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Rispondi al messaggio

20/03/2012, 18:04

Thethirdeye ha scritto:




Un capolavoro, ma tutto il film.
Dovrebbero trasmetterlo tutti i giorni a reti unificate!

20/03/2012, 18:11



Questa è la parte più profetica...

Potere e manipolazione.
Ultima modifica di iLGambero il 20/03/2012, 18:12, modificato 1 volta in totale.

21/03/2012, 07:23

iLGambero ha scritto:




Grazie per la segnalazione iLGambero...

"Con la ratifica dell'ESM, si potrebbero verificare, e questa
non è più oramai fantapolitica, degli scenari di retrocessione civile
che nemmeno il più visionario dei registi sarebbe in grado di
rappresentare…”


Facciamo girare questo documento video ragazzi....
perchè qui le cose si mettono molto male....

In riferimento a questo argomento segnalo:

Trattato ESM, Navazio (Ial) presenta mozione

L’iniziativa è contro l’attribuzione del fondo “Salva Stati” ad un’organizzazione finanziaria intergovernativa

13/03/2012 18:06

http://www.consiglio.basilicata.it/cons ... ue=informa

ACR “Seppur non discussa, attraverso questa iniziativa, vogliamo porre il problema della sovranità nazionale”: è quanto afferma il consigliere regionale Alfonso Ernesto Navazio a proposito della mozione presentata durante la seduta consiliare di oggi, sull’entrata in vigore del Trattato ESM (European Stability Mechanism). Un’iniziativa contro l’attribuzione del fondo Salva Stati ad un’organizzazione finanziaria intergovernativa.
“Su parere dell’Aula – precisa il consigliere - la mozione è stata iscritta ma non discussa perché, così come ha fatto notare il presidente del Consiglio, Vincenzo Folino, “tocca una tematica extra regionale”.
Con il documento si chiede ai parlamentari italiani di “esprimere voto contrario alla ratifica della modifica dell’art.136 del Trattato sul Funzionamento della UE; al Presidente del Consiglio Mario Monti di illustrare ai cittadini italiani ‘luci ed ombre’ del trattato ESM e di valutare proposte alternative per la soluzione della crisi finanziaria e, infine, al Presidente della Repubblica di non autorizzare la ratifica e di riferire pubblicamente le motivazioni del grande silenzio sui reali termini dell’entrata in vigore dell’ESM.”

“Il trattato ESM, ossia quel documento che istituisce l’organizzazione finanziaria intergovernativa a cui si intende attribuire la gestione del nuovo fondo ‘Salva Stati”, si legge nella mozione, non è semplicemente un insieme di regole finalizzate ad ottenere la stabilità finanziaria della ‘zona euro’, ma si tratta di un documento che disciplina l’istituzione di un organismo finanziario internazionale, dove i 17 paesi aderenti, compresa l’Italia, dovranno negoziare, non in qualità di Stati sovrani, ma di soci e di debitori, scelte di politica nazionale al fine di ottenere la liquidità necessaria per evitare il default”.

“La pericolosità di tale scelta per i cittadini europei – fa notare Navazio - è riscontrabile nelle trattative con il Governo Greco, dove organismi internazionali mirano a sostituirsi alle istituzioni nazionali imponendo ai rappresentanti politici la firma di un documento che attribuisce il peso della crisi alla popolazione, in cambio dell’assistenza finanziaria necessaria per pagare il debito in scadenza. Tagli delle pensioni, riduzione dei salari minimi e privatizzazioni selvagge, queste sono le misure di austerità che scavalcano i sistemi democratici e che tolgono ai cittadini la possibilità di poter attuare politiche di sviluppo economico in grado di contrastare la finanza speculativa”.

Nello specifico – si legge nella mozione - i leader dei paesi europei stanno tentando di portare a regime il trattato che istituisce il “Meccanismo Europeo di Stabilità” (ESM), ossia lo strumento scelto dai burocrati di Bruxelles per fornire assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà, sulla base del rispetto da parte dello Stato (potenziale) debitore di “rigorose condizionalità” negoziate con l’ESM nell’ambito di un programma macro-economico di aggiustamento e di una rigorosa analisi di sostenibilità del debito pubblico”.
“Nonostante l’assenza pressoché totale di informazione – continua il consigliere - il trattato ESM non è ancora entrato in vigore in quanto occorre la ratifica da parte degli Stati aderenti, della modifica dell’Art.136 del Trattato sul Funzionamento della UE (decisione del Consiglio Europeo) che istituisce il meccanismo di stabilità finanziaria per la zona euro”.

“Il Parlamento Europeo – ricorda Navazio - si è già espresso in favore della modifica dell’Art.136 con 494 voti favorevoli. Se i parlamenti nazionali ratificassero l’entrata in vigore del trattato ESM si potrebbero anche verificare gravi scenari di retrocessione civile”.
“L’iniziativa messa in campo, considerato che il dibattito sulle cause della crisi è praticamente scomparso dalla scena pubblica – conclude Navazio – vuole essere una risposta allo scetticismo dei cittadini, a prescindere dalla diversa appartenenza politica, nei confronti di questa Europa molto spesso “priva di anima” e che si piega agli interessi dei potentati economici e finanziari”.

