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05/12/2014, 00:07

Ilva Taranto, tute contaminate in cokeria. L’azienda: “Come entrano in mensa?”



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08/12/2014, 00:37

Parlamento Europeo, interrogazione parlamentare su Taranto




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Peacelink ha voluto chiedere che la Commissione verifichi perché le autorità italiane non abbiano ancora informato la popolazione sulla situazione sanitaria in corso a Taranto e quali siano le conseguenze delle emissioni visibili dei giorni scorsi e delle misurazioni di IPA cancerogeni effettuate da Peacelink.








Si chiede che la Commissione indaghi su quali sono le azioni in difesa della salute pubblica intraprese dalle autorità italiane al momento presente e quali siano i valori riportati dai monitoraggi ambientali in merito alle vistose emissioni e alle altre criticità ambientali.


Peacelink tiene la Commissione Europea informata costantemente di quelli che sono gli sviluppi a Taranto e su Taranto, con relazioni, comunicazioni ed incontri. Stamane la Commissione europea è stata aggiornata da Antonia Battaglia della notifica delle violazioni delle prescrizioni AIA documentate nell'ultima relazione ISPRA e riportate da Luciano Manna in uno studio dettagliato.





Stamattina inoltre a Taranto si è verificato un nuovo picco di IPA cancerogeni alle ore 7. Il 45% delle misurazioni effettuate da PeaceLink rivelano un superamento della soglia di pericolosità di 40 nanogrammi/m3 (zona grigia del grafico) e il il 55% sfora addirittura la soglia di 80 nanogrammi/m3 (zona nera del grafico). PeaceLink ha scritto pertanto all'ARPA, chiedendo:
1) in che percentuale gli IPA a Taranto sono attualmente attribuibili alle emissioni ILVA;
2) perché si verificano questi picchi proprio la mattina presto;
3) se ARPA ritiene di darne informazione alla ASL per attivare procedure di precauzione.










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15/12/2014, 00:43

venerdì 12 dicembre 2014




Bum!



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Questa è la gru prima e dopo l'incidente. ci sono circa 5 tonnellate di olio idraulico contenuti nell'impianto della gru e la gru è in mare, fortunatamente, si parla sempre di fortuna, al momento quest'olio rimane contenuto nell'impianto idraulico della gru. ilva doveva avere entro ottobre 2 benne ecologiche secondo il crono programma del piano ambientale, questa benna aveva un sistema chiuso a tazze ma era stata montata nel 2008, commissionata alla Tenova Takraf. ora non c'è più neanche questa. strano che era in manutenzione qualcosa che per il piano ambientale doveva essere pronto a ottobre. inoltre a gennaio, sempre secondo il piano ambientale, deve essere pronta una terza benna ecologica. al momento neanche l'ombra, pertanto ci chiediamo, cosa già denunciata presso le autorità competenti, come ilva sta (non) ottemperando alla prescrizione del piano ambientale, al momento totalmente disattesa. per una casualità, la nave fotografata nel 2013 con la gru è la stessa ormeggiata al molo quando questa è andata in mare. la gru accanto a quella crollata è quella colpita dal tornado nel 2012 dove però in quell'occasione morì un operaio ilva. (luciano manna, peacelink)



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Cede una gru al molo Ilva: feriti due operai, uno è stato recuperato in mare. Ispezione subacquea della Capitaneria


La Capitaneria di porto di Taranto ha compiuto una ispezione subacquea dello specchio acqueo prospiciente il tratto di banchina in cui ieri sera si è spezzata una gru all'altezza del quarto sporgente del porto in concessione all'Ilva, causando il ferimento di due operai. L'ispezione è avvenuta per valutare le condizioni in termini di sicurezza della navigazione dell'area portuale e stabilire i conseguenti relativi limiti operativi. Le risultanze saranno analizzate in una riunione tecnica con i servizi portuali, e saranno così stabiliti i provvedimenti da adottare per assicurare il ripristino della piena operatività dell'area portuale, fermo restando il rispetto delle norme di sicurezza della navigazione.


La Capitaneria di porto già ieri sera ha disposto l'intervento a titolo precauzionale della società 'Ecotaras', per il posizionamento in mare attorno alla gru semisommersa di panne assorbenti nell'eventualità si fosse verificata la fuoriuscita di olio idraulico dalla motrice della gru. Nessun danno è stato registrato alla nave mercantile ormeggiata allo sporgente, per la quale si è reso necessario soltanto il rinforzo dei cavi di ormeggio di prua tranciati dalla stessa gru durante il crollo.


