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15/11/2013, 08:03

Pritchard: se resta nell’euro, nel 2014 l’Italia collassa

Enrico Letta aspetta che sia la Merkel a salvare l’Italia? Be’, buonanotte. Secondo Ambrose Evans-Pritchard, l’Italia sta scherzando col fuoco: avanti di questo passo, sotto la sferza dell’euro-rigore, il nostro paese rischia il collasso già nel 2014. Il problema? L’euro, ovviamente, e il regime di Bruxelles, che taglia lo Stato imponendo sacrifici con un unico orizzonte: la catastrofe. «Quello che serve in Europa oggi è uno shock economico sul modello dell’Abenomics», dice il columnist economico del “Telegraph”,
indicando come modello il Giappone di Shinzo Abe. Sovranità monetaria e deficit positivo, per risollevare l’economia. «Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, insieme alla Francia devono smettere di fare finta di non avere un interesse in comune da tutelare». Attenzione: «Questi paesi hanno i voti necessari per forzare un cambiamento». In Francia, sarà risolutiva Marine Le Pen: magari non conquisterà l’Eliseo, ma costringerà i grandi partiti a cambiare agenda, imponendo loro di fare finalmente i conti con Bruxelles, Berlino e la Bce.
Per l’Italia, il disastro è imminente: «Senza un cambio di strategia forte», si prevede lo tsunami già nel 2014. «Il paese ha un avanzo primario del 2,5% Letta e Merkeldel Pil, e ciononostante il suo debito continua ad aumentare: il dramma dell’Italia non è morale, ma dipende dalla crisi deflattiva cui è costretta per la sua partecipazione alla zona euro», dice Pritchard nell’intervista concessa ad Alessandro Bianchi e ripresa da “Come Don Chisciotte”. «La politica è fatta di scelte e di coraggio. Fino ad oggi non si è agito per impedire che si dissolvesse il consenso politico dell’euro in Germania. Ma oggi c’è una minaccia più grande. E se Berlino non dovesse accettare le nuove politiche, può anche uscire dal sistema». Fuori dall’euro, dunque. «Il ritorno di Spagna, Italia e Francia ad una valuta debole è proprio quello di cui i paesi latini hanno bisogno. Del resto, la minaccia tedesca è un bluff e i paesi dell’Europa meridionale devono smascherarlo. L’ora del confronto è arrivata». E Letta? Non pervenuto. Pritchard l’ha incontrato a Londra. «Alla mia domanda sul perché non si facesse promotore di un cartello con gli altri paesi dell’Europa in difficoltà per forzare questo cambiamento, il premier italiano mi ha risposto che secondo lui sarà Angela Merkel a mutare atteggiamento nel prossimo mandato e venire incontro alle esigenze del sud».


Per l’analista inglese, «si tratta di un approccio assolutamente deludente», perché «come anche Hollande in Francia, Letta è un fervente credente del progetto di integrazione europea e non riesce ad accettare che l’attuale situazione sia un completo disastro». Chi agita la paura dell’uscita dall’euro dice che la svalutazione produrrebbe iper-inflazione, e questo metterebbe ko la nostra industria di fronte alla concorrenza della Cina. E’ vero esattamente il contrario, dice Pritchard: Pechino ha gioco facile col super-euro proprio perché mantiene lo yuan sottovalutato. La moneta europea è il nostro vero handicap: «L’euro è un’autentica maledizione per le esportazioni, che dipendono dai prezzi e dal tasso di cambio». Da quando vige la moneta della Bce, l’Europa ha perso rilevanti quote di mercato e l’export italiano è crollato. E a chi sostiene che un’uscita disordinata dall’euro produrrebbe iper-inflazione e impennate nei prezzi, Pritchard risponde che già ora i prezzi sono fuori controllo. Eppure, continuiamo a farci del male: in Italia il rapporto debito-Pil in soli due anni è schizzato dal 120 al 133%. E’ la trappola che sta portando il paese al collasso: «Il problema da combattere oggi è laAmbrose Evans-Pritcharddeflazione, e non l’inflazione».
Dalla stessa trappola, ricorda il giornalista del “Telegraph”, la Gran Bretagna uscì due volte – negli anni ’30 del Gold Standard e poi durante la crisi dello Sme nel ’91-92 – con lo stesso strumento: rafforzamento della sovranità monetaria e svalutazione per stimolare la ripresa. Il fantasma-inflazione? Smentito dai fatti: lo stimolo monetario ha prodotto nuova economia, senza alcun “impazzimento” dei prezzi. Per cui, «se dovesse lasciare l’euro, l’Italia dovrebbe optare per un grande stimolo monetario da parte della Banca d’Italia, una svalutazione ed una politica fiscale sotto controllo: questa combinazione garantirebbe al paese una transizione tranquilla e nessuna crisi fuori controllo». Ritorsioni da Berlino? «Niente di più falso», replica Pritchard: «Nel caso di un deprezzamento fuori controllo della lira, ad esempio, il più grande sconfitto sarebbe Berlino: le banche e le assicurazioni tedesche che hanno enormi investimenti in Italia sarebbero a rischio fallimento». Inoltre, «le industrie tedesche non potrebbero più competere con quelle italiane sui mercati globali». Quindi, la Bundesbank correrebbe ad acquisire sui mercati valutari internazionali le lire, i franchi, pesos o dracme per impedirne un crollo.
«Si tratta di un punto molto importante da comprendere: nel caso in cui uno dei paesi meridionali dovesse decidere di lasciare il sistema in modo isolato, è nell’interesse dei paesi economici del nord Europa, in primis la Germania, impedire che la sua valuta sia fuori controllo e garantire una transizione lineare. Tutte le storie di terrore su eventuali disastri che leggiamo non hanno alcuna base economica». Lo sanno bene gli economisti di Parigi che ispirano la svolta sovranista di Marine Le Pen, che a partire dalle europee 2014 potrebbe dare la scossa necessaria all’inversione di rotta. «Il programma di Le Pen è chiaro: uscita immediata dall’euro – con il Tesoro francese che proporrà un accordo con i creditori tedeschi: se questi non l’accetteranno, la Francia tornerà lo stesso al franco e le perdite principali saranno per la Germania». Poi c’è la proposta di un referendum sull’Ue sul modello inglese proposto da Cameron. Prima reazione a Bruxelles: gli inglesi sarebbero “stupidi suicidi”. «Argomentazioni ridicole», afferma Pritchard: tutti sanno che, senza Londra (più l’Olanda e la Scandinavia), l’Ue sarebbe finita, e salterebbe anche l’equilibrio tra Francia e Germania. «La decisione inglese è un enorme avviso a Bruxelles: l’integrazione è andata troppo oltre il volere popolare e le popolazioni vogliono indietro alcuni poteri».
La Costituzione europea, continua Pritchard, è stata rigettata dai referendum in Francia e in Olanda. Trattati imposti contro la volontà popolare? «Questa fase in cui si procede senza consultare i cittadini è finita. Questo tipo di arroganza è finito». Problema fondamentale: la confisca della politica economica nazionale. A imporre le tasse e i tagli alla spesa non può essere un organismo non eletto democraticamente. «Non è un caso che la guerra civile inglese sia iniziata nel 1640 quando il re ha cercato di togliere questi poteri al Parlamento o che la rivoluzione americana sia scoppiata quando questo potere è stato tolto da Londra a stati come Virginia o il Massachusetts». Quello che sta facendo Bruxelles è «pericoloso e antidemocratico». L’alibi è la salvezza dell’euro? «E’ ridicolo. La federazione deve essere subordinata ai grandi ideali che plasmano una società e non alla salvezza di una moneta. I Marine Le Penpaesi devono tornare alla realtà sociale al più presto e non devono pensare a strumenti di ingegneria finanziaria per far funzionare qualcosa che non può funzionare».
Con buona pace degli eurocrati alla Enrico Letta, l’orizzonte decisivo è quello delle europee 2014, col previsto boom degli euroscettici. «Oggi il pericolo maggiore per i paesi dell’Europa meridionale si chiama crisi deflattiva», cioè: mancanza di liquidità, tagli alla spesa, asfissia dell’economia. La recessione «potrebbe presto trasformarsi in una depressione economica, in grado di rendere fuori controllo la traiettoria debito-Pil: è un potenziale disastro». In questo contesto, per il giornalista inglese, la politica si deve porre l’obiettivo del ritorno di una serie di poteri sovrani delegati a Bruxelles. Le elezioni del maggio prossimo? «Saranno un evento potenzialmente epocale: i partiti scettici dell’attuale architettura istituzionale potrebbero essere i primi in diversi paesi – l’Ukip in Gran Bretagna, il Fronte Nazionale in Francia, il Movimento 5 Stelle in Italia, Syriza in Grecia». Parleranno i popoli: gli elettori potranno «esprimere la loro irritazione e frustrazione contro le scelte da Bruxelles». Così, «un blocco politico importante potrà distruggere questo “mito artificiale” che si è costruito: l’Ue non sarà più la stessa e sarà costretta ad essere meno ambiziosa e comprendere che molte delle sue prerogative devono tornare agli Stati nazionali». In altre parole: «I governi di Italia, Spagna e Francia devono riprendere il pieno controllo delle vite dei loro cittadini e non pensare all’allargamento all’Ucraina o alla Turchia. Si tratta dell’ultima battaglia».

