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Argomento bloccato

18/07/2014, 13:03

E perché non la piantano di lasciare in pace Israele? [8D]
E chi dice che deve sparire dalla faccia della terra ...? Quante volte gliel'hanno promesso?
Dai, su; che stiano sulle balle a molti è cosa arcinota, ma anche loro hanno diritto a campare (ti sei dimenticato quante volte il "sig." Arafat ha fatto fallire le trattative quando sembravano aver raggiunto l'accordo?) [;)]

18/07/2014, 13:12

Ufologo 555 ha scritto:
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(ti sei dimenticato quante volte il "sig." Arafat ha fatto fallire le trattative quando sembravano aver raggiunto l'accordo?) [;)]



Parlavi di questo? [:I] [;)]...E' un articolo un po' lungo, se annoia [:)], non lo sarà per chi vuole intendere [8D]..

Oslo: chi ha rovinato tutto

La Banca Mondiale ha sabotato la parte economica dell'accordo di Oslo del 1993. Le accuse di filoterrorismo rivolte ad Arafat sono propaganda di guerra

Mentre infuriavano le devastazioni di città, paesi e campi di rifugiati palestinesi, il Presidente Bush ha detto che la situazione in cui il Presidente dell’Autorità Palestinese Yasser Arafat si è venuto a trovare è “in gran parte colpa sua” perché “ha infranto ogni promessa fatta ad Oslo”, ed è per questo che è scoppiata la crisi mediorientale.

I portavoce israeliani un po’ in tutto il mondo ripropongono il ritornello in questi termini: Arafat aveva l’opportunità di costruire la pace ed invece ha scelto il terrorismo. Aggiungono che a Camp David, nell’estate 2000, Arafat aveva ricevuto da Clinton e dal Premier israeliano Ehud Barak un’offerta irrifiutabile che gli avrebbe consentito di costruire uno stato palestinese sovrano, ma a lui non bastò, pretendeva troppo. Dopo aver respinto questo piano di pace, dicono, è tornato a Ramallah ed ha scatenato l’Intifada, rendendola sempre più efferata con i commando suicidi, tanto da non lasciare ad Israele altra scelta se non quella di rioccupare i territori palestinesi ed “eliminare le infrastrutture del terrorismo”.

E’ stato spesso detto e ripetuto che la prima vittima delle guerre è la verità. Storie di questo tipo ne sono l’ennesima conferma.

L’accordo di pace di Oslo del settembre 1993 fallì come conseguenza della decisione da parte di interessi congiunti sovrannazionali, americani e israeliani di farlo fallire. In quello stesso settembre 1993 Lyndon LaRouche spiegò, nel corso di un’intervista, che se non fossero stati immediatamente compiuti progressi concreti negli aspetti economici di quegli accordi di pace “i nemici del progresso e dell’umanità, gente come Henry Kissinger ed i suoi pari, riusciranno, insieme a quelli del gruppo di Ariel Sharon, ad affogare questo accordo nel caos e nel sangue”.

Purtroppo aveva ragione. Facendo in modo che gli aspetti economici del trattato di Oslo fossero affidati alla Banca Mondiale, quegli amici di Kissinger riuscirono ad impedire la realizzazione delle grandi infrastrutture indispensabili, per cui, invece di godere dei frutti che la pace doveva portare, e cioè un generale miglioramento delle condizioni di vita, i palestinesi hanno subito un deterioramento delle condizioni economiche che erano già disastrose. Da qui è nata la demoralizzazione e la rabbia, che sono gli ingredienti principali della radicalizzazione, che hanno colpito in particolare i giovani, rendendoli facile preda delle organizzazioni estremistiche come Hamas e la Jihad Islamica, anch’esse funzionali ai piani per affossare il processo di pace.