Questa mattina il coordinamento provinciale dell'Usb di Taranto ha proclamato 24 ore di sciopero in seguito all'incidente avvenuto ieri sera nell'area del quarto sporgente del porto in concessione all'Ilva, dove si è spezzata in due una gru denominata 'Dm7'. Un operaio è caduto in mare ed è stato successivamente recuperato e tratto in salvo. Un altro lavoratore, rimasto intrappolato nella parte della gru rimasta sulla banchina, è stato recuperato dai vigili del fuoco. Il capo-turno Orazio Pignatelli e il suo collega, Giuseppe Bufano, operaio della manutenzione elettrica, si trovavano all'interno della cabina di comando della gru, che è crollata per cause in corso di accertamento. La magistratura ha disposto il sequestro del mezzo e dell'area interessata
(Quotidiano)





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venerdì 12 dicembre 2014

Europa lontana


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I veleni dell'Ilva e l'ipocrisia del Pd


La prossima settimana il Parlamento Europeo, nella sua seduta di Strasburgo, discuterà le diverse mozioni presentate dai gruppi parlamentari in merito alla politica europea sull’acciaio, per la protezione delle industrie e dei lavoratori.


La posizione contenuta nella proposta del PPE (del Partito Polare Europeo fanno parte gli europarlamentari eletti nelle liste italiane di Forza Italia e NDC-UDC) si basa sul rafforzamento della politica di sostegno all’acciaio e all’industria pesante in tutta Europa e chiede che la Commissione Europea garantisca un nuovo ruolo leader all’acciaio europeo, attraverso una serie d’iniziative tese ad assicurare posizioni di prima importanza sui mercati mondiali.


Con meccanismi di consultazione locale e regionale, la proposta di Antonio Tajani, uno dei Vice-Presidenti del Parlamento Europeo, opta per la creazione di un’azione “SustSteel” di sostegno, contenuta nel cosiddetto Piano di Azione per l’Acciaio, al fine di garantire quei mercati internazionali che apprezzano l’acciaio europeo perché, secondo la mozione, prodotto con procedure che rispettano i diritti sociali e ambientali. C’è da rimanere allibiti quando si pensa a Taranto. Perché la proposta del PPE sottintende che i competitors internazionali non siano altrettanto ligi (quanto l’Ilva!) nel garantire che l’acciaio sia prodotto da operai felici, ben pagati, che vivono e lavorano in un ambiente salubre.
Il documento del PPE tocca momenti di alto lirismo quando fornisce una lista dei siti europei da difendere, definendoli jewels e invitando la Commissione a non chiuderli e a non cederli a gruppi extra-europei. Tra questi bijoux, naturalmente, Taranto, noto esempio di tecnologia, modernità, eco-compatibilità, circondata da giardini per la coltura di frutta e verdura biologica, dove la felicità regna sovrana. Peccato che l’Ilva sia costata all’Europa, in termini di impatto ambientale, ben 2.5 miliardi di euro per il periodo 2008-2012, secondo le valutazioni dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.


La proposta del Gruppo S&D (Socialisti e Democratici, di cui fanno parte ben 31 eurodeputati del Partito Democratico) è blanda. La posizione è quella di sostenere la produzione di acciaio, vitale per l’economia europea, rilanciandola e mettendo a norma quei siti che, per vetustà o motivi economici, sono in declino. La proposta socialista/democratica difende la produzione e menziona la necessità di far fronte al problema CO2, suggerendo che le aziende reinvestano per realizzare un modello economico sostenibile e a basso consumo di carbone. Insomma una produzione decarbonizzata, che punti sull’energia rinnovabile e sulle infrastrutture smart. Bello ma generico e poco concreto.


Del Gruppo S&D fanno parte quindi gli esponenti del PD, che in Italia amministrano la questione Ilva come se il problema fosse solo quello di trovare un acquirente e di saldare i debiti con fornitori e banche.


Il debito dell’Ilva con le banche è, al momento attuale, di 1 miliardo e 450 milioni di euro, di cui il 62% con Intesa San Paolo, il 20% con Unicredit e il 18% con Banco Popolare. Federacciai ha dichiarato recentemente che il Gruppo è sull’orlo del baratro e quindi, la proposta di Renzi per salvare le banche potrebbe concretizzarsi facendo entrare in gioco una cordata di imprenditori sostenuti dalla Cassa Depositi e Prestiti.


Nel frattempo la svolta arriva a Roma. Il Governo potrebbe aver trovato il nuovo commissario straordinario per l’Ilva, un esperto di acciaio ed ambiente, l’ex amministratore delegato di LuxOttica. Uomo nuovo, tutto nuovo. Peccato però che non si intraveda ancora quale possa essere il piano del premier, perché poco “sul campo” sembra muoversi. Continuano serrati i contatti con il raggruppamento Arcelor-Marcegaglia ma ormai siamo al gossip, in attesa di una discussione pubblica aperta, fondata su punti, proposte, azioni da mettere in campo.