22/03/2012, 00:15

5MES,ESM,FONDO SALVA STATI.L'HANNO CHIAMATO IN MILLE MODI MA LA SOSTANZA NON CAMBIA:IL MECCANISMO DI STABILITA' EUROPEA ISTITUISCE LA DITTATURA EUROPEA PERMANENTE.E IL BELLO(SI FA PER DIRE)E' CHE PAGHEREMO PER ENTRARE NELLA DITTATURA.LA BATTAGLIA CONTRO IL MES E' INIZIATA TANTI MESI FA E NOI DI FREE-ITALY SIAMO STATI TRA I PRIMI(SE NON I PRIMI) AD OPPORCI SENZA MA E SENZA SE AL MECCANISMO DI STABILITA' EUROPEA.E' VERO IL PRIMO PUNTO E' STATO PORTATO A TERMINE:GLI STATI HANNO FIRMATO IL TRATTATO CHE DEVE ESSERE RATIFICATO DAI PARLAMENTI..E SAPPIAMO BENE CHE NEI PARLAMENTI CI SONO I CAMERIERI DEI BANCHIERI E NON CERTO PERSONE CHE FANNO I NOSTRI INTERESSI.MA A DIFFERENZA DEL TRATTATO DI LISBONA QUESTA VOLTA NON SOLO SIAMO IN TANTI AD ESSERE INFORMATI SUL TRATTATO MA C'E' ANCHE UN DISCRETO PUBBLICO ITALIANO CHE CI APPOGGIA.E ALLORA SE NON SAPETE COSA SIA IL MES GUARDATEVI IL VIDEO E CONDIVIDETELO FINO ALLA NAUSEA POPOLO DI FREE-ITALY!TUTTA ITALIA DEVE SAPERE!SOTTO AL VIDEO I LINK DELLE MOZIONI.

http://www.free-italy.info/2012/03/mesl ... ropea.html

22/03/2012, 19:47

COSTO DEL LAVORO FINISCE L’ERA DELL’ASIA A BUON MERCATO

L’aumento del costo del lavoro nell’ultimo anno ha fatto impennare l’inflazione in Cina, innescando la prima delocalizzazione all’estero della storia da parte di migliaia di imprese. La pressione sui salari dilaga però ora in tutta l’Asia e le multinazionali sono costrette a rivedere piani di produzione e di sviluppo. Le rivoluzioni scoppiate nell’Africa mediterranea e in Medio Oriente allarmano i governi asiatici. Per evitare che focolai di agitazioni sindacali si trasformino in sommosse popolari e magari nella miccia di rivoluzioni politiche, le autorità delle potenze produttive emergenti impongono così ai produttori aumenti di stipendi senza precedenti. La Malesia ha appena approvato la legge sul suo primo salario minimo: in vista delle elezioni ha aumentato le paghe del 30%, portandole tra 264 e 297 dollari al mese. Anche Thailandia e Indonesia hanno fatto lo stesso: con i primi di aprile Bangkok concederà aumenti del 40% (9,8 dollari al giorno), mentre chiedono salari più alti anche i sindacati di Cambogia, Sri Lanka e Bangladesh. In Indonesia, in pochi mesi, gli operai hanno strappato adeguamenti del 23%. L’esempio è quello cinese. Da gennaio Pechino ha alzato gli stipendi minimi dell’8,6%, portandoli a 199 dollari al mese. Shenzhen però, capitale mondiale hitech, è stata costretta ad aumenti fino al 14%, mentre l’esplosione del porto di Tianjin entro la primavera costringerà i datori di lavoro ad aumenti salariali del 13%. I livelli assoluti restano ben al di sotto delle retribuzioni medie delle regioni industriali sviluppate in Europa e Usa, ma gli amministratori delegati delle multinazionali ormai si guardano in giro. Lo sguardo si spinge verso nuovi distretti alternativi: America centrale e del Sud, Haiti, Egitto e Giordania, oppure il Vietnam. Il business industriale, osservano gli analisti, diventa sempre più mobile e ruota attorno ai Paesi in via di sviluppo più convenienti. I benefìci, secondo i produttori, non sono solo delle aziende: creano lavoro nelle nazioni più povere, generano lavoratori abili e distretti organizzati, stimolano la crescita di infrastrutture e la nascita di aziende capaci poi di convertirsi all’elettronica. Nell’Asia abituata allo sfruttamento di masse di schiavi, promosso oggi dalle imprese straniere, prevale però per ora l’allarme sull’aumento del costo del lavoro. I governi sperano che stipendi meno iniqui favoriscano un aumento dei consumi interni e scoraggino disordini sociali. Temono però che la crescita dei costi energetici e dell’inflazione non sia compensata dall’aumento delle esportazioni, che Europa ed Usa non possono più garantire. Le associazioni industriali del Sudest asiatico lanciano così l’allarme: un brusco aumento dei minimi salariali – sostengono – invece di garantire stabilità, favorirà nuove crisi. Lo spettro, già affacciatosi in Cina, è la perdita netta di posti di lavoro, la chiusura di migliaia di imprese e la loro fuga verso regioni ancora costrette ad offrire manodopera a basso costo. In Asia la nazione emergente è appunto il Vietnam. Nel 2011 gli aumenti salariali hanno seguito il trend cinese, ma le paghe nette rimangono più basse. Prima di scegliere delocalizzazioni in nuovi continenti, i colossi mondiali di Taiwan, Giappone e Corea del Sud fanno dunque oggi rotta su Hanoi, dove tasse e incentivi non hanno concorrenti. A penalizzare la Cina e altri Statifabbrica dell’Asia, si aggiunge poi un elemento nuovo: la crescita dei consumi interni favorisce la moltiplicazione di piccoli business locali, si creano posti di lavoro nelle regioni periferiche e i lavoratori non sono più disposti a emigrare verso i grandi distretti delle coste. Per chi è cresciuto solo grazie allo sfruttamento altrui, i posti dove fuggire iniziano a scarseggiare.