L’assassinio di Yitzhak Rabin, il 4 novembre 1995, perpetrato da ambienti del fondamentalismo israeliano, rappresentò la svolta decisiva, poiché Rabin era stato il più attivo promotore della pace in Israele. Shimon Peres non seppe reagire e lasciò le redini in mano a Benjiamin Nethanyhu che varò una politica di infrazione sistematica degli accordi di Oslo, in particolare con la promozione degli insediamenti illeciti. Anche Ehud Barak, subentrato a Nethanyahu, continuò una politica contraria allo spirito di Oslo. Con la sua tanto decantata “offerta” a Camp David Barak pretendeva di stabilire la sovranità assoluta di Israele su Gerusalemme, compresi i luoghi più sacri dell’Islam. Sapeva bene che nessun leader arabo o musulmano avrebbe potuto accettare un’”offerta” del genere. A questo punto entrò di scena Ariel Sharon: si fece accompagnare da mille poliziotti a fare una passeggiatina ad Al Haram Al Sharif. Dalle reazioni infuocate che sapeva di scatenare si capisce bene perché Arafat non aveva potuto accettare “l’offerta”, inoltre, Sharon sapeva bene che con quell’espediente avrebbe scatenato l’Intifada. Nei resoconti di parte americana o israeliana solitamente si preferisce sorvolare su quell’avvenimento. In quel modo Sharon lanciò anche la sua campagna elettorale, sicuro di aver facile gioco nel raccogliere i consensi di una popolazione ormai in preda al panico.



Che cosa fu deciso a Oslo

L’accordo firmato ad Oslo il 13 settembre 1993 si articolava in una parte politica ed una economica. Prevedeva che un’autorità palestinese governasse Cisgiodania e Gaza per cinque anni, in vista di un accordo finale in cui si rispettassero le risoluzioni 242 e 338 dell’ONU che chiedevano “il ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati” nella guerra del 1967, e promettevano confini sicuri e riconosciuti, e una “giusta soluzione al problema dei rifugiati”, che oggi si stimano attorno ai 5 milioni.

Una seconda fase dell’accordo fu raggiunta nel 1995 con la stipulazione degli accordi per l’elezione di una Autorità Nazionale Palestinese, un ritiro graduale delle forze israeliane e il trasferimento dell’autorità all’ANP nei territori occupati, la “proibizione di qualsiasi cambiamento dello status della Cisgiordania e Gaza fino a quando non saranno prese decisioni nei negoziati definitivi”. La Cisgiordania doveva essere suddivisa in tre settori A, B e C, rispettivamente sotto il controllo dell’ANP, un controllo congiunto e il controllo israeliano.

Il secondo aspetto dell’accordo, il più importante, era quello economico. Si riconosceva espressamente che una pace non poteva durare se le parti non avessero cooperato nello sviluppo economico di cui beneficiare vicendevolmente. Si prospettò la costituzione di varie istituzioni palestinesi per la supervisione dell’acqua, dell’energia, dei trasporti, delle finanze, ecc. Due allegati degli accordi di Oslo prospettavano le possibilità di cooperazione per lo sviluppo economico regionale elencando concretamente una serie di grandi progetti: porto marittimo a Gaza, il canale dal Mediterraneo al Mar Morto, dissalazione e altri progetti per l’acqua, e vari progetti per l’energia, l’agricoltura e l’industria.

La Banca Mondiale

L’accordo di Oslo fu aggredito proprio su questo fianco economico. Appena firmato l’accordo la Banca Mondiale produsse un rapporto in cui diceva espressamente che la priorità sarebbe andata ai progetti ad alta intensità di manodopera (senza contenuto tecnologico), mentre le grandi infrastrutture proposte nell’alleagato venivano relegate in fondo alla lista, nel dimenticatoio. Quella della Banca Mondiale non era “un’opinione”, ma “la dottrina” che regolava gli stanziamenti provenienti dai paesi donatori. Si parlava così di “riparare le infrastrutture esistenti a Gaza”, in quello che è il colmo del cinismo, perché a Gaza le infrastrutture non ci sono. Solo gli sforzi diretti dell’Unione Europea hanno consentito di costruire qualcosa a Gaza, come il porto e l’aeroporto, qualche opera per l’acqua e delle stazioni radiotelevisive. Non meraviglierà quindi che Sharon abbia poi messo queste opere in cima alla lista degli obiettivi delle devastazioni dei suoi militari.