Ma il debito dell’Ilva con Taranto è molto più grande di quello con le banche: secondo lo Studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, la mortalità infantile registrata è maggiore del 21% rispetto alla media regionale, con un eccesso di incidenza di tutti i tumori nella fascia 0-14 anni pari al 54%. Un dramma epocale, i cui effetti sugli esseri umani potrebbero toccare il loro picco tra decen


Il PD, i cui esponenti a Bruxelles “partecipano” alla presa di una decisione importante come quella sul futuro europeo in materia di produzione industriale, in realtà non ha mai fatto nulla affinché lo status quo a Taranto cambiasse, in meglio. Che ora ci si pregi di discutere mozioni a livello europeo, che per Taranto hanno un impatto diretto, senza ancora una volta prendere in considerazione le istanze della città e delle associazioni che, con Peacelink, sperano in un futuro diverso, appare tutt’al più maldestro. Che il PD al Parlamento Europeo parli d’innovazione, di produzione senza inquinamento, di rispetto dei diritti primari e di abbattimento di CO2 appare come un’offesa: il solito vuoto atteggiamento, a cui non seguirà nessuna azione, nulla di concreto, nulla di reale. Qual è l’azione dei rappresentanti italiani al Parlamento Europeo in favore di Taranto e degli interessi dei cittadini italiani?


La proposta dei Verdi Europei appare, invece, come innovativa e più cosciente, poiché chiede alla Commissione e agli Stati Membri di sostenere un piano di lavoro che miri ad uno sviluppo economico strategico, anche dell’acciaio e dei settori che con esso lavorano, ma puntando al fatto che non si adottino misure per aumentarne la capacità produttiva, soprattutto per quanto riguarda il settore automobilistico. Tale mozione si iscrive nel quadro di un progetto politico che scommetta sulle energie rinnovabili e che studi lo stato reale dei trends di produzione e consumo dell’acciaio nel mondo, per adattare al meglio la politica europea alla realtà della domanda e dell’offerta del settore. Inoltre, la mozione dei Verdi chiede che la Commissione identifichi le migliori tecniche per combinare bisogni ambientali con costi di produzione, avanzando la proposta di monitorare da vicino come le aziende siderurgiche europee siano amministrate e in quali condizioni esse operino. Nella mozione, Taranto viene menzionata quale esempio di un’acciaieria con una grande necessità di investimenti ambientali, che potrebbero – dice il testo – addirittura consentire di far coesistere la produzione con una condizione di impatto ambientale e sanitario zero. (“11. Believes that the example of Taranto steel plant in Italy demonstrates the importance of environmental investments for the safeguard of an industrial capacity that would remain not only competitive but also sustainable and responsible;”).


Il Presidente del Parlamento Europeo, Schulz, ha mandato qualche giorno fa una lettera a Peacelink, in risposta ad una missiva recente. Schulz si dice costantemente informato dell’evoluzione della situazione a Taranto e sottolinea la necessità di proteggere la salute dei cittadini e l'ambiente, che dovrebbe essere coniugata con una visione e una strategia per tutta l'area.


Taranto potrebbe diventare uno dei target principali di una nuova politica europea e italiana di sviluppo economico e industriale. Ne è prova l’attenzione che la discussione europea in merito all’acciaio le riserva; ne è prova la grande attenzione che Peacelink riceve presso le istituzioni di Bruxelles; ne sono prova le due procedure d’infrazione e il parere motivato lanciati dalla Commissione Europea; lo testimoniano le lettere a Peacelink del Commissario Potocnik e le lettere del Presidente Schulz e le diverse interrogazioni parlamentari europee presentate sul caso. Tutto sembra puntare verso un iter diverso, un progetto che potrebbe portare all’attuazione di uno sviluppo sostenibile in grado di creare nuovi posti di lavoro e dar sollievo a una società in ginocchio.


Ma è la politica italiana a non seguire la realtà, a fare astrazione dal contesto in cui l’Ilva opera. La Strategia Europa 2020, di cui parla il Presidente Schulz, è un ambizioso programma di lavoro che si focalizza su cinque punti cardine: occupazione, istruzione, inclusione sociale, energia e lotta al cambiamento climatico. Perché non dare a Taranto, finalmente, la possibilità di reinventarsi grazie ai finanziamenti europei? Perché non seguire un modello di sviluppo che si basi sulle fondamenta dell’economia sostenibile e che opti per realizzare un progetto diverso da quello della siderurgia? Perché non dar forma a un futuro in cui la crisi della città sociale e sanitaria della città possa essere solo un brutto ricordo?


Il Governo va avanti su un binario morto, come se l’emergenza non fosse reale. La valutazione del danno sanitario e ambientale, la perdita economica dello stabilimento, i costi esorbitanti dell’impatto industriale devono pur avere un ruolo nella discussione sul futuro della nostra vita!
Antonia Battaglia - Micro Mega




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26/12/2014, 00:17

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... o/1295541/


Ilva, con la giravolta di Renzi lo Stato ricompra l’acciaieria di Taranto



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Il premier, dopo avere annunciato la necessità di affidare il colosso siderurgico a una cordata di privati, ha optato per l'intervento pubblico per ragioni ambientali e legate alle questioni giudiziarie che pendono sull'azienda



di Giorgio Meletti | 24 dicembre 2014
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Matteo Renzi è notoriamente dotato di una certa flessibilità di pensiero che lo rende inaffidabile agli occhi dei critici. Però nel caso dell’Ilva di Taranto la consueta capriola sembra segnalare più che altro una sana dose di realismo. Il 29 maggio scorso il premier manifestò l’urgenza di affidare il gigante siderurgico a una cordata di imprenditori privati:
“Così non si va avanti: c’è bisogno di un cambio di passo nel giro di qualche giorno”.
Lo stesso giorno il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi incontrò i rappresentanti di Arcelor Mittal (il gruppo a guida indiana oggi leader mondiale dell’acciaio) e di Marcegaglia spa, candidati all’acquisto.


