
Il generale Khalifa Haftar è sempre più vicino a Tripoli e, ormai, Fayez al Sarraj ha i giorni contati. Almeno politicamente. La mossa dell’uomo forte della Cirenaica era pianificata da tempo, come ha spiegato Gian Micalessin su ilGiornale di oggi: “Il momento arriva a fine marzo quando Haftar vola ad Abu Dhabi e concorda con il principe ereditario Mohammed Bin Zayed il colpo finale”. Sarraj viene messo davanti a un bivio: o accetta di spartire il potere con Haftar oppure sarà guerra. Con le truppe del generale a pochi chilometri da Tripoli è facile intuire qual è stata la risposta.
Ma è solo l’inizio. L’uomo forte della Cirenaica ha bisogno di soldi e così va in Arabia Saudita, dove incontra il principe Mohammad bin Salman che, secondo quanto riporta Micalessin, “è pronto a dargli il beneplacito e garantirgli i fondi necessari, assieme a quelli promessi dagli emirati, per comprarsi le milizie di Serraj”.
I nostri servizi seguono con apprensione i movimenti di Haftar e così avvisano il governo. Che però non fa nulla. O meglio: Roma non riesce a far intervenire Donald Trump che avrebbe potuto fermare i sauditi con una telefonata. Questo però non accade perché, molto probabilmente, gli Usa sono ancora “indispettiti per gli accordi commerciali tra Italia e Cina, firmati senza il consenso di Washington”.
L’Italia può perdere la Libia
L’Italia ha deciso di saltare sulla Nuova via della Seta, fortemente voluta da Xi Jinping, sottovalutando forse le ripercussioni politiche. Il progetto di Pechino, infatti, non è solamente economico, ma anche – e verrebbe da dire soprattutto – geopolitico. E questo Washington lo sa bene, tanto da ammonire più volte Roma.
Solamente poche settimane fa, infatti, Garrett Marquis, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha detto al Financial Times: “Siamo scettici che l’adesione del governo possa portare benefici economici durevoli al popolo italiano e nel lungo periodo potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale del Paese”. E ora potrebbe esser arrivata la “vendetta” di Trump, che pare ormai essersi dimenticato della promessa fatta al presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, lo scorso luglio. In quell’occasione, Washington promise che l’Italia sarebbe stato un partner privilegiato nel Mediterraneo, soprattutto nel complicato dossier libico. E, in effetti, così è stato, almeno fino alla conferenza sulla Libia che si è tenuta a Palermo lo scorso novembre.
Ma qualcosa è cambiato e l’Italia si è ritrovata sola, incapace di salvaguardare i propri interessi in Libia. Il nostro Paese, fin da subito, ha puntato sul cavallo sbagliato, il debole Fayez al Serraj, appoggiato però dalla comunità internazionale. Lo ha fatto perché poteva contare sull’appoggio degli Stati Uniti nel Paese nordafricano. Ma ora che questo è ormai venuto meno l’Italia rischia grosso.
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