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MessaggioInviato: 11/06/2013, 13:24 
Di nuovo un proclama del Papa inneggiante a una rinnovata povertà della Chiesa.

Papa: la Chiesa non cerchi la ricchezza

"Se si vuol fare una Chiesa ricca allora la Chiesa invecchia, non ha vita". Questo il monito lanciato oggi da papa Francesco, nella messa a Santa Marta, dove esorta a un annuncio del Vangelo fatto con "semplicità e gratuità". "La Chiesa non è una ong - ha ribadito - nasce dalla gratuità di cui la povertà è un segno".

"San Pietro non aveva un conto in banca, e quando ha dovuto pagare le tasse il Signore lo ha mandato al mare a pescare un pesce e trovare la moneta dentro al pesce, per pagare", ha affermato ancora papa Francesco nell'omelia dedicata alla povertà e gratuità con cui deve agire la Chiesa.

La "povertà" che deve caratterizzare la Chiesa "ci salva dal diventare organizzatori, imprenditori", ha detto il Papa nella messa a Santa Marta. "Si devono portare avanti le opere della Chiesa, e alcune sono un po' complesse; ma con cuore di povertà, non con cuore di investimento o di un imprenditore", ha aggiunto.

http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/ ... ezza.shtml

Personalmente questi proclami mi piacciono, ma è ora di passare a qualche fatto, non credete?!

Per esempio perchè non dichiarare la disponibilità dell'istituzione ecclesiastica di pagare l'IMU?! Sarebbe un gran bel gesto.

[}:)]

Parlando invece del significato più ampio del termine "Chiesa" questi continui richiami alla 'gratuità' e alla 'povertà' non potrebbero essere l'anticamera di:
- Decrescita Felice
- Economia del Dono

di cui abbiamo parlato più volte anche qui?



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MessaggioInviato: 14/06/2013, 21:33 
beh il papa ha ben poco potere in merito però, può solo parlare ma attivamente non può fare nulla, anche perchè lui penso si riferisse specificatamente allo ior.
Al momento a me l'operazione di papa francesco mi pare puro marketing, un modo per riavvicinare "il pubblico" e rinsaldare un potere che sta pian piano sgretolandosi a colpi di conoscenza; secondo me non possono nulla, se non RIVELARE ciò che davvero sanno, facendo un passo storico e portandosi avanti a tutti i governi ed alle istituzioni religiose planetarie riassumendo il ruolo di guida SIA SPIRITUALE che POLITICA che aveva un tempo ma in maniera illuminata e non oscurantista come da sempre è stata la chiesa. E' l'unico modo che la chiesa cattolica ha di sopravvivere nei secoli, se continua così finirà presto per essere una ONG qualunque come detto in maniera chiara dal papa stesso.

Ma se pure fosse solo questo almeno i valori di cui parla sono positivi e finalmente degni di rispetto. Quanto meno del mio di rispetto ^_^


Ultima modifica di MaxpoweR il 14/06/2013, 21:35, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 29/06/2013, 14:35 
I Comuni gestiscano l’emergenza: emettano moneta.

Fonte: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21743

Appello ai Sindaci

Monaco – Spezia – Fiorini – Pace

Avrete presente la peggior cinematografia “catastrofista” d’oltreoceano. Quella con alluvioni, terremoti, asteroidi, disastri nucleari. In ognuna di quelle pellicole i registi hanno voluto deliziarci con una scena onnipresente: il plotone d’esecuzione che passa per le armi gli sciacalli che, approfittando dell’anarchia sociale, saccheggiano case e negozi. Bene, per una volta non è fantascienza: i provvedimenti d’emergenza, le legislazioni d’emergenza esistono davvero.

La legge sull’ordinamento penitenziario n. 354 del 1975, all’articolo 41-bis applicato nel 1986 dalla cosiddetta “legge Gozzini”, gestiva una situazione d’emergenza: al fine di evitare i contatti – dentro e fuori dal carcere – con altri detenuti appartenenti alla medesima rete criminale, ai reclusi condannati per reati di mafia, terrorismo e altri reati estremamente gravi venivano in via eccezionale interdetti i colloqui, la permanenza all’aria aperta, la corrispondenza. Il regime carcerario era per costoro talmente severo al punto di spingere le istituzioni europee a contestare alle autorità italiane il ricorso alla tortura e a trattamenti inumani e degradanti.

La “legge Reale” (n. 152/1975) introduceva invece disposizioni speciali a tutela dell’ordine pubblico prevedendo la possibilità di custodia preventiva anche in assenza di flagranza di reato e permettendo da parte della forza pubblica l’utilizzo delle armi non solo in caso di resistenza ma anche al fine di prevenire determinati reati quali ad esempio quelli di terrorismo.

L’articolo 32 della Carta costituzionale sancisce il sacrosanto principio secondo cui nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. Prevede però che a questa regola si possa per legge derogare. Anche qui si tratta di casi di emergenza: epidemie o casi di patologie mentali che possono mettere a repentaglio la salute pubblica.

La stessa Organizzazione delle Nazioni Unite, che nel 1966 volle regolamentare attraverso una Convenzione i diritti civili e politici, stabilì che ai principi contenuti in quel solenne Atto si potesse derogare in virtù di uno “stato di emergenza”.

Gli esempi riportati dimostrano quindi quanto non solo sia possibile derogare dalla legislazione ordinaria in caso di necessità cogente, ma anche che tale deroga possa addirittura andare a operare nei settori più delicati e comunemente “intangibili” dell’organizzazione della vita civile: la privazione della libertà personale, la violenza legittima, il diritto alla salute, i diritti politici.

Ora il busillis sta tutto nell’individuare in quali casi si possa parlare di situazione d’emergenza. La attuale degenerazione sociale causata da quella che viene eufemisticamente definita “crisi” economica può essere considerata in tale fattispecie? Ragioniamo in prima istanza in termini di pubblica sicurezza: i reati violenti di natura patrimoniale, indotti dalla spasmodica ricerca di denaro di sempre più larghe fasce di popolazione che ne sono state private, stanno subendo un incremento esponenziale. Senza volerci addentrare in dati statistici, l’allarme è tangibile per chiunque viva in una qualunque città italiana; la stampa riporta tali eventi a tamburo battente, il senso di insicurezza sul territorio è sempre più tangibile. Tale situazione inoltre, in determinate zone del Paese, porta fiumi d’acqua al mulino delle organizzazioni criminali che spesso vengono definite il pericolo numero uno per le istituzioni e per la convivenza sociale.