Per il gruppo italiano erano presenti il presidente Antonio Marcegaglia, che nel 2008 aveva patteggiato una condanna per aver corrotto un dirigente dell’Eni in cambio di commesse, e sua sorella, la vicepresidente Emma Marcegaglia, nominata nel frattempo da Renzi presidente dell’Eni stesso. Il quale è fornitore di gas dell’Ilva, quindi oggi suo creditore, mentre la Marcegaglia compra a Taranto le lamiere con cui fa i tubi piegandole e saldandole. Già questa fotografia avrebbe dovuto sconsigliare eccessi di entusiasmo per i mitici privati, ma Renzi era troppo lanciato: nel giro di pochi giorni fece fuori il commissario Enrico Bondi, il manager che aveva risollevato la Parmalat dal crac da 14 miliardi di Calisto Tanzi, e

lo sostituì con Piero Gnudi, noto commercialista di Bologna, già ministro e presidente dell’Iri e dell’Enel
. L’uomo giusto per gestire una vendita anziché un’azienda.


Nel giro di sei mesi esatti Renzi ha dovuto capovolgere il suo punto di vista.
Il 30 novembre scorso l’ha detto: “A Taranto stiamo valutando se intervenire sull’Ilva con un soggetto pubblico:
rimettere in sesto quell’azienda per due o tre anni, difendere l’occupazione, tutelare l’ambiente e poi rilanciarla sul mercato”. Una volta per queste operazioni c’era l’Iri, acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale. Proprio l’Iri aveva costruito nel Dopoguerra la siderurgia italiana, le acciaierie a ciclo integrale (dal minerale ferroso al laminato grazie ai costosissimi altiforni), a Genova Cornigliano, Napoli Bagnoli e infine Taranto. Il problema era lo stesso di oggi. L’industria metalmeccanica italiana lavora l’acciaio. Lo trasforma in elettrodomestici, automobili, macchine utensili, guard rail per le autostrade, tralicci elettrici, barattoli di conserva. Oggi come allora dobbiamo decidere se i dieci milioni di tonnellate di acciaio che si fanno a Taranto vogliamo continuare a farceli in casa o importarli.


Il governo ha deciso che l’Ilva va salvata, e per questo il Consiglio dei ministri del 24 dicembre dovrebbe varare, salvo sorprese, la modifica alla legge Marzano (che fu fatta per la Parmalat) che consenta l’intervento anche su Taranto. Due sono le ragioni che hanno costretto Renzi a piegarsi a una soluzione statalista. La prima è quella ambientale. Chiudere l’Ilva perché comunque inquina troppo è illogico: significherebbe importare acciaio prodotto da impianti che inquinano altre città e uccidono altri bambini. Tanto vale mettere l’Ilva in grado di produrre senza provocare tumori a nessuno. Costa, secondo le stime del governo, 1,8 miliardi. Non c’è nessun privato che ce li voglia mettere. La storia è antica. Quando l’Ilva Laminati Piani di Taranto fu privatizzata nel 1994, l’acquirente Emilio Riva, subito dopo aver pagato circa 1.400 miliardi di lire, ne chiese indietro oltre la metà sostenendo di aver scoperto solo a cose fatte che l’impianto richiedeva massicci investimenti per contenere le emissioni nocive. Un collegio arbitrale gli dette torto e lui si guardò bene dal fare comunque gli interventi.


La seconda difficoltà è il groviglio di questioni legali e giudiziarie che incombono sull’azienda di Taranto. La proprietà è ancora della famiglia Riva, e gli eredi di Emilio, il capostipite morto il 30 aprile scorso, hanno già in campo fior di avvocati per contestare quello che considerano un esproprio a suon di decreti legge. Intorno all’Ilva si stima una nebulosa di contenziosi legali del valore totale di 30 miliardi. Gli impianti sono ancora sotto sequestro giudiziario, e il tribunale di Taranto ha imposto (per ragioni ambientali) un tetto alla produzione di 8 milioni di tonnellate all’anno. Un limite che confligge con il senso comune industriale. Le acciaierie funzionano prevalentemente con costi fissi, quindi la quantità prodotta è decisiva per la redditività: con soli otto milioni di tonnellate di acciaio sfornato Taranto non può che essere un’azienda in perdita. Infine, per finanziare il rilancio di un’azienda che oggi lavora a ritmo ridotto e perde ogni mese decine di milioni di euro, sono decisivi i soldi sequestrati ai Riva nell’ambito delle severe inchieste giudiziarie che li hanno travolti. Si tratta di 1,2 miliardi appunto sequestrati, non ancora confiscati, e quindi anch’essi a rischio di contenzioso. Difficilmente un privato si accollerebbe il rischio sia pure remoto di doverli un giorno restituire.