http://www.libreidee.org/2013/11/pritch ... -collassa/

15/11/2013, 11:03

Ufologo 555 ha scritto:

Caro mio, ci vuole un po di sano ... nazionalismo; le "ammucchiate" non hanno portato mai beneficio a nessuno ma solo a chi .. le guida.[^]


...[:264].....diciamo in po sostanzioso.......altrimenti non si va da nessuna parte,ma prima sarebbe necessario sentirsi italiani......[;)]

15/11/2013, 11:11

... ma siccome la bandiera la tiriamo fuori solo se si vince il .. campionato ...[8)]

15/11/2013, 18:02

La verità su Ert, il super-clan che domina i nostri politici

Scritto il 15/11/13 • nella Categoria: segnalazioni

Accanto all’oscuro Carlo Bozotti, re della micro-elettronica che controlla l’infrastruttura web, siedono Paolo Scaroni dell’Eni e rampolli delle più importanti dinastie dell’élite italiana, da John Elkann del gruppo Fiat a Rodolfo De Benedetti della Cir. Sono gli onnipotenti signori della Ert, European Round Table, la super-lobby più potente della Terra. Fondata trent’anni fa su iniziativa di Reagan per controllare l’Europa, con la partecipazione di italiani come Umberto Agnelli e Carlo De Benedetti, la Ert è oggi la vera struttura di comando dell’Unione Europea, quella che “detta” le direttive ai vari Barroso e Van Rompuy, le quali poi – a catena – le passano agli ultimi esecutori periferici, che in Italia si chiamano Berlusconi e D’Alema, Letta e Monti. La notizia? «Ormai, convinti di aver vinto, si sono aperti il loro bravo sito dove si presentano per ciò che sono, suddivisi per settori di competenze e segmenti di mercato». Prova a smascherarli un documentario dirompente, “The Brussels Business”, diretto da Friedrich Moser e Mathieu Lieuthert, che verrà proiettato nelle principali città europee.

Sono la vera cupola che sovrintende al destino degli europei, scrive il blogger Sergio Di Cori Modigliani: «Decidono chi governa e chi non lo fa, stabiliscono se l’Italia avrà le larghe intese, se la Germania avrà la grosse koalition e se è il caso che il Belgio abbia o non abbia un governo. Decidono quali leggi far passare in Italia e nel resto d’Europa. Decidono quanti disoccupati ci devono essere o non essere, e se le imprese italiane devono o non devono essere pagate. Sono tutti membri del più potente club del pianeta Terra. In confronto, il Bilderberg è folklore per nuovi ricchi a caccia di status sociale da esibire». La foto di gruppo dei fondatori parla chiaro: sul ponte di comando figurano i signori Thyssen, Siemens, Shell, Philips, Nestlé, Volvo, Renault. Oggi sono ancora più potenti, da quando Bruxelles ha centralizzato ogni decisione sul nostro futuro. Bce, Fmi, Commissione Europea, Eurozona. Siamo nelle loro mani. Hanno migliaia di funzionari, miliardi di budget. «Controllano il 75% della produzione mediatica europea», e inoltre presidiano «le borse, i mercati, gli investimenti industriali». Stabiliscono tutto: «Le assunzioni nelle corporation e nelle aziende statali strategiche, le commesse militari, chi deve andare su e chi giù, chi andrà a dirigere i canali televisivi, i giornali, le banche». Leggi, capitali, leader. Decidono tutto loro: «Parlare di Berlusconi o di Letta è inutile, sono persone che non contano nulla».