http://www.repubblica.it/supplementi/af ... reast.html





La Cina incassa gli incentivi energetici europei ma blinda il mercato interno

Un rapporto sbilanciato che potrebbe portare ad una citazione in giudizio del gigante asiatico

Bruxelles, 21 mar. -(Adnkronos) - Secondo Marc Vanheukelen, capo gabinetto del Commissario europeo all'Ambiente Karel De Gucht, la Cina ha ampiamente sfruttato gli incentivi europei alle rinnovabili ma ha dato vita ad un rapporto fortemente sbilanciato perché continua ad applicare forti dazi che penalizzano le aziende europee.

"Dobbiamo usare tutti gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione per affrontare gli ostacoli che distorcono il mercato," ha detto Marc Vanheukelen in una riunione del Centro di politica europea la settimana scorsa, "possiamo citare in giudizio i Paesi che riteniamo non competano lealmente". I cinesi, secondo l'alto funzionario europeo, interpretano liberamente i principi della proprietà intellettuale, copiano e producono a basso costo, mettono in crisi chi rispetta le regole e impediscono, di fatto, all'industria straniera di partecipare al business del mercato interno cinese delle energie rinnovabili.

La spesa cinese sulle energie rinnovabili è cresciuta a dismisura negli ultimi anni ed il Paese cerca di raggiungere l'obiettivo di fornire il 15% del consumo di energia da fonti rinnovabili entro il 2015. Nel 2010, la Cina ha superato gli Stati Uniti come il leader globale nella capacità eolica installata - da 41,8 GW a 40,2 GW - ed ha messo a disposizione 30 miliardi di prestiti e sussidi alle sue aziende di energia solare.

La Cina dice che non ha altra scelta se non quella di investire su questa scala se vuole raggiungere gli obiettivi climatici che la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici insiste siano necessari. Ma le imprese europee di energia rinnovabile sostengono che, di fatto, il mercato cinese resta riservato alle imprese locali, le uniche che possono accedere agli ingenti incentivi stanziati da Pechino.

http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibil ... 58397.html

23/03/2012, 19:07

Confcommercio: indietro di 14 anni, Pil 2012 -1,3%

Sacrifici record, tasse ai massimi

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23 marzo, 17:11

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 32308.html

CERNOBBIO (COMO) - Nel 2012 è atteso un calo del Pil dell'1,3%. Lo stima Confcommercio mostrando che l'Italia ha fatto un salto indietro di 14 anni. "I consumi oggi sono ai livelli del 1998 e il Pil ai livelli del 1999" indica l'organizzazione. Il prodotto interno sarà piatto nel 2013 e tornerà a crescere dello 0,9% nel 2014.

IN 2012 SACRIFICI RECORD,TASSE A MASSIMI - Nel 2012 agli italiani verranno chiesti "sacrifici da record" con una pressione fiscale ai massimi storici. E' la stima di Confcommercio diffusa al Forum di Cernobbio (Como). Il rapporto tra gettito complessivo di carattere tributario e contributivo e prodotto lordo (pressione fiscale apparente) supererà il 45% del Pil ma se si elimina dal Pil la quota di sommerso, la pressione fiscale 'legale' raggiunge il 55%, portando l'Italia ad essere maglia nera a livello mondiale.

CON FISCAL COMPACT ITALIANI PIU' POVERI - L'accordo fiscale, firmato in Europa che vincola al pareggio di bilancio e a un percorso di riduzione del rapporto tra debito e prodotto interno lordo, "é perfettamente compatibile con un progressivo impoverimento degli italiani". A sostenerlo è Confcommercio che aggiunge anche che, se dopo il triennio 2011-2013 non ci saranno cambiamenti, si rischia "che i sacrifici siano per sempre".

23/03/2012, 20:08

Ecco, volevamo la prova definitiva?

Dall'oro allarme per l'economia reale

New York - Non si tratta solo del selloff visto sui mercati finanziari nelle ultime settimane. E' soprattutto il brusco calo dell'appeal dell'oro nel mondo reale che deve far preoccupare.

Il giro d'affari delle monete d'oro di American Eagle, considerato un indice del sentiment degli investitori, e' sceso in febbraio e marzo ai minimi da meta' 2008, prima dello scoppio della crisi. Il ribasso rispetto a un anno fa e' del 70%.

I futures sul metallo prezioso, scambiati al Comex di New York, sono vicini ai minimi di due anni e mezzo.

