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31/08/2014, 01:03

Alternative!

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03/09/2014, 00:54

Salvare Taranto dall'eccidio ambientale si puo'


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E' arrivato il momento che la vicenda del capoluogo jonico fuoriesca dal compromesso politico-sindacale italiano e coinvolga associazioni, partiti e testate giornalistiche indipendenti. Realizzare una crescita che generi benessere e ricchezza, senza massacrare ambiente e vite umane, è ancora possibile

di Erasmo Venosi


L’eccidio ambientale, che si sta consumando a Taranto, deve essere portato a conoscenza di tutta l’Europa. Patologie gravi e aumento dei decessi connessi all’inquinamento ambientale continuano nel capoluogo jonico. Inaccettabile risulta essere lo stallo delle decisioni operative ed efficaci degli organismi comunitari e nazionali; irretiti, i primi, nella comoda scusa degli abnormi tempi procedurali e, i secondi, nella grande illusione del finanziamento privato alla ricapitalizzazione e alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. Aia che Ilva e gli altri stabilimenti del polo industriale tarantino avrebbero dovuto avere, scontando già il ritardo, al massimo entro il 2004. La direttiva istitutiva ne fissava i limiti di recepimento all’agosto del 1999. Giochetti di Palazzo e pressioni di lobby d’interesse hanno determinato la concessione delle prime Aia nel 2007. La lettera di messa in mora dello Stato italiano per l’Infrazione alla direttiva sull’Aia ha il numero 2013/2177. Risale a 11 mesi fa, in una UE che predica semplificazioni e repentinità di azioni! Messa in mora seguita all’indagine “EU Pilot 3268/12/ENVI”, attivata dalla Commissione UE e riguardante l’applicazione della direttiva IPCC a Ilva del 26 marzo 2012. Il ritardo decisionale della Commissione UE sul caso Ilva è di palese evidenza atteso che la stessa è in possesso di tutti gli elementi necessari all’azione per le inadempienze del Governo italiano. Assenza totale di proposte da parte del Parlamento UE, repentino solo nelle decisioni riguardanti parametri di bilancio e vincoli, di spesa pubblica tanto cari ai dogmi del mainstream economico!


Ilva era uno degli impianti industriali oggetto della procedura d’infrazione 2008/2071 riguardante impianti, che funzionavano in assenza di Aia, e che ha determinato la condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia UE nel 2011. Dai controlli svolti dalle autorità (gennaio e maggio 2013) sono inattuate molte prescrizioni previste dall’AIA del 26 ottobre 2012, violando in tal modo la legge 231/2012. Lo stabilimento siderurgico è gestito in violazione dell'articolo 14, lettera a), della direttiva IPPC, a norma del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il gestore rispetti, nel proprio impianto, le condizioni dell'autorizzazione Questo è tanto più grave in quanto l'Aia, che ai sensi della direttiva IPPC doveva essere emanata entro il 30 ottobre 2007, è stata rilasciata a ILVA nell'agosto 2011, e ciò malgrado la procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea nel 2008 sia culminata nella di condanna del marzo 2011 (C-50/10). Inoltre, ai sensi della 426/1998, che ha individuato i Siti di Interesse Nazionale ovvero, le aree che sono considerate altamente inquinate, e che devono essere bonificate con la zona industriale che comprende lo stabilimento siderurgico Ilva è inclusa nel SIN di Taranto.


Il sito di pertinenza è stato caratterizzato, ed è risultato che il suolo, le acque superficiali e le acque sotterranee del sito sono gravemente inquinati. Dalle informazioni disponibili risulta, che le acque e il suolo inquinati non sono ancora stati bonificati, che sono stati eseguiti solo alcuni interventi di messa in sicurezza d’emergenza dei suoli, mentre non sono stati eseguiti interventi di messa in sicurezza d’emergenza delle acque. La direttiva 2004/35/CE istituisce un quadro, per la responsabilità ambientale, basato sul principio “chi inquina paga”, per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale. Ilva ha causato un inquinamento significativo e, in particolare, ha causato un danno delle acque e del terreno, come definito dall'articolo 2.1. lettera b) e c) della direttiva sulla responsabilità ambientale. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva quando si è verificato un danno ambientale, il responsabile adotta “ a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, gli inquinanti in questione e/o qualsiasi altro fattore di danno, allo scopo di limitare o prevenire ulteriori danni ambientali ed effetti nocivi per la salute umana e b) le necessarie misure di riparazione” . A norma dell'articolo 6, paragrafo 3, l'Autorità competente dello Stato richiede che il responsabile adotti le misure di riparazione e, se l'operatore non adempie, l'Autorità competente ha facoltà di adottare essa stessa tali misure, qualora non le rimangano altri mezzi.