Le due cordate rivali (contro Arcelor Mittal e Marcegaglia c’è il siderurgico di Cremona Giovanni Arvedi con la Csn del brasiliano Benjamin Steinbruch) hanno capito che per aggiudicarsi l’ambito boccone dovranno aspettare come minimo un anno, durante il quale il vituperato Stato italiano dovrebbe rimettere le cose a posto. Operazione tutt’altro che semplice, e per la quale non a caso il presidente della commissione Industria del Senato, Massimo Mucchetti, ha chiesto a Renzi di mettere in campo il suo consulente di maggior spicco, l’ex amministratore delegato della Luxottica Andrea Guerra, un manager di razza come Bondi.


Il passaggio ha un suo fascino. Prima di diventare premier, Renzi amava farsi beffe degli imprenditori privati qualora, come nel caso dei Riva, avessero in passato finanziato Pier Luigi Bersani. Da quando è a palazzo Chigi riserva a tutti indistintamente lodi sperticate. Ma sull’Ilva è costretto a mettere la faccia sulle insostituibili virtù dello statalismo e anche sui suoi insopportabili difetti. Il più pericoloso è quello di sempre: quando lo Stato è inefficiente c’è sempre un privato che ci guadagna.


Per esempio, molti amano ricordare che l’Ilva fu privatizzata per disperazione perché perdeva soldi a palate. Ma gli stessi fingono di dimenticare che la siderurgia statale ne perdeva metà per finanziare i partiti e le loro clientele locali, metà strapagando le imprese private fornitrici e concedendo sconti sontuosi alle imprese private che riforniva di acciaio. Una strettoia che si è riproposta pericolosamente nelle scorse settimane quando la Cassa Depositi e Prestiti (che ambisce al ruolo di nuovo Iri), non potendo per statuto mettere capitali direttamente in un’azienda in perdita come Ilva, ha pensato di finanziare la Marcegaglia. Come se il denaro pubblico potesse sostenere lo sviluppo di un’azienda privata che ha tutto l’interesse a sottopagare l’acciaio all’azienda neo-statale che si dovrebbe rilanciare.

da il Fatto Quotidiano del 24 dicembre 2014











E bravo Renzie (ebetissimo), brà!........ non ne azzecchi una:

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Che bel regaluccio di Natale che hai fatto alla famiglia Marcegaglia e non solo.

E agl'italiani, regali qualcosa?
Si certo: agl'italiani..... Slogan e SACCHEGGIO. Immagine







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26/12/2014, 09:12

ma i riva non devono coprire
le spese della bonifica
come da sentenza?

26/12/2014, 10:48

mik.300 ha scritto:

ma i riva non devono coprire
le spese della bonifica
come da sentenza?

Lo sapevo io... che tanto pagava pantalone....

26/12/2014, 13:47

Si è una cosa assurda, loro hanno inquinato loro pagano! Ma che razza di giustizia è? La regola "chi rompe paga" funziona solo per i poveri cristi?

26/12/2014, 14:05

MaxpoweR ha scritto:

Si è una cosa assurda, loro hanno inquinato loro pagano! Ma che razza di giustizia è? La regola "chi rompe paga" funziona solo per i poveri cristi?


max,ma hai mai vst uno di loro,pagare in un qualke modo??????,in italia pagano sempre i soliti,altrimenti come potrebbe finaziarsi con in banchetti delle cene vuoti????????? [;)]

26/12/2014, 14:45

MaxpoweR ha scritto:

Si è una cosa assurda, loro hanno inquinato loro pagano! Ma che razza di giustizia è? La regola "chi rompe paga" funziona solo per i poveri cristi?


il posto fisso ai fessi non esiste
i soldi dei ricchi sono fississimi,
invece......

MA CHE SCHIFO.....................

che pagassero..

26/12/2014, 14:52

mik.300 ha scritto:


ma i riva non devono coprire
le spese della bonifica
come da sentenza?



Certo che no (ricordati che siamo in ItaGlia - la truffa, la corruzione e l'iganno vigono in questo paese -).

Pagheranno gli italiani (ovvio).
Pagheranno ma, nel concreto, non si farà nulla per l'ambiente.
Posso già vedere tutti quei loschi individui sfregarsi le mani (sanno che ci sarà molto da “mangiare”).

La Emma avrà il suo gasdotto (contenta eh?).
A Taranto si continuerà a morire.

È necessario far cadere tutto questo impero distruttivo.
Invece di farsi comprare con 80€ (una miseria che poi viene riassorbita con le tasse), gli abitanti del Bel Paese è ora che si diano una svegliata vera e la smettano di farsi prendere per il kiulo.


Non c'è mai stata intenzione di risanare la città dei due mari (è tutta una chiacchera). Sanno che il guaio è grosso!
Hanno dato tempo al tempo fino a quando non è giunto il momento di sfornare la genialata alla Cimabue (Renzi).


