole. E questo come prima condizione ineludibile, però non sufficiente, per poter sviluppare una politica avanzata di controllo pubblico dei settori strategici dell’economia, di nazionalizzazione delle banche, di ricostruzione del tessuto industriale e agricolo, di difesa e potenziamento dei servizi pubblici fondamentali con un potente e progressivo sistema fiscale, di ammortizzamento delle disuguaglianze e distribuzione della ricchezza, di ripartizione del lavoro per combattere la disoccupazione, di deroga delle controriforme del lavoro e delle pensioni, di rispetto vero verso l’ambiente, ecc…, e di affrontare un processo costituente che permetta di recuperare e approfondire la democrazia. Per tutto ciò bisogna lasciare da parte transitoriamente il deficit pubblico, dimenticarsi di fare proposte impossibili alla BCE e smetterla di avere nostalgia della Riserva Federale o della Banca d’Inghilterra quando si può disporre della Banca di Spagna come istituzione equivalente.

L’ammontare del debito estero è insolvibile. La maggior parte è debito del settore privato, e tocca a chi l’ha contratto risolvere i problemi che si presentino, incluso il settore finanziario, molto compromesso. Perciò rifiutiamo qualsiasi operazione di “riscatto” del nostro paese e per la stessa ragione consideriamo come debito completamente illegittimo quello contratto dallo Stato per distribuire fondi di salvezza per gli enti creditizi che non siano stati nazionalizzati.

Rispetto al debito pubblico, lo Stato deve fare una profonda ristrutturazione dello stesso (abbandono, moratoria, conversione in moneta nazionale) che allevi la pressione schiacciante che subiscono i conti pubblici. Agendo diversamente, può considerarsi come irrimediabile il fallimento del Settore pubblico.

Non ci sfuggono i problemi e la complessità dei passi che proponiamo, tra gli altri limitare la libera circolazione di capitali. E la nostra analisi non ci impedisce nemmeno di collaborare con azioni, proposte e mobilitazioni con quella parte della cittadinanza e le sue organizzazioni che, sotto effetto del bombardamento mediatico cui siamo sottoposti o per altri motivi, ancora non condivide la nostra opzione di fronte al crocevia in cui ci troviamo e la necessità di rompere il nodo gordiano dell’euro. Senza dubbio, di fronte al disastro che ci coinvolge e di fronte alle cause profonde che lo promuovono ed acutizzano, non possiamo restare zitti né evasivi. A nostro modo d’intendere, oggi la società spagnola, che è entrata in una agonia prolungata e senza speranza, non dispone di altra scelta che uscire dall’euro per impedire lo sprofondamento definitivo del paese.

Recuperare la sovranità perduta, rendere effettiva la sovranità popolare, richiede di venire fuori dai capestri che ci paralizzano, affrontare la dura realtà e dotarsi dei mezzi per tracciare un progetto di sopravvivenza che, con tutte le difficoltà, può rappresentare anche una grande opportunità per creare una società sovrana, prospera, solidale, democratica, ecologicamente responsabile e libera.

Primi firmatari:

Julio Anguita/ Sebastián Martin Recio/ Diosdado Toledano/ Héctor Illueca/ Salvador López Arnal/ Joaquín Miras/ Juan Rivera/ Miguel Riera/ Andrés Piqueras/ Miguel Candel/ Alberto Herbera/ Isabel de la Cruz/ Rodrigo Vázquez de Prada/ Manuel Muela/ Rosario Segura/ Juan Montero/ Leonel Basso/ Joan Tafalla/ Manuel Monereo/ Antonio Gil/ Manuel Cañada/ Santiago Fernández Vecilla/ Carlos Martínez/ Pedro Montes

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...questa e' la sinistra....spagnola,quella italiana deve chiedere alle banke.............[:(!]


Ultima modifica di ubatuba il 22/05/2013, 19:02, modificato 1 volta in totale.

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