Il veto che la Banca Mondiale pose alla realizzazione delle grandi infrastrutture fu accompagnato dalla politica di Netanyahu di imporre il blocco ad intere città a seguito di episodi di violenza da parte palestinese. I palestinesi che lavoravano in Israele videro vietarsi il diritto di recarsi al lavoro, con conseguenze economiche devastanti. Dal 1993 questa politica ha comportato un aumento costante della disoccupazione che ha raggiunto il 50% tra il marzo e l’aprile del 1996. Ad ogni aggravamento della situazione politica corrisponde una riduzione dei livelli di vita della popolazione palestinese, ridotta a condizioni spesso disumane.

Gli accordi di Oslo, dove si legge che è proibito “ogni cambiamento nello status di Cisgiordania, ecc.”, sono violati sistematicamente dalla politica dei nuovi insediamenti sollecitamente seguita da ogni governo israeliano. Dal luglio 1999 sono stati concessi 3499 permessi edilizi nei territori occupati e le nuove abitazioni già in costruzione sono 2270. Dal 1996 sono stati creati 27 insediamenti nuovi, (separati e distanti da quelli esistenti), 15 approvati dal governo di Sharon. Questi insediamenti sono collegati tra di loro da un’apposita rete stradale, mentre nei confronti di paesi e città palestinesi viene seguita la politica dell’isolamento. Anche la strada promessa dall’accordo di Oslo per collegare Gaza alla Cisgiordania non è stata costruita. Ai palestinesi non è concesso l’uso delle strade degli insediamenti abusivamente costruiti sul loro territorio in violazione dell’accordo.

Anche il controllo militare nei tre settori A, B, e C si risolve in una farsa: fatto sta che Israele controlla tutti i confini dei territori palestinesi, tutte le strade, con l’unica eccezione di quelle della Zona A, e controlla l’80% di tutta l’acqua, compresa tutta l’acqua di Gaza.

La violazione degli accordi di Oslo ai danni dei palestinesi si ricapitola in questi termini: cooperazione economica negata, sviluppo delle infrastrutture proibito, sabotaggio di trasporti e comunicazioni, attività economiche soffocate, autorità politica negata, ecc.



La truffa della lotta al terrorismo

Specialmente dopo i fatti dell’11 settembre, le autorità israeliane hanno giustificato le loro aggressioni contro i palestinesi con la “guerra contro il terrorismo”. Ripetono, come fa Bush, che Arafat ha “violato” gli accordi di Oslo perché “non fa abbastanaza” per smantellare le organizzazioni terroristiche.

L’accordo di Oslo accordava all’ANP il diritto di costituire forze di polizia per il mantenimento dell’ordine, cosa che l’ANP ha fatto. Le violenze che cominciarono a verificarsi soprattutto sotto il governo di Netanyahu furono opera dell’organizzazione radicale palestinese Hamas e della Jihad islamica. Si tratta di due organizzazioni che sin dalla loro fondazione hanno espressamente dichiarato l’ANP di Arafat il loro nemico. Hamas, in particolare, fu promosso e favorito alla fine degli anni Ottanta dalle reti israeliane, come forza da contrapporre all’OLP di Arafat (vedi scheda in fondo). Sharon si occupò personalmente di favorire la crescita di Hamas.

Le continue stragi di civili israeliani compiute dagli attentatori suicidi sono state rivendicate più o meno sistematicamente da Hamas o dalla Jihad Islamica. Il governo di Sharon, però, non si è affatto preoccupato di snidare e perseguitare queste formazioni, ma ha deciso di dedicarsi esclusivamente ad una guerra totale contro l’ANP, ed in particolare contro le sue forze di polizia e di sicurezza, fino agli uomini della scorta di Arafat, cioè proprio le forze che l’accordo di Oslo ha incaricato di prevenire e combattere il terrorismo. Privato di tutte queste sue forze di polizia, Arafat è accusato di “non fare abbastanza”.