Parliamo poi della questione dei suicidi. La morte auto-inflitta non è comunemente considerata (per via di una certa censura e per una diffusa ignoranza in materia) un fenomeno emergenziale. Nulla di più sbagliato. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2000 ha diffuso dei dati che parlano di una morte per suicidio ogni 40 secondi e di un tentativo di suicidio ogni 3 secondi; per rendere l’idea, ciò significa che muoiono suicidi più uomini di quelli che perdono la vita in tutti i conflitti armati della Terra e in tutti gli incidenti stradali. E si badi: sono dati del 2000, di molto precedenti all’attuale esasperazione della crisi economica che è stata tristemente caratterizzata da un incremento esponenziale del fenomeno.

La stessa OMS ha ravvisato nel suicidio un’incidenza sociale tale da istituire un apposito Istituto di prevenzione, il Supre.

I suicidi e i reati violenti di natura patrimoniale debbono quindi essere iscritti, in virtù di incontrastabili dati statistici e di affermati studi sociali, nella categoria delle situazioni di emergenza.

Quale conseguenza deve derivare, in contesto istituzionale, da questa affermazione? Semplice: che in ragione della situazione emergenziale si possa e si debba derogare alla legge ordinaria e ai trattati al fine di porne rimedio, o comunque di arginarla. Un valido strumento d’azione potrebbe essere ad esempio quello dell’emissione, da parte dei Comuni, di uno strumento monetario alternativo e complementare all’Euro, per venire incontro alle esigenze vitali di sopravvivenza economica della popolazione. A questa ipotesi viene comunemente contrapposta la norma enunciata dal Trattato sull’Unione Europea per cui solo alla BCE è consentita l’emissione monetaria. Ma è proprio quanto inizialmente esposto che dovrebbe indurre la autorità a ritenere di dover derogare da questa disposizione internazionale in virtù di una situazione di necessità ed estrema urgenza, una situazione di emergenza sociale.

I Comuni hanno teoricamente il potere di imporre questa linea? Guardiamo nel dettaglio. “Al Comune spettano tutte le funzioni che riguardano la popolazione ed il territorio, in particolare è il Comune stesso che deve farsi carico delle esigenze nascenti in determinati settori specificamente delineati dal dettato normativo”. A conferma di quanto sopra infatti, l’articolo 112 del TUEL enuncia che: “Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.

Queste ampie funzioni che come abbiamo visto vengono in diversi modi attribuite all’ente comunale, comportano uno serie di problematiche:

a) in primo luogo sono frequenti le controversie circa la definizione dei confini dei ruoli tra i livelli di governo in alcuni settori chiave quali, ad esempio, quello della tutela della salute, governo del territorio e dell’ambiente nonché in tema di servizi sociali. b) In secondo luogo risulta problematico delineare il rapporto tra le nuove competenze attribuite al Comune e le effettive risorse che al Comune stesso vengono messe a disposizione.

Tutto questo in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione il quale prevede per i Comuni (e Province, Città Metropolitane e Regioni) autonomia finanziaria di entrata e di spesa, tributi ed entrate propri, compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio nonché un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Prevede altresì il medesimo articolo che le risorse di cui sopra consentono al Comune di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Inoltre l’articolo 7 del Decreto Legislativo 112/1998 prevede la “devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali tale da garantire la congrua copertura (…) degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto dell’autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni delegate, nell’ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasferite dallo Stato alle Regioni”. Dal dettato dell’articolo 54 TUEL emerge altresì che il Sindaco, sempre nella sua funzione di ufficiale di Governo: emana atti in materia di ordine e sicurezza pubblica, svolge funzioni in materia di polizia giudiziaria, vigila sulla sicurezza e l’ordine pubblico, adotta Ordinanze contingibili ed urgenti in caso di pericolo per l’incolumità dei cittadini.

E’ necessario ricordare inoltre che il Sindaco opera come Ufficiale di Governo anche relativamente ad altre funzioni sulla base di norme di settore (ad esempio in base alla Legge 833/78 in materia di sanità). Proprio in merito alle funzioni svolte quale Ufficiale di Governo è utile svolgere qualche breve considerazione. Prima di tutto occorre chiarire che il Sindaco che esercita le funzioni di Ufficiale di Governo o di autorità sanitaria non è un organo del Comune, ma dello Stato.

Tale principio viene chiaramente sostenuto dalla giurisprudenza, ultimamente si è pronunciata in proposito la Corte di cassazione. In tema di poteri e funzioni del Sindaco la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi più volte; punto di notevole interesse è quello relativo al potere di ordinanza del Sindaco medesimo. Circa tale aspetto, il Consiglio di Stato ribadisce che: “… i presupposti che si richiedono per l’adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti, da parte della massima Autorità comunale, sono – ai sensi dell’art. 38 comma 2, l. 142/1990 – da un lato, l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (donde il carattere dell’urgenza); dall’altro, l’impossibilità di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (donde la contingibilità)”.

Alla luce di quanto sopra i Sindaci possono operare con provvedimenti (ordinanze) contingibili ed urgenti in materia di sanità e sicurezza dotandosi di strumenti straordinari rispetto a quelli previsti dalla legislazione. Lo strumento monetario previsto dalla legge (L’Euro) può essere affiancato da uno strumento monetario alternativo e “straordinario” emesso dai Comuni, al fine di prevenire problemi di salute pubblica “mentale” dovuti alla crisi monetaria ed alla angoscia sociale che sono le cause di problemi di sicurezza pubblica quali gesti estremi violenti che potrebbero coinvolgere la comunità (suicidi, esplosioni, messe a fuoco, stragi) ed evitare l’incremento del crimine dovuto alla affannosa ricerca di soldi.

Va infine evidenziato che questa “moneta convenzionale” è perfettamente compatibile col sistema monetario internazionale, perché considera solo aspetti di diritto privato (cioè la proprietà della moneta e la posizione di creditore di debitore), come tali di stretto diritto interno e del tutto irrilevanti per il diritto internazionale. Il progetto è altresì perfettamente compatibile col trattato di Maastricht perché rispetta l’autonomia della Banca centrale europea.

Il presente vuole quindi anche essere un appello ai Sindaci e ai Comuni italiani perché adempiano al proprio dovere di messa in atto di tutte le condizioni possibili che possano tutelare la salute dei cittadini e lo svolgimento ordinato della vita civile, attingendo all’ampia produzione legislativa e alla consolidata giurisprudenza che li autorizzano in questo senso. Chiaramente, occorrono Sindaci e Amministrazioni comunali con gli “attributi”, che non si tirino indietro dinanzi alle loro responsabilità.

