Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 451 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 ... 31  Prossimo
Autore Messaggio

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 14885
Iscritto il: 26/12/2009, 12:30
Località: ravenna
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 22/07/2012, 12:49 
Che cosa ci possiamo aspettare in futuro?
Io credo che sia indispensabile fare delle previsioni perché le nostre politiche di
investimento dovranno essere in linea con le previsioni da noi fatte.
Queste politiche però dovranno essere necessariamente flessibili perché le
previsioni possono rivelarsi parzialmente o anche totalmente errate e la nostra
abilità dovrà consistere nell’essere capaci di adattarci ai cambiamenti senza cadere in
trappole mentali che ci portino a difendere dogmaticamente quello che avevamo
previsto.
Da quando è esplosa questa crisi economica, posso dire di aver letto di tutto e di
più, osservando che, molto spesso, i commentatori ed i giornalisti sono impregnati
di pregiudizio nei confronti delle vicende in corso, a causa della loro testardaggine
nel voler portar avanti una teoria precedentemente abbracciata. Come spesso
accade alla mente umana, queste persone finiscono per cogliere solamente quegli
aspetti che confermano le loro teorie ed i loro pregiudizi iniziali, limitando così la
loro capacità di pensiero e di previsione nei confronti del futuro.
Credo di poter dire che noi non abbiamo pregiudizi poiché il nostro scopo è solo
quello di comprendere il modo migliore per investire il denaro in futuro.
Personalmente, ritengo che il problema dei problemi, in futuro, sarà l’ammontare
dei debiti pubblici e il solo modo di risolvere efficacemente il problema dell’enorme
debito pubblico in Italia, così come nella maggior parte degli stati occidentali, sia
quello di provocare inflazione.
Ai cosiddetti esperti sfugge qualcosa riguardante il debito pubblico. In buona
sostanza essi sostengono che (ed è assolutamente vero) in caso di aumento
dell’inflazione il debito pubblico non sarà più sottoscritto ai tassi di interesse attuali
ma a tassi di interesse superiori, in linea con l’inflazione.
CIO’ E VERO MA IL DEBITO PUBBLICO GIA’ EMESSO AD UN TASSO
D’INTERESSE PREFISSATO NON SUBIREBBE ALCUNA VARIAZIONE
DI RENDIMENTO.
2
Il debito pubblico italiano é solo per il 17% circa indicizzato (CCT 9,56% - CCT
EU 1,35% E BTP EURO I 6,65% - Vedi tabella I allegata).
Tutti gli altri titoli non sono indicizzati e la vita media del debito è di 7,13 anni (vedi
tabella II allegata).
Rileviamo inoltre che, intelligentemente, i tecnici del dipartimento del tesoro
italiano hanno ridotto i titoli a tasso variabile dal 63% del 1993 al 17% del 2009.
Questo significa che ai politici è stato servito su un piatto d’oro la possibile
soluzione del gravissimo problema del debito pubblico!
Il debito pubblico italiano ha un costo mediamente del 3,6%. Se per 7 anni
fossimo di fronte ad un’inflazione del 10%, il debito pubblico italiano si ridurrebbe
ogni anno del 6,4%. In pochi anni quindi, il debito pubblico potrebbe essere
riportato al 75-80% del PIL, percentuale questa sicuramente accettabile dai mercati
(ricordiamo che il trattato di Maastricht prevedeva un debito pubblico al 60%).
L’obiezione più corrente è che i risparmiatori non accetterebbero una soluzione di
questo genere. Sicuramente questa non è una soluzione che va sbandierata ai 4
venti ma io non riesco ad immaginare manifestazioni pubbliche di risparmiatori a
reddito fisso.
D’altra parte l’alternativa a questa soluzione sembra essere quella proposta dalla
cancelliera tedesca Merkel e cioè quella della politica “lacrime e sangue” abbracciata
anche dal nostro Ministro delle finanze Tremonti.
Teoricamente è possibile ridurre il debito tagliando la spesa ma, a mio parere, è
praticamente impossibile se non si vuole rischiare la “pace sociale”.
E’ sicuramente più agevole ridurlo creando inflazione e in buona sostanza facendo
pagare ai sottoscrittori del debito pubblico il costo del riequilibrio dei conti
pubblici.
3
L’inflazione potrebbe avere un ulteriore impatto positivo sul debito pubblico
riducendo la spesa pubblica in condizioni di relativa “pace sociale”; questo per
motivi che potremmo definire psicologici ma estremamente importanti.
Supponiamo di avere di fronte una serie di dipendenti con uno stipendio pari a
mille euro mensili. Se l’inflazione fosse pari al 10%, ecco che sarebbe possibile
mantenere i salari nominali pari a mille euro, senza dover intaccare il valore
nominale di ciò che il dipendente percepisce anche se in verità, con questo livello
d’inflazione, il suo potere d’acquisto diminuirebbe del 10%. Al contrario,
analizzando un caso di deflazione, in cui il potere d’acquisto aumenti, ad esempio,
del 10%, ci si troverebbe nella situazione in cui lo stato dovrebbe ridurre il salario
del 10%: una soluzione ritenuta inaccettabile e sicuramente meno percorribile del
caso in cui, dato l’aumento dei prezzi, il valore nominale del salario resti lo stesso.
L‘obiezione potrebbe essere che i sindacati difficilmente accetterebbero una
soluzione del genere.
Certo, però, il governo avrebbe in mano una carta per poter ad esempio aumentare
i salari non del 10% ma del 5% con ulteriore sollievo per le finanze pubbliche.
Negli Stati Uniti si sta portando avanti questa politica immettendo liquidità sul
mercato.
Si è già annunciato un programma per 600 miliardi di dollari ma potremmo arrivare
a 1000 miliardi.
Secondo i vari opinionisti, si tratterebbe di uno stratagemma per far indebolire il
dollaro, aumentando così le esportazioni americane con l’intento di arginare anche
il tasso di disoccupazione statunitense, vicino al 10%. Analizzando però questi dati,
emerge chiaramente l’effetto più importante di questa manovra: una riduzione di
mille miliardi su un debito pubblico pari a circa undici mila miliardi significherebbe
una riduzione del debito pubblico americano vicino al 10%.
4
Ma, se gli americani possono concedersi quest’opportunità, la situazione europea
appare assai differente. Non dimentichiamoci infatti che nel vecchio Continente, i
vari stati della CEE non detengono alcun potere sulla Banca centrale e che la
maggior parte dei Paesi europei non hanno più una valuta di riferimento propria,
ma sono tutti ugualmente assoggettati alla moneta unica, l’euro. Conseguentemente,
la politica dell’immissione monetaria non è più prerogativa degli Stati, ma sarebbe
possibile soltanto per i burocrati della Comunità economica europea che sono
fortemente influenzati dalla Germania.
Altro grande vantaggio degli Stati Uniti: gran parte del debito pubblico americano è
espresso in dollari e quindi, se il dollaro dovesse svalutarsi (come loro potrebbero
auspicare) , ecco che lo Stato si ritroverebbe ad aver ridotto sensibilmente il peso
del proprio debito pubblico. Al contrario, gli stati della Comunità economica
europea non hanno una singola valuta di riferimento per ogni Paese, e quindi il loro
indebitamento è espresso principalmente in euro.
Visto l’atteggiamento della FED americana che ha sposato in pieno le teorie di
Krugman e che intende quindi immettere sul mercato liquidità, si creerà in questo
modo un’inflazione potenziale ed una riduzione del debito pubblico certa.
Considerazioni alla mano, ritengo che gli Stati Uniti non corrano il rischio di
insolvenza per questa loro possibilità di immettere liquidità e di indebolire il
dollaro, rimborsando il proprio debito pubblico in moneta svalutata.
Se la mia preoccupazione non riguarda pertanto l’America, l’atteggiamento degli
Stati della Comunità economica europea mi lascia perplesso. Ho infatti
l’impressione che la classe dei burocrati miri a difendere la moneta unica, il cambio
ma soprattutto, l’idea di non inflazionare il mercato. A condizionare questi tipi di
scelta è certamente la Germania, stretta nella morsa del ricordo del proprio passato
storico, non così lontano, in cui l’inflazione aveva raggiunto livelli parossistici,
mettendo in ginocchio il Paese e facendolo scivolare velocemente nella
disperazione, terreno fertile per la propaganda nazista.
5
La Germania quindi, preferirebbe imporre a tutti gli altri Stati europei una politica
di “lacrime e sangue” (come sta accadendo in Grecia, e come vorrebbero applicare
anche in Irlanda, Portogallo ed altri Paesi), caratterizzata dalla volontà di imporre la
riduzione della spesa pubblica con gravi ripercussioni sulla pace sociale.
Questo ragionamento è tuttavia estremamente rischioso e potrebbe sfociare nel
dramma poiché, nel caso in cui uno degli Stati dovesse fallire, dichiarando così il
proprio stato di insolvenza nei confronti dei risparmiatori che hanno sottoscritto il
loro debito pubblico, immediatamente dopo i mercati reagirebbero in modo
parossistico, aumentando drammaticamente i tassi a cui i governi dovrebbero
sottostare per collocare il loro debito pubblico. Ciò innescherebbe un’escalation
pazzesca poiché indurrebbe tutti a riconsiderare le previsioni del debito pubblico
che, dovendo essere collocato a tassi di interesse superiori, provocherebbe
immediatamente un disastro totale.
Si sentono spesso delle proposte bizzarre per cercare di arginare questa crisi. Per
esempio l’idea della Merkel di emettere bond che avrebbero sin dall’inizio
incorporato il rischio di rimborsare soltanto l’80%. E’ evidente che questa visione
non tiene conto delle preoccupazioni dei risparmiatori che, testando l’incapacità da
parte dello Stato di pagare il 20%, non sarebbero mai disposti a sottoscrivere il
rimanente 80% del debito pubblico a tassi d’interesse normali. Questa proposta
dunque, sponsorizzata anche dalla stessa cancelliera tedesca, non può certamente
essere presa in considerazione poiché sfida ogni logica del buonsenso.
Ho l’impressione che molti commentatori e molti risparmiatori pensino che, la
ricchezza accumulata nei paesi occidentali sia tale da permettere di poter intervenire
in situazioni di emergenza applicando una specie di patrimoniale straordinaria.
Vedi ad esempio Giuliano Amato su il Sole 24 Ore di Domenica 9 Gennaio 2011.
Ricordiamo che Amato fu primo ministro quando venne imposto un prelievo dello
0,6% su tutti i depositi bancari.
6
Chi asserisce queste cose però non sa far di conto.
La situazione del debito pubblico italiano del 2011 è ben diversa da quella del 1992.
Il debito pubblico è oltre i 1800 miliardi di euro. Per riportarlo al 60% come
previsto da Maastricht il debito pubblico dovrebbe essere ridotto di 900 miliardi.
Supponendo di applicare una patrimoniale che incida percentualmente su ognuno
dei 13 milioni di nuclei familiari, dovremmo chiedere ad ogni nucleo famigliare
circa 70.000 euro.
Ottimisticamente voglio pensare che almeno il 30% dei nuclei familiari italiani sia in
grado di sborsare una patrimoniale di,supponiamo, almeno 80.000 euro.
Ancora ottimisticamente voglio supporre che il 10% sia in grado di pagare 80.000
euro, che un 10% sia in grado di pagare 120.000 euro e che un 10% sia in grado di
pagare 500.000 euro. In questo caso avremmo i seguenti numeri:
1.300.000 nuclei fam. x 80.000 euro = 104 miliardi
1.300.000 nuclei fam. x 120.000 euro = 156 miliardi
1.300.000 nuclei fam. x 500.000 euro = 650 miliardi.
Totale = 910 miliardi.
Ma è realistico chiedere queste cifre agli italiani? Io ho l’impressione che siamo nel
mondo dei sogni. Qualche “cervellone” potrebbe obiettare che parte di questa
patrimoniale potrebbe essere pagata dalle aziende. Le aziende in questo momento
faticano a sopravvivere. Figuriamoci se possono fare uno sforzo del genere.
E a tutto questo si aggiunga il costo che in termini di prodotto interno lordo
potrebbe avere una manovra di questo genere.
Escluso quindi lo scenario dello stato di insolvenza parziale, ci troveremo di fronte
a due sole possibilità: lo stato di insolvenza totale, oppure l’attuazione di una linea
d’azione comune analoga a quella americana, frutto di un incontro tra gli esponenti
della comunità economica europea.
7
Ecco allora che, inflazionando il mercato, si porterebbe il livello di indebitamento
del debito pubblico a livelli accettabili rispetto al PIL.
Analizziamo quindi con attenzione il tipo di investimenti adatti all’ipotesi in cui le
autorità monetarie accettassero l’inflazione.
Io ritengo le valute un veicolo per fare investimenti e non un investimento fine a se
stesso e pertanto di mio scarso interesse.
Se però dovessi scommettere direi che nel futuro sia il dollaro che l’euro sono
destinati a perdere di valore nei confronti di valute “nuove” quali il Rublo russo, il
Real brasiliano, lo Yuan cinese.
Analizziamo quindi i possibili investimenti:
1 - Reddito fisso: sin troppo ovvio senza bisogno di tante spiegazioni che sarebbe
un investimento assolutamente penalizzato.
2 -Titoli azionari: tendenzialmente le Borse dovrebbero beneficiare di questo tipo
di scenario. Io ritengo però che vadano fatte anche delle considerazioni di carattere
sociale.
2/a- L’inflazione comunque non prescinderà dal fatto che gli Stati non perderanno
l’occasione, in caso di aumento dei titoli azionari, di aumentare le imposte. Lo
scenario inflazionistico darebbe quindi alle autorità fiscali un ottimo alibi per tassare
l’aumento dei titoli azionari.
2/b- Ritengo che per il futuro sarà molto importante avere un controllo stretto del
proprio danaro oppure un rapporto diretto con chi lo gestisce. I veri danni, sul
piano sociale, dell’espansione del debito dei primi sette anni dell’attuale secolo, non
si sono ancora pienamente visti e, da discreto conoscitore del genere umano,
ritengo che difficilmente gli individui accetteranno di ridurre i loro standard di vita
e, di conseguenza, potranno essere tentati di amministrare i soldi di terzi in modo
poco chiaro. Per intenderci credo che i casi Parmalat, Cirio ed Enron saranno in
futuro all’ordine del giorno e l’acquisto di titoli azionari comporta la delega in
bianco a persone sconosciute.
8
3 - Fondi di investimento: vale per i fondi quello che ho appena detto per i titoli
azionari con un peggiorativo. Le strutture che possono compiere operazioni poco
chiare sono due: il management della società dove finisce il danaro ed il
management del fondo stesso.
4 - Oro: sono stato uno dei sostenitori dell’acquisto di oro ma a questi prezzi io
non ne ho più il coraggio.
5 - Immobili:
5/a- In Italia e nei Paesi sviluppati nello scenario da me previsto sarebbero
sicuramente destinati a rivalutarsi ma in misura inferiore alle rivalutazioni a cui
potremmo assistere in Paesi con un debito pubblico contenuto con “pace sociale”,
stabilità politica e prezzi ancora relativamente bassi. Inoltre vale per gli immobili
quello che abbiamo detto per i titoli azionari: in caso di rivalutazione assisteremmo,
nei Paesi ad alto debito pubblico, ad una pressione fiscale in deciso aumento.
5/b- Immobili in Paesi politicamente stabili, socialmente tranquilli, senza debito
pubblico e con prezzi ancora relativamente bassi. Sono tanti e alcuni sono
emergenti e poco conosciuti mentre altri sono appena emersi e sono maggiormente
conosciuti. Tra i primi citerei la Cina ed il Vietnam, mentre tra i secondi citerei la
Russia, l’Estonia, la Lituania e la Lettonia. Personalmente preferisco i secondi
perché da me meglio conosciuti. Voglio anche ricordare che i Paesi Baltici hanno
fatto una politica di difesa del cambio che ha comportato lacrime e sangue ma che i
popoli di quei Paesi (abituati a soffrire) hanno accettato. Oggi i mercati immobiliari
di questi Paesi sono già in ripresa.