Non risulta che le Autorità italiane abbiano preso provvedimenti per far si che Ilva adotti le necessarie misure di riparazione o, quantomeno, sopporti i costi di tale misure di riparazione. L’Autorità italiana ha invece velocissimamente riconosciuto un incredibile credito di imposta di mezzo miliardo di euro alla autostrada pedemontana lombarda e si appresta a riconoscerne altrettanti alla Pedemontana Veneta e alla Autostrada BreBeMi ( Brecia/Bergamo/Milano). Incredibile il riconoscimento di un credito imposta di 1,9 mld di euro all’autostrada Orte/Mestre che sconta il parere contrario della Corte dei Conti. I fruitori del credito ? Nella sostanza Banca Intesa, che controlla il 49% di Autostrade Lombarda, che controllano l’89% della BreBeMi e il 25% della Pedemontana Lombarda mentre sulla Orte /Mestre troviamo la commissariata Banca Carige, la Efibanca Spa e la Gefip Holding del pluricondannato Vito Bonsignore.


Quando è nato il credito d’imposta? Con il Ministro delle Infrastrutture Passera e vice Ministro con delega infrastrutture Ciaccia. Entrambi di Banca Intesa. Ciaccia ex amministratore delegato di Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo (BIIS) , consulente della Bre.Be.Mi (autostrada Bergamo-Brescia-Milano) . Advisor delle 2 autostrade Pedemontane (Lombarda e Veneta). E ancora la BIIS controlla la Cofergemi che sta realizzando la Tav Ge-Mi (quella che ha avuto un miliardo al primo Cipe del Governo Monti) e che rappresenta l’opera più scandalosa italiana. Infrastrutture che hanno ottenuto copiosi finanziamenti pubblici e determinanti linee di credito dalla Cassa Depositi e Prestiti! Bonifiche, dissesto idrogeologico e riconversione economica della città di Taranto non sono nell’agenda politica degli ultimi governi etero-diretti da interessi finanziarie e industriali sconfitti nella competizione globale e vincenti nell’assalto alla dissestata finanza pubblica italiana Nella lettera di messa in mora la Commissione ha invitato il governo ai sensi dell'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, a trasmetterle osservazioni, entro due mesi dal ricevimento della lettera.


Ammettiamo che la Commissione, con parere motivato condanni l’Italia. Visto il pregresso legislativo di legge pro Ilva l’Italia potrebbe non conformarsi al parere motivato, e la Commissione adire alla Corte di Giustizia. Mediamente, occorrono due anni perché la Corte pronuncia la propria sentenza. Le sentenze della Corte di giustizia non hanno lo stesso effetto di quelle dei tribunali nazionali. Al termine del procedimento, nella sua sentenza la Corte di giustizia costata, infatti, semplicemente l'esistenza (o la non esistenza) di un'infrazione. Lo Stato condannato dalla Corte di giustizia, può decidere di prendere le misure necessarie per conformarsi alla sentenza. Se lo Stato non fa nulla, la Commissione europea può soltanto adire di nuovo la Corte di giustizia e chiederle di infliggere allo Stato membro una penalità da versare fino al momento, in cui avrà messo fine all'infrazione, e/o una somma forfettaria. Io credo invece che sia anche da valutare l’istituzione di una Commissione temporanea d’inchiesta , che è disciplinata dall’art. 193 Trattato CE attraverso la richiesta fatta dal 25% dei parlamentari europei. La Commissione d’inchiesta temporanea esamina le denunce d’infrazione o di cattiva amministrazione degli Stati o della Commissione UE, nell’applicazione del DIRITTO COMUNITARIO. So che è complesso avere il 25% dei parlamentari UE , ma sarebbe ad altissimo impatto politico e non potrebbe non produrre in tempi rapidi un provvedimento significativo.


E’ ora che la vicenda di Taranto fuoriesca dal compromesso ambientale e politico-sindacale italiano e coinvolga associazioni, partiti e testate giornalistiche indipendenti che hanno realmente assunto la questione ambientale come questione di tutela della salute e settore su cui innescare uno sviluppo. Una crescita che generi benessere e ricchezza senza massacrare ambiente e vite umane. E’ una grande sfida. Io, assieme a CosmoPolis e quanto vorranno accompagnarsi in questo lungo percorso, ci sono.