Durante le campagne elettorali, ognuno di loro ha detto di avere a cuore il destino dei loro cittadini. Vediamo se, ora, è vero.

http://www.stampalibera.com/?p=64412



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MessaggioInviato: 29/06/2013, 15:04 
Atlanticus hai sentito la dichiarazione odierna del papa? PEnso proprio ti piacerà, non voglio rovinarti la sorpresa :)

Forse il Player B è riuscito a prendersi una posizione interessante, anche se poco determinante :)

p.s.: non sono ironico eh :)


Ultima modifica di MaxpoweR il 29/06/2013, 15:05, modificato 1 volta in totale.


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Zibordi: Il miracolo della “Moneta di Wörgl”

Quanto segue è la storia del “miracolo della moneta di Wörgl”, come è raccontata da Bernard Lietaer nel suo libro “The Future of Money” (pp. 153-155). Questa non è una favola, ma un fatto accaduto e a suo tempo fu preso sul serio da molta gente da Irving Fisher il più importante economista americano e Daladier il primo ministro francese. VI PREGO GENTILMENTE DI FARLA CIRCOLARE PIU’ CHE POTETE, di inviarla a associazioni di categoria, blog e siti, politici che conoscete specie a livello locale, perchè è una storia vera facilmente comprensibile che fa capire l’imbroglio della moneta.

Ne ha parlato, dopo 80 anni di oblio non un blogger anonimo della ciociaria, ma Bernard Lietaer, uno dei personaggi più importanti nel mondo delle banche centrali e della moneta oggi in giro, che è stato alla Banca Centrale del Belgio, ha fondato e gestito GaiaCorp uno dei top fondi che operano in valute (l’unico i cui profitti sono andati a finanziare iniziative ecologiche…), ha insegnato in diverse università (ora a Berkeley), è membro del Club di Roma, World Academy of Arts and Sciences, World Business Academy, European Academy of Sciences and Arts….

Immagine

….Uno degli esempi più noti di applicazione pratica del principio della moneta “che non si tesaurizza” detta anche “Moneta Libera” di Silvio Gesell è stato a Wörgl in Austria in 1932 e 1933. La moneta di cui si parla richiede per essere valida un francobollo o marca da bollo dell’1% del suo valore ogni mese, in altre parole ogni mese perde automaticamente un 1%. Per cui conviene spenderla e non tesaurizzarla….

Nel mezzo della Grande Depressione venne eletto sindaco Michael Unterguggenberger a Wörgl, un paese dove un terzo della popolazione era disoccupata e almeno 200 famiglie senza praticamente soldi. Il “sindaco con il nome lungo” come lo chiamava il famoso economista americano Irving Fisher che seguì la vicenda, aveva letto Silvio Gesell e decise di fare l’esperimento di introdurre questa moneta. Al momento erano rimaste nelle casse del municipio solo 40mila scellini, mentre ci sarebbe stata una lunga lista di lavoro pubblici che sarebbero stati utili e per lavorare ai quali centinaia di persone erano disponibili. Il sindaco mise i 40mila scellini come deposito presso una banca locale come garanzia ed emise come Comune 40mila scellini di valore della nuova moneta, che richiedeva però la marca da bollo dell’1% mensile. E utilizzò i 40mila nella nuova moneta per pagare il primo dei lavori pubblici.

Dato che la moneta con cui venivano pagati perdevà un 1% ogni mese tutti quelli che ricevettero i soldi si diedero da fare a spenderli il più in fretta possibile e in questo modo finirono per creare lavoro per qualcun altro. I 40mila scellini circolarono molto in fretta di continuo e quando della gente si trovò senza idee su come spenderli alcuni decisero persino di pagare in anticipo le loro tasse !

Wörgl fu la prima città in Austria ad annullare la disoccupazione, rifecero tutte le strade, l’acquedotto e ogni altro lavoro pubblico che desideravano da anni, costruirono case, una pista da sci, un ponte su cui misero una placca commemorativa che diceva “costruito con la nostra Moneta Libera”. Altri sei paesi la imitarono, costruendo di tutto, case, strade, piscine.. Il primo ministro francese Édouard Dalladier visitò Worgl per capire come funzionava il sistema.

La maggioranza dei posti di lavoro creati in questo modo non dipesero dai lavori pubblici, ma dalla circolazione ulteriore della “Moneta Libera” (che non si teasurizza) perchè questa monetà finì per circolare da 12 a 14 volte di più degli scellini regolari. Dopo circa un anno e mezzo il fenomeno cominciò ad allargarsi anche ad una prima cittadina Kirchbichl più grande e 200 paesi e cittadine austriache dichiararono di voler emettere questa moneta.

A quel punto la Banca Centrale Austriaca dichiarò illegale la nuova moneta, i paesi portarono il caso davanti alla Corte Suprema austriaca e persero. E venne dichiarato un reato emettere monete di emergenza come questa. Dal 1934 in poi tutti gli esperimenti di “moneta libera” cessarono… (dal sito di Bernard Lietaer)


1) Per chi obietti subito che non è rilevante perchè l’esperimento fu interrotto quando era ancora a livello locale.

A partire dalla fine del 1933 in Germania venne adottato uno schema diverso, perchè la moneta non aveva una marca da bollo mensile dell’1%, ma in buona parte simile, perchè era una moneta parallela ed “elastica”: i Mefo Bonds. Sotto Hitler il suo ministro delle finanze, il geniale Hjalmar Schacht, si mise a finanziare enormi lavori pubblici pagando emettendo obbligazioni o cambiali se vogliamo, i “MEFO bills”, di una società creata ad hoc la MEFO. Queste cambiali venivano attribuite ai fornitori a saldo delle loro spettanze e lo Stato tedesco si impegnava tuttavia ad accettare questi MEFO bills per pagamenti nei suoi confronti (ad esempio a saldo delle imposte). Il governo a sua volta restituiva i MEFO bills alla MEFO ricevendo in cambio lavori e prodotti di ogni genere. Nel giro di pochi anni, con la Grande Depressione ancora in pieno svolgimento nel resto del mondo, l’economia tedesca era tornata alla piena occupazione. Un esempio da manuale di come una politica di sostegno alla domanda finanziata da espansione monetaria fa uscire l’economia dalla trappola della liquidità e dalla depressione.

2) La differenza è che i Mefo Bonds erano una moneta parallela, ma temporanea, utilizzata per tornare alla piena occupazione, ma che poi veniva ritirata quasi tutta quando l’economia funzionava a pieno regime.

La “moneta che non si tesaurizza” di Silvio Gesell applicata in questi paesi austriaci nel 1933 invece, era una moneta alternativa permamente come concetto. La sua caratteristica è che finiva sempre per essere spesa perchè se la tenevi automaticamente perdeva un l% al mese. Secondo Gesell la moneta dovrebbe essere uno strumento di scambio e non di accumulazione di ricchezza.