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No mik,
I Riva non copriranno le spese per la bonifica.
Saranno/sono tagliati fuori da tutto ciò.
Ci sono in gioco gl'interessi di altri (chissà se ai Marcegaglia fischiano le orecchie in questo momento).

Che bella giustiza in ItaGlia............ 'na M*rd*!


L'ILVA sarà pubblica? Bene, apparterrà al popolo d'italia.
E gli italiani non devono accollarsi nessuna spesa per disastri commessi da altri.
Gli italiani non devono permettere che si pepetui tutto questo schifo.
L'ILVA appartiene all'Italia........... non più ai ricchi industriali menefreghisti con tanto di appoggio politico.

Un felice saluto a tutta questa gentaglia....... con:

<EMBED WIDTH="153" HEIGHT="210" SRC="http://fc07.deviantart.net/fs70/f/2014/020/b/9/vaffangala_by_artigliopungente-d731bsl.swf" HIDDEN="false" AUTOSTART="true" LOOP="true" volume="100"></EMBED>












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31/12/2014, 00:18

http://www.beppegrillo.it/2014/12/renzi ... ranto.html


Renzi Erode e i bambini di Taranto






Renzie salva l'Ilva o i bambini di Taranto?


"Il governo ha annunciato per la fine dell'anno il decreto salva Ilva di Taranto. A suo dire Renzi era così “emozionato” che non ha nemmeno aspettato il testo ufficiale per fare il suo show davanti ai giornalisti in conferenza stampa. E anche questa volta ha gettato fumo negli occhi. Da gennaio il colosso siderurgico di proprietà della famiglia Riva da quasi vent'anni, entrerà in amministrazione straordinaria dello Stato che si impegna a risanare l'azienda. Giusto in tempo per rimetterla in sesto con i debitori e rinegoziare le bonifiche ambientali imposte da quella 'cattivona' dell'Europa che non vuole salvare i bambini di Taranto. E tutto sarà fatto in 18 massimo 36 mesi. Non c'è male come favoletta di Natale peccato che i punti oscuri siano molti. Il premier ci ha abituati a una politica fatta di annunci roboanti ai quali è difficile rispondere nel merito perché anche questa volta il testo definitivo del provvedimento non è ancora disponibile. C'è solo un comunicato stampa e una dichiarazione alla radio.


I bambini di Taranto
Renzi annuncia di voler salvare i bambini di Taranto ma allo stesso tempo dice che vuole rendere più permissiva l'AIA per l'Ilva (autorizzazione di impatto ambientale). Vuole forse rendere l'aria avvelenata legalmente? Lo stabilimento sta subendo una procedura di infrazione europea perché queste norme non le ha mai applicate. E il premier anziché riconoscere l'esistenza di un reato sostiene che gli obblighi previsti dall’Aia per l’Ilva non esistono per gli altri stabilimenti siderurgici europei. E' falso. Nel marzo del 2012 sono entrate in vigore le norme più restrittive per l’AIA, è tutto scritto sul sito del Ministero dell’Ambiente. Così Renzi ha coniato un nuovo slogan: vuole salvare i bambini di Taranto, e contando sulla disinformazione ha detto: “se l’Europa vuole impedire di salvarli ha perso la strada per tornare a casa... Io sono fedele ai bambini di Taranto molto più di quanto non lo sia coi cavilli astrusi dell’Europa“. Peccato che il premier nella sua ultima passerella nella città Jonica abbia rifiutato l'invito a incontrare i pediatri che volevano essere ascoltati dal governo. Proprio quei dottori che a Taranto i bambini tentano di salvarli davvero.


Renzi strumentalizza, ancora una volta, proprio coloro che, per definizione, data l'innegabile innocenza, dovrebbero essere chiamati in causa con delicatezza, con riguardo, con rispetto: i bambini. Quei bambini di Taranto, asfissiati tra cielo e terra, da fumi e colpa, da puzza e profitti privati, da malattia e speculazione, diventano il suo scudo per l'ennesimo annuncio del nulla impastato con la finta guerra all'Europa alla quale, invece, ubbidisce prono. Invece di fare conferenze stampa Renzi vada a parlare con la cittadinanza di Taranto, vada a confrontarsi con i lavoratori, con le madri che non possono allattare i figli a causa della presenza di diossina nel latte, con gli allevatori a cui vengono abbattuti i capi, con gli agricoltori, con i pescatori. Ma, soprattutto, vada negli ospedali, visiti i malati, si faccia informare dalla LILT e operi di conseguenza”.
M5s Senato






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@ Renzie: invece di scappare da Taranto, come hai fatto miserabilmente (dopo la tua visita toccata e fuga), perchè non ci vai a vivere (con moglie e prole)?
Consiglio Taranto tamburi, vista.... camino E312 (bello et puzzolente):

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Una sorta di Bel Vedere, o Bella Vita (vita di chi?) o............... ma vaffan****!



L'ebete ha estratto il magico shield (soprattutto per gl'interessi dei sui amici industriali) tirando in causa i bambini di Taranto.
Che viscido.


Buon fine 2014 (e che il possimo slogan ti vada di traverso).