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11/09/2014, 00:31

Ilva Taranto, condanna per l’amianto: “Gli operai morti potevano essere salvati”


A maggio il giudice aveva ritenuto colpevoli 27 ex dirigenti dell'azienda. Ora sono uscite le motivazioni: "Se avessero sottoposto i lavoratori a visite mediche adeguate, sarebbe stata diagnosticata una patologia che poteva essere un campanello d'allarme"




di Francesco Casula | 9 settembre 2014

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Gli operai dell’Ilva morti per mesotelioma pleurico a causa dell’amianto presente nella fabbrica potevano essere salvati se solo l’azienda, a conoscenza della problematica, avesse agito tempestivamente. È quanto scrive il giudice Simone Orazio nelle motivazioni della sentenza con la quale il 23 maggio scorso ha condannato 27 ex dirigenti della fabbrica – tra i quali Fabio Riva ex vice presidente del gruppo condannato a 6 anni di carcere – accusati di omicidio colposo e disastro ambientale. Nelle 268 pagine, infatti, il magistrato scrive che se i vertici dello stabilimento avessero sottoposto a visite mediche adeguate i lavoratori, queste avrebbero consentito di “diagnosticare una patologia (es. placche pleuriche) che poteva essere un campanello d’allarme per il mesotelioma e che certamente avrebbe obbligato il datore di lavoro a non esporre più il lavoratore, affetto da tale problematica di salute, alle fibre di asbesto” e quindi a “valutare la incompatibilità del lavoratore rispetto alle mansioni sino ad allora espletate e quindi anche rispetto all’esposizione ad amianto, motivo per cui in questi casi l’accertamento sanitario avrebbe permesso di adibire il dipendente ad altre mansioni, sottraendolo al pericolo di morte”.


Ma la politica aziendale è sempre stata impostata al raggiungimento del massimo profitto. Anche a costo della salute degli operai. Lo scrive senza mezzi termini il magistrato spiegando che “gli interventi seri in materia di amianto nello stabilimento di Taranto sono stati sempre volutamente evitati” proprio perché avrebbero determinate un blocco e una ripartenza dell’attività produttiva oltre che “uno stravolgimento degli impianti e l’investimento di notevolissime somme di denaro”. Ma per salvare la salute dei dipendenti, i vertici dello stabilimento – pubblico fino al 1995 e poi venduto ai Riva – avrebbero potuto almeno fornire un’adeguata attrezzatura e invece le testimonianze in aula hanno chiarito che agli operai venivano date in dotazione solo mascherine respiratorie “usa e getta” che gli esperti hanno definito “del tutto inadeguate”.


Insomma, una “situazione di consapevole e lucida omissione” che secondo il tribunale “si è perpetrata per decenni, essendo sotto gli occhi di tutti nel senso che l’inerzia è stata maturata e voluta sia da colore che avevano ruoli operativi e che pertanto erano a conoscenza delle inaccettabili condizioni in cui costringevano a lavorare i dipendenti sia da parte di color che avevano responsabilità manageriali, gestionali e di controllo finanziario data l’assenza dl alcuno stanziamento al riguardo”. Una scelta scellerata che, però, non ha colpito solo i lavoratori della fabbrica, ma si è trasformato nel disastro ambientale che ha colpito “tutta la popolazione di Taranto e dei comuni limitrofi, complessivamente pari a quasi trecentomila abitanti”.


Un disastro che è il frutto di “una logica di organizzazione dei fattori produttivi” e di “una pianificazione delle linee di politica del lavoro e della salute del lavoratori” determinate dalla “scelta compiuta dai vertici con la colpevole complicità del loro collaboratori”, ma certamente avvenuto anche grazie “all’inerzia degli altri pubblici poteri che avrebbero potuto e quindi dovuto far sentire la propria voce”. Eppure anche oggi l’unica voce che continua ad alzarci in difesa della salute è quella dei cittadini. Nelle scorse ore, infatti, i pediatri di Taranto hanno scritto per la seconda volta al presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi chiedendo un incontro. Una prima lettera era stata inviata ad agosto, ma da Palazzo Chigi non era giunta alcuna risposta. Ora i medici ci riprovano: “sapendo della sua venuta in Puglia per l’evento delle Fiera del Levante ci permettiamo di reiterare la richiesta. La situazione ambientale e sanitaria tarantina – scrivono i pediatri – è grave per come da sempre riportano i dati sanitari cui da ultimo si è aggiunto l’aggiornamento dello studio Sentieri con i suoi terribili report sulla mortalità infantile. L’allarme sociale è altissimo. Noi pediatri, da sempre al fianco delle famiglie e dei bambini pensiamo di potere dare un utile contributo ai decisori politici, sempre che lo vogliano”.





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Noi pediatri, da sempre al fianco delle famiglie e dei bambini pensiamo di potere dare un utile contributo ai decisori politici, sempre che lo vogliano




Già: “sempre che lo vogliano”.