Secondo Litaer puoi avere due tipo di moneta in parallelo, una che mantiene il suo valore perchè ha un contenuto legato all’oro e altre materie prime e che puoi tesaurizzare. E un altra invece che si “estingue” da sola perchè ogni mese perde un 1% ad esempio che utilizzi per mantenere l’economia alla piena occupazione. Se ci pensi è un idea semplice ma geniale…

http://www.rischiocalcolato.it/2013/03/ ... -wrgl.html



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Alta Disoccupazione ed Ingiustizia sociale
portano ad un Rivoluzione ed alla Tirannia


[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=kEWHL7CG0Jg[/BBvideo]


Pubblicato in data 01/ago/2013

Per far comprendere meglio i meccanismi e i rischi dell'autoritarismo, il professor Wenger, insegnante in un liceo tedesco, stimola i propri studenti a promuovere codici collettivi di disciplina, di riconoscimento, di autostima e riesce a convincere i suoi alunni a considerarlo come leader di un'associazione denominata "Terza onda". Il seminario prende una piega talmente imprevista e crudele che i ragazzi, presi dall'entusiasmo, creano un movimento diventando sempre più arroganti ed aggressivi.

L'ultima lezione del prof. Reiner dopo la settimana di approfondimento sull'autocrazia. La dittatura che si è sviluppata da un esperimento, "l'onda", ha superato le aspettative di tutti ed è fuori da ogni controllo. È possibile che nell'Occidente torni a svilupparsi qualche forma di dittatura?

Tratto da "L'onda" ("Die welle") di D. Gansel, 2008.
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E' facile comprendere come dopo una DEMOCRAZIA che per ovvi motivi si indirizza verso il bene di pochi sfoci in una TECNOCRAZIA dove si pensa che pochi tecnici possano risolvere il problema venutosi a creare. Inutile dire che i tecnocrati non sono dei servi del popolo e per questo motivo faranno i propri interessi.

Successivamente un alto tasso di disoccupazione ed ingiustizia sociale e inflazione
saranno i presupposti che spingeranno una RIVOLUZIONE partita dal basso che porterà al governo un solo eletto quest'ultimo punirà il governo di pochi accentrando il proprio potere su di se nascerà così la DITTATURA.

La storia ci insegna che successivamente alla dittatura troveremo una GUERRA
che con il sangue di migliaia di persone porterà nuovamente ad un AZZERAMENTO totale. Terreno fertile per costruire una nuova democrazia.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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Reddito di cittadinanza: inevitabile, ma come finanziarlo?

Il “reddito di cittadinanza” non è uno slogan, né soltanto un’uscita di sicurezza provvisoria per milioni di disoccupati: se la tecnologia continuerà a far sparire posti di lavoro, quella del sussidio statale garantito sarà l’unica soluzione possibile, perché – senza redditi – crollerebbero, per sempre, anche i consumi su cui si regge l’economia di mercato. «Questa – sostiene Giorgio Gattei – è la prospettiva economica a venire, se non proprio dei nostri nipoti, almeno dei pronipoti», considerata l’evoluzione dello scenario economico-sociale: competizione esasperata e globalizzata, con la corsa al ribasso del costo del lavoro, per prodotti che costino sempre meno e necessitino di sempre minor manodopera. Ecco perché «la discussione attuale sulla “messa in cantiere”, fin da subito, di una qualche misura di “reddito di cittadinanza” potrebbe essere un’utile procedura d’avvicinamento ad una realtà prossima ventura». Sottinteso: il potere sovrano decisionale, incluso quello monetario attualmente detenuto dalla finanza privata, deve tornare per intero all’autorità pubblica.

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In un intervento su “Sbilanciamoci”, ripreso da “Megachip”, Gattei parte dall’analisi storica della disoccupazione. C’è quella tradizionale, “fisiologica” Ieri alienati, oggi disoccupati dalle macchinee legata alle oscillazioni del mercato, tra domanda e offerta. E’ la disoccupazione causata dalla “insufficienza di domanda effettiva”, cioè la domanda assistita da moneta: essendo necessaria manodopera per produrre determinate merci, se queste non trovano domanda adeguata, l’occupazione produttiva necessariamente calerà. Da qui il rimedio prospettato da Keynes: rilanciare la domanda tramite l’aumento dei consumi, da parte delle famiglie e dello Stato. «C’è però anche un altro tipo di disoccupazione, di cui poco si parla e di cui aveva ben detto Giorgio Lunghini oltre un decennio fa», quando ha osservato che la relazione biunivoca e stabile tra produzione di merci e occupazione di lavoro vivo è mutata: è ancora vero che, se la produzione cala, anche l’occupazione cala. Ma non è più vero l’inverso: anche che se la produzione riprende, l’occupazione resta al palo. Per “colpa” di un nuovo soggetto economico determinante: le macchine.

Siamo alle prese con la “disoccupazione tecnologica” individuata già nel lontano 1821 da un economista delle élites come David Ricardo: sostituendo i macchinari al lavoro vivo, la disoccupazione cresce nonostante gli investimenti, perchè non c’è modo di rioccupare gli operai “disoccupati dalle macchine”. «La disoccupazione attuale – sostiene Gattei – è soprattutto “ricardiana”, essendo dovuta al trapasso dal fordismo ad una “maniera post-fordista” del produrre», che non è solo “sostituzione d’informatica al lavoro”: «Ne risulta un eccesso di manodopera che viene espulsa dalla produzione e che, non sapendo come gestirla, resta lì (almeno finché sopporta la propria esclusione)». Nuova disoccupazione, comparsa in Italia dagli anni ’90, ma allora «recuperata mediante la “precarizzazione” del mercato del lavoro», basata su un presupposto brutale: «A salari stracciati, le imprese avrebbero assunto quei lavoratori “usa e getta”». In effetti così è stato, «ma con la brutta conseguenza di un calo storico della produttività del lavoro». E’ evidente: «Se si possono costringere i precari a lavorare di più, non gli si può però imporre di lavorare meglio».

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Da qui, continua Gattei, la comparsa di una occupazione flessibile a bassa produttività, contro la quale ha provato a muoversi la cosiddetta “riforma Fornero”, imponendo alle imprese – dopo un certo tempo – l’obbligo di trasformare le occupazioni a tempo determinato in posti fissi, «così che, gravate da un maggior onere salariale, si decidessero a cavalcare anche la via dello sviluppo tecnologico». Problema: «Le imprese, dovendo passare alle “macchine”, hanno preferito licenziare i precari piuttosto che stabilizzarli, e così quella disoccupazione “ricardiana” è tornata sulla scena», cronicizzandosi. Come recuperarla? Ne parlò direttamente lo stesso Keynes nel 1930: «L’efficienza tecnica è andata intensificandosi con ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a risolvere il problema dell’assorbimento della manodopera, e il sistema bancario e monetario del mondo ha impedito che il tasso d’interesse cadesse con la velocità necessaria al riequilibrio».