A peggiorare il quadro generale ci si mettono anche i mercati fisici di Asia e Mediorente, che solitamente offrono un cuscinetto all'oro quando i prezzi sono sotto pressione. In India, il maggiore consumatore di metallo giallo, il mercato reale e' in difficolta' per via di un innalzamento delle tasse sulle importazioni di oro. La decisione del governo ha fatto infuriare i gioiellieri, che la scorsa settimana hanno incrociato le braccia in segno di protesta.

fonte: http://www.wallstreetitalia.com/article ... reale.aspx

23/03/2012, 20:48

Dopo la Grecia
L`italia.
P.S
doveva accadere a gennaio.
Mi chiedo ancora come sia possibile che l`Italia non abbia ancora fallito?????????????????????????
Si accettano scommesse.
Da Londra
Alex

23/03/2012, 20:50

Sirius ha scritto:

Ecco, volevamo la prova definitiva?

Dall'oro allarme per l'economia reale

New York - Non si tratta solo del selloff visto sui mercati finanziari nelle ultime settimane. E' soprattutto il brusco calo dell'appeal dell'oro nel mondo reale che deve far preoccupare.

Il giro d'affari delle monete d'oro di American Eagle, considerato un indice del sentiment degli investitori, e' sceso in febbraio e marzo ai minimi da meta' 2008, prima dello scoppio della crisi. Il ribasso rispetto a un anno fa e' del 70%.

I futures sul metallo prezioso, scambiati al Comex di New York, sono vicini ai minimi di due anni e mezzo.

A peggiorare il quadro generale ci si mettono anche i mercati fisici di Asia e Mediorente, che solitamente offrono un cuscinetto all'oro quando i prezzi sono sotto pressione. In India, il maggiore consumatore di metallo giallo, il mercato reale e' in difficolta' per via di un innalzamento delle tasse sulle importazioni di oro. La decisione del governo ha fatto infuriare i gioiellieri, che la scorsa settimana hanno incrociato le braccia in segno di protesta.

fonte: http://www.wallstreetitalia.com/article ... reale.aspx

Come gia` detto nei mesi scorsi l`oro e` un investimento spazzatura.
Non investite mai nell`oro.
Da Londra
Alex

24/03/2012, 01:54

Italia strozzata, e le banche latitano dopo essersi impinguate

Immagine

http://www.wallstreetitalia.com/article ... guate.aspx

Roma - Brutti dati in arrivo dalla Abi, che fanno sorgere più di un interrogativo. Stando ai numeri diffusi dall'Associazione bancaria italiana, contenuti nel suo Outlook mensile, nel mese di febbrario le banche italiane hanno erogato prestiti a famiglie e imprese a un ritmo di crescita inferiore all'1%, per la prima volta dall'aprile del 2010, ovvero in quasi due anni.

Di fatto, l'ammontare totale è stato di 1.508 miliardi di euro, in rialzo dello 0,96% su base annua (e dell'1,88% su base mensile). Il dato disaggregato e' relativo a fine gennaio e mostra un rallentamento dei finanziamenti sia per le imprese (+1%) che per le famiglie (+3,2%).

La domanda che sorge è la seguente: in che modo le banche stanno utilizzando i prestiti corposi che hanno ricevuto dalla Bce? Certo, il dato è precedente alla maxi operazione di LTRO di fine febbraio, quando gli istituti di credito italiani, partecipando all'asta, avevano raccolto 139 miliardi euro. Ma quella di fine febbraio è stata la seconda operazione di maxi finanziamento alle banche, dopo quella effettuata a dicembre, sempre attraverso prestiti a scadenza triennale e con un tasso fisso dell'1%.

E entrambe le operazioni LTRO della Bce avevano un chiaro scopo: erogare prestiti a famiglie e imprese, sostenere insomma i fondamentali dell'economia, farla ripartire in un momento delicato che soprattutto l'Italia, nel bel mezzo di una recessione tecnica, sta attraversando. E invece arrivano chiari i numeri dell'Abi, che confermano come invece il paese versi in una vera e propria condizione di credit crunch.

24/03/2012, 09:41

vipalex ha scritto:

Dopo la Grecia
L`italia.
P.S
doveva accadere a gennaio.
Mi chiedo ancora come sia possibile che l`Italia non abbia ancora fallito?????????????????????????
Si accettano scommesse.
Da Londra
Alex


Per il semplice fatto che ha piazzato i suoi illuminati in posti chiave, vedi Draghi e Monti.

24/03/2012, 10:27

greenwarrior ha scritto:

vipalex ha scritto:

Dopo la Grecia
L`italia.
P.S
doveva accadere a gennaio.
Mi chiedo ancora come sia possibile che l`Italia non abbia ancora fallito?????????????????????????
Si accettano scommesse.
Da Londra
Alex

Confermo, credo che sia l`unica ragione.
Da Londra
Alex





Per il semplice fatto che ha piazzato i suoi illuminati in posti chiave, vedi Draghi e Monti.
Ultima modifica di greenwarrior il 25/03/2012, 18:36, modificato 1 volta in totale.