Il documentario di Moser e Lieuthert li mette a nudo: «Loro sono i monarchi, noi siamo i loro sudditi. Per queste persone noi non esistiamo come esseri umani, siamo – come ha ben sintetizzato il grande sociologo Zygmunt Bauman – un danno collaterale». Il loro obiettivo, in questa fase? «Distruggere ogni tentativo di costruire modelli di cittadinanza attiva e di opposizione ai partiti che loro controllano e finanziano in Europa». E’ intorno a questo club che si gioca la partita d’Europa, continua Modigliani: è fondamentale quindi conoscerne la genesi, le modalità di comportamento e la strategia di impiego. Solo così potremo «cominciare a parlare delle questioni vere, sapendo chi sono gli interlocutori veri, di cui in televisione e sul cartaceo non sentirete mai neppure una parola al riguardo». Chiaro: «Sapere chi sono e cosa fanno è fondamentale per aumentare le possibilità statistiche di poter vincere la battaglia europea per fermare questo massacro e avviare un processo di rifondazione dell’Europa dei diritti civili, della cultura, della civiltà: se non sappiamo neppure chi sono, come possiamo minimamente pensare di essere in grado di poterli contrastare?».

Accanto all’oscuro Carlo Bozotti, re della micro-elettronica che controlla l’infrastruttura web, siedono Paolo Scaroni dell’Eni e rampolli delle più importanti dinastie dell’élite italiana, da John Elkann del gruppo Fiat a Rodolfo De Benedetti della Cir. Sono gli onnipotenti signori della Ert, European Round Table of Industrialists, la super-lobby più potente della Terra. Fondata trent’anni fa su iniziativa di Reagan per controllare l’Europa, con la partecipazione di italiani come Umberto Agnelli e Carlo De Benedetti, la Ert è oggi la vera struttura di comando dell’Unione Europea, quella che “detta” le direttive ai vari Barroso e Van Rompuy, i quali poi – a catena – le passano agli ultimi esecutori periferici, che in Italia si chiamano Berlusconi e D’Alema, Letta e Monti. La notizia? «Ormai, convinti di aver vinto, si sono aperti il loro bravo sito dove si presentano per ciò che sono, suddivisi per settori di competenze e segmenti di mercato». Ora prova a smascherarli un documentario dirompente, “The Brussels Business”, diretto da Friedrich Moser e Mathieu Lieuthert, che verrà proiettato nelle principali città europee.

Sono la vera cupola che sovrintende al destino degli europei, scrive il blogger Sergio Di Cori Modigliani: «Decidono chi governa e chi non lo fa, stabiliscono se l’Italia avrà le larghe intese, se la Germania avrà la grosse koalition e se è il caso che il Belgio abbia o non abbia un governo. Decidono quali leggi far passare in Italia e nel resto d’Europa. Decidono quanti disoccupati ci devono essere o non essere, e se le imprese italiane devono o non devono essere pagate. Sono tutti membri del più potente club del pianeta. In confronto, il Bilderberg è folklore per nuovi ricchi a caccia di status sociale da esibire». La foto di gruppo dei fondatori parla chiaro: sul ponte di comando figurano i signori Thyssen, Siemens, Shell, Philips, Nestlé, Volvo, Renault. Oggi sono ancora più potenti, da quando Bruxelles ha centralizzato ogni decisione sul nostro futuro. Bce, Fmi, Commissione Europea, Eurozona. Siamo nelle loro mani. Hanno migliaia di funzionari, miliardi di budget. «Controllano il 75% della produzione mediatica europea», e inoltre presidiano «le borse, i mercati, gli investimenti industriali». Stabiliscono tutto: «Le assunzioni nelle corporation e nelle aziende statali strategiche, le commesse militari, chi deve andare su e chi giù, chi andrà a dirigere i canali televisivi, i giornali, le banche». Leggi, capitali, leader. Decidono tutto loro: «Parlare di Berlusconi o di Letta è inutile, sono persone che non contano nulla».

Il documentario di Moser e Lieuthert li mette a nudo: «Loro sono i monarchi, noi siamo i loro sudditi. Per queste persone noi non esistiamo come esseri umani, siamo – come ha ben sintetizzato il grande sociologo Zygmunt Bauman – un danno collaterale». Il loro obiettivo, in questa fase? «Distruggere ogni tentativo di costruire modelli di cittadinanza attiva e di opposizione ai partiti che loro controllano e finanziano». E’ intorno a questo club che si gioca la partita d’Europa, continua Modigliani: è fondamentale quindi conoscerne la genesi, le modalità di comportamento e la strategia di impiego. Solo così potremo «cominciare a parlare delle questioni vere, sapendo chi sono gli interlocutori veri, di cui in televisione e sul cartaceo non sentirete mai neppure una parola al riguardo». Chiaro: «Sapere chi sono e cosa fanno è fondamentale per aumentare le possibilità statistiche di poter vincere la battaglia europea per fermare questo massacro e avviare un processo di rifondazione dell’Europa dei diritti civili, della cultura, della civiltà: se non sappiamo neppure chi sono, come possiamo minimamente pensare di essere in grado di poterli contrastare?».

http://www.libreidee.org/2013/11/la-ver ... -politici/

...ma se non ci imponiamo x fare cambiare rotta a sto sistema,saremo carne da mecello......peggio del periodo buio dell'oscurantismo [:(!]