Ecco dunque, per Keynes, «una nuova malattia, di cui alcuni lettori possono non conoscere ancora il nome, ma di cui sentiranno molto parlare nei prossimi anni: vale a dire la “disoccupazione tecnologica”». Tradotto: «La disoccupazione dovuta alla scoperta di strumenti economizzatori di manodopera procede con ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a trovare nuovi impieghi per la stessa manodopera». Come rimedio a questa disoccupazione, il grande economista inglese proponeva di “lavorare meno per lavorare tutti”, a parità di salario, prospettando «turni giornalieri di tre ore e settimana lavorativa di quindici ore». Una buona soluzione, «affinché L'industria dell'auto robotizzatail poco lavoro che ancora rimane sia distribuito fra quanta più gente possibile».

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Nonostante qualche sforzo in questa direzione «durante la miglior stagione del fordismo», cioè negli anni ’60 e ’70 del Novecento, ormai ai disoccupati si offrono soltanto “lavori socialmente utili”, mentre nell’industria gli orari di lavoro restano invariati, per operai sempre meno numerosi. Lavoratori resi superflui? Lo stesso Ricardo vedeva bene il problema: «Se le macchine potessero fare tutto il lavoro che adesso fanno i lavoratori, non ci sarebbe più domanda di manodopera e nessuno avrebbe più titolo a consumare qualcosa, a meno che non fosse un capitalista». Evidentemente, aggiunge Gattei, lo stesso Ricardo non immaginava che ci potessero essere “lavori socialmente utili”. Ma il punto è: come metterli in esecuzione, visto che comunque costano?

Problema enorme, oggi più che mai: lo Stato, ricattato e colpevolizzato per un debito pubblico “privatizzato” e gonfiato dalla speculazione bancaria, nell’Eurozona è costretto a mendicare valuta bussando alla finanza privata. La sovranità monetaria è il cardine di tutto il pensiero di Keynes, per il quale l’economia democratica crolla non appena si toglie allo Stato la possibilità di intervenire, emettendo moneta in misura teoricamente illimitata e a costo zero, a sostegno della spesa pubblica e quindi dell’occupazione. Scenari che, nell’euro-regime governato dalla Bce, oggi sono fantascienza: per l’élite al potere – l’oligarchia neoliberista, neoclassica e neomercantile che ha pilotato la crisi, puntando al massimo profitto e al culto dell’export tagliando i diritti del lavoro – lo Stato come attore economico determinante, unico possibile garante dei cittadini, semplicemente non esiste più. C’è una linea di frattura sempre più netta: se Keynes mirava al benessere dell’intera comunità socio-economica, gli oligarchi si limitano ad imporre la legge darwiniana del più forte, senza curarsi delle conseguenze.

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Dal punto di vista strettamente tecnico, l’analisi di Gattei cita la prospettiva già delineata dall’economista marxista Piero Sraffa, autore nel 1960 del saggio “Produzione di merci a mezzo di merci”. Ne parla anche Paolo Sylos Labini in uno scritto dedicato «all’ipotesi estrema di una produzione interamente robotizzata». Ovvero: «Se producessero senza più impiegare lavoratori, i capitalisti guadagnerebbero un profitto “massimo”, non avendo più salari da pagare. Ma siccome devono vendere le merci prodotte, avrebbero necessità di una domanda effettiva da parte dei “non più lavoratori”, e a questo scopo dovrebbero accontentarsi di realizzare, in moneta, un profitto minore di quello “massimo”, destinando la differenza al reddito di quei non-lavoratori».

Sarebbe questo, conclude Gattei, il “reddito di cittadinanza” di cui si parla oggi: quote di profitto a cui i capitalisti rinuncerebbero per assicurarsi la domanda effettiva per smaltire le merci prodotte. Nuovi salari, quindi, che i neo-occupati otterrebbero anche attraverso “lavori socialmente utili”, in settori strategici gravemente trascurati: ripristino e messa in sicurezza del territorio, energia pulita, servizi sociali. Lo stesso Grillo, secondo cui sarebbe sufficiente attingere a denaro già esistente, semplicemente tagliando gli sprechi della burocrazia, sembra restare all’interno di un circuito economico chiuso, dove cioè la moneta circolante è sempre la stessa: non viene emessa da nessuno degli attori citati ma, semplicemente, passa di mano in mano.

In realtà, sostengono i sovranisti, il quadro può cambiare davvero ad un’unica condizione: che l’autorità pubblica torni ad emettere liberamente valuta, sottraendo alla finanza speculativa privata l’attuale monopolio della circolazione monetaria. A quel punto, un “reddito di cittadinanza” per lavori utili sostenuto da un atto economico inizialmente “virtuale” – il bancomat della banca centrale – si tradurrebbe

http://www.libreidee.org/2013/07/reddit ... diatamente in stipendi e consumi, cioè in solida economia reale.



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MessaggioInviato: 21/08/2013, 11:13 
Un approfondimento sul Reddito di Cittadinanza, un elemento che io introdurrei in un ipotetico documento programmatico di Rinascita Sociale Globale.

Segue un elenco di paesi dove è in vigore una forma di reddito di cittadinanza.

Belgio
In Belgio è chiamato minimax, è un diritto individuale, garantisce un reddito minimo di circa 650 euro a chi non dispone di risorse sufficienti per vivere. Ne può usufruire chiunque, anche chi ha appena smesso di ricevere il sussidio di disoccupazione.

Lussemburgo
In Lussemburgo, il revenue minimum guaranti, è definito legge universale, un riconoscimento individuale "fino al raggiungimento di una migliore condizione personale". L'importo è di 1.100 euro mensili.

Austria
In Austria c'è la sozialhilfe, un minimo garantito che viene aggiunto al sostegno per il cibo, il riscaldamento, l'elettricità e l'affitto per la casa.

Norvegia
In Norvegia c'è lo Stønad til livsopphold, letteralmente "reddito di esistenza", erogato a titolo individuale senza condizione di età, con un importo mensile di oltre 500 euro e la copertura delle spese d'alloggio ed elettricità.

Olanda
In Olanda si chiama Beinstand, è un diritto individuale e si accompagna al sostegno all'affitto, ai trasporti per gli studenti, all'accesso alla cultura. Sempre in Olanda c'è il Wik, un reddito di 500 euro destinato agli artisti per "permettergli di avere tempo di fare arte".