Iniziative immobiliari: L’investimento che da imprenditore prediligo è
l’investimento in iniziative immobiliari sempre in Paesi politicamente stabili,
socialmente tranquilli e senza debito pubblico. La mia preferenza è determinata dal
fatto che alla rivalutazione immobiliare posso aggiungere il plus valore
imprenditoriale. La mia esperienza mi dice che, avendo ottenuto dei risultati vicini
al 20% all’anno fino al 2008 in Russia, in Estonia, in Lettonia ed in Lituania, nei
prossimi anni in questi Paesi sarà relativamente facile ripetere queste performance.
Se invece lo scenario inflazionistico non dovesse prevalere e la situazione dei debiti
pubblici dei Paesi Occidentali dovesse scappare di mano, assisteremmo ad uno
scenario sicuramente peggiore e probabilmente drammatico.
Credo di poter dire che in questo caso tutti gli investimenti verrebbero penalizzati
e, a parte il periodo iniziale, anche la liquidità.
Infatti la perdita di fiducia dei risparmiatori, in caso di default, sarebbe tale da
bloccare risparmiatori e consumatori.
Questo potrebbe sfociare anche in forti tensioni sociali. Ma al di là di un primo
momento di sbandamento, io credo che l’unica possibilità per le banche centrali e
per i governi sarà quella di inflazionare il mercato. Quindi anche in questo caso
come nel caso precedente gli investimenti da attuare sarebbero gli stessi.
Si tratta solo di stabilire quanto durerà la Banca Centrale Europea sulle sue
posizioni. Io credo che questo periodo sarà piuttosto limitato perché la
sopravvivenza degli Stati e dei loro sistemi politici diverrà a quel punto, nonostante

la Merkel, ben più importante del controllo dell’inflazione.
La grande differenza sarà che nel 1° caso l’inflazione sarà controllata. Nel 2° caso
sarà totalmente fuori controllo.


http://affaritaliani.libero.it/static/u ... ro-rev.pdf


Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Nonno sapienteNonno sapiente

Non connesso


Messaggi: 49592
Iscritto il: 27/12/2007, 11:23
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 22/07/2012, 12:55 
Immagine



_________________
Immagine Operatore Radar Difesa Aerea (1962 - 1996)
U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 22/07/2012, 16:17 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:
...