15/11/2013, 21:28

Ungheria in pieno boom economico dopo aver cacciato la TROIKA

Budapest – Il segretario di stato ungherese Peter Szijjártó ha annunciato, a margine della sua visita in Cina, appena conclusa, l’imminente apertura di una Trade House ungherese a Pechino. L’istituto statale, hanno spiegato le due parti, servirà ad ampliare l’export ungherese verso la Cina, già cresciuto del 16% su base annua in base ai dati di agosto 2013. Il segretario di stato ha firmato accordi di cooperazione sulla sanità e sul commercio, scrive l’agenzia di stampa MTI e ha incontrato il vice direttore per la commissione sulla Sanità Nazionale e la Famiglia Ma Xiaowei per firmare il piano di azione
2014-2016 che consentirà ai due Paesi di fissare uno schema di condizioni per la cooperazione sanitaria, farmaceutica e nella ricerca. Accordi anche per favorire l’esportazione di prodotti alimentari ungheresi in Cina e viceversa di quelli agricoli cinesi in Ungheria.
E intanto, continua a diminuire il numero dei disoccupati in Ungheria. Lo ha comunicato l’Ufficio statistico nazionale (Ksh) di Budapest, che in una nota ha specificato che nel terzo trimestre 2013 il “numero dei disoccupati è stato di 434 mila, 24 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2012#8243;.

Il tasso di disoccupazione nel Paese è così sceso al 9,8%, -0,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il 54,3% dei senza lavoro magiari, continua il comunicato, sono disoccupati da un anno o più, in media da 19,1 mesi. Sempre nel periodo luglio-settembre di quest’anno, il numero degli occupati nell’economia nazionale è stato di 3.990.000, +54.000 rispetto al 2012. (Ansa)
http://sapereeundovere.it/riscossa-ungh ... la-troika/

http://terrarealtime.blogspot.it/

16/11/2013, 11:15

L’euro “tedesco” ci porterà alla rovina.
Lo diceva Napolitano nel ’78


discorso in parlamento
http://keynesblog.com/2013/04/23/quando ... tro-leuro/

16/11/2013, 11:30

Thethirdeye ha scritto:


L’euro “tedesco” ci porterà alla rovina.
Lo diceva Napolitano nel ’78


discorso in parlamento
http://keynesblog.com/2013/04/23/quando ... tro-leuro/


tte nel 78 c'era ancora il muro,e la sinistra almeno a parole,si considerava la cinghia di trasmissione degli operai,ora hanno svoltato di 360°e sono amici dei banchieri.......[;)]

16/11/2013, 11:56

"Strano", èh ....? [;)]

16/11/2013, 12:35

Ufologo 555 ha scritto:

"Strano", èh ....? [;)]


tipico costume italiano,quando cambia il vento,meglio volgere la prua nella sua direzione di marcia.......... [;)]

16/11/2013, 14:24

Il club della Cupola Europea del business
(Alessandro Raffa)

Immagine

http://www.signoraggio.it/il-club-della ... usiness-2/


Parliamo di cose serie e cominciamo a fare i nomi. Veri.
Quali sono le personalità più influenti nel mondo politico-economico, in Italia?


Berlusconi? Letta? Alfano? Cicchitto? D’Alema? Casini? Monti?……
Nessuno di questi.
Sono tutti intercambiabili.
Sono tutte persone di seconda fila il cui compito consiste nell’imbonire gli italiani, ciascuno secondo le proprie competenze, per far loro credere di vivere sotto una democrazia e quindi eseguire gli ordini dei loro veri padroni.
Chi decide in Europa?
Merkel? Van Rompuy? Olli Rehn? Barroso? Draghi?
Nessuno di questi.
Sono tutti intercambiabili.
Sono tutte persone di seconda fila il cui compito consiste ecc., ecc.
Se io vi dicessi che, oggi come oggi, la persona più importante, più influente, e decisiva, nel campo delle tematiche sociali in Italia -tanto per fare un esempio- è un certo Carlo Bozotti, il 99,99% dei lettori si metterebbe a dire sostenendo “ma chi lo conosce a questo?”.
Infatti.
Qui sta il punto.
Chi decide in Europa è un pugno di uomini, ben allenati, amici tra di loro di lunga data.
Sono una cinquantina.
Costoro, sono la vera cupola che sovrintende ai destini degli europei.
Loro decidono chi governa e chi non lo fa. Loro stabiliscono se l’Italia avrà le larghe intese, se la Germania avrà la grossekoalition e se è il caso che il Belgio abbia o non abbia un governo.
Loro decidono quali Leggi far passare in Italia e nel resto d’Europa.
Loro decidono quanti disoccupati ci devono essere o non essere e se le imprese italiane devono o non devono essere pagate.
Sono tutti membri del più potente club del pianeta Terra.
In confronto, il Bilderberg è folclore per nuovi ricchi a caccia di status sociale da esibire.
Ecco, qui di seguito, tutti i nomi suddivisi per nazionalità e ordine alfabetico.
http://ert.eu/members
Il Club è nato nel 1982 e fortemente voluto, allora, da Ronald Reagan che ne affidò l’iniziale cura a Licio Gelli; costituisce lo zoccolo duro delle persone che prendono ogni decisione in Europa.
Complessivamente è stato calcolato che hanno a disposizione un budget intorno a 1,28 miliardi di euro, utili per pagare (e soprattutto coloro) che si dimostra necessario mettere nella lista della spesa per far varare leggi, dispositivi, spostare capitali, lanciare leader politici, ecc.
Il club si chiama ERT EUROPE.
Tranquilli! ecco il link: http://ert.eu/
E’ ufficiale. Non sono più clandestini. Lo erano fino a pochi mesi fa.
Ormai, convinti di aver vinto, si sono aperti il loro bravo sito dove si presentano per ciò che essi sono, suddivisi per segmenti, settori di competenze, segmenti di mercato.
I fondatori, circa 30 anni fa, sono le persone che vedete nella fotografia in bacheca. Loro sono davvero orgogliosi (e lo comprendo) delle loro origini. Le persone che vedete nella immagine sono:

Karl Beurle (Thyssen), Carlo De Benedetti (Olivetti), Curt Nicolin (ASEA), Harry Gray (United Technologies), John Harvey – Jones (ICI), Wolfgang Seelig (Siemens), Umberto Agnelli (Fiat), Peter Baxendell (Shell), Olivier Lecerf (Lafarge Coppée), José Bidegain (Cie de St Gobain), Wisse Dekker (Philips) Antoine Riboud (BSN), Bernard Hanon (Renault), François-Xavier Ortoli (EC), Pehr G. Gyllenhammar (Volvo), Etienne Davignon (EC), Louis von Planta (Ciba-Geigy), Helmut Maucher (Nestlé).