24/03/2012, 20:15

Summit MMT - Auerback: banchieri tedeschi a caccia di rendite finanziarie nel sud Europa [12/18 ITA]



Sito italiano di riferimento della MMT è http://www.democraziammt.info/

Il team dei relatori al completo
http://democraziammt.info/documenti/9-d ... atori.html

Archivio e documentazione
http://democraziammt.info/archivio-documentazione.html

24/03/2012, 20:19

Bagnai: politiche sbagliate spacciate col "grembiule rosa"
di Alberto Bagnai http://www.ilmanifesto.it/archivi/comme ... colo/5225/

L’uscita dall’euro prossima ventura
Un anno fa, discorrendo con Aristide, chiedevo come mai la sinistra italiana rivendicasse con tanto orgoglio la paternità dell’euro: non vedeva quanto esso fosse opposto agli interessi del suo elettorato? Una domanda simile a quella di Rossanda. Aristide, economista di sinistra, mi raggelò: “caro Alberto, i costi dell’euro, come dici, sono noti, tutti i manuali li illustrano. Li vedevano anche i nostri politici, ma non potevano spiegarli ai loro elettori: se questi avessero potuto confrontare costi e benefici non avrebbero mai accettato l’euro.
Tenendo gli elettori all’oscuro abbiamo potuto agire, mettendoli in una impasse dalla quale non potranno uscire che decidendo di fare la cosa giusta, cioè di andare avanti verso la totale unione, fiscale e politica, dell’Europa.” Insomma: “il popolo non sa quale sia il suo interesse: per fortuna a sinistra lo sappiamo e lo faremo contro la sua volontà”. Ovvero: so che non sai nuotare e che se ti getto in piscina affogherai, a meno che tu non “decida liberamente” di fare la cosa giusta: imparare a nuotare. Decisione che prenderai dopo un leale dibattito, basato sul fatto che ti arrivo alle spalle e ti spingo in acqua. Bella democrazia in un intellettuale di sinistra! Questo agghiacciante paternalismo può sembrare più fisiologico in un democristiano, ma non dovrebbe esserlo. “Bello è di un regno come che sia l’acquisto”, dice re Desiderio. Il cattolico Prodi l’Adelchi l’ha letto solo fino a qui. Proseguendo, avrebbe visto che per il cattolico Manzoni la Realpolitik finisce in tragedia: il fine non giustifica i mezzi. La nemesi è nella convinzione che “più Europa” risolva i problemi: un argomento la cui futilità non può essere apprezzata se prima non si analizza la reale natura delle tensioni attuali.

Il debito pubblico non c’entra.
Sgomenta l’unanimità con la quale destra e sinistra continuano a concentrarsi sul debito pubblico. Che lo faccia la destra non è strano: il contrattacco ideologico all’intervento dello Stato nell’economia è il fulcro della “controriforma” seguita al crollo del muro. Questo a Rossanda è chiaro. Le ricordo che nessun economista ha mai asserito, primadel trattato di Maastricht, che la sostenibilità di un’unione monetaria richieda il rispetto di soglie sul debito pubblico (il 60% di cui parla lei). Il dibattito sulla “convergenza fiscale” è nato dopo Maastricht, ribadendo il fatto che queste soglie sono insensate. Maastricht è un manifesto ideologico: meno Stato (ergo più mercato). Ma perché qui (cioè a sinistra?) nessuno mette Maastricht in discussione? Questo Rossanda non lo nota e non se lo chiede. Se il problema fosse il debito pubblico, dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. Ma la crisi è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia. Cosa accomuna questi paesi? Non il debito pubblico (minimo nei primi paesi colpiti, altissimo negli ultimi), ma l’inflazione. Già nel 2006 la Bce indicava che in Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna l’inflazione non stava convergendo verso quella dei paesi “virtuosi”. I Pigs erano un club a parte, distinto dal club del marco (Germania, Francia, Belgio, ecc.), e questo sì che era un problema: gli economisti sanno da tempo che tassi di inflazione non uniformi in un’unione monetaria conducono a crisi didebito estero (prevalentemente privato).

Inflazione e debito estero.
Se in X i prezzi crescono più in fretta che nei suoi partner, X esporta sempre meno, e importa sempre più, andando in deficit di bilancia dei pagamenti. La valuta di X, necessaria per acquistare i beni di X, è meno richiesta e il suo prezzo scende, cioè X svaluta: in questo modo i suoi beni ridiventano convenienti, e lo squilibrio si allevia. Effetti uguali e contrari si producono nei paesi in surplus, la cui valuta diventa scarsa e si apprezza. Ma se X è legato ai suoi partner da un’unione monetaria, il prezzo della valuta non può ristabilire l’equilibrio esterno, e quindi le soluzioni sono due: o X deflaziona, o i suoi partner in surplus inflazionano. Nella visione keynesiana i due meccanismi sono complementari: ci si deve venire incontro, perché surplus e deficit sono due facce della stessa medaglia (non puoi essere in surplus se nessuno è in deficit). Ai tagli nel paese in deficit deve accompagnarsi un’espansione della domanda nei paesi in surplus. Ma la visione prevalente è asimmetrica: l’unica inflazione buona è quella nulla, i paesi in surplus sono “buoni”, e sono i “cattivi” in deficit a dover deflazionare, convergendo verso i buoni. E se, come i Pigs, non ci riescono? Le entrate da esportazioni diminuiscono e ci si deve indebitare con l’estero per finanziare le proprie importazioni. I paesi a inflazione più alta sono anche quelli che hanno accumulato più debito estero dal 1999 al 2007: Grecia (+78 punti di Pil), Portogallo (+67), Irlanda (+65) e Spagna (+62). Con il debito crescono gli interessi, e si entra nella spirale: ci si indebita con l’estero per pagare gli interessi all’estero, aumenta lo spread e scatta la crisi.