I nomi? Eccone alcuni...

Hans Joachim Voth
Nino Galloni
(http://www.movisol.org/10news117.htm)

Bruno Amoroso
(http://www.focus.it/community/cs/forums ... 81587.aspx)

Hans Werner Sinn
(http://cambiailmondo.org/2012/07/06/ger ... bruxelles/)

Robert Solow
Amartya Sen
Eric Maskin
Gary Becker
Jospeh Stiglitz
Paul Krugman
Jeff Madrick
(http://ilmalpaese.wordpress.com/2012/06 ... austerita/)



Voci autorevoli fuori dal coro avvisano che la strada dell'austerity non ha mai portato a nulla di buono... Chi propugna la via del rigore potrebbe avere nel prossimo futuro la responsabilità di riconsegnare l'europa a un capitolo che pensavamo di avere superato.

L'obiettivo dell'austerità imposta dai mercati ha come obiettivo il ritorno del nazi-fascismo? Il lavoro di Hans Joachim Voth dimostra proprio questo...

Tratto da:
http://versounmondonuovo.wordpress.com/ ... chim-voth/


E, in fondo al tunnel dell’austerità neoliberista, già si scorge la nostra sorte…

Bisogna proseguire su questa strada, non c’è possibilità di uscire da questo sentiero più virtuoso e responsabile che abbiamo intrapreso…Ci impegnamo ad avere anche nella Costituzione il pareggio di bilancio. Non possiamo che continuare su questa strada. Le misure che vengono definite di austerità sono state imposte da una situazione molto delicata, come la crisi del debito sovrano in Europa, anche se le cause e le dimensioni della crisi economica sono molteplici. Ci muoviamo in questo orizzonte, sapendo che è il 2012 già è e sarà un anno difficile per le nostre economie.
Giorgio Napolitano, 20 marzo 2012

Quello che certamente si verificherà sarà una recessione dell’Area e il default della Grecia, con la possibilità che Atene arrivi all’abbandono dell’euro. Niente di tutto ciò renderà la vita facile al Portogallo.
Paul Krugman, Nobel per l’Economia, 28 febbraio 2012

Benché l’austerità non dia frutti, la risposta politica è quella di chiederne sempre di più. La crisi vede vacillare paesi come Spagna e Irlanda, che prima della crisi avevano avanzi di bilancio.
Joseph Stiglitz, Nobel per l’Economia, 7 marzo 2012

A me sembra che l’impostazione sindacale di Landini, che parte dai principi (repubblica imperniata sul lavoro, diritto di ogni cittadino al lavoro) piuttosto che dalle leggi naturali (domanda, offerta, libero scambio)…sia una scheggia di quel sindacalismo che prevaleva nell’Italia del dopoguerra, figlio dell’estremismo di sinistra.
Piero Ottone, Repubblica (un quotidiano che si diceva di sinistra), 22 marzo 2012

Notare la perla: ai principi costituzionali Piero Ottone antepone le “leggi naturali” (?), che poi sarebbero quelle del più forte ma detto in modo più algido, dimenticando che è proprio per difendersi da questo che i principi cui fa riferimento Landini sono stati scritti in Costituzione.…La gente accetta per auto-evidenti affermazioni che sono tali solo perché appartengono al filone di pensiero prevalente. Mala tempora.
Mauro Poggi, 22 marzo 2012

...

Herbert Hoover nell’America della Depressione e Arnold Schwazenegger in California hanno già dato ampia dimostrazione degli effetti dell’austerità neoliberista. Un altro politico che adottò la stessa strategia in un’analoga situazione fu il cancelliere di Weimar Heinrich Brüning: dopo di lui arrivò al potere Hitler, sull’onda del disastro economico prodotto dai suoi tagli alla spesa pubblica.

Chi predica il dogma dell’austerità (incluso Napolitano) non può essere in buona fede. Lo ripeto: Napolitano e Monti non possono non sapere che stanno distruggendo l’economia italiana. Il loro è, necessariamente, un piano consapevole (è comunque anche possibile che Napolitano sia semplicemente troppo ignorante o senile per capire cosa sta succedendo). Monti, Cameron, Merkel, Sarkozy, Papademos, ecc. sono i Brüning dei nostri tempi.

È indispensabile fare un buon lavoro di sensibilizzazione perché il deterioramento degli standard di vita spingerà molte persone normalmente apatiche a prendere posizione e protestare contro un sistema sempre più iniquo. Questi milioni di persone, catapultate improvvisamente sul palcoscenico della storia, saranno un boccone prelibato per i demagoghi e potrebbero cadere nella trappola dell’estremismo di destra.

Sono giunto alla conclusione che il piano dell’élite sia appunto questo, perché, lo ripeto, è impossibile che non abbiano appreso neppure i rudimenti della storia economica. La crisi economica e l’attacco israeliano all’Iran saranno impiegati per demolire lo stato di diritto democratico e, se non li fermeremo in tempo, instaurare qualcosa di molto diverso e di molto minaccioso. A questo proposito, riporto una fantastica analisi di Blicero:

“La parola che definirà il 2012 è principalmente una: austerità. La crisi azzanna le economie, il corpo della società è malato, la recessione incombente: l’unica soluzione è ingurgitare il pesante cocktail di tagli alla spesa pubblica, aumenti di tasse, esuberi, licenziamenti di massa e benzina a prezzi greci. Certo, i sacrifici – assicurano alteri e sobri i nostri politici/governanti – saranno durissimi. Ma alla fine la crescita sboccerà di nuovo, e la prosperità, dopo il carpet-bombing di misure di austerità, tornerà a scoccare e risuonare impetuosa in tutti i cieli d’Europa."

Giusto? Non proprio. Se si guarda alla storia dei programmi di austerità degli ultimi 90 anni si nota esattamente l’inverso: svolte autoritarie, feroci scontri di piazza, tensione sociale, massacri, colpi di stato, rovesciamenti di governi e l’ascesa di regimi dittatoriali. Il paper “Austerity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010” scritto da Jacopo Ponticelli e Hans-Joachim Voth rileva in maniera scientifica la correlazione tra austerità e instabilità politica e sociale.

In “Austerity and Anarchy” i due studiosi individuano cinque diversi tipi di instabilità (manifestazioni contro il governo, riots, assassinii, scioperi generali e tentativi di rivoluzione) in Europa nel periodo 1919-2009. Gli indicatori sono assommati e aggregati in una variabile chiamata CHAOS. Nella prima immagine, come si vede, gli anni antecedenti/successivi alla seconda guerra mondiale, gli anni ’70 e la fine anni ’80/inizio anni ’90 sono estremamente turbolenti.

Immagine
(Grafico #1: Numero di incidenti in Europa, 1919-2009. Fonte: Ponticelli, Voth, “Austerity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010#8243;)

Nella seconda immagine le barre indicano il numero di incidenti per anno e Paese. Più la barra diventa scura, più i tagli alla spesa pubblica sono massicci. Una volta che i tagli raggiungono il 2% del PIL, l’instabilità aumenta esponenzialmente. Quando i tagli arrivano al 5% del PIL vuol dire una cosa soltanto: Grecia odierna – e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Immagine
(Grafico #2: Disordini e tagli al budget. Fonte: Ponticelli, Voth, “Austerity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010#8243;)

Il programma di austerità più catastrofico della Storia è sicuramente quello della Repubblica di Weimar, portato avanti nel pieno della Grande Depressione (tra il 1930 e il 1932) dal “cancelliere della fame” Heinrich Brüning.