Questo era il nucleo storico. Alcune di queste persone non esistono più, decedute, come Umberto Agnelli, Harry Gray e altri ancora. Alcune aziende sono state incorporate da altre e quindi i rappresentanti sono cambiati. Ma il progetto, la strategia e la finalità del 1982 rimane la stessa: gestire l’Europa Occidentale come piace a loro.
Controllano il 75% della produzione mediatica europea. Mediaset la controllano attraverso gli incroci azionari trasversali e Berlusconi non lo hanno mai voluto dentro perchè lo considerano inattendibile e inaffidabile, troppo individualista per i loro gusti, gli danno ordini dall’esterno. Controllano le borse, i mercati, gli investimenti industriali. Stabiliscono le assunzioni nelle corporation, nelle aziende statali strategiche, le commesse militari, chi deve andare su, chi deve andare giù, chi deve andare a dirigere i canali televisivi, i giornali, le banche.
Le persone di questa lista, tutte insieme, hanno 1.500 uffici (perfettamente legali) a Bruxelles nei quali si dedicano e si occupano di lobby gestendo i rapporti con le apposite e specifiche commissioni europee. Parlare quindi di Berlusconi o di Letta è inutile; sono persone che non contano nulla. Questi sono quelli che decidono.

La loro attività è stata spulciata, monitorizzata e analizzata nell’ultimo anno da un migliaio circa di folli internauti (tra cui il sottoscritto) disseminati in Europa e California e dalla prossima settimana, partendo dalla Francia, inizia il processo di presentazione pubblica della cupola. Un gruppo di giornalisti investigativi anglo-americani, in accordo con un gruppo di intellettuali francesi e austriaci, hanno prodotto un documentario nel quale raccontano le gesta dei 15.650 impiegati a pieno regime che lavorano a Bruxelles per questa organizzazione al fine di fare business. Puro business. Loro sono i monarchi, noi siamo i loro sudditi. Per queste persone noi non esistiamo come esseri umani, siamo -come ha ben sintetizzato il grande sociologo Zygmunt Bauman- un danno collaterale.
Il loro obiettivo strategico, in questa fase attuale, consiste nel distruggere ogni tentativo di costruire modelli di cittadinanza attiva e di opposizione ai partiti che loro controllano e finanziano in Europa. Dalla prossima settimana, inizia la diffusione in diverse città di Europa del documentario intitolato “The Brussels Business” e diretto da Friedrich Moser e Mathieu Lieuthert che verrà proiettato in diverse città europee e poi diffuso anche in rete. Successivamente, comunicherò dove e quando è possibile vederlo a Roma, Milano, Palermo, Bologna.
E’ intorno a questo club che si gioca la partita d’Europa; è fondamentale, quindi, conoscerne la genesi, la modalità di comportamento, la strategia di impiego. In tal modo sarà utile poter cominciare a parlare delle questioni vere sapendo chi sono gli interlocutori veri, di cui in televisione e sul cartaceo non sentirete mai neppure una parola al riguardo.

Sono suddivisi in settori:
Competition Policy
Chairman: Jacob Wallenberg Convenor: Wolfgang Kopf Contact: Roeland Van der Stappen
Competitiveness
Chairman: Peter Löscher Convenor: Contact: Roeland Van der Stappen
Energy & Climate Change
Chairman: Bruno Lafont Convenor: Vincent Mages Contact: Kimberley Lansford
Raw Materials
Chairman: Convenor: Gunnar S. Jungk Contact: Roeland Van der Stappen
Societal Changes
Chairman: Carlo Bozotti Convenor: Tjerk Hooghiemstra Contact: Kimberley Lansford
Trade and Market Access
Chairman: Nils S. Andersen Convenor: Anders Würtzen Contact: Roeland Van der Stappen
CFO Task Force
Chairman: Peter R. Voser Convenor: Simon Henry Contact: Roeland Van der Stappen
(n.d.r: per CFO si intende tutta la normativa europea che riguarda finanza pubblica, suo impiego, sua tassazione, sua normativa)

Il nostro bravo Bozotti che dirige e coordina tutti gli aspetti legati alle politiche sociali in Europa è uno dei più importanti imprenditori italiani, leader nella produzione dei semi-conduttori, che ha il compito di assumere il controllo di tutta la produzione elettronica imbavagliando la rete. L’importanza del suo nome e della sua posizione è venuta fuori grazie al pragmatismo anglo-sassone. Un blogger, infatti, che si occupa di finanza, è rimasto colpito dal fatto che per ben tre volte il nostro concittadino entrasse dentro importanti aziende, le facesse fallire, e quando erano decotte poi venisse saldato con parcelle principesche. In una pubblicazione on line di cui avete qui il link http://www.electronicsweekly.com/ si chiedeva come mai ciò avvenisse, e poi si è dato da fare e ha costruito per noi la biografia di questo imprenditore, gentilmente condivisa con il popolo della rete http://www.leadersmag.com
Qui di seguito c’è la biografia del nostro sconosciuto imprenditore: Carlo Bozotti has held his current position since March 2005. He is the sole member of the Management Board and chairs the company’s Corporate Executive Committee and Corporate Strategic Committee. Bozotti also serves as Vice-Chairman of the Board of Directors at ST-Ericsson SA. He joined SGS-ATES (later renamed SGS Microelettronica), a predecessor company to STMicroelectronics, in 1977. Ten years later, SGS Microelettronica of Italy merged with Thomson Semiconducteurs of France and is today STMicroelectronics, which is among the leading semiconductor companies worldwide, Bozotti became General Manager of the Telecom Product Division and, subsequently, he was promoted to Director of Corporate Strategic Marketing and Key Accounts, and later, to Corporate Vice President, Marketing and Sales, Americas. In 1994, Bozotti was appointed Corporate Vice President for Europe and the Headquarters Regions. From 1998 to 2005, he served as Corporate Vice President and General Manager of the Memory Products Group. In 2011, Bozotti began a second (nonconsecutive) term as the President of the European Semiconductor Industry Association (ESIA).