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14/09/2014, 00:37

Ilva, c’è l’istruttoria per il prestito ponte


di Giacomo Rizzo

TARANTO - Via libera al prestito ponte. L'Ilva ha presentato istanza al Mise per l'attestazione della funzionalità delle condizioni per la concessione di un finanziamento di 250 milioni di euro negoziato con le banche. Da parte sua, il ministero ha avviato l’istruttoria relativamente all’ammontare di 155 milioni di euro, quota del prestito diretta alla continuazione dell’esercizio di impresa. Lo ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, nel corso del Question time di ieri alla Camera. La prededuzione dei finanziamenti era stata inserita nell’ultimo decreto per dare una garanzia alle banche e tutelare il loro credito in caso di eventuale default dell’azienda. I finanziamenti su cui è possibile applicare la prededuzione riguardare sia la parte ambientale su autorizzazione del ministero dell'Ambiente, sia quelli funzionali «alla continuazione dell'esercizio di impresa e alla gestione del relativo patrimonio» con assenso del ministero dello Sviluppo economico. È proprio quanto si sta materializzando dopo che il commissario dell’Ilva, Piero Gnudi, ha chiuso la partita con le banche per l’erogazione del prestito ponte. L’accordo è stato siglato con cinque istituti di credito, fra i quali «Intesa San Paolo» e «Unicredit». L’Ilva avrà 250 milioni in due tranche. È una boccata d’ossigeno per l’azienda che, grazie al finanziamento, domani potrà pagare ai dipendenti sia lo stipendio di agosto che la rata trimestrale in scadenza del premio di risultato. Va ricordato che i 250 milioni sono molto meno di quanto Gnudi aveva chiesto alle banche a metà luglio, ovvero 650 milioni. Ma il colosso siderurgico vive una fase transitoria e deve far fronte alla crisi di liquidità.«Il ricorso alla prededucibilità - spiega la relazione che accompagna il decreto legge - è volto a facilitare la concessione del finanziamento e si giustifica in ragione degli interessi di carattere generale che si intendono perseguire, in particolare il risanamento ambientale e la continuità e valorizzazione dell'impresa. Il raggiungimento di tali obiettivi giustifica la compressione dei diritti particolari dei creditori, la cui possibilità di soddisfacimento è, in ogni caso, rafforzata dalla continuità dell'esercizio di attività d'impresa».


Proseguono, intanto, le trattative legate a un possibile cambio di proprietà. Oltre ad Arcelor Mittal, si sono fatti avanti gli indiani di Jindal e si è parlato anche di un terzo gruppo degli Emirates. Le prime due cordate stanno già accedendo ai dati dell’Ilva attraverso una virtual data room creata appositamente dalla società in modo da farsi un’idea dell’azienda e quindi attrezzarsi di conseguenza qualora fossero intenzionati a compiere il passo successivo: l’offerta di acquisto.


La gestione commissariale ha comunicato nei giorni scorsi che dal punto di vista produttivo c’è stata una ripresa, mentre la situazione degli impianti che devono essere adeguati alle prescrizioni dell’Aia non è rosea. A questo si aggiungono gli ultimi incidenti sul lavoro. Risale a una settimana fa l’infortunio mortale nel reparto Acciaieria 1, uno degli impianti sequestrati dalla magistratura il 26 luglio 2012. Sono tre gli indagati per omicidio colposo in relazione alla morte del 54enne Angelo Iodice, dipendente della ditta d’appalto Global Costruzioni, travolto da un escavatore manovrato da un collega durante operazioni di ripristino dei binari. Un altro incidente si è verificato martedì nella zona della discarica e ha visto coinvolto un lavoratore della ditta Castiglia, caduto da un camion mentre regolava un telone. L’Usb di Taranto parla di «settimana tragica all’Ilva. Non conosciamo le dinamiche che sono oggetto di ricostruzioni degli organi competenti ma una cosa possiamo dirla, oramai - commenta il sindacato di base - è una carneficina o una roulette russa, fate voi».




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No comment! [:49] [:89]







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17/09/2014, 00:25

CaRenzi affettivi


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25/09/2014, 00:32

martedì 23 settembre 2014


Svendita a molte braccia

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Primo passo verso l’Ilva per Mittal e Marcegaglia

La trattativa sull’Ilva con Arcelor Mittal ed il gruppo Marcegaglia, destinato ad avere un ruolo di rilevo in questa operazione, avanza. Ieri al ministero dello Sviluppo economico, per la prima volta, attorno ad un tavolo si sono riuniti i possibili compratori, il ceo di Arcelor Mittal Europe, Aditya Mittal e gli amministratori delegati del gruppo Marcegaglia, Emma e Antonio Marcegaglia, il ministro Federica Guidi, il commissario dei gruppo siderurgico Piero Gnudi ed i consulenti di JP Morgan. In una nota il Mise parla di incontro «approfondito e cordiale». A sua volta il gruppo indiano fa sapere di «restare» interessato «ad una potenziale acquisizione di Ilva e conferma che sta lavorando con il gruppo Marcegaglia - azienda leader nella lavorazione e distribuzione dell’acciaio in Italia - per valutare tali opportunità».