Germania
In Germania esiste l'Arbeitslosengeld II, rilasciato a tutti coloro, di età compresa tra i 16 e i 65 anni, che non hanno un lavoro o appartegono a fasce di basso reddito. Si tratta di una rendita mensile di 345€, che di per sé non è elevata, ma si integra alle coperture dei costi di affitto e riscaldamento. Questa rendita inoltre è illimitata nel tempo e viene garantita non solo ai cittadini tedeschi, ma anche agli stranieri con regolare permesso di soggiorno!

Inghilterra
In Gran Bretagna, paese precursore per quel che riguarda il sostegno al reddito, sono garantiti diversi interventi che permettono ai meno abbienti di poter avere un tenore di vita discreto. L'Income Based Jobseeker's Allowance è una rendita individuale illimitata nel tempo,
che varia dai 300 ai 500€, rilasciata sempre a titolo individuale a partire dai 18 anni di età a tutti coloro i cui risparmi non raggiungono i 12775€.

Francia
Il Revenu Minimum d'Insertion o Rmi è stato adottato dal 1988 (ma si pensi che non è tra i primi, Gran Bretgna e Germania ci avevano già pensato negli anni '70), si ottiene dai 25 anni in su e consiste in un'integrazione al redditto di circa 425€ se si è single, 638,10€ se si è in coppia (e si sottolinei coppia, intesa in maniera laica), 765,72€ se la coppia ha un figlio, 893,34€ se ne ha due, più 170€ per ogni altro
figlio.

Già nel 1992 l'Unione Europea aveva invitato gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base tra le proprie politiche di welfare e la raccomandazione 92/411 di fatto impegnava gli stati ad adottare misure di garanzia di reddito. A questi inviti aderirono Portogallo e Spagna, che con Zapatero formulò una sua proprosta di reddito minimo, mentre restano totalmente inadempienti soltanto Grecia ed Italia!

Il tema del reddito garantito, minimo, di base, di cittadinanza è una delle centralità del dibattito internazionale. Non ultimo, il presidente boliviano Evo Morales, lo pone come una delle riforme cardine, tanto che stà istituendo una legge che garantisce un minimo vitale a tutte le persone sopra i 60 anni.

Consiglio anche la lettura di questi articoli

- “Il reddito minimo garantito. Tutto quello che non si è detto” di G. Perazzoli
- “Dal welfare all'alternativa possibile” di S. Gobetti consultabili sul sito http://www.bin-italia.org
- “Reddito universale e nuovo welfare tra Italia ed Europa” di M. Algeri consultabile sul sito http://www.womenews.net

Detto questo, come definireste voi il miglior modello di "Reddito di Cittadinanza" in un paese come l'Italia?



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MessaggioInviato: 21/08/2013, 12:34 
Reddito di Cittadinanza che deve appaiarsi a un rilancio occupazionale. Come? Ecco alcune proposte suggerite da un articolo di Aldo Giannulli.

Cita:
...

Veniamo al cuore del problema: i grandi imprenditori preferiscono o investire i capitali in titoli del mercato finanziario o in impianti delocalizzati nei paesi in cui la forza lavoro costa meno. Le piccole e medie imprese sono strangolate dalla tenaglia fra costo del denaro bancario e pressione fiscale.

I giovani, che pure vorrebbero dar vita a qualche impresa, non ricevono né sostegno pubblico né credito bancario a condizioni decenti. Infine, il taglio della spesa pubblica (per quanto ragionevolmente necessario) implica anche una riduzione della committenza pubblica sul mercato. Magari non direttamente proporzionale ai tagli operati, ma comunque una riduzione ci sarà.

Morale: in queste condizioni andiamo in fallimento senza nessun dubbio. E’ ovvio che la base occupazionale si contrarrà ulteriormente, quindi diminuirà ancora il monte salari da spendere, quindi caleranno i consumi, il che metterà fuori mercato un altro pezzo di imprese, dunque l’occupazione si ridurrà ancora e così via, in un giro a spirale verso il fallimento. Anche dello stato, intendiamoci, perché se la tendenza è questa inevitabilmente caleranno le entrate dello Stato il che renderà sempre meno credibile la restituzione del capitale assorbito dai titoli pubblici e, quindi, crescerà la pressione degli interessi e cosi via. Ovviamente sono possibili accorgimenti, deviazioni, rettifiche, modi per prendere tempo ma la tendenza di fondo resta questa.

Allora che si fa? Lasciamo da parte, per ora, il problema della riduzione della pressione fiscale e concentriamoci sul come finanziare il rilancio occupazionale. Valutiamo l’idea dell’auto imprenditorialità (o impresa autogestita). Si tratta di questo: immaginiamo il caso in cui un imprenditore decida di chiudere un’azienda o un suo reparto (magari per impegnare il capitale ricavato in una speculazione finanziaria o per delocalizzare la produzione in un paese asiatico), ma i lavoratori ritengono che ci siano i margini di mercato per resistere.

In questo caso, si potrebbe, per legge, riconoscere ai lavoratori una sorta di golden share nell’acquisto dell’azienda e subentrare nella proprietà. Si porrebbe il problema di come finanziare l’acquisto e le strade potrebbero essere due (eventualmente in combinazione fra loro): o utilizzare un fondo di resistenza alimentato dagli accantonamenti Tfr o organizzata ad hoc dai sindacati (che si spera ricomincino a fare qualcosa), oppure con l’ingresso dello Stato come socio temporaneo, che acquista un pacchetto di azioni poi gradualmente ricomperato dal collettivo dei lavoratori nel tempo.

E lo Stato dove trova il denaro? Se ci fosse ancora la moneta nazionale non ci sarebbero problemi: emettendo moneta (ecco una buona ragione per pensare ad uscire dall’Euro, pur se con la dovuta gradualità), ma nella situazione in cui siamo potremmo tentare altre due strade. La prima, preferibile, è quella di utilizzare allo scopo la Cassa depositi e Prestiti (i conti postali, per intenderci) che nel frattempo andrebbe sottratta alla voracità delle banche cui la vorrebbero consegnare. L’altra strada è quella di usare i beni demaniali ed azionari destinati alle privatizzazioni non per fare questa solenne sciocchezza, ma come garanzia alla base di specifici titoli da emettere per sostenere l’auto impresa.

Ovviamente, occorrerebbe evitare pasticci clientelari per cui si vanno a finanziare cose che non hanno prospettive economiche serie e destinate a chiudere dopo aver sperperato un altro po’ di denaro pubblico. Dunque è bene studiare le opportune garanzie di controllo sula fattibilità economica dei progetti.