He graduated with a degree in Electronic Engineering from the University of Pavia, Italy. Queste sono le persone che “stanno facendo oggi l’Europa e hanno fatto l’Europa così come oggi essa è”. E’ compito di ogni europeo pensante, di ogni professionista della comunicazione, di ogni intellettuale, di ogni libero cittadino, diffondere i nomi e ogni mansione e caratteristica pertinente di questi personaggi. Sapere chi sono e che cosa fanno e come lo fanno è fondamentale per aumentare le possibilità statistiche di poter vincere la battaglia europea per fermare questo massacro e avviare un processo di rifondazione dell’Europa dei Diritti Civili, della Cultura, della Civiltà. Se non sappiamo neppure chi sono come possiamo minimamente pensare di essere in grado di poterli contrastare?

Sergio Di Cori Modigliani

Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot ... upola.html

16/11/2013, 19:54

Il nuovo fronte

Gli anti-euro posso valere il 20 per cento
Cresce il potenziale elettorale delle formazioni politiche ostili alle istituzioni comunitarie E i partiti del centrodestra faranno a gara per intercettarne i consensi alle prossime elezioni

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Enrico Letta l’aria l’ha fiutata da tempo. «Le prossime Europee possono dare il risultato più anti-europeista della storia», ha lanciato l’allarme il presidente del Consiglio nei giorni scorsi. Il clima euroscettico, che da tempo avvolge gli altri partner europei, sta per piombare pure sull’Italia.

Le mire del Cav
Se in primavera si presentasse alle urne un partito dichiaratamente anti-euro, sulla falsariga del Fronte nazionale francese di Marine Le Pen e del Partito della libertà olandese di Geert Wilders, potrebbe superare facilmente il 20% dei consensi. Tanto vale, per i sondaggisti, il bacino elettorale che non se può più di Bruxelles. Un mercato cui potrebbe puntare soprattutto la nuova Forza Italia che oggi sarà tenuta a battesimo da Silvio Berlusconi.

Lo scorso 27 ottobre il sito scenarieconomici.it ha diffuso i numeri dell’ondata euroscettica. Il 22% degli interpellati ha dichiarato che sarebbe «senza dubbio» disponibile a votare una formazione fortemente anti-euro. Una percentuale che sale addirittura al 31% se si considerano gli elettori che prenderebbero «in considerazione» l’ipotesi di barrare il simbolo di un ipotetico partito euroscettico. Una lista che drenerebbe consensi soprattutto al centrodestra, che infatti in caso di presenza della nuova formazione vedrebbe scendere le proprie intenzioni di voto dal 30,3% al 19,1%. Il centrosinistra, invece, uscirebbe praticamente indenne, attestandosi sugli stessi consensi (32,6% senza il partito anti-euro, 31,8% con la nuova formazione). Un mercato elettorale di cui è a conoscenza Silvio Berlusconi, che non a caso in vista delle Europee si appresta a modulare il messaggio politico della nuova Forza Italia sulla stessa lunghezza d’onda del sentimento euroscettico.

Mercato in crescita
I numeri parlano chiaro: la fiducia degli italiani nell’Europa e nella moneta unica è in calo. In un anno, ha rivelato una ricerca Ipsos, gli italiani che si dichiarano insoddisfatti dell’euro sono passati dal 69 al 74%. «Il numero dei cittadini che apprezzano l’Unione così com’è diminuisce», conferma Arnaldo Ferrari Nasi, numero uno dell’omonimo istituto di ricerca, che monitora costantemente l’indice di fiducia degli italiani verso le istituzioni europee.

Per Maurizio Pessato, amministratore delegato di Swg, quantificare in circa il 20% il valore elettorale dell’area anti-euro è verosimile: «Non è altro che la fotografia della situazione esistente». Del resto basta mettere insieme, spiega il sondaggista, i risultati ottenuti alle Politiche dalle forze più ostili a Bruxelles, ossia Lega, Movimento 5 stelle e, in parte, proprio il Pdl. E da febbraio a oggi, certifica Pessato, il sentimento anti-euro è cresciuto. «La fiducia nell’Ue, e nella moneta unica, è calata. Sia per gli effetti della crisi, sia per la convinzione che il peso della Germania obblighi di fatto i Paesi del sud Europa alle difficoltà. Poi ci sono l’aumento dei prezzi e la contestuale diminuzione del potere d’acquisto». Tutti elementi che tra pochi mesi, quando la campagna elettorale per le Europee entrerà nel vivo, saranno destinati a pesare. «Per adesso il dibattito, anche tra le forze più spiccatamente anti-euro, è stato monopolizzato dalle vicende di politica interna, ma prima o poi l’ondata arriverà anche in Italia, è solo questione di tempo», avverte Pessato.

L’amministratore delegato di Swg, però, non crede che sia destinato a nascere una nuova sigla. «Per come sono strutturati i nostri partiti, non penso che ci sia spazio per la nascita di una nuova formazione esclusivamente anti-euro. Più facile pensare alla messa a punto di programmi, anche radicali, per le elezioni europee, da parte dei partiti in cui è più forte l’ostilità a Bruxelles: M5s, Lega, estrema sinistra e parte della nuova Forza Italia».

http://www.liberoquotidiano.it/news/eco ... cento.html

16/11/2013, 22:59

Ufologo 555 ha scritto:

Le mire del Cav
Se in primavera si presentasse alle urne un partito dichiaratamente anti-euro, sulla falsariga del Fronte nazionale francese di Marine Le Pen e del Partito della libertà olandese di Geert Wilders, potrebbe superare facilmente il 20% dei consensi. Tanto vale, per i sondaggisti, il bacino elettorale che non se può più di Bruxelles. Un mercato cui potrebbe puntare soprattutto la nuova Forza Italia che oggi sarà tenuta a battesimo da Silvio Berlusconi.