Nel giro di tavolo di ieri, il primo con tutti i protagonisti della partita rappresentati ai massimi livelli, in particolare si è discusso delle questioni più delicate legate al sito di Taranto, dalla tempistiche legate al rilascio della nuova autorizzazione integrata ambientale alle questioni legali connesse ai procedimenti giudiziari in corso. Temi complessi che richiedono anche altri approfondimenti che saranno affrontati nel corso di un nuovo incontro previsto a breve, la prossima settimana o quella la successiva. Tra l’altro si starebbe pure ragionando sull’opportunità di trasferire le attività sane in una nuova società e lasciare tutti i contenziosi legali ed i vecchi debiti a carico di una «bad company».


L’obiettivo del commissario Gnudi e del governo è quello di arrivare ad una intesa per il cambio di proprietà entro la fine dell’anno. Sarà la cordata ArcelorMittal-Marcegaglia a spuntarla? Il tandem italo-indiano appare in vantaggio, ma fino a quando non verrà siglato un impegno preciso a rilevare il polo di Taranto continueranno i contatti con tutti i possibili altri compratori. A cominciare dall’altro gigante indiano della siderurgia, il gruppo Jindal, i cui emissari dopo aver già visitato in questi giorni gli stabilimenti di Genova, Novi Ligure, da ieri sono a Taranto prima di spostarsi nel fine settimana a Milano per incontrare sia i vertici dell’Ilva che il commissario Gnudi. Un altro interessamento «molto forte» arriva poi dai paesi arabi e porta il nome di Emirates Steel. Jindal, come ArcelorMittal, già la scorsa estate aveva avanzato un manifestazione di interesse non vincolante e firmato un accordo di riservatezza che le consentiva l’accesso alla data room dell’Ilva. Prima ha avanzato un’offerta economica per acquisire la Lucchini di Piombino ed ora, come hanno confermato gli stessi manager indiani due settimane fa incontrando Matteo Renzi a Firenze, allunga il suo interesse sull’Ilva. Che resta pur sempre il polo siderurgico più importante d’Europa e per questo fa gola a molti. (LaStampa)





Una delegazione del gruppo Jindal nello stabilimento di Taranto

Una delegazione del gruppo indiano Jindal, uno dei maggiori produttori di acciaio al mondo, è stata ricevuta oggi dalla dirigenza dello stabilimento Ilva di Taranto. Si è trattato – a quanto si è saputo – di un incontro preliminare in cui i tecnici del gruppo interessato ad acquisire la gestione dell’Ilva hanno visionato documentazione relativa allo stabilimento e creato tre sottogruppi di lavoro che stanno esaminando rispettivamente la parte Laminazione, la parte Acciaierie e la parte relativa alle aree degli Altiforni.


Domani è previsto un sopralluogo all’interno del Siderurgico prima della partenza per Milano, dove i rappresentanti di Jindal raggiungeranno la sede legale dell’azienda.
La delegazione, composta da una decina di esponenti di alto livello del gruppo, ieri aveva preso visione dello stabilimento Ilva di Genova. (GdM)







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Ci si muove per cambiare proprietà entro la fine dell'anno?
Però, che “agilità”.


E del disastro ambientale causato dall'ILVA..... che si fa?
Praticamente (IMHO);

- I vecchi proprietari verranno tagliati fuori (non avranno più alcuna responsabilità).
- I nuovi proprietari metteranno a norma il più possibile gl' impianti (in modo che nessuno possa romper loro le uova).
- L'inquinamento riversato per anni... RESTA!

Di bonifiche non se ne parla e non se ne parlerà.






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28/09/2014, 01:16

giovedì 25 settembre 2014 10:26


Ilva, altre 4 offerte oltre ArcelorMittal



BRUXELLES (Reuters) - Altre quattro aziende oltre al gigante mondiale della siderurgia ArcelorMittal sono interessate all'acquisto dell'Ilva, secondo il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi.


"Ci sono alcune manifestazioni di interesse. Ci sono almeno altre quattro offerte oltre a quella di ArcelorMittal che è sicuramente forse quella a uno stadio più avanzato rispetto alle altre", ha detto Guidi arrivando al Consiglio Ue sulla competitività a Bruxelles.


Le aziende interessate sono "alcune europee e alcune non europee", ha aggiunto il ministro.


Martedì, l'amministratore delegato per l'Europa di ArcelorMittal ha incontrato Guidi e il commissario Ilva, Piero Gnudi. All'incontro hanno partecipato anche Emma e Antonio Marcegaglia, amministratori delegati dell'omonima azienda, e i rappresentanti della banca d'affari Jp Morgan.