Dopo aver appreso i fondamenti dell’austerity durante il dottorato alla London School of Economics, il cancelliere era fortemente supportato nel suo piano dai big dell’industria tedesca. Ma dopo due anni di austerità la situazione era degenerata: Brüning sospese di fatto la democrazia parlamentare e governò a colpi di decreti emergenziali; la disoccupazione raddoppiò dal 15% del 1930 al 30% del 1932; la miseria dilagò; le proteste si fecero sempre più violente; e le milizie paramilitari e i nazisti acquisirono un potere sconfinato. Brüning fu infine costretto a dimettersi, e nel 1933 salì al potere un certo Adolf Hitler.

Un altro interessante caso di studio sull’efficacia dei programmi di austerità è la Lituania dei primi anni ’90. L’URSS era appena collassata e la piccola repubblica sovietica cercava di sganciarsi definitivamente dall’orbita del Cremlino, anche e soprattutto sul versante economico. Per fare ciò, il governo lituano si rivolse all’economista Larry Summers (ex Segretario del Tesoro sotto Clinton ed ex presidente del National Economic Council sotto Obama), che prescrisse la solita medicina dell’austerità per la transizione dall’economia pianificata al libero mercato.

I risultati? Disoccupazione alle stelle, corruzione galoppante, una popolazione che addirittura rimette al potere i comunisti (nel 1992, appena due anni dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Russia) ed il più alto tasso di suicidi del mondo. Nel 1990, infatti, in Lituania il tasso era fermo a 26.1 persone su 100.000; dopo appena cinque anni era schizzato a 45.6 su 100.0002.

Immagine
(Grafico #3: Suicidi in Lituania, 1986-1996. Fonte: Haghighat, “Psychiatry in Lithuania: the highest rate of suicide in the world” in “The Psychiatrist”)

[…].

I programmi di austerità non sono stati sperimentati solo in Europa. Nel paper “Tightening Tensions: Fiscal Policy and Civil Unrest in Eleven South American Countries, 1937-1995”, Hans-Joachim Voth analizza la corrispondenza tra le misure di austerità e l’instabilità politico-sociale in undici stati sudamericani nel periodo 1937-1995. Il risultato della ricerca, scrive Voth, “mostra una chiara e positiva correlazione tra austerità e instabilità”.

...

L’idea della “naturalizzazione de-politicizzata” della crisi sembra essere irrimediabilmente passata. Se vogliamo tornare a crescere, in parole povere, dobbiamo ingoiare l’amara pillola, rinunciare alle nostre pensioni, accettare di buon grado i tagli agli stipendi, accogliere con spirito di sacrificio lo smantellamento dello Stato sociale, chiudere un occhio sulle chiusure delle fabbriche, delle aziende e credere ciecamente nei vari pacchetti Salva-Qualcosa e Cresci-Qualcosa.

Il punto è che le misure di austerità non sono, come propugnano certi economisti e policy makers, l’unica & imprescindibile soluzione per imboccare nuovamente la retta via fiscale. La storia recente è lì a dimostrarlo: l’austerità non ha fatto altro che deprimere l’economia dei paesi che l’hanno adottata e ha risucchiato le società in una spirale di caos e disordine. “Ad eccezione della Germania, tutti i governi europei si stanno facendo in quattro per dimostrare ai mercati che non esiteranno a fare quello che è necessario – ha dichiarato tre giorni fa al New York Times Charles Wyplosz (professore di economia al Graduate Institute di Ginevra), riferendosi ai pacchetti di austerity approvati in questi ultimi mesi – Con questo tipo di politica stiamo andando dritti contro un muro. È follia pura”.

Quando si dice che l’alternativa all’austerità semplicemente non esiste, è una menzogna. Le misure di austerity sono una precisa scelta politica. Non è qualcosa che piove dall’alto. E non è nemmeno una catastrofe inevitabile come un terremoto, uno tsunami ... Piuttosto, è la consapevole decisione di sfracellarsi contro un muro con una macchina senza l’airbag di serie”.


E finalmente abbiamo capito chi vuole instaurare regimi nazi-fascisti in Europa... e non è Nigel Farage! [:o)]



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 22/07/2012, 16:24 
Amartya Sen: riprendiamoci la democrazia

La crisi della Grecia dimostra cosa succede quando la politica cede la sua autorità a istituzioni non elette come le agenzie di rating. È il momento di invertire la tendenza

Immagine

L’Europa ha indicato al mondo intero la via della democrazia, ed è preoccupante che i pericoli per l’odierna pratica democratica – che arrivano passando dalla porta sul retro della priorità finanziaria – non ricevano la debita attenzione. La governance democratica europea potrebbe essere compromessa dal ruolo sempre più centrale delle istituzioni finanziarie e delle agenzie di rating, che ormai spadroneggiano in ampi settori dello scenario politico europeo.

È necessario prima di tutto distinguere tra due questioni. La prima riguarda le priorità democratiche e il posto che esse devono occupare, inclusa quella che Walter Bagehot e John Stuart Mill chiamavano la necessità di “una governance tramite la discussione”. Supponiamo che i boss della finanza abbiano una comprensione realistica di ciò che occorre fare: in un dibattito democratico ciò corroborerebbe la tesi per cui si dovrebbe prestare loro attenzione, ma in nessun caso ciò equivale ad accordare alle istituzioni finanziarie e alle agenzie di rating una forma d’autorità su governi democraticamente eletti.

La seconda è che è difficile individuare come i sacrifici che le autorità finanziare stanno esigendo da paesi in situazione precaria possano garantire la capacità dei medesimi di essere solvibili e assicurare la sopravvivenza dell’euro senza riforme né uscite dall'eurozona. La diagnosi dei problemi economici da parte delle agenzie di rating non è quella voce della verità che pretende di essere. Vale la pena ricordare che l’operato delle agenzie nel certificare gli istituti finanziari e le aziende poco prima della crisi economica del 2008 fu così disastroso che il Congresso degli Stati Uniti prese seriamente in considerazione l’idea di perseguirle.

Tenuto conto che buona parte dell’Europa al momento è impegnata nel tentativo di conseguire in tempi rapidi una riduzione dei deficit pubblici tramite drastici tagli alla spesa pubblica, è di vitale importanza capire quale possa essere l'impatto di queste scelte politiche sulle popolazioni e la crescita economica. Indubbiamente, i nobili sentimenti legati allo spirito di “sacrificio” hanno un effetto inebriante. Ma si tratta della filosofia del “corsetto giusto”: “Se la signora si sente comoda in questo corsetto, di sicuro le occorre una taglia in meno”. Tagli repentini troppo repentini potrebbero spezzare il meccanismo della crescita economica.

Questa preoccupazione vale per un certo numero di paesi, dalla Gran Bretagna alla Grecia. La caratteristica comune della strategia “sangue, sudore e lacrime” per la riduzione del deficit presenta qualche evidente somiglianza con ciò che viene imposto a paesi in situazione molto più precaria, come Grecia o Portogallo. Inoltre rende più complesso trovare una voce politica unica in Europa che possa gestire il panico generato dai mercati finanziari.

Oltre a una visione politica più ampia, dunque, serve una più lungimirante riflessione economica. La tendenza a ignorare l’importanza della crescita economica nella creazione del reddito di una nazione dovrebbe essere indagata. Lo stretto rapporto tra crescita ed entrate è stato osservato in molti paesi, dalla Cina all’India, dagli Stati Uniti al Brasile.

Anche in questo caso la storia avrebbe dovuto insegnarci qualcosa: gli enormi debiti pubblici di molti paesi alla fine della seconda guerra mondiale furono causa di forti preoccupazioni, ma si ridussero rapidamente grazie alla crescita economica. Allo stesso modo, i colossali deficit coi quali si trovò alle prese il presidente Clinton al suo insediamento alla presidenza degli Stati Uniti nel 1992 si dissolsero nel corso del suo mandato, in buona parte grazie alla ripresa economica.

Il timore che la democrazia sia minacciata non sussiste nel caso della Gran Bretagna, giacché queste politiche sono state decise da un governo democraticamente eletto. Per quanto l’adozione di una strategia che non sia stata rivelata durante la campagna elettorale dovrebbe far riflettere, questa è la libertà di cui gode un sistema democratico. In ogni caso, tutto ciò non preclude affatto la necessità di un dibattito pubblico più ampio, perfino in Gran Bretagna. C’è anche la necessità di riconoscere in che modo le politiche che la Gran Bretagna si è autoimposta conferiscano plausibilità alle politiche ancora più drastiche imposte alla Grecia da fuori.