Con simpatia.................... li mejo tua. [:D]









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31/12/2014, 09:45

mik.300 ha scritto:

MaxpoweR ha scritto:

Si è una cosa assurda, loro hanno inquinato loro pagano! Ma che razza di giustizia è? La regola "chi rompe paga" funziona solo per i poveri cristi?


il posto fisso ai fessi non esiste
i soldi dei ricchi sono fississimi,
invece......

MA CHE SCHIFO.....................

che pagassero..


mik tu scrivi pagasssero............in verita' e' pagassimo.......come sempre........[;)]

09/01/2015, 00:20

http://www.beppegrillo.it/2015/01/nel_d ... ranto.html


Nel decreto Renzi non c'è un euro per l'#ILVA e per Taranto




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""Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica". Questo c'è scritto nell'articolo 5 comma 3 del decreto legge 5 gennaio 2015 n.1, emanato dal governo Renzi per l'ILVA e per Taranto. Leggendo in lungo e in largo il testo del decreto non si trova neppure un numero relativo agli stanziamenti. Questa è la sorpresa di chi ha letto con attenzione il decreto che Renzi definisce "il primo dell'anno per salvare azienda e cittadini".


Assistiamo ad una colossale operazione mediatica basata sul nulla perché il decreto legge di Renzi non stanzia neppure un euro, e specifica anzi molto bene che dalla sua attuazione "non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica". Quindi i due miliardi per ILVA e per Taranto dove sono?


Se fossero stati stanziati due miliardi aggiuntivi per Taranto, già disponibili, il decreto non sarebbe passato per mancanza della copertura finanziaria. L'obbligatorietà della copertura finanziaria è richiesta dall'articolo 81 della Costituzione e Napolitano non avrebbe potuto firmare il decreto se avesse contenuto la cifra di due miliardi di euro.
Men che meno esistono i 30 milioni di euro per la ricerca sui tumori infantili a Taranto: Renzi si è fatto pubblicità gratis sulla sofferenza dei bambini. E tanti italiani hanno abboccato ad una notizia farlocca."
Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink




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13/01/2015, 01:07

"Qualcosina" che non va nel decreto



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Re: ILVA e l'incuria nel Golfo di Taranto

06/03/2016, 00:02

sabato 27 febbraio 2016




Record italiano di inquinamento a Taranto. Lo dice il Politecnico di Torino.... per l'Ilva



Quando fondammo il Comitato per Taranto, quando scendevamo nelle piazze per denunciare quanto stava avvenendo in quella fabbrica, quando iniziavamo a parlare di diossina, mercurio, PCB... di camino E312, di AIA, ci sentivamo spesso rispondere e accusare di fare dell'allarmismo psicologico (!), noi ostinatamente e con convinzione abbiamo proseguito nella nostra strada, e ciò che noi denunciavamo a gran voce è oramai una realtà assodata.


Da Ilfattoquotidiano.it
Relazione del Politecnico di Torino per conto del siderurgico: battuto ogni record italiano di inquinamento nel quartiere Tamburi, adiacente allo stabilimento. Lo studio sul tavolo del Governo, che non lo ha divulgato




Diossina in valori alti, altissimi, al quartiere Tamburi di Taranto. Numeri schizzati anche quaranta volte oltre i limiti, ben superiori al “record storico” registrato in Italia e circa diciotto volte oltre i numeri toccati durante i rilevamenti dell’Arpa tra il 2008 e il 2011. E questa volta, tra l’agosto 2013 e il febbraio 2015, a riscontrare quei picchi fino a 791 picogrammi al metro quadro, sono stati due laboratori per conto della stessa Ilva. I dati sono contenuti in una relazione stilata dal Politecnico di Torino, chiusa lo scorso 23 dicembre, che l’azienda avrebbe inviato al ministero dell’Ambiente, ma che il dicastero guidato da Gianluca Galletti avrebbe omesso di divulgare.



A novembre 2014, la rilevazione del dato più preoccupante: la centralina del quartiere Tamburi, il più vicino all’impianto siderurgico, ha registrato un valore medio giornaliero di 791 picogrammi al metro quadro rispetto a un ‘valore soglia’ che per le “deposizioni” si attesta tra 15 e 20 picogrammi. Anche il dato di febbraio 2015, 212 picogrammi, è allarmante, mentre il valore medio dei 19 mesi in esame è di 56 picogrammi al metro quadrato.



Dati che l’Ilva ha dovuto raccogliere come prescritto nell’Autorizzazione integrata ambientale, non resi pubblici, ma che hanno spinto l’associazione ambientalista Peacelink a scrivere al ministro Galletti chiedendo di “conoscere urgentemente i rapporti di prova con le analisi relative ai controlli sulle deposizioni della diossina. Sono analisi che Ilva dovrebbe aver già effettuato e che non sono attualmente pubbliche. Vogliamo che siano resi pubblici perché da essi dipende la salute della popolazione di Taranto”. Al titolare dell’Ambiente si è rivolto anche Angelo Bonelli della Federazione dei Verdi: “Il Ministro dell’Ambiente deve spiegare all’Italia intera, non solo ai tarantini, perché non ha reso pubblici i dati di rilevamento della diossina a Taranto effettuati con i deposimetri che hanno raggiunto valori drammaticamente eccezionali in modo particolare nel quartiere Tamburi”.