Ma sì.... cavalchiamo l'onda.... evvè? [:D]

17/11/2013, 09:36

(Veramente è sempre stato scettico ... Visto quello che combinò Prrrrrodi)

17/11/2013, 10:20

Ufologo 555 ha scritto:

(Veramente è sempre stato scettico ... Visto quello che combinò Prrrrrodi)


si ma come presidente della commissione europea,e'ricordatissimo x le sue grandi intuizioni,come le dimesioni dei cetrioli,pomodori,ed ortaggi vari,un vero luminare............................[;)]

17/11/2013, 10:59

Il cambio che ci cambiò la vita: “Danke Euro” avremmo detto se fossimo stati tedeschi, purtroppo siamo italiani!

17 novembre 2013 | Autore Redazione | Stampa articolo


di Michele Bellucco

Nei vari articoli che si trovano in rete si sente spesso citare il discorso del cambio lira/euro e di come questo abbia estremamente penalizzato l’Italia ed avvantaggiato, guarda caso, la Germania.

Per capire bene il forte aiuto che (a prescindere da tanti altri che verranno trattati in successivi approfondimenti) ha permesso alla Germania di acquisire un significativo vantaggio competitivo nei nostri confronti, bisogna fare un passo indietro, tornando allo SME (Sistema Monetario Europeo), che trovate più specificatamente descritto cliccando ad esempio su http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_monetario_europeo

Qui mi limito a farne una rapida sintesi solo per meglio comprendere lo scenario: nel marzo 1979 è entrato appunto in vigore tale sistema monetario al quale vi partecipavano le monete di Germania, Francia, Italia, Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo.

Era un sistema a cambi fissi (quindi decisi dall’uomo) con una limitata flessibilità dei tassi di cambio; ciò significava che la fluttuazione delle monete c’era ma era limitata da bande di oscillazione. Le varie valute erano “agganciate” tra di loro tramite un rapporto di cambio con l’ecu (sostituito poi dall’euro).

La lira rimase nello SME fino al 1992, quando due formidabili attacchi speculativi da parte di George Soros ci costrinsero, assieme alla sterlina, ad uscire; la lira vi rientrerà comunque nuovamente il 25 novembre 1996.

Ricordo che il 1º gennaio 1999 entrò in vigore l’euro, il cui tasso di cambio irrevocabile con la lira fu fissato a 1936,27 lire per 1 euro. Da quel momento la lira rimase in vigore solo come “espressione non decimale dell’euro”, anche se monete e banconote continuavano ad essere denominate in lire. Per tutte le forme di pagamento “non-fisiche” (trasferimenti elettronici, titoli, etc.) invece, da quella data si adottò solo l’euro. Il 1999 fu anche l’ultimo anno in cui la zecca coniò ed emise le monete, per la comune circolazione, denominate in lire.

Il 1º gennaio 2002, con l’entrata in circolazione delle monete e banconote in euro, si aprì una fase di doppia circolazione che poi si chiuse con un progressivo ritiro dal mercato di tutte le lire.

Se analizziamo questo file pdf che può essere semplicemente scaricato cliccando su http://www.mediasalles.it/ybk04nat/Ecu.pdf troviamo in evidenza, in sole quattro pagine, diverse tabelle da cui si nota l’evoluzione dei tassi di cambio tra le varie valute (lira, marco, etc..) dapprima con l’ecu e poi con l’euro.

Andiamo per gradi: a pagina 1 troviamo che nel 12/1989 c’era un rapporto di 1.511,3 lire per 1 ecu.

Sempre nel medesimo mese/anno servivano 2,0125 marchi tedeschi per “acquistare” (uso le virgolette in quanto l’ecu era una moneta virtuale) 1 ecu.

Visto che 1 ecu = 2,0125 marchi = 1.511,3 lire si evince che 1 marco = circa 751 lire.

Guardando i vari anni successivi troviamo un progressivo, seppur contenuto, apprezzamento del marco tedesco nei confronti dell’ecu (tradotto significa che bastavano meno marchi per “acquistare” 1 ecu) e contemporaneamente un progressivo e significativo deprezzamento della lira sempre nei confronti dell’ecu (servivano un numero sempre maggiore di lire per “acquistare” un ecu).

Fino ad arrivare nel 1999, anno in cui è stata fissata in modo irrevocabile la parità con l’euro utilizzando un rapporto di cambio di 989,99 lire per un marco.

Con un semplice esempio numerico cercherò di far capire come questi cambi “pilotati”, a prescindere da investimenti in ricerca e sviluppo e produttività (che sono i cavalli di battaglia di chi sostiene che la Germania abbia acquisito il suo vantaggio competitivo tutto da sola), abbiano comportato una significativa penalizzazione dell’Italia nei confronti della Germania.

I protagonisti dell’esempio sono:

Mr Euro che vive nel magico paese chiamato “Eurolandia”;


l’ impresa italiana;


l’impresa tedesca.


Mr Euro a dicembre 1989 si trova a disposizione 100.000 ecu; decide pertanto di investire l’equivalente di 50.000 ecu creando un’impresa in Italia e 50.000 ecu creando un’analoga struttura in Germania. Le due imprese sono strutturate in maniera identica e producono lo stesso prodotto; inoltre hanno la medesima marginalità ovvero, rispetto ai costi, riescono ad applicare una maggiorazione del 20 % che costituisce il loro margine (per semplicità lo chiameremo “utile”; mi perdonino i “puristi” dell’economia aziendale).

Visto il cambio 1 ecu = 2,0125 marchi, il nostro Mr Euro inizia il proprio investimento a fine 1989 in Germania investendo 100.625 marchi (l’equivalente appunto di 50.000 ecu). Tale denaro viene investito producendo ricavi annui per 120.750 marchi (ovvero il 20 % in più dei 100.625 marchi investiti).

Mr Euro decide di tenere gli utili in Germania (pari a 20.125 marchi, differenza tra 120.750 marchi di ricavi e 100.625 marchi di costi) e di reinvestire nuovamente i 100.625 marchi. Per semplicità ipotizziamo un tasso d’inflazione pari a zero (ovviamente la medesima ipotesi verrà fatto anche per l’impresa italiana).