Edificio incompleto
Come è possibile che alcuni paesi della zona euro si siano cacciati in tali pasticci? Adottare una valuta unica senza procedere simultaneamente a una maggiore integrazione politica ed economica ha sicuramente rivestito una parte di primo piano in tutto ciò, pur tenendo conto delle infrazioni finanziarie che indubbiamente sono state commesse in passato da paesi quali Grecia o Portogallo (e anche dopo aver preso nota dell’importante punto sottolineato da Mario Monti secondo il quale a permettere che tali trasgressioni non fossero notate è stata la cultura dell’ “eccessiva deferenza” nei confronti dell’Ue). Al governo greco – e in particolare al primo ministro George Papandreou – si deve riconoscere il grandissimo merito aver fatto tutto il possibile malgrado una strenua opposizione politica, ma ciò non toglie che l’Europa debba verificare l’avvedutezza dei requisiti imposti alla Grecia.

Non è certo una gran consolazione ricordare che mi sono sempre opposto all’euro, pur essendo sempre stato un sostenitore dell’Europa unita. Le mie preoccupazioni per l’euro, in particolare, erano riconducibili almeno in parte al fatto che ogni paese dovesse rinunciare alla propria libertà in fatto di politica monetaria e di aggiustamenti del tasso di cambio, che in passato hanno aiutato moltissimo i paesi in difficoltà e hanno più volte scongiurato la necessità della destabilizzazione di milioni di vite umane nel convulso tentativo di stabilizzare i mercati finanziari.

Abdicare alla propria libertà valutaria è possibile soltanto in caso di un’integrazione politica e fiscale (come tra i vari stati degli Stati Uniti), ma questo edificio europeo realizzato a metà nella zona euro ha sicuramente preparato il terreno al disastro. La magnifica idea politica di un’Europa democratica e unita ha finito con l’incorporare un dubbio programma di incoerente unione finanziaria.

Per rimettere in sesto la zona euro adesso bisognerà affrontare parecchi problemi. Ma per risolvere quelli più complessi è indispensabile discutere in modo intelligente, senza permettere che l’Europa scivoli in un turbine finanziario alimentato da una mentalità miope e poco lungimirante. Tale processo deve avere inizio con l'immediata restrizione del potere incontrastato delle agenzie di rating, che possono emettere sentenze e ordini unilaterali. Tali agenzie sono difficili da tenere in riga, nonostante il loro pessimo operato, ma se i governi legittimi riusciranno a far sentire la loro voce potranno creare maggiore fiducia finanziaria, e ancor più se le istituzioni internazionali offriranno il loro aiuto. Interrompere il degrado della tradizione democratica in Europa è di vitale urgenza. La democrazia europea è fondamentale, per l’Europa e per il mondo intero.

Fonte: http://www.presseurop.eu/it/content/art ... democrazia



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 22/07/2012, 16:27 
Salvare la Grecia è stato violare la democrazia

Quando un governo fallisce, lo si può cambiare. Ma di fronte al fallimento dell'Ue nella crisi greca, contro chi si può votare, si chiede la rivista tedesca Stern. Gli europei sono privi di un diritto fondamentale, quello di votare. Le ipotesi sono due: o la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy governano la Grecia violandone la sovranità, o si aiutano i greci accettando di perdere il controllo delle nostre finanze, ma anche in questo caso si violano dei principi democratici. Il dilemma è tutto qua: aiutando i greci siamo inevitabilmente dei cattivi democratici, e non aiutandoli siamo dei cattivi europei. La soluzione dovrebbe essere quindi un'unione politica, eletta dai cittadini europei.

Fonte: http://www.presseurop.eu/it/content/art ... democrazia



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 24/07/2012, 14:10 
Ridurre il debito senza danni, la lezione del Belgio

Giovanni Del Re

http://www.linkiesta.it/debito-pubblico-belgio

Far calare il debito pubblico da quasi il 140% del Pil all’84% in 14 anni, senza strangolare l’economia, spostando le tasse dal lavoro ai consumi e promuovendo la competitività senza tagliare drasticamente nel sociale e nell’istruzione. Sembra un sogno dalle nostre parti, ma c’è qualcuno che c’è riuscito – e che di questi tempi comincia a godere di interessi negativi sui titoli di Stato: il Belgio.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/debito-pubblico ... z21Xc4jX00



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 26/07/2012, 23:10 
C'è chi sostiene che per ottenere qualcosa è necessario e opportuno percorrere la via del compromesso.

Piuttosto che accettare un compromesso con questo NWO io preferisco uomini che non si conformano allo status-quo.

Manolis Glezos, eroe della Resistenza Greca è uno di questi. Il suo esempio dovrebbe essere copiato anche in Italia, da coloro che si fanno portavoce di determinati ideali.


MANOLIS GLEZOS / INTERVISTATO DA VITTORIO ZINCONE
A noi greci Frau Merkel deve un sacco di soldi
«Danni di guerra mai pagati, centinaia di miliardi di euro. E poi i tesori d’arte rubati», dice l’ex partigiano e militante ellenico. «Noi fuori dall’Unione? Non scherziamo. Europa è una parola greca»

Ogni volta che il popolo greco insorge, lui c’è. In piazza Syntagma, ad Atene, in prima fila. Manolis Glezos, 89 anni, ex partigiano, militante incallito, icona di un popolo in rivolta, è stato in prigione per anni. L’hanno torturato, esiliato e condannato a morte. Ha divorato il Ventesimo secolo seduto su una barricata. E ora affronta il Ventunesimo con la sfrontatezza di un ragazzino ribelle: una sua foto di qualche mese fa, che lo ritrae in giacca e camicia mentre affronta un poliziotto in assetto da guerriglia, è diventata un simbolo: l’immagine plastica e baffuta di un Paese schiacciato dalla crisi e impoverito, che rifiuta il commissariamento europeo e i diktat della Bce, dell’Ue e del Fondo monetario internazionale (la cosiddetta Troika).

Glezos parla con voce decisa. Conosce qualche parola di italiano e di inglese, ma preferisce conversare in greco. L’interprete Benedetta Pitouli si commuove mentre lo sente raccontare le sue fiere peripezie resistenziali. Fu Glezos nella primavera del 1941 a strappare via la bandiera uncinata che i nazisti avevano issato sull’Acropoli. Ed è lui che, dopo essersi esibito in una feroce invettiva antimerkeliana, ha accompagnato sul palco per l’ultimo comizio elettorale Alexis Tsipras, il giovane leader della sinistra radicale (Syriza), che ha sbancato le urne imponendosi come secondo partito nazionale. Glezos, appena rieletto in Parlamento, gioisce: «I greci riprendono in mano il loro destino». E poco importa se nel resto del Continente i risultati caotici del voto ellenico siano visti come una nube sui Mercati.

In Grecia e in Francia gli exploit elettorali sono stati quelli dei partiti critici con l’austerity voluta dalla Bce...
«...e dalla Germania. I popoli europei vogliono decidere il presente e il futuro senza condizionamenti. Il popolo greco sta organizzando la sua resistenza».

Lei ha paragonato la resistenza dei greci contro la Troika a quella contro i nazisti. Un’esagerazione.
«No. Le condizioni storiche non sono le stesse, è ovvio. Ma la sostanza sì: vogliono dominarci. Il popolo greco resisterà al tentativo di sottometterci».

Se la Grecia non avesse truccato i propri conti pubblici, la cosiddetta Troika non avrebbe imposto alcun sacrificio.
«E se non ci fosse l’evasione fiscale sarebbe tutto più facile. Lo sa che in molte isole, le case e le ville, anche di proprietà di stranieri, vengono affittate in nero?».

In Grecia l’impatto della corruzione sull’economia è imponente.
«C’è una corruzione etica che investe anche il Parlamento e si riversa sull’economia. Ma la crisi non l’ha causata il popolo greco. La crisi nasce nelle stanze delle banche. E allora perché il governo deve tagliare pensioni e stipendi?».

L’Europa vuole solo vedere i conti della Grecia in ordine.
«Non è così. La Troika ci vuole dominare controllando i nostri capitali. Ce lo ha insegnato Menandro venticinque secoli fa: i prestiti trasformano le persone in schiavi. Ecco, noi non vogliamo salvatori. Ci salviamo da soli. Prendano i loro soldi e vadano al diavolo. Se fossi premier, lavorerei sin dal primo giorno per liberare la Grecia dalla dipendenza dagli stranieri».

Il popolo greco è in piazza da mesi.
«Ci hanno raccontato troppe bugie».

Quali bugie?
«Ci hanno detto che senza i soldi dell’Europa non si sarebbe andati avanti. È falso. Abbiamo visto i ricchi greci trasferire indisturbati i soldi all’estero. E i politici corrotti restare impuniti».

Tra gli scontenti molti hanno votato Alba d’oro, il partito di ispirazione neofascista.
«Hanno preso il 7%. I popoli che vivono una forte crisi economica possono subire il fascino delle idee neofasciste».