Peacelink spiega di aver scoperto che sul sito del ministero “mancano proprio i dati sulla diossina che dovrebbero essere raccolti nel Piano Monitoraggio e Controllo dell’Aia Ilva”. Quindi, continua la lettera scritta a Galletti, “ci siamo attivati nelle scorse settimane per colmare tale vuoto di informazione”. Secondo la ricostruzione dell’associazione ambientalista, il 27 gennaio sarebbero stati richiesti i dati al ministero e all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ricevendo una risposta insoddisfacente in data 12 febbraio: “Infatti il ministero dell’Ambiente, tramite Ispra, ha sostanzialmente detto di rivolgerci all’Arpa Puglia”. Un feedback ritenuto “non idoneo” perché venivano richiesti “i dati che l’Ilva raccoglie e che deve trasmettere al ministero dell’Ambiente tramite la sua struttura commissariale”. L’Arpa avrebbe ricevuto i dati solo lo scorso 24 febbraio, ma la domanda degli ambientalisti resta valida: “La situazione ci sembra inquietante: mancano i dati delle deposizioni della diossina effettuati da Ilva e fino a ora la struttura commissariale non ha reso pubblici tali dati: perché?”.



Inoltre dai dati emerge che all’interno della fabbrica i valori raccolti da altre cinque centraline sono più bassi. In sostanza i Tamburi sono più inquinati dell’Ilva? Nella relazione, firmata lo scorso 23 dicembre dall’ingegner Maurizio Onofrio, sono state indicate come cause “altri fattori di contaminazione” tra cui probabilmente “gas di scarico” e “caldaie industriali” oltre “alla combustione di legno”, una ragione che ricorda la polemica nata attorno alla perizia inviata alla Regione Puglia dall’ex commissario Enrico Bondi sui tarantini e il fumo di sigarette. Per fonti investigative consultate da ilfattoquotidiano.it, invece, il valore del quartiere Tamburi è più alto perché le diossine verrebbero trascinate dal vento all’esterno della fabbrica, fino a numerosi chilometri di distanza.


Secondo il direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, l’aspetto più preoccupante “è il ritardo con il quale si viene a conoscenza di questi dati”. Ora l’Arpa ha deciso di inviare i propri tecnici presso uno dei laboratori che ha raccolto i dati per capire come sono stati effettuati i campionamenti, ma il numero uno dell’Agenzia regionale per l’ambiente mette un punto fermo: “Il dato di 81 picogrammi registrato nel maggio 2014 appartiene a un tipo di diossine chiaramente riconducibili a impianti industriali”. Oggi Arpa ha informato anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che definisce i valori “di ordini di grandezza pericolosamente superiori ai limiti” e ha quindi scritto al premier Matteo Renzi e alla Procura di Taranto, informandoli delle misure attivate.



Emiliano ha chiesto con urgenza ad Arpa di avviare un’indagine diretta nel quartiere Tamburi e all’Asl di Taranto di “verificare le condizioni di igiene e sicurezza in ambienti di lavoro” e “di accertare eventuale presenza di aziende produttrici di generi alimentari e, nel caso, di procedere al campionamento e successive analisi presso i laboratori competenti”.
Preoccupazione esprime anche il medico Annamaria Moschetti, pediatra tarantino che in questi anni si è occupata del ‘caso diossine’: “Innanzitutto è probabile che quei valori, se confermati, siano stati registrati in concomitanza con valori altrettanto alti di altri inquinanti. Un impianto di quel tipo non può mai stare a ridosso di una città – spiega a ilfattoquotodiano.it – L’Aia rivista, ora in vigore, secondo i dati Arpa, vede ancora almeno 12mila persone esposte a quello che si chiama rischio cancerogeno inaccettabile, anche nel caso in cui venga totalmente rispettata – continua la pediatra – E invece mi chiedo: a fronte della dichiarazione di attenzione ai bambini, dove sono i risultati delle analisi sulla diossina nel latte materno imposte dalla prescrizione 93 dell’Autorizzazione integrata ambientale?”.







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Dal Governo omissioni sui dati riguardanti la (o le -chissà quanto celano-) relazione che interessa il grado di inquinamento a Taranto.
Regola fondamentale, non rendere pubblica nessuna analisi.
iL cittadino ignorante deve restare tale.
Ignoranza utile per quando dovrà recarsi alle urne.
E prima di quel giorno, mesi di bombardamento con promesse et soluzioni che mai saranno.
Accidenti, che personaggi orridi. Immagine

Renzie nel caso in cui avessi ancora voglia di tornare a Taranto (ovviamente circondato da agenti in tenuta antisommossa -visto che la gente ti ama tanto-), pensaci. Se ci riesci [:D]:

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