Lo spettro del 1992.
E l’Italia? Dice Rossanda: “il nostro indebitamento è soprattutto all’interno”. Non è più vero. Pensate veramente che ai mercati interessi con chi va a letto Berlusconi? Pensate che si preoccupino perché il debito pubblico è “alto”? Ma il nostro debito pubblico è sopra il 100% da 20 anni, e i nostri governi, anche se meno folcloristici, sono stati spesso più instabili. Non è questo che preoccupa i mercati: quello che li preoccupa è che oggi, come nel 1992, il nostro indebitamento con l’estero sta aumentando, e che questo aumento, come nel 1992, è guidato dall’aumento dei pagamenti di interessi sul debito estero, che è in massima parte debito privato, contratto da famiglie e imprese (il 65% delle passività sull’estero dell’Italia sono di origine privata).

Cui Prodest?
Calata nell’asimmetria ideologica mercantilista (i “buoni” non devono cooperare) e monetarista (inflazione zero) la scelta politica di privarsi dello strumento del cambio diventa strumento di lotta di classe. Se il cambio è fisso, il peso dell’aggiustamento si scarica sui prezzi dei beni, che possono diminuire o riducendo i costi (quello del lavoro, visto che quello delle materie prime non dipende da noi) o aumentando la produttività. Precarietà e riduzioni dei salari sono dietro l’angolo. La sinistra che vuole l’euro ma non vuole Marchionne mi fa un po’ pena. Chi non deflaziona accumula debito estero, fino alla crisi, in seguito alla quale lo Stato, per evitare il collasso delle banche, si accolla i debiti dovuti agli squilibri esterni, trasformandoli in debiti pubblici. Alla privatizzazione dei profitti segue la socializzazione delle perdite, con il vantaggio di poter incolpare a posteriori i bilanci pubblici. La scelta non è se deflazionare o meno, ma se farlo subito o meno. Una scelta ristretta, ma solo perché l’ottusità ideologica impone di concentrarsi sul sintomo (lo squilibrio pubblico, che può essere corretto solo tagliando), anziché sulla causa (lo squilibrio esterno, che potrebbe essere corretto cooperando). Alla domanda di Rossanda “non c’è stato qualche errore?” la risposta è quella che dà lei stessa: no, non c’è stato nessun errore. Lo scopo che si voleva raggiungere, cioè la “disciplina” dei lavoratori, è stato raggiunto: non sarà “di sinistra”, ma se volete continuare a chiamare “sinistra” dei governi “tecnici” a guida democristiana accomodatevi. Lo dice il manuale di Acocella: il “cambio forte” serve a disciplinare i sindacati.

Più Europa?
Secondo la teoria economica un’unione monetaria può reggere senza tensioni sui salari se i paesi sono fiscalmente integrati, poiché ciò facilita il trasferimento di risorse da quelli in espansione a quelli in recessione. Una “soluzione” che interviene a valle, cioè allevia i sintomi, senza curare la causa (gli squilibri esterni). È il famoso “più Europa”. Un esempio: festeggiamo quest’anno il 150° anniversario dell’unione monetaria, fiscale e politica del nostro paese. “Più Italia” l’abbiamo avuta, non vi pare? Ma 150 anni dopo la convergenza dei prezzi fra le varie regioni non è completa, e il Sud ha un indebitamento estero strutturale superiore al 15% del proprio Pil, cioè sopravvive importando capitali dal resto del mondo (ma in effetti dal resto d’Italia). Dopo cinquanta anni di integrazione fiscale nell’Italia (monetariamente) unita abbiamo le camicie verdi in Padania: basterebbero dieci anni di integrazione fiscale nell’area euro, magari a colpi di Eurobond, per riavere le camicie brune in Germania. L’integrazione fiscale non è politicamente sostenibile perché nessuno vuole pagare per gli altri, soprattutto quando i media, schiavi dell’asimmetria ideologica, bombardano con il messaggio che gli altri sono pigri, poco produttivi, che “è colpa loro”. Siano greci, turchi, o ebrei, sappiamo come va a finire quando la colpa è degli altri.