I neofascisti sono anti-Troika, come lei.
«Anche Hitler era contro il capitale e contro le grandi potenze. Basta lasciarli parlare per capire la loro natura. I greci non si faranno imbrogliare».

Lei e i neofascisti anti-Troika. I socialisti del Pasok e i centristi di Nuova Democrazia che votano governi tecnocratici. È saltata la vecchia contrapposizione tra destra e sinistra?
«La vera distinzione è tra chi vuole la piena indipendenza della Grecia e chi accetta che le banche e gli Stati Uniti impongano la loro opinione al nostro Paese».

Lei vorrebbe abbandonare l’euro e tornare alla dracma?
«No. E comunque non è importante la moneta usata, quanto non essere schiavo di chi controlla quella moneta».

Vorrebbe vedere la Grecia fuori dall’Europa?
«Scherza? Noi siamo europei. L’Europa è nostra e non la regaliamo. Europa è una parola greca, lo sa, vero? Noi vogliamo vivere con gli altri popoli europei, ma io vorrei rovesciare l’attuale politica Ue, con tutta la Commissione».

È favorevole a un default della Grecia?
«Sì. Sono contro gli accordi sui prestiti europei. Non credo che il popolo greco sia in debito con nessuno. Anzi. Frau Merkel ci deve molti soldi».

Angela Merkel deve dei soldi alla Grecia?
«Siamo l’unico Paese europeo a non essere stato risarcito dalla Germania per i danni della guerra: parliamo di centinaia di miliardi di euro».

Lei non sopporta i tedeschi…
«Non è vero. Io non sopporto il governo tedesco. Credo che il sentimento sia comune a molti greci».

Si trova di fronte ad Angela Merkel, che cosa le dice?
«Le chiederei di smetterla di accanirsi contro la Grecia, anche perché se la Germania è una democrazia lo deve anche alla nostra resistenza».

Lei è intervenuto più di una volta per richiedere ai tedeschi le opere d’arte trafugate durante la Seconda Guerra Mondiale.
«Certo. Ci hanno rubato tesori archeologici inestimabili. C’è un catalogo dettagliato. Il problema non riguarda solo la Germania, ma anche l’Inghilterra… ».

Una faccia, una razza. Conosce qualche politico italiano?
«In Italia, qualche anno fa, mi stavano per candidare alle Europee con la sinistra».

Sa chi sono Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola?
«Non li conosco personalmente. Ma ho conosciuto Palmiro Togliatti. Alla fine degli anni Cinquanta. Abbiamo passato molte ore insieme a Mosca, dove c’era una riunione dei partiti comunisti d’Europa».

In tutta la sua vita a quanti cortei in piazza Syntagma ha partecipato?
«È un calcolo difficile. Diciamo che quando c’è una manifestazione io cerco di esserci. Sempre».

Ha quasi novant’anni. Alla sua età è pericolosa anche una marcia per la pace, figuriamoci una manifestazione con le cariche della polizia.
«Quando si va in battaglia si mette in conto il pericolo».

Cerca una morte eroica?
«Ahah, no. Ma so che combattendo si può morire».

Lei è stato condannato a morte...
«...tre volte. Per salvarmi si sono mobilitate molte persone».

È vero che una volta per bloccare la sua esecuzione intervenne il presidente francese Charles de Gaulle?
«Sì. Quando sono stato in Francia, sono andato in visita a Colombey-les-deux-Églises».

La sua prima azione di resistenza?
«Contro gli italiani nel Dodecaneso».

Poi, la notte del 30 maggio 1941...
«Non mi piace vantarmi».

Quella notte lei strappò via la bandiera nazista dall’Acropoli.
«Le dirò solo perché lo facemmo: si era appena conclusa la battaglia di Creta e Hitler aveva dichiarato che nell’Europa continentale lui non aveva più nemici. Strappare quella bandiera era un modo per fargli capire che di nemici ne aveva molti e che da quel momento sarebbe cominciata la nostra resistenza».

Il 24 marzo 1942 lei venne catturato e torturato dai nazisti. Alla fine della guerra venne arrestato in quanto comunista. La vennero a prendere anche il 21 aprile 1967, il giorno del colpo di Stato dei Colonnelli. Ha trascorso gli anni Cinquanta e Sessanta tra gattabuie e barricate. Ora, appena può scende in piazza. Ma un po’ di quiete, mai?
«No. Perché ho fatto una promessa».

Quale promessa?
«Prima di ogni azione, con i miei compagni ci dicevamo: “Se cado e tu sopravvivi, non mi dimenticare e non dimenticare i miei sogni”. Ecco, io lotto ancora per realizzare quei sogni».

È riuscito a realizzarne almeno uno?
«Sì. Un’esperienza di democrazia diretta».

Dove e quando?
«Ad Apiranthos, una cittadina sull’isola di Naxos. Io sono nato lì. Nel 1987 (ero deputato nazionale e parlamentare europeo), abbandonai gli incarichi e mi trasferii sull’isola per realizzare un esperimento di democrazia diretta e di autogoverno».

Autogoverno?
«Abbiamo creato scuole, musei... Le scuole sono state chiuse, ma i musei ci sono ancora. In linea di massima, credo che non si possano delegare al potere centrale le decisioni che riguardano i piccoli paesi periferici. E penso che le decisioni locali vadano sottoposte con più frequenza al voto dei cittadini».

Il momento più brutto della sua lunga militanza?
«Quando in prigione mi hanno annunciato la morte di un amico».

Ha mai ucciso un nemico?
«Durante una battaglia un mio colpo può aver colpito qualcuno. Ma non ho mai premuto il grilletto a freddo».

A cena col nemico?
«Se le dico Gesù Cristo, che cosa mi dice?».

Le chiedo: perché?
«Perché era un grande rivoluzionario. Ne ho parlato spesso con preti e sacerdoti. Non credo che mi abbiano capito. Io sono stato scomunicato due volte dalla Chiesa cattolica. Ma poi mi sono ritrovato al fianco di molti cattolici greci nella lotta contro il regime dei Colonnelli».

Lei ha un clan di amici?
«Ne ho tanti. E ne ho persi tanti».

Il film preferito?
«Viridiana, del 1961, si svolge in Spagna, nel periodo della dittatura di Franco».

Il libro?
«Molti. Ma più di tutti l’Odissea di Omero».

Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Non accettare mai le ingiustizie».

L’errore più grande che ha fatto?
«Ne ho fatti tanti. Del più grande parlerò nelle mie memorie. Che scriverò quando sarò vecchio. Le toccherà aspettare ancora un po’, eheh».

Fonte: http://www.corriere.it/sette/12_maggio_ ... 8e73.shtml


Manolis Glezos
Immagine

La seguente foto ritrae Manolis Glezos in piazza durante le manifestazioni in Grecia contro le politiche del governo
Immagine

Il lemma su wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Manolis_Glezos


Ultima modifica di Atlanticus81 il 26/07/2012, 23:15, modificato 1 volta in totale.


_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 14885
Iscritto il: 26/12/2009, 12:30
Località: ravenna
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 27/07/2012, 12:35 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:


Ridurre il debito senza danni, la lezione del Belgio

Giovanni Del Re

http://www.linkiesta.it/debito-pubblico-belgio

Far calare il debito pubblico da quasi il 140% del Pil all’84% in 14 anni, senza strangolare l’economia, spostando le tasse dal lavoro ai consumi e promuovendo la competitività senza tagliare drasticamente nel sociale e nell’istruzione. Sembra un sogno dalle nostre parti, ma c’è qualcuno che c’è riuscito – e che di questi tempi comincia a godere di interessi negativi sui titoli di Stato: il Belgio.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/debito-pubblico ... z21Xc4jX00


vedi tte la differenza consiste nel fatto che il belgio magari ha politici all'altezza x tale mansione,e non azzeccagarbugli come in italia,che si fidano di un tecnico,e ripeto,il quale in 3 anni di consulenze a cirino pomicino 1989/92 il debito pubblico e salito del 44,3%.....[;)]


Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 27/07/2012, 12:58 
L'indicatore per eccellenza dell'andamento economico di un paese è il PIL (Prodotto Interno Lordo). E' su questo valore e sul rapporto con altri coefficienti che si fondano tutte le principali analisi economiche finanziarie e vengono prese le decisioni anche a livello socio-politico di una nazione.

Basta pensare ai parametri imposti dalla UE proprio relativamente al rapporto Debito/PIL per renderci conto quanto il valore del PIL e il suo trend % influenza la nostra vita.

Ma, come disse Robert Kennedy durante un suo discorso, tenutosi alla Kansas University il 18 Marzo del 1968:

« Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l'inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta »

Esatto:

- Il PIL tiene conto solamente delle transazioni in denaro, e trascura tutte quelle a titolo gratuito: restano quindi escluse le prestazioni nell'ambito familiare, quelle attuate dal volontariato (si pensi al valore economico del non-profit) ecc.