Mittal ha ribadito in una nota il suo interesse all'acquisto di Ilva.


Marcegaglia, uno dei più grossi clienti di Ilva, è una delle due imprese italiane - insieme ad Arvedi - ad aver manifestato interesse per l'acquisto dell'azienda siderurgica (commissariata da oltre un anno per realizzare la bonifica ambientale del sito di Taranto), a condizione però di avere un partner internazionale.


In Italia è giunta anche una delegazione dell'azienda siderurgica indiana Jsw Steel, che all'inizio del mese ha manifestato interesse per l'acquisto di Ilva.


La delegazione ha visitato gli impianti di Genova e Novi, mentre oggi e domani sarà a Taranto.


A chi le chiedeva quali fossero i tempi per la vendita, Guidi ha risposto: "As soon as possible, però evidentemente essendo un impianto di grande importanza e con certe complessità bisogna considerare tutte le ipotesi, bisogna fare delle verifiche, e aspettare di capire quali sono i piani industriali dei potenziali interessati e bisogna lavorare sulla costruzione di un futuro solido che tuteli al massimo il livello occupazionale e la capacità produttiva".





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Aumenta il numero dei compratori.
Se continua così, verrà aperta una riffa (per partecipare è necessario appoggiare qualche miliardo di €uro).
Politici itaGliani (soprattutto di vecchia guardia), preparatevi che qui se magna.

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... bisogna considerare tutte le ipotesi, bisogna fare delle verifiche, e aspettare di capire quali sono i piani industriali dei potenziali interessati e bisogna lavorare sulla costruzione di un futuro solido che tuteli al massimo il livello occupazionale e la capacità produttiva


Per il Ministro Guidi, costruire un futuro solido è tutelare l'occupazione e la capacità produttiva.
Tutto piatto et liscio come sempre. Infatti, di tutelare la salute e l'ambiente neanche un'accenno.

Guidi, a Taranto sono necessarie le bonifiche (non bypassiamole).
Te capì, Guidi? Fai un fischio anche a quel cartoon di Renzie.

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28/09/2014, 08:15

Ma i riva
Non erano stati condannati a pagare
La bonifica?

Ma in quanto obbligazione di fare
Forse va in automatico ai
Nuovi proprietari..

Mah..

28/09/2014, 09:30

Per il leader nazionale dei Verdi Angelo Bonelli la proposta del Governo di dividere il colosso siderurgico in due società: la bad company e la new company – “porterà a non realizzare alcun risanamento ambientale e nessuna bonifica. E’ una sentenza di condanna per Taranto”
Siamo alla farsa sullo style di Alitalia !!!!!!

Ilva, Bonelli al Governo: “Vergognatevi”
"La proposta del commissario Ilva Piero Guidi e del ministro Federica Guidi che in queste ore stanno facendo presso il ministero dello sviluppo economico, ovvero quella di dividere l'Ilva in due società: la bad company e la new company è una sentenza di condanna per Taranto”. Lo dichiara il coportavoce dei Verdi Angelo Bonelli secondo cui "I debiti, il personale,il contenzioso ambientale e l'avvio delle bonifiche, secondo la proposta Gnudi, sarà messo nella bad company mentre tutto il resto sarà acquistato probabilmente dalla società indiana". "Mai - critica Bonelli - si era giunti ad un livello di arroganza e di noncuranza del futuro e della vita dei tarantini compresi i lavoratori del'Ilva”. “La proposta che il governo si accinge a fare - denuncia l’ecologista - porterà a non realizzare alcun risanamento ambientale, nessuna bonifica ma solo a levarsi nel peggiore dei modi la patata bollente dell'Ilva dalle mani”.

"Il drammatico problema è, che a respirare i veleni di Taranto – prosegue - non sarà né il commissario Gnudi né il ministro Guidi ma sarà chi ci vive. Poco importa se a Taranto l'incidenza dei tumori è del +54% e la mortalità infantile è del +21% rispetto alla media pugliese. Per Gnudi e il ministro Guidi il problema ambientale di Taranto si risolve mettendo l'ilva nella Bad company. Il che significa - sottolinea -non fare le bonifiche e lasciare il disastro ambientale a danneggiare economia e salute. Con la bad company sarà dato il via libera anche ad un'enorme quantità di esuberi e quindi licenziamenti. Posso dire una sola parola: ‘Vergognatevi‘. Il silenzio della politica che siede in parlamento a partire dagli ambientalisti del Pd – conclude - è disarmante”.

Fonte: http://www.cosmopolismedia.it/categoria ... atevi.html

28/09/2014, 09:59

jean ha scritto:

Per il leader nazionale dei Verdi Angelo Bonelli la proposta del Governo di dividere il colosso siderurgico in due società: la bad company e la new company – “porterà a non realizzare alcun risanamento ambientale e nessuna bonifica. E’ una sentenza di condanna per Taranto”
Siamo alla farsa sullo style di Alitalia !!!!!!