Deutschland über alles.
Le soluzioni “a valle” dello squilibrio esterno sono politicamente insostenibili, ma lo sono anche quelle “a monte”. La convivenza con l’euro richiederebbe l’uscita dall’asimmetria ideologica mercantilista. Bisognerebbe prevedere simmetrici incentivi al rientro per chi si scostasse in alto o in basso da un obiettivo di inflazione. Il coordinamento del quale Rossanda parla andrebbe costruito attorno a questo obiettivo. Ma il peso dei paesi “virtuosi” lo impedirà. Perché l’euro è l’esito di due processi storici. Rossanda vede il primo (il contrattacco del capitale per recuperare l’arretramento determinato dal new deal post-bellico), ma non il secondo: la lotta secolare della Germania per dotarsi di un mercato di sbocco. Ci si estasia (a destra e a sinistra) per il successo della Germania, la “locomotiva” d’Europa, che cresce intercettando la domanda dei paesi emergenti. Ma i dati che dicono? Dal 1999 al 2007 il surplus tedesco è aumentato di 239 miliardi di dollari, di cui 156 realizzati in Europa, mentre il saldo commerciale verso la Cina èpeggiorato di 20 miliardi (da un deficit di -4 a uno di -24). I giornali dicono che la Germania esporta in Oriente e così facendo ci sostiene con la sua crescita. I dati dicono il contrario. La domanda dei paesi europei, drogata dal cambio fisso, sostiene la crescita tedesca. E la Germania non rinuncerà a un’asimmetria sulla quale si sta ingrassando. Ma perché i governi “periferici” si sono fatti abbindolare dalla Germania? Lo dice il manuale di Gandolfo: la moneta unica favorisce una “illusione della politica economica” che permette ai governi di perseguire obiettivi politicamente improponibili, cavandosela col dire che sono imposti da istanze sopraordinate (quante volte ci siamo sentiti dire “l’Europa ci chiede...”?). Il fine (della lotta di classe al contrario) giustificava il mezzo (l’ancoraggio alla Germania).

La svalutazione rende ciechi.
È un film già visto. Ricordate lo Sme “credibile”? Dal 1987 al 1991 i cambi europei rimasero fissi. In Italia l’inflazione salì dal 4.7% al 6.2%, con il prezzo del petrolio in calo (ma i cambi fissi non domavano l’inflazione?). La Germania viaggiava su una media del 2%. La competitività italiana diminuiva, l’indebitamento estero aumentava, e dopo la recessione Usa del 1991 l’Italia dovette svalutare. Svalutazione! Provate a dire questa parola a un intellettuale di sinistra. Arrossirà di sdegnato pudore virginale. Non è colpa sua. Da decenni lo bombardano con il messaggio che la svalutazione è una di quelle cosacce che provocano uno sterile sollievo temporaneo e orrendi danni di lungo periodo. Non è strano che un sistema a guida tedesca sia retto dal principio di Goebbels: basta ripetere abbastanza una bugia perché diventi una verità. Ma cosa accadde dopo il 1992? L’inflazione scese di mezzo punto nel ’93 e di un altro mezzo nel ’94. Il rapporto debito estero/Pil si dimezzò in cinque anni (da -12 a -6 punti di Pil). La bolletta energetica migliorò (da -1.1 a -1.0 punti). Dopo uno shock iniziale, l’Italia crebbe a una media del 2% dal 1994 al 2001. La lezioncina sui danni della svalutazione (genera inflazione, procura un sollievo solo temporaneo, non ce la possiamo permettere perché importiamo il petrolio) è falsa.

Irreversibile?
Si dice che la svalutazione non sarebbe risolutiva, e che le procedure di uscita non sono previste, quindi... Quindi cosa? Chi è così ingenuo da non vedere che la mancanza di procedure di uscita è solo un espediente retorico, il cui scopo è quello di radicare nel pubblico l’idea di una “naturale” o “tecnica” irreversibilità di quella che in fondo è una scelta umana e politica (e come tale reversibile)? Certo, la svalutazione renderebbe più oneroso il debito definito in valuta estera. Ma porterebbe da una situazione di indebitamento estero a una di accreditamento estero, producendo risorse sufficienti a ripagare i debiti, come nel 1992. Se non lo fossero, rimarrebbe la possibilità del default. Prodi vuol far sostenere una parte del conto ai “grossi investitori istituzionali”? Bene: il modo più diretto per farlo non è emettere Eurobond “socializzando” le perdite a beneficio della Germania (col rischio camicie brune), ma dichiarare, se sarà necessario, il default, come hanno già fatto tanti paesi che non sono stati cancellati dalla geografia economica per questo. È già successo e succederà. “I mercati ci puniranno, finiremo stritolati!”. Altra idiozia. Per decenni l’Italia è cresciuta senza ricorrere al risparmio estero. È l’euro che, stritolando i redditi e quindi i risparmi delle famiglie, ha costretto il paese a indebitarsi con l’estero. Il risparmio nazionale lordo, stabile attorno al 21% dal 1980 al 1999, è sceso costantemente da allora fino a toccare il 16% del reddito. Nello stesso periodo le passività finanziarie delle famiglie sono raddoppiate, dal 40% all’80%. Rimuoviamo l’euro, e l’Italia avrà meno bisogno dei mercati, mentre i mercati continueranno ad avere bisogno dei 60 milioni di consumatori italiani.