- Il PIL tratta tutte le transazioni come positive, cosicché entrano a farne parte, ad esempio, i danni provocati dai crimini (riciclaggio di denaro), dall'inquinamento, dalle catastrofi naturali. In questo modo il PIL non fa distinzione tra le attività che contribuiscono al benessere e quelle che lo diminuiscono: persino morire, con i servizi connessi ai funerali, fa crescere il PIL.

Il dibattito sul PIL non si è fermato. Il presidente francese Nicolas Sarkozy nel corso della conferenza stampa di inizio 2008, annunciò di aver incaricato due premi Nobel per l'economia, l'americano Joseph Stiglitz e l'indiano Amartya Sen, di riflettere su come cambiare gli indicatori della crescita in Francia. «Bisogna cambiare il nostro strumento di misura della crescita», ha detto Sarkozy, convinto che contabilità nazionale e PIL abbiano «evidenti limiti» che non rispecchiano «la qualità della vita dei francesi».

Ma ancora oggi è il PIL a influenzare e determinare le decisioni di governi e operatori finanziari.

Quanto sarebbe diverso il mondo se abbandonassimo la misurazione del PIL e adottassimo nuovi indicatori economici in grado di "quantificare" anche altri aspetti della vita dell'uomo, più legati alla socialità dello stesso e a un concetto diverso di "benessere"?


Subjective Well-Being
Per esempio il cosiddetto “subjective well-being” (SWB), vale a dire la percezione che gli individui hanno della propria vita e del grado di soddisfazione che provano per essa. Questo indicatore della felicità delle persone, per quanto sintetico, ha il vantaggio d’essere stato rilevato da diversi decenni e in molti paesi del mondo. Studi empirici evidenziano che il SWB stenta a crescere nel tempo in diversi paesi, come il Giappone, o diminuisce, come negli USA, nonostante il reddito pro-capite abbia avuto una evidente tendenza a crescere [8]. Ciò costituisce per gli economisti un paradosso, chiamato “paradosso della felicità” o "paradosso di Easterlin", in quanto gli economisti sono abituati a pensare al reddito come ad un buon indicatore di benessere.

Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW)
In tale indicatore rientrano non solo il valore complessivo dei beni e dei servizi finali prodotti in un paese, ma anche i costi sociali e i danni ambientali a medio e lungo termine. In pratica, il calcolo dello sviluppo di un paese non si baserebbe più soltanto sulla mera crescita economica ma anche su fattori sociali ed ambientali che considerano la soglia dello Sviluppo Sostenibile. A questo riguardo, è recentemente stata pubblicata da Donzelli l'analisi condotta dall'Università di Siena sotto la direzione del professor Enzo Tiezzi: "La soglia della sostenibilità ovvero tutto quello che il Pil non dice".

Genuine Progress Indicator (GPI)
In italiano "indicatore del progresso reale". Il GPI ha come obiettivo la misurazione dell'aumento della qualità della vita (che a volte è in contrasto con la crescita economica, che invece viene misurata dal PIL), e per raggiungere questo obiettivo distingue con pesi differenti tra spese positive (perché aumentano il benessere, come quelle per beni e servizi) e negative (come i costi di criminalità, inquinamento, incidenti stradali). Simile a questo indice esiste un Prodotto interno lordo verde introdotto da alcune province cinesi.


Ecco allora che io vorrei un Europa (e un mondo) più attento al miglioramento di questi indici e non esclusivamente al PIL o al rapporto deficit/PIL in quanto a questi ultimi non corrisponde un reale "valore" SOCIALE.



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 27/07/2012, 22:49 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

L'indicatore per eccellenza dell'andamento economico di un paese è il PIL (Prodotto Interno Lordo). E' su questo valore e sul rapporto con altri coefficienti che si fondano tutte le principali analisi economiche finanziarie e vengono prese le decisioni anche a livello socio-politico di una nazione.

Basta pensare ai parametri imposti dalla UE proprio relativamente al rapporto Debito/PIL per renderci conto quanto il valore del PIL e il suo trend % influenza la nostra vita.

Ma, come disse Robert Kennedy durante un suo discorso, tenutosi alla Kansas University il 18 Marzo del 1968:

«Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l'inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta»


Esatto:

- Il PIL tiene conto solamente delle transazioni in denaro, e trascura tutte quelle a titolo gratuito: restano quindi escluse le prestazioni nell'ambito familiare, quelle attuate dal volontariato (si pensi al valore economico del non-profit) ecc.

- Il PIL tratta tutte le transazioni come positive, cosicché entrano a farne parte, ad esempio, i danni provocati dai crimini (riciclaggio di denaro), dall'inquinamento, dalle catastrofi naturali. In questo modo il PIL non fa distinzione tra le attività che contribuiscono al benessere e quelle che lo diminuiscono: persino morire, con i servizi connessi ai funerali, fa crescere il PIL.

Il dibattito sul PIL non si è fermato. Il presidente francese Nicolas Sarkozy nel corso della conferenza stampa di inizio 2008, annunciò di aver incaricato due premi Nobel per l'economia, l'americano Joseph Stiglitz e l'indiano Amartya Sen, di riflettere su come cambiare gli indicatori della crescita in Francia. «Bisogna cambiare il nostro strumento di misura della crescita», ha detto Sarkozy, convinto che contabilità nazionale e PIL abbiano «evidenti limiti» che non rispecchiano «la qualità della vita dei francesi».

Ma ancora oggi è il PIL a influenzare e determinare le decisioni di governi e operatori finanziari.

Quanto sarebbe diverso il mondo se abbandonassimo la misurazione del PIL e adottassimo nuovi indicatori economici in grado di "quantificare" anche altri aspetti della vita dell'uomo, più legati alla socialità dello stesso e a un concetto diverso di "benessere"?


Subjective Well-Being
Per esempio il cosiddetto “subjective well-being” (SWB), vale a dire la percezione che gli individui hanno della propria vita e del grado di soddisfazione che provano per essa. Questo indicatore della felicità delle persone, per quanto sintetico, ha il vantaggio d’essere stato rilevato da diversi decenni e in molti paesi del mondo. Studi empirici evidenziano che il SWB stenta a crescere nel tempo in diversi paesi, come il Giappone, o diminuisce, come negli USA, nonostante il reddito pro-capite abbia avuto una evidente tendenza a crescere [8]. Ciò costituisce per gli economisti un paradosso, chiamato “paradosso della felicità” o "paradosso di Easterlin", in quanto gli economisti sono abituati a pensare al reddito come ad un buon indicatore di benessere.

Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW)
In tale indicatore rientrano non solo il valore complessivo dei beni e dei servizi finali prodotti in un paese, ma anche i costi sociali e i danni ambientali a medio e lungo termine. In pratica, il calcolo dello sviluppo di un paese non si baserebbe più soltanto sulla mera crescita economica ma anche su fattori sociali ed ambientali che considerano la soglia dello Sviluppo Sostenibile. A questo riguardo, è recentemente stata pubblicata da Donzelli l'analisi condotta dall'Università di Siena sotto la direzione del professor Enzo Tiezzi: "La soglia della sostenibilità ovvero tutto quello che il Pil non dice".

Genuine Progress Indicator (GPI)
In italiano "indicatore del progresso reale". Il GPI ha come obiettivo la misurazione dell'aumento della qualità della vita (che a volte è in contrasto con la crescita economica, che invece viene misurata dal PIL), e per raggiungere questo obiettivo distingue con pesi differenti tra spese positive (perché aumentano il benessere, come quelle per beni e servizi) e negative (come i costi di criminalità, inquinamento, incidenti stradali). Simile a questo indice esiste un Prodotto interno lordo verde introdotto da alcune province cinesi.


Ecco allora che io vorrei un Europa (e un mondo) più attento al miglioramento di questi indici e non esclusivamente al PIL o al rapporto deficit/PIL in quanto a questi ultimi non corrisponde un reale "valore" SOCIALE.


Gran bel post Atlanticus.... [:)]
Quoto, con la parte di Robert Kennedy decisamente evidenziata.... [;)]



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 03/08/2012, 17:21 
Perché la società può essere ricca anche senza soldi
di Gianfranco Fabi

Una società moderna, ricca, con un benessere diffuso, ma in cui non ci sia più il denaro. Probabilmente un'utopia, dato che il denaro è stato e resta fondamentale nella crescita della produzione e del commercio mondiale, ma senza dimenticare due linee di tendenza che con motivazioni profondamente diverse vanno comunque in questa direzione. Da una parte ci sono i progressi della tecnologia. La dematerializzazione dei soldi ha ormai fatto passi da gigante e tutte le transazioni di una certa entità sono ormai compiute senza il passaggio fisico di monete e banconote; in pratica il denaro è ormai ridotto agli spiccioli, con indubbi vantaggi per la sicurezza e la legalità.