Ilva, Bonelli al Governo: “Vergognatevi”
"La proposta del commissario Ilva Piero Guidi e del ministro Federica Guidi che in queste ore stanno facendo presso il ministero dello sviluppo economico, ovvero quella di dividere l'Ilva in due società: la bad company e la new company è una sentenza di condanna per Taranto”. Lo dichiara il coportavoce dei Verdi Angelo Bonelli secondo cui "I debiti, il personale,il contenzioso ambientale e l'avvio delle bonifiche, secondo la proposta Gnudi, sarà messo nella bad company mentre tutto il resto sarà acquistato probabilmente dalla società indiana". "Mai - critica Bonelli - si era giunti ad un livello di arroganza e di noncuranza del futuro e della vita dei tarantini compresi i lavoratori del'Ilva”. “La proposta che il governo si accinge a fare - denuncia l’ecologista - porterà a non realizzare alcun risanamento ambientale, nessuna bonifica ma solo a levarsi nel peggiore dei modi la patata bollente dell'Ilva dalle mani”.

"Il drammatico problema è, che a respirare i veleni di Taranto – prosegue - non sarà né il commissario Gnudi né il ministro Guidi ma sarà chi ci vive. Poco importa se a Taranto l'incidenza dei tumori è del +54% e la mortalità infantile è del +21% rispetto alla media pugliese. Per Gnudi e il ministro Guidi il problema ambientale di Taranto si risolve mettendo l'ilva nella Bad company. Il che significa - sottolinea -non fare le bonifiche e lasciare il disastro ambientale a danneggiare economia e salute. Con la bad company sarà dato il via libera anche ad un'enorme quantità di esuberi e quindi licenziamenti. Posso dire una sola parola: ‘Vergognatevi‘. Il silenzio della politica che siede in parlamento a partire dagli ambientalisti del Pd – conclude - è disarmante”.

Fonte: http://www.cosmopolismedia.it/categoria ... atevi.html


ma questi hanno la faccia come il kulo..

parlan odi abolire il posto disso,
l'artcolo 18, ecc.

ma alla finanza e industria
il posto fisso è sempre garantito..

la bad company
a spese dello stato,
la crema a pochi prvati..

SCHIFO..

ma io nazionalizzerei tutto..

28/09/2014, 17:05

mik.300 ha scritto:


io nazionalizzerei tutto..



Dopo che i Riva paghino la bonifica con l' esproprio dei beni e le loro colpe andando in galera.

28/09/2014, 19:36

Aztlan ha scritto:

mik.300 ha scritto:


io nazionalizzerei tutto..



Dopo che i Riva paghino la bonifica con l' esproprio dei beni e le loro colpe andando in galera.

Ovvio !!

03/10/2014, 00:13

http://comitatopertaranto.blogspot.it/2 ... obile.html


mercoledì 1 ottobre 2014



La polvere del tempo immobile

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PeaceLink prosegue il monitoraggio dell’aria tarantina: ecco i nuovi dati choc

Oltre alle lamentele e alle proteste contro le industrie e contro le politiche per nulla di welfare dello Stato nei confronti dei cittadini tarantini, a Taranto c’è chi fa sul serio con precise e quotidiane rilevazioni eseguite grazie all’utilizzo di strumenti certificati CE, grazie ai quali si ottengono dati certi e reali.


Anche stamattina Alessandro Marescotti di PeaceLink ha effettuato il monitoraggio dell’aria tarantina e anche oggi sono emersi dati incredibili.


Come si vede nel grafico realizzato dallo stesso Marescotti, la mattina è il momento di picco degli IPA (Idrocarburi Policicli Aromatici dannosi per l’uomo), dovuto al raffreddamento e alla ricaduta al suolo delle emissioni notturne. Nello stesso grafico si evidenzia soprattutto la clamorosa e allarmante differenza tra i dati relativi alla media IPA nel quartiere Tamburi rilevati nell’anno 2009-’10 (20 ng/m3) e quelli rilevati stamattina (104 ng/m3 !). In pratica, la situazione, nonostante proteste, attenzione nazionale, sit-in, morti ammalati, morti di lavoro… peggiora!



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Ieri è andato pure in onda il servizio a “Striscia la notizia” (clicca qui per vederlo) che ha ulteriormente evidenziato e testimoniato l’incredibile situazione di invivibilità cui sono costretti gli abitanti della città di Taranto. Fabio e Mingo, recandosi presso l’abitazione di una signora che abita in un appartamento del quartiere Tamburi (distante pochissimi km dall’Ilva), hanno raccolto la “polvere nera” accumulatasi nel balcone, hanno avvicinato una calamita a quella “polvere” che magicamente veniva attirata dalla calamita. Cosa vuol dire questo? Che trattasi non di polvere ma di.. metallo che viene sistematicamente e quotidianamente respirato da donne, uomini e bambini!