Alla fine del secondo anno si troverà pertanto con ulteriori utili per altri 20.125 marchi (che sommati ai precedenti fanno 40.250 marchi) e di nuovo si troverà i 100.625 euro, pronti per essere investiti per un ulteriore anno.

E così va avanti di anno in anno, sempre con gli stessi volumi annui e con la stessa marginalità sino ad arrivare al decimo anno; alla fine del decimo (è ormai dicembre 1999) il nostro Mr Euro si trova pertanto a disposizione i 100.625 marchi che aveva all’inizio più gli utili dei 10 anni ovvero 201.250 marchi (20.125 marchi * 10 anni) per un totale di 301.875 marchi; il nostro Mr Euro che, come detto poc’anzi, vive nel magico mondo di “Eurolandia”, decide di chiudere l’azienda tedesca e portare a casa quanto investito più ovviamente gli utili, ovvero i 301.875 marchi; in quel momento Mr Euro scopre che il cambio è 1 euro (ex ecu) = 1,95583 marchi e pertanto si porta a casa la bellezza di 154.346,24 euro (ex ecu).

Nel dicembre 1989 il nostro Mr Euro aveva però investito anche l’equivalente di 50.000 ecu in un’industria italiana che produceva il medesimo prodotto e con la medesima marginalità e struttura dei costi.

Visto il cambio 1 ecu = 1.511,3 lire, il nostro Mr Euro inizia il proprio investimento a fine 1989 in Italia investendo più di 75 milioni di vecchie lire, per la precisione 75.565.000 lire (l’equivalente di 50.000 ecu); tale denaro viene investito producendo ricavi per 90.678.000 lire (ovvero il 20 % in più dei 75.565.000 di lire investiti).

Mr Euro, come fatto con l’impresa tedesca, decide di tenere gli utili in Italia (pari a 15.113.000 di lire ovvero 90.678.000 – 75.565.000) e di reinvestire nuovamente i 75.565.000 di lire. Per semplicità ipotizziamo un tasso d’inflazione pari a zero (ovvero la stessa ipotesi fatta per l’azienda tedesca).

Alla fine del secondo anno si troverà pertanto con ulteriori utili per altri 15.113.000 di lire (che sommati ai precedenti fanno 30.226.000 di lire) e di nuovo si troverà i 75.565.000 di lire iniziali; e così va avanti di anno in anno, sempre con gli stessi volumi annui e con la stessa marginalità sino ad arrivare al decimo anno; alla fine del decimo (è ormai dicembre 1999) il nostro Mr Euro si troverà pertanto a disposizione i 75.565.000 di lire che aveva all’inizio più gli utili dei 10 anni ovvero 151.130.000 di lire (15.113.000 lire * 10 anni) per un totale di 226.695.000 di lire; il nostro Mr Euro che come detto poc’anzi vive nel magico mondo di “Eurolandia”, decide di chiudere l’azienda italiana e portare a casa quanto investito più ovviamente gli utili, ovvero i 226.695.000 di lire; in quel momento Mr Euro scopre che il cambio è 1 euro (ex ecu) = 1936,27 lire e pertanto si porta a casa la bellezza di 117.078,20 euro (ex ecu).

Mr Euro si accorge che, pur avendo investito in due aziende identiche, con lo stesso grado di tecnologia, frutto dei medesimi investimenti in ricerca e sviluppo, due imprese con la stessa marginalità, con lo stesso volume d’affari, con il medesimo livello d’inflazione (per semplicità ipotizzato a zero; qualcuno potrebbe evidenziare che i tassi d’inflazione in Germania e Italia erano e sono tutt’ora diversi e che ciò sfalsa l’esempio numerico; rispondo che è vero che sono stati e sono diversi ma ciò non sfalsa l’esempio, semmai, se considerati, “amplifica” il risultato finale), alla fine dei dieci anni si trova con una differenza tra l’industria tedesca e quella italiana di ben 37.268,04 euro (ex ecu) pari a 154.346,24 euro (ex ecu) meno 117.078,20 euro (ex ecu).

Mr Euro all’inizio non capisce il perché della differenza; pensa che gli italiani lo abbiano “fregato” ma poi razionalmente apprende che tutto ciò è avvenuto unicamente per via del cambio; mentre il marco si era leggermente apprezzato nei confronti dell’euro (ex ecu) passando da 2,0125 marchi per 1 ecu a 1,95583 marchi per un euro (ex ecu), la lira si era molto svalutata (infatti era passata da 1.511,3 lire per 1 ecu a 1.936,27 per 1 euro).

Spero che questo esempio, pur con le semplificazioni adottate, abbia messo in luce il grande potere del cambio e come “manovrare un cambio”, prima con lo sme e poi con l’euro, abbia dato una significativa “mazzata” all’Italia, avvantaggiando pertanto la Germania.

Tornando all’esempio e vedendola da un’altra angolazione, troviamo un’ impresa italiana con all’inizio i suoi 50.000 ecu che alla fine dei 10 anni sono diventati 117.078,20 euro (ex ecu); in termini matematici, questa azienda ha avuto un rendimento medio annuo (in regime di interesse composto) del suo investimento pari a circa l’ 8,88 %.

E quella tedesca invece? Con i suoi 50.000 ecu che alla fine dei 10 anni sono diventati 154.346,24 euro (ex ecu), significa un rendimento medio annuo di circa l’ 11,93 %.

11,93 % – 8,88 % = 3,05 % di differenza sulla redditività annua a favore (che strano) dell’impresa tedesca.

Nell’esempio da me fatto, seppur con tutte le semplificazioni del caso, possiamo veramente affermare che l’azienda tedesca è riuscita a “vincere la “sfida” sulla concorrente italiana perché è stata più brava? Perché ha investito in ricerca e sviluppo? Perché è stata più produttiva?

Al lettore lascio questa “difficile” risposta.

Purtroppo al popolo italiano bisogna raccontare la “storiella” che gli italiani non hanno investito / non stanno investendo sufficientemente in “ricerca e sviluppo” e che non sono abbastanza produttivi…

Occhi aperti quindi!

Michele Belluco
http://www.stampalibera.com/?p=68550
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