Più complesso e sicuramente ambizioso è il secondo aspetto: la prospettiva di una società senza soldi perché organizzata secondo il principio “da ciascuno secondo le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni”, un principio che Karl Marx ha mutuato dalla tradizione cristiana come descritto negli Atti degli apostoli e rilanciata, con la proposta del dono e della gratuità come elementi delle relazioni economiche, anche nell'enciclica Caritas in veritate.

Ma è possibile pensare a una prospettiva in cui si possa ritornare a una visione del denaro semplicemente come strumento e non come valore proprio? Affrontando così anche l'elemento di fondo alla base della crisi economica degli ultimi anni: l'illusione di una finanza progressivamente separata dall'economia reale e in grado di creare da sola i soldi con i soldi.

È il cammino che Pierangelo Dacrema, ordinario di economia degli intermediari finanziari all'Università della Calabria, propone con Il miracolo dei soldi in cui, oltre ad offrire una prospettiva storica del denaro dalle conchiglie alle carte di credito, indica una strada: la sopravvivenza del denaro solo come «mezzo capace di premiare il merito e remunerare in modo ragionevole qualità e quantità del lavoro». Una prospettiva che appare altrettanto temeraria quanto utile. Anche per dare nuove possibilità di crescita a un sistema economico che appare in difficoltà anche perché i capitali hanno progressivamente conquistato la titolarità della produzione della ricchezza, tanto che il “capitalismo” è diventato l'imperfetto sinonimo dell'economia di mercato.

Non sarà facile: la teoria quantitativa della moneta è stata definita per la prima volta da David Hume a metà del 700. Quasi tre secoli di pensiero economico hanno da allora avuto al centro le opportunità e gli effetti delle politiche monetarie. E negli ultimi decenni la stessa politica economica si è ridotta a una più o meno fortunata politica monetaria.

Il vero problema allora è quello di non lasciare al denaro tutti i compiti di costruzione sociale. Perché del denaro si potrà fare a meno, ma non si potrà fare a meno della fiducia. «La fiducia - scrive Dacrema - continuerà a essere data, ottenuta, scambiata, conquistata perché quello della fiducia è un problema di tutta la vita». La fiducia nelle persone. E non nel loro denaro.

Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLi ... =LiberoUna



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 03/08/2012, 18:46 
British Airways e Iberia: allarme euro

Immagine
Le due compagnie aeree si preparano all'uscita della Spagna dalla moneta unica


NEW YORK - International Consolidated Airlines, la casa madre di British Airways e Iberia, sta preparando piani di emergenza per una possibile uscita della Spagna dall'area euro: come riferito dal Wall Street Journal, la società ha creato un gruppo di management per la crisi dell'area euro che ha iniziato a delinerare "una road map dell'uscita della Spagna" per valutare eventuali effetti sulle attività del gruppo.

È stata anche ridotta l'esposizione con le banche spagnole, che rappresentano il 3% delle controparti di International Consolidated Airlines al 30 giugno, rispetto al 27% di sei mesi prima.

International Consolidated Airlines sta considerando una "rivalutazione di tutti gli aspetti di business" per Iberia, per la quale sarà pronto un piano in settembre.

3.08.2012 - 15:09

ats - Red. Online
http://www.cdt.ch/mondo/economia/67839/ ... -euro.html



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 04/08/2012, 10:44 
Argentina esulta: ripianamento debiti, l'Europa impari da noi
Il presidente Kirchner esulta e afferma che il suo paese ce l'ha fatta
senza adottare misure di austerity. Lancia accuse contro le banche.
Ma i critici non mancano.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... a-noi.aspx



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 06/08/2012, 15:01 
Segnalo un video molto curioso.....
il finale è letteralmente esaltante..... [8D]




_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 07/08/2012, 03:05 
Appello per un audit dei cittadini sul debito pubblico

Dalla Francia ( http://www.audit-citoyen.org/ ) proviene un appello per creare una commissione di audit del debito pubblico in grado di visionare come è fatto quel debito, come è stato contratto a favore di chi e di quali interessi. Noi vogliamo fare nostra questa proposta per rivedere in profondità l'entità del debito pubblico italiano accumulato nel tempo per favorire rendite, profitti, interessi di casta e di una ristretta elite e non certo per favorire le spese sociali, l'istruzione, la cultura, il lavoro. Una proposta che serve per impostare un'altra politica economica, del tutto alternativa a quella avanzata in questi anni dai vari governi che si sono succeduti e improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare, dell'ambiente contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria. Una politica economica per il 99% contro l'1% del pianeta.

APPELLO PER UN AUDIT DEI CITTADINI SUL DEBITO PUBBLICO
Scuole, ospedali, alloggi d’urgenza…Pensioni, disoccupazione, cultura, ambiente…viviamo quotidianamente l’austerità finanziaria e il peggio deve venire. “Noi viviamo al di sopra dei nostri mezzi”, questo è il ritornello che ci viene ripetuto dai grandi media. Ora “occorre rimborsare il debito” ci si ripete mattina e sera. “Non abbiamo scelte, occorre rassicurare i mercati finanziari, salvare la buona reputazione, la tripla A”. Non accettiamo questi discorsi colpevolizzanti. Non vogliamo assistere da spettatori alla rimessa in discussione di tutto ciò che ha reso ancora vivibile le nostre società, anche in Europa. Abbiamo speso troppo per la scuola e la sanità oppure i benefici fiscali e sociali dopo venti anni hanno prosciugato i bilanci? Questo debito è stato contratto nell’interesse generale oppure può essere considerato in parte come illegittimo? Chi possiede questi titoli e approfitta dell’austerità? Perché gli Stati devono essere obbligati a indebitarsi presso i mercati finanziari e le banche mentre queste possono farsi concedere prestiti direttamente e a un costo più basso dalla Banca centrale europea? Non accettiamo che queste questioni siano eluse o affrontate alle nostre spalle da esperti ufficiali sotto l’influenza delle lobbies economiche e finanziarie. Vogliamo dire la nostra nel quadro di un ampio dibattito democratico che deciderà del nostro avvenire comune. In fine dei conti, siamo dei giocattoli nelle mani degli azionisti, degli speculatori e dei creditori oppure cittadini, capaci di deliberare insieme sul nostro avvenire? Noi ci mobiliteremo nelle nostre città, nei quartieri, nei villaggi, nei nostri luoghi di lavoro, lanciando l’idea di un grande audit del debito pubblici. Vogliamo creare sul piano nazionale e locale dei collettivi per un audit dei cittadini con i nostri sindacati e associazioni, con esperti indipendenti, con i nostri colleghi, i vicini, i concittadini. Prenderemo in mano i nostri destini perché la democrazia riviva.


Marie-Laurence Bertrand (CGT); Jean-Claude Chailley (Résistance sociale); Annick Coupé (Union syndicale Solidaires); Thomas Coutrot (Attac); Pascal Franchet (CADTM); Laurent Gathier (Union SNUI-Sud Trésor Solidaires); Bernadette Groison (FSU); Pierre Khalfa (Fondation Copernic); Jean-François Largillière (Sud BPCE); Philippe Légé (Économistes atterrés); Alain Marcu (Agir contre le Chômage!); Gus Massiah (Aitec); Franck Pupunat (Utopia); Michel Rousseau (Marches européenne); Maya Surduts (Collectif national pour les droits des femmes); Pierre Tartakowsky (Ligue des droits de l'homme); Patricia Tejas (Fédération des Finances CGT); Bernard Teper (Réseau Education Populaire); Patrick Viveret (Collectif Richesse) ; Philippe Askénazy, économiste; Geneviève Azam, économiste; Étienne Balibar, philosophe; Frédéric Boccara, économiste; Alain Caillé, sociologue; François Chesnais, économiste; Benjamin Coriat, économiste; Cédric Durand, économiste; David Flacher, économiste; Susan George, écrivain; Jean-Marie Harribey, économiste; Michel Husson, économiste; Stéphane Hessel, écrivain; Esther Jeffers, économiste; Jean-Louis Laville, sociologue; Frédéric Lordon, économiste; Marc Mangenot, économiste; Dominique Méda, sociologue; Ariane Mnouchkine, artiste; André Orléan, économiste; Dominique Plihon, économiste; Christophe Ramaux, économiste; Denis Sieffert, journaliste; Henri Sterdyniak, économiste.

Firma l'appello
http://rivoltaildebito.globalist.it/con ... -pubblico/



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 451 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 ... 31  Prossimo

Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
Oggi è 02/05/2025, 17:43
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org