Chissà se i “ciechi” continueranno a non vedere ciò che è ormai davanti agli occhi di tutti e chissà come lo Stato italiano cercherà di difendersi di fronte alla Corte di Giustizia dell’UE quando verrà chiamata di fronte alle proprie responsabilità.










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09/10/2014, 00:22

Ilva, operaio ucciso da tumore: 10 imputati


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In dieci sott’accusa per il decesso di un operaio che lavorava nel reparto Mof dell’Ilva. Sono stati incriminati dal procuratore aggiunto della Repubblica Pietro Argentino, che ha chiesto il processo per ex dirigenti della ex Italsider e della società Ilva Spa, che operarono in qualità di direttori di stabilimento, e per due medici.


Si tratta di Gian Battista Spallanzani di 86 anni, Sergio Noce di 79, Attilio Angelini di 76, Girolamo Morsillo di 81, Francesco Chindemi di 70, Nicola Muni di 80, Ettore Mario Salvatore di 68, Luigi Capogrosso di 59, che compaiono nel procedimento come responsabili di stabilimento. E poi di Giancarlo Negri di 73 anni e di Luciano Greco di 59, in qualità di medici che operavano nello stabilimento.


Secondo le accuse formulate dal dottor Argentino, nelle rispettive qualità e in concorso fra loro, avrebbero caginato il decesso di Nicola Bozza, dipendente della società siderurgica dall’ottobre 1969 al gennaio 2004, per «carcinoma gastrico con metastasi polmonari, epatiche e linfonodali».
Il procedimento, basato sui risultati di consulenze tecnico-scientifiche, si è tradotto nella contestazione a carico dei dieci imputati sula base dei tispettivi compiti.


Agli ex direttori di stabilimento è imputato i fatto di aver omesso di informare e istruire il lavoratore sul rischio dell’amianto presente negli ambienti di lavoro; di informarlo circa la necessità dell’uso dei dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie e di fornirgli i dispositivi adeguati.


Quanto ai medici, l’accusa formulata dalla procura è di aver omesso di pretendere l’osservanza degli obblighi previsti dalla normativa. In sostanza, sulla base di queste omissioni, tutti avrebbero concorso affinchè il lavoratore operasse all’interno del reparto Mof, inizialmente come manovratore ferroviario e poi come locomotorista ferroviario.


Proprio in quel reparto, secondo le conclusioni dell’inchiesta della procura della Repubblica, vi sarebbero stati notevoli rischi derivanti dalla esposizione alle fibre di amianto. E ciò, in maniera particolare, dal momento che soprattutto in quel reparto non sarebbe mai stata effettuata una bonifica dei materiali che contenevano l’amianto.
In virtù di questa situazione, il dipendente - all’oscuro dei rischi che correva nell’espletamento dell’attività lavorativa - avrebbe contratto la malattia che lo aveva portato alla morte nel novembre del 2007.


Il procedimento aperto dal dottor Argentino, che sarà esaminato dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale, costituisce un’appendice alla maxi-inchiesta sfociata nel processo celebrato dal tribunale monocratico (giudice dottor Simone Orazio) e conclusosi con la condanna di dirigenti della società a partecipazione statale Italsider e della società privata Ilva.


In quella circostanza, grazie anche alle perizie provenienti dal procedimento «Ambiente svenduto» (ancora all’esame del gup Vilma Gilli), sarebbe stata acclarata la responsabilità della esposizione alle fibre di amianto, presente in moltissimi materiali che arricchivano i reparti del siderugico, nelle malattie e nei decessi che colpirono decine e decine di dipendenti dell’area siderurgica.









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Dieci imputati di una certa età.

Dieci che hanno avuto la possibilità) di invecchiare.
A chi lavora nell'ILVA di Taranto, ma anche a chi vive nei pressi del siderurgico, viene negata questa possibilità.

Intanto..... qualcuno si sta dando tanto da fare per piazzare un nuovo proprietario.




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10/10/2014, 00:09

Chissà se i “ciechi” continueranno a non vedere ciò che è ormai davanti agli occhi di tutti e chissà come lo Stato italiano cercherà di difendersi di fronte alla Corte di Giustizia dell’UE quando verrà chiamata di fronte alle proprie responsabilità.



Il bello è che ci toccherà pagare, noi cittadini coi soldi pubblici, due volte,
sia per la bonifica (che dovrebbe essere a carico di chi ha inquinato)
sia per la sentenza della Corte europea che considerati i fatti dovrebbe essere scontata.
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