Ovviamente, lo stesso metodo potrebbe essere applicato anche all’imprenditoria giovanile ed, anzi, questo appare particolarmente indicato per una generazione che non sembra amare molto il lavoro dipendente. Il punto è questo: la grande proprietà non ha bandiera nazionale e tende a non mettere radici, mentre la piccola impresa ed, ovviamente, quella posseduta da quanti ci lavorano, al contrario tende a radicarsi sul territorio. Anche per questo il graduale passaggio di parti significative di manifattura nelle mani dei lavoratori è una premessa necessaria di una ripresa occupazionale, soprattutto nel settore manifatturiero.

http://www.aldogiannuli.it/2013/01/come ... torialita/



Ultima modifica di Atlanticus81 il 21/08/2013, 12:34, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 25/08/2013, 21:43 
La città del futuro esiste già

Potrebbe essere ribattezzata la ‘capitale della green economy’ visto che, in quanto a impegno nelle politiche ambientali virtuose e ben applicate, Friburgo non è seconda a nessuno.

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220.000 anime, 13.000 posti di lavoro ‘puliti’creati negli ultimi anni, capitale europea dell’energia solare, in cantiere un progetto di sviluppo sostenibile ‘multi-impatto’: queste sono solo alcune delle prerogative che la virtuosa cittadina tedesca. Che ha saputo far proprie le esigenze ambientali, diventando un modello futuristico (all’interno di una realtà antica) che sta lasciando l’opinione pubblica mondiale a bocca aperta.

Immune alla crisi economica e alle oscillazioni dei mercati mondiali, Friburgo ha saputo ridurre del 14% le emissioni di gas serra prodotte rispetto al 1992 e punta a superare di gran carriera anche gli ambiziosi obiettivi della Comunità Europea per arrivare al -40% nel 2030.

Un piccolo, grande miracolo, reso possibile dall’impegno di tutti e dalla ferrea volontà di cittadini e amministratori locali di conquistare un presente ed un futuro migliore, alla luce dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e della diminuzione di risorse naturali che ci si aspetta nei prossimi decenni.

Il quartiere periferico di Vauban (guarda l’articolo Vauban: la città ecologica esiste), ad esempio, stupisce per le sue case ‘passive’ coloratissime che non producono sprechi ed aiutano gli abitanti a ridurre i consumi energetici e idrici del 90%. Ogni tetto esibisce pannelli solari, quasi una bandiera sventolata con orgoglio da una comunità che ha dichiarato guerra aperta alle emissioni nocive e al nucleare.

La cura del verde pubblico è al primo posto nell’agenda del sindaco, così come la creazione di nuovi percorsi ciclabili e la limitazione del traffico attuata su tutti i livelli (le auto devono procedere ad una velocità di 7km/h). A Vauban e Friburgo, dunque, regna il silenzio, la tranquillità e la pace, scandita dal solo ‘rumore’ delle biciclette che sfrecciano veloci lungo le piste riservate.

Tutto ciò si traduce in sicurezza, salute e socialità per i cittadini, valorizzazione e tutela dell’ambiente, prosperità economica e nuove opportunità di sviluppo per l’industria turistica locale che continua a registrare trend di crescita impressionanti.

Uno schiaffo morale alle goffe manovre eco-sostenibili degli altri paesi europei, che tra una crisi e l’altra, sembrano sempre più impantanati nella palude della loro stessa inerzia.

http://www.comunivirtuosi.org/video/la- ... esiste-gia



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Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Un approfondimento sul Reddito di Cittadinanza, un elemento che io introdurrei in un ipotetico documento programmatico di Rinascita Sociale Globale.

Segue un elenco di paesi dove è in vigore una forma di reddito di cittadinanza.

Belgio
In Belgio è chiamato minimax, è un diritto individuale, garantisce un reddito minimo di circa 650 euro a chi non dispone di risorse sufficienti per vivere. Ne può usufruire chiunque, anche chi ha appena smesso di ricevere il sussidio di disoccupazione.

Lussemburgo
In Lussemburgo, il revenue minimum guaranti, è definito legge universale, un riconoscimento individuale "fino al raggiungimento di una migliore condizione personale". L'importo è di 1.100 euro mensili.

Austria
In Austria c'è la sozialhilfe, un minimo garantito che viene aggiunto al sostegno per il cibo, il riscaldamento, l'elettricità e l'affitto per la casa.

Norvegia
In Norvegia c'è lo Stønad til livsopphold, letteralmente "reddito di esistenza", erogato a titolo individuale senza condizione di età, con un importo mensile di oltre 500 euro e la copertura delle spese d'alloggio ed elettricità.

Olanda
In Olanda si chiama Beinstand, è un diritto individuale e si accompagna al sostegno all'affitto, ai trasporti per gli studenti, all'accesso alla cultura. Sempre in Olanda c'è il Wik, un reddito di 500 euro destinato agli artisti per "permettergli di avere tempo di fare arte".

Germania
In Germania esiste l'Arbeitslosengeld II, rilasciato a tutti coloro, di età compresa tra i 16 e i 65 anni, che non hanno un lavoro o appartegono a fasce di basso reddito. Si tratta di una rendita mensile di 345€, che di per sé non è elevata, ma si integra alle coperture dei costi di affitto e riscaldamento. Questa rendita inoltre è illimitata nel tempo e viene garantita non solo ai cittadini tedeschi, ma anche agli stranieri con regolare permesso di soggiorno!

Inghilterra
In Gran Bretagna, paese precursore per quel che riguarda il sostegno al reddito, sono garantiti diversi interventi che permettono ai meno abbienti di poter avere un tenore di vita discreto. L'Income Based Jobseeker's Allowance è una rendita individuale illimitata nel tempo,
che varia dai 300 ai 500€, rilasciata sempre a titolo individuale a partire dai 18 anni di età a tutti coloro i cui risparmi non raggiungono i 12775€.

Francia
Il Revenu Minimum d'Insertion o Rmi è stato adottato dal 1988 (ma si pensi che non è tra i primi, Gran Bretgna e Germania ci avevano già pensato negli anni '70), si ottiene dai 25 anni in su e consiste in un'integrazione al redditto di circa 425€ se si è single, 638,10€ se si è in coppia (e si sottolinei coppia, intesa in maniera laica), 765,72€ se la coppia ha un figlio, 893,34€ se ne ha due, più 170€ per ogni altro
figlio.

Già nel 1992 l'Unione Europea aveva invitato gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base tra le proprie politiche di welfare e la raccomandazione 92/411 di fatto impegnava gli stati ad adottare misure di garanzia di reddito. A questi inviti aderirono Portogallo e Spagna, che con Zapatero formulò una sua proprosta di reddito minimo, mentre restano totalmente inadempienti soltanto Grecia ed Italia!