Non faccia la sinistra ciò che fa la destra.
Dall’euro usciremo, perché alla fine la Germania segherà il ramo su cui è seduta. Sta alla sinistra rendersene conto e gestire questo processo, anziché finire sbriciolata. Non sto parlando delle prossime elezioni. Berlusconi se ne andrà: dieci anni di euro hanno creato tensioni tali per cui la macelleria sociale deve ora lavorare a pieno regime. E gli schizzi di sangue stonano meno sul grembiule rosso. Sarà ancora una volta concesso alla sinistra della Realpolitik di gestire la situazione, perché esiste un’altra illusione della politica economica, quella che rende più accettabili politiche di destra se chi le attua dice di essere di sinistra. Ma gli elettori cominciano a intuire che la macelleria sociale si può chiudere uscendo dall’euro. Cara Rossanda, gli operai non sono “scombussolati”, come dice lei: stanno solo capendo. “Peccato e vergogna non restano nascosti”, dice lo spirito maligno a Gretchen. Così, dopo vent’anni di Realpolitik, ad annaspare dove non si tocca si ritrovano i politici di sinistra, stretti fra la necessità di ossequiare la finanza, e quella di giustificare al loro elettorato una scelta fascista non tanto per le sue conseguenze di classe, quanto per il paternalismo con il quale è stata imposta. Si espongono così alle incursioni delle varie Marine Le Pen che si stanno affacciando in paesi di democrazia più compiuta, e presto anche da noi. Perché le politiche di destra, nel lungo periodo, avvantaggiano solo la destra. Ma mi rendo conto che in un paese nel quale basta una legislatura per meritarsi una pensione d’oro, il lungo periodo possa non essere un problema dei politici di destra e di sinistra. Questo spiega tanta unanimità di vedute.

26/03/2012, 00:29

Se recuperassimo l’idea di Aldo Moro di emettere biglietti di stato a corso legale senza bisogno di chiedere banconote in prestito via Bankitalia-Bce, potremmo non soltanto assolvere i vari bisogni del popolo italiano, ma anche varare un bel corso gratuito di criminologia monetaria e bancaria.
Fu infatti così che i governi Moro finanziarono le spese statali, per circa 500 miliardi di lire degli anni ‘60 e ‘70, attraverso l’emissione di cartamoneta da 500 lire “biglietto di stato a corso legale” (emissioni “Aretusa” e “Mercurio”). La prima emissione fu normata con i DPR 20-06-1966 e 20-10-1967 del presidente Giuseppe Saragat per le 500 lire cartacee biglietto di Stato serie Aretusa, (Legge 31-05-1966). La seconda emissione fu regolata con il DPR 14-02-1974, del Presidente Giovanni Leone per le 500 lire cartacee biglietto di stato serie Mercurio, DM 2 aprile 1979.
Questa moneta di stato tra l’altro aveva l’importante funzione di immettere denaro senza debito che rendeva solvibile - almeno in parte - il sistema usuraio poiché serviva per pagare gli interessi per i quali il sistema bancario NON emetteva moneta e strozzava il paese (come invece ora fa). L’idea era stata copiata dal periodo fascista in cui tante opere pubbliche vennero finanziate a questo modo. Mentre l’analoga operazione di emettere Am-Lire da parte degli occupanti alleati fu una vera e propria opera di falsari che imposero la loro moneta a suon di bombardamenti addebitandola per lo più a debito pubblico (una perdita di circa 300 miliardi di lire dell’epoca 1943-1952, oltre a tutti i beni di cui si erano appropriati con questo denaro falso). Fu Giovanni Leone a firmare l’ultimo DPR con cui si emettevano le 500 lire. Sia Moro che Leone non ebbero gran fortuna e sappiamo come vennero ringraziati da Bankenstein... Ma ora c’è internet, ora sarebbe molto più facile impedire la reazione della bancocrazia totalitaria diffondendo la conoscenza della materia. Infatti, col senno di poi, non è difficile capire a cosa doveva portare il disegno del terrorismo nel nostro paese: gli anni di piombo si chiusero con due stragi nell’anno del Trattato di Maastricht, il 1992... Questo trattato è un papello tra “Stati” e banchieri mannari, il cui risultato oggi è sotto gli occhi di tutti. Ci ha portato al golpe morbido del governo Monti... Comunque, in seguito all’assassinio di Moro e alle dimissioni anticipate di Leone, l’Italia smise di emettere cartamoneta di Stato. La bancocrazia ci aveva anche provato prima a ricattare lo Stato, emettendo i famosi miniassegni per erodere il signoraggio che lo stato guadagnava con la propria moneta, ma poi, non essendo la “misura” sufficiente, ricorsero ai mitra e bombe. Ricordatevi che il terrorismo in Italia inizia con due attentati dinamitardi negli anni ‘60 contro due banche di Stato (all’epoca): Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano e BNL a Roma... Oggi lo Stato guadagna decisamente spiccioli con il conio delle monetine, dove i margini e la quantità di signoraggio sono niente rispetto all’emissione di cartamoneta e denaro virtuale, proprio una mancia per salvare le apparenze. Dobbiamo proporre di introdurre con vigore una cartamoneta complementare nazionale chiamata Biglietto di stato, con cui soddisfare i bisogni interni del paese. Questa cartamoneta non influirebbe sui parametri di Francoforte, non creerebbe debito e darebbe la libertà al paese di soddisfare tutte le esigenze di base della cittadinanza. La Moro-nomics è un’alternativa degna di essere seriamente presa in considerazione.


16 Marzo 2012 12:00:00 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=

http://blog.libero.it/terrapagana/11161130.html
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