L’analista russo Pavel Felgenhauer ha fatto notare sul giornale on line “strana.ru” che ce n’è abbastanza per ricavare la netta impressione che Sharon e Hamas operino di comune accordo. Infatti, sebbene Sharon abbia ordinato l’invasione di ogni villaggio e città di qualche importanza in Cisgiordania, stranamente ha finora risparmiato il territorio di Gaza, che è notoriamente la roccaforte di Hamas. E’ risaputo che i militari israeliani hanno principalmente dato la caccia a polizia e forze di sicurezza dell’ANP.

Per quelli che, come Bush, cercano di spiegare tutto con la “guerra al terrorismo”, ci sono due domande: chi fu il primo terrorista kamikaze che il 25 febbraio 1994 aprì il fuoco contro un gruppo di pellegrini nella Moschea di Ebron, uccidendone cinquanta? Fu Baruch Goldstein, fanatico del movimento israeliano dei coloni Kach, che scatenò la reazione dei suicidi palestinesi due mesi più tardi. Chi assassinò il Presidente Yitzak Rabin, che sulla scorta della sua grande esperienza nelle questioni militari e di sicurezza aveva fatto la scelta storica di costruire la pace? Non fu Ygal Amir, appartenente ai "guerrieri d'Israele", armato del benestare di tutte le forze decise ad affossare Oslo una volta per tutte?


Le radici israeliane di Hamas

Daniel Kurtzer ha affermato, in un discorso pubblico tenuto a Gerusalemme, che la crescita di Hamas e della Jihad islamica è un risultato diretto della politica seguita da Israele.

Secondo il quotidiano israeliano Ha’aretz del 21 dicembre 2001, Kurtzer ha detto che la crescita del “movimento islamico” – come qualcosa che si contrappone all’OLP di Yasser Arafat – è avvenuta “con il tacito sostegno di Israele”.

Kurtzer ha anche spiegato come negli anni Ottanta “gli israeliani fossero convinti che era meglio che la gente si rivolgesse alla religione invece che ad una causa nazionalistica” nei territori palestinesi. Come conseguenza della promozione dell’elemento religioso alle spese dell’istruzione popolare, adesso ci sono palestinesi “che sono terroristi decisi, che usano la religione in maniera perversa per sobillare le masse”. Si tratta di una dichiarazione straordinaria anche perché Kurtzer è un diplomatico di grande esperienza e di fatto indica il riconoscimento ufficiale di un ruolo israeliano nella promozione di Hamas, al contempo costituendo un sostegno ufficiale alle dichiarazioni dello stesso Arafat che, in un’intervista al Corriere della Sera dell’11 dicembre, affermava che Israele finanziava Hamas già all’epoca del Primo ministro Shamir, cosa che fu ammessa persino dal Premier Rabin quando Arafat sollevò il problema in presenza del Presidente egiziano Mubarak. In un’altra intervista a L’Espresso, Arafat ha spiegato che lo scopo di Israele è quello di creare un’organizzazione rivale dell’OLP, che finanzia e di cui ne addestra i quadri, “una cosa che lo stesso Rabin definì un errore fatale”.

http://www.movisol.org/oslo.htm
Ultima modifica di shighella il 18/07/2014, 13:30, modificato 1 volta in totale.

18/07/2014, 13:39

shighella ha scritto:

Ufologo 555 ha scritto:
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(ti sei dimenticato quante volte il "sig." Arafat ha fatto fallire le trattative quando sembravano aver raggiunto l'accordo?) [;)]



Parlavi di questo? [:I] [;)]...E' un articolo un po' lungo, se annoia [:)], non lo sarà per chi vuole intendere [8D]..

Oslo: chi ha rovinato tutto

La Banca Mondiale ha sabotato la parte economica dell'accordo di Oslo del 1993. Le accuse di filoterrorismo rivolte ad Arafat sono propaganda di guerra



Adoro questa donna!

[:D]

18/07/2014, 13:40

Atlanticus81 ha scritto:

shighella ha scritto:

Ufologo 555 ha scritto:
[
(ti sei dimenticato quante volte il "sig." Arafat ha fatto fallire le trattative quando sembravano aver raggiunto l'accordo?) [;)]



Parlavi di questo? [:I] [;)]...E' un articolo un po' lungo, se annoia [:)], non lo sarà per chi vuole intendere [8D]..

Oslo: chi ha rovinato tutto

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Adoro questa donna!