Il tema del reddito garantito, minimo, di base, di cittadinanza è una delle centralità del dibattito internazionale. Non ultimo, il presidente boliviano Evo Morales, lo pone come una delle riforme cardine, tanto che stà istituendo una legge che garantisce un minimo vitale a tutte le persone sopra i 60 anni.

Consiglio anche la lettura di questi articoli

- “Il reddito minimo garantito. Tutto quello che non si è detto” di G. Perazzoli
- “Dal welfare all'alternativa possibile” di S. Gobetti consultabili sul sito http://www.bin-italia.org
- “Reddito universale e nuovo welfare tra Italia ed Europa” di M. Algeri consultabile sul sito http://www.womenews.net

Detto questo, come definireste voi il miglior modello di "Reddito di Cittadinanza" in un paese come l'Italia?


Pazzesco.....tutti i paesi d'Europa adottano questo sistema....solo noi no....e la Grecia che per puro caso è in bancarotta....non sarebbe certo la soluzione alla crisi ma almeno permetterebbe a quei disperati che ogni giorno si suicidano di vedere un barlume di speranza....ricordiamoci che la vita umana e il preservarla è alla base della nostra società....al debito pubblico pensiamo dopo...se questo può salvare anche solo una persona dall'orlo del baratro. Perché sono meglio 1000 persone con 450 euro al mese che 500 persone con 1500 euro e una persona che si suicida dalla disperazione....SEMPRE E COMUNQUE [B)]


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Traverso ha scritto:

ricordiamoci che la vita umana e il preservarla è alla base della nostra società....al debito pubblico pensiamo dopo...


Questo è stato vero fino a quando abbiamo lasciato che il potere del denaro e della finanza prevalesse su tutto e su tutti.

L'abbiamo consentito noi, delegando attraverso scelte sbagliate la nostra sovranità, intesa come "capacità di decidere", ai rappresentanti politici servi dei poteri forti.

Ora comandano loro.

"Disposti a tutto pur di salvare l'Euro"... ricordate questa frase di Draghi?!

Disposti alla disperazione e al suicidio delle persone, disposti a rubare il futuro e la speranza di una generazione.

Disposti a guerre.

Se vogliamo una "Rinascita Sociale" dobbiamo prima di tutto dire BASTA a questo stato di cose.

Ma il pensiero unico a cui ci hanno uniformato rende estremamente difficile questa cosa.



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Atlanticus81 ha scritto:

Cita:
Traverso ha scritto:

ricordiamoci che la vita umana e il preservarla è alla base della nostra società....al debito pubblico pensiamo dopo...



Se vogliamo una "Rinascita Sociale" dobbiamo prima di tutto dire BASTA a questo stato di cose.



x fare cio'e' necessario avere politici con gli zebedei.e non omuncoli che appena eletti corrono dalla reich x ossequiare come vassalli medioevali


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Dopo aver cacciato il FMI l’Ungheria emette moneta senza debito

-di Ronald L. Ray – Traduzione a cura di N. Forcheri

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http://www.informarexresistere.fr/2013/ ... za-debito/

L’Ungheria si libera dei vincoli dei banchieri. Dopo che è stato ordinato all’FMI di abbandonare il paese, la nazione adesso stampa moneta senza debito. L’Ungheria sta facendo la storia.

Mai più dagli anni ’30 con il caso della Germania un paese europeo aveva osato sfuggire alle grinfie dei cartelli bancari internazionali controllati dai Rothschilds. Questa è una notizia stupenda che dovrebbe incoraggiare i patrioti nazionalisti del mondo intero ad intensificare la lotta per la libertà dalla dittatura finanziaria.
Già nel 2011 il primo ministro ungherese, Viktor Orbán promise di ristabilire la giustizia sui predecessori socialisti che avevano venduto il popolo della nazione alla schiavità di un debito infinito con i vincoli del FMI (IMF) e lo stato terrorista d’Israele. Queste amministrazioni precedenti erano infiltrate da israeliani nelle alte cariche, in mezzo al furore delle masse che alla fine, in reazione, hanno votato il partito Fidesz di Orban.
Secondo una relazione sui siti germanofoni del “National Journal”, Orbán si è accinto a scalzare gli usurai dal trono. Il popolare e nazionalista primo ministro ha detto all’FMI che l’Ungheria non vuole né richiede “assistenza” ulteriore dal delegato della Federal Reserve di proprietà dei Rothschild. Gli ungheresi non saranno più costretti a pagare esosi interessi a banche centrali private e irresponsabili.
Anzi, il governo ungherese ha assunto la sovranità sulla sua moneta e adesso emana moneta senza debito e tanta quanto ne ha bisogno. I risultati sono stati nientemeno che eccezionali. L’economia nazionale, che vacillava per via di un pesante debito, ha ricuperato rapidamente e con strumenti inediti dalla Germania nazionalsocialista.

Il ministro per l’Economia ungherese ha annunciato che grazie a “una politica di bilancio disciplinato” ha ripagato il 12 agosto 2013 il saldo dei 2,2 bilioni di debito all’FMI, prima della scadenza ufficiale del marzo 2014. Orbàn ha dichiarato: “L’Ungheria gode della fiducia degli investitori” che non vuol dire né l’FMI né la Fed o altri tentacoli dell’impero finanziario dei Rothschild. Piuttosto si riferiva agli investitori che producono in Ungheria per gli ungheresi, creando crescita economica vera, e non già la “crescita di carta” dei pirati plutocratici, bensì quel tipo di produzione che assume realmente le persone e ne migliora la vita.
Con l’Ungheria libera dalla gabbia della servitù agli schiavisti del debito non c’è da meravigliarsi che il presidente della banca centrale ungherese gestita dal governo per il bene pubblico e non per l’arricchimento privato abbia chiesto all’FMI di chiudere i battenti da uno dei paesi più antichi d’Europa. Inoltre, il procuratore generale, ripetendo le gesta dell’Islanda, ha accusato i tre precedenti primi ministri del debito criminale in cui hanno precipitato la nazione.
L’unico passo che rimane da fare per distruggere completamente il potere dei bancksters in Ungheria, è di attuare un sistema di baratto per lo scambio con l’estero come esisteva in Germania con i nazional socialisti e come esiste oggi in Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i cosiddetti BRICS, una coalizione economica internazionale. E se gli USA seguissero la guida dell’Ungheria, gli americani potrebbero liberarsi dalla tirannia degli usurai e sperare in un ritorno a una pacifica prosperità.
Ronald L. Ray, autore freelance che risiede nel libero stato del Kansas, discendente di vari patriotti della Guerra americana di indipendenza.
Fonte: americanfreepress.net


Tratto da stampalibera.com

http://informatitalia.blogspot.se/2013/ ... heria.html



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"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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niente male, uniamoci a loro anche noi!



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