[:D]


Anche io voi tutti! [:I] [:X] [:X]

18/07/2014, 14:50

Una regista israeliana: «Mi vergogno e vi chiedo perdono»

Così come molti americani si oppongono alle guerre volute e combattute dal governo USA, a molti cittadini israeliani piange il cuore nel vedere cosa combina il loro governo in Palestina, dove dall'inizio delle operazioni hanno perso la vita più di 230 civili, di cui circa 50 sono bambini, mentre il numero dei feriti ha superato quota 1.600. Nell'ordine delle migliaia di unità anche le abitazioni distrutte, famiglie che hanno perduto la propria casa, un bilancio destinato ad aggravarsi con l'offensiva di terra che ha avuto inizio nella serata di giovedì 17 Luglio.

Nei giorni scorsi a New York migliaia di ebrei sono scesi in piazza contro le bombe su Gaza; e la regista israeliana Naomi Levari ha affidato ai social network un video di solidarietà al popolo palestinese e di ferma condanna del suo governo, al quale dedica parole durissime.

Di seguito vi proponiamo il video e la traduzione delle parole pronunciate.

Prima di lasciarvi al video, ci teniamo a sottolineare come il governo israeliano oltre a preoccuparsi della propaganda "esterna", rivolta al "resto del mondo", coadiuvato dai mass media di tutto l'occidente, che spacciano i razzi artigianali palestinesi per "missili" , e parlano più dei razzi di Hamas che delle bombe e dei missili - quelli veri - di Israele, opera per convincere i propri cittadini della necessità di intervenire duramente contro i "terroristi", ovvero il popolo palestinese.
Nonostante Israele disponga di un sistema anti-missili capace di non far passare nemmeno uno spillo, il celebre "Iron dome", nelle città israeliane da quando sono iniziate le operazioni sono suonate in continuazione le sirene di allarme anti-aereo, seminando comprensibilmente il panico tra la popolazione. Non importa se la situazione di pericolo sia reale o meno: la cosa importante è imprimere nella gente la sensazione di paura: e ci riescono benissimo, a "colpi di sirene". In questo modo riescono a portare dalla loro parte buona parte dell'opinione pubblica...

Naomi Levari è regista e produttrice teatrale e cinematografica. Diremmo che è israeliana se lei non preferisse dire che vive in Israele. Tre giorni fa, di fronte alla tragedia di Gaza, si mette davanti alla videocamera del computer e parla. Poi posta il tutto su Facebook e Youtube. Abbiamo tradotto il suo messaggio che è intraducibile senza il corpo che lo pronuncia, il suo respiro, le sue pause. Come Naomi, anche noi non possiamo – in ultima istanza – far niente per questa tragedia. Possiamo solo esserci col nostro corpo e col nostro respiro. Il video fa vedere che questo – che sembra niente – non è niente: è la sola cosa che può salvare noi e il mondo.

14 luglio 2014

Cara gente di Gaza,
Qualsiasi cosa stia per dire sembrerà priva di senso di fronte a ciò che state attraversando. Però al momento è l’unico strumento che ho – le mie parole. Mi chiamo Naomi Levari e vivo in Israele. Mi vergogno e vi chiedo perdono. Mi preoccupo per voi, piango per voi e soffro per le vostre perdite.
Questi sono giorni bui e so che questo non può consolarvi in alcun modo. Ma qualcuno di noi sta facendo tutto quello che può – che non è molto – per mettere fine a tutto questo: dimostrazioni, momenti pubblici, e nei nostri cuori stiamo chiedendo che le nostre preghiere siano ascoltate nel cielo al di sopra delle nostre anime. A voi non è più rimasta alcuna parola.
E io spero che tutto questo cambi presto. Mi appello ai governanti di Israele perché si comportino come persone responsabili, come leader, e che pongano immediatamente fine a questo spargimento di sangue. Ricordo al popolo di Israele che questo non è un videogame, che non ci sono vincitori e vinti, punteggi e classifiche: ci sono solo sconfitti. La gente continua a essere uccisa, le case ad essere distrutte, i sogni ad essere seppelliti. La società israeliana sta perdendo la sua tolleranza e sta diventando una banda di delinquenti.
L’unica cosa che possiamo fare è – ancora una volta – chiedervi perdono e usare tutti gli strumenti che abbiamo per fermare tutto questo. State al sicuro.



http://www.nocensura.com/

18/07/2014, 15:36

Atlanticus81 ha scritto:

shighella ha scritto:

Ufologo 555 ha scritto:
[
(ti sei dimenticato quante volte il "sig." Arafat ha fatto fallire le trattative quando sembravano aver raggiunto l'accordo?) [;)]



Parlavi di questo? [:I] [;)]...E' un articolo un po' lungo, se annoia [:)], non lo sarà per chi vuole intendere [8D]..

Oslo: chi ha rovinato tutto

La Banca Mondiale ha sabotato la parte economica dell'accordo di Oslo del 1993. Le accuse di filoterrorismo rivolte ad Arafat sono propaganda di guerra



Adoro questa donna!

[:D]





E' soltanto un articolo ... le trattative sono infinite quelle fallite! [;)]

18/07/2014, 15:42

Ufologo 555 ha scritto:

Atlanticus81 ha scritto:

shighella ha scritto:

[quote]Ufologo 555 ha scritto:
[
(ti sei dimenticato quante volte il "sig." Arafat ha fatto fallire le trattative quando sembravano aver raggiunto l'accordo?) [;)]



Parlavi di questo? [:I] [;)]...E' un articolo un po' lungo, se annoia [:)], non lo sarà per chi vuole intendere [8D]..

Oslo: chi ha rovinato tutto

La Banca Mondiale ha sabotato la parte economica dell'accordo di Oslo del 1993. Le accuse di filoterrorismo rivolte ad Arafat sono propaganda di guerra



Adoro questa donna!

[:D]





E' soltanto un articolo ... le trattative sono infinite quelle fallite! [;)]
[/quote]

Ma sì... anche il missile sulla spiaggia che ammazza dei bambini/ragazzini è solo un missile... che vuoi che sia!?!

Questo, a mio avviso, è crimine di guerra e stai sicuro che se a farlo fosse stato un "nemico" dell'occidente saremmo qui a stracciarci le vesti contro il "dittatore sanguinario da abbattere"...

Ammettilo almeno questo... dimostra di usare la logica...

[:(]

18/07/2014, 15:43

Ufologo 555 ha scritto:
E' soltanto un articolo ...

Certe volte mi chiedo come mai scegli sempre di difendere l'indifendibile..... [:p]
Sei un fenomeno da studiare ufò... [:o)] [;)]

18/07/2014, 15:51

Semplice! Normalmente il forum si schiera dove tira ... il vento . (Poi sappiamo per che parte "tifa", l'ho notato subito, da otto anni, da quando mi sono iscritto) [:D]

18/07/2014, 15:58

Ufologo 555 ha scritto:

Semplice! Normalmente il forum si schiera dove tira ... il vento . (Poi sappiamo per che parte "tifa", l'ho notato subito, da otto anni, da quando mi sono iscritto) [:D]

La "verità", intesa come realtà dei fatti, non ha colore politico e/o ideologico.

Eddai su....

18/07/2014, 16:10

Bene, allora leggetevi quest'altra ... parte (Shighé)! [;)]



Classe 1979, responsabile d’information security per una banca, Gabriele (nome di fantasia per la sua incolumità) ha doppia cittadinanza italiana e israeliana. In Israele dal 1998, dopo aver svolto il servizio militare obbligatorio, è stato appena richiamato al fronte come riservista. Oggi ci racconta le difficoltà, le delusioni e le aspettative per il futuro del suo Paese.



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“Prima di tutto, vorrei dire una cosa” esordisce molto amareggiato Gabriele, che Lookout News ha raggiunto durante una pausa. “Vedere le reazioni dell’opinione pubblica italiana è una cosa che ci fa molto male. Tutti noi quaggiù, italiani e non, proviamo un misto di rabbia, dispiacere e paura nel vedere come la disinformazione e i pregiudizi verso lo Stato di Israele vadano rafforzandosi di giorno in giorno. A volte, il volere per forza schierarsi con quello che appare il più debole, porta a un odio sfrenato che sfocia poi in orrori indescrivibili. Paragonare poi Israele alla Germania nazista, mi toglie il sonno la notte”.



Ti aspettavi di essere richiamato in servizio?

Me lo aspettavo, è normale. Avevo compreso subito che si sarebbe innescata un’escalation di violenza, a partire dal rapimento dei tre ragazzi israeliani. Infatti, poi siamo passati dal ritrovamento dei loro cadaveri all’uccisione del ragazzo arabo a Gerusalemme. Immaginavo anche che Hamas - che era molto indebolito politicamente - avrebbe sfruttato l’occasione al volo per tornare al centro della mappa politico-militare palestinese.



Su quale fronte ti hanno mandato?

Dopo che la pioggia di razzi da Gaza si era immediatamente intensificata, il governo israeliano aveva concesso all’IDF (Israel Defence Forces, ndr) il permesso di richiamare 40.000 riservisti. Anche se in un primo momento ne erano stati arruolati molti meno, sapevo che il mio gruppo sarebbe potuto essere tra quelli. Ma sapevo anche che non saremmo stati mandati a Gaza, per due semplici motivi: il primo è che l’IDF preferisce sempre mandare per primi i soldati di leva più “freschi”, e il secondo è che ogni gruppo viene mandato sempre nella propria regione di competenza. Quindi, noi siamo stati destinati nella Valle del Giordano, la zona che va da poco più a sud del lago di Tiberiade fino alla fine del Mar Morto, e che comprende gran parte del confine giordano, più alcune citta della West Bank (Cisgiordania, ndr) come Jerico.



Quali sono i vostri ordini?

Il nostro compito è prendere in consegna e mantenere l’ordine in tutta la parte di territorio sotto nostra responsabilità, senza dare a nessuno la possibilità di destabilizzare inutilmente anche quelle zone. Questo significa non cedere ad alcuna eventuale provocazione e permettere agli altri reparti dell’IDF di restare concentrati sulle zone più calde del conflitto in corso. Nel caso specifico del mio plotone, abbiamo dato il cambio ai soldati del Tavor, quelli specializzati nelle evacuazioni e nel recupero post-calamità (gli stessi che sono stati già inviati in varie aree di crisi nel mondo, come ad Haiti nel dopo terremoto, nella Thailandia del post-tsunami, e pure a L’Aquila, ndr).



Ritieni che il confine con la Giordania che state pattugliando sia tranquillo?

C’è una stretta collaborazione sia tra Israele e Giordania sul confine, sia con l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ndr) nella West Bank. Noi dobbiamo solo impedire che questa collaborazione non venga turbata da destabilizzatori di stampo terroristico, Hamas in primis.



In quanti siete là?

Riguardo ai numeri precisi, non mi posso esprimere più di tanto. Nella piccola base specifica dove mi trovo, io siamo una ventina di soldati.



Temete il coinvolgimento di altri attori regionali, penso a Hezbollah ma anche a ISIS? Quanto è seria e quanto viene presa in considerazione dal comando militare questa possibilità?

Purtroppo, lo temiamo anche troppo. Il governo israeliano sa benissimo che Hamas fa male a tutti, a Israele ma soprattutto ai palestinesi, e quindi va eliminato. Israele possiede anche i mezzi per farlo, ma il grosso dilemma e la paura principale è quello che potrebbe succedere nel dopo-Hamas. Il vuoto che si creerebbe potrebbe essere anche molto peggio dello scenario attuale e la minaccia di organizzazioni forti come l’ISIS (i sunniti dello Stato Islamico che hanno imposto il Califfato tra Siria e Iraq, ndr) non lo considero nemmeno il peggior scenario. La vera paura è che Gaza diventi davvero una terra di nessuno, con decine di cellule terroristiche indipendenti e incontrollabili.



Servirebbe un controllo internazionale, a tuo parere?

Se ci fosse una reale garanzia da parte della comunità internazionale della volontà di evitare l'infiltrazione di vari attori terroristici e se potessero assicurare che i vari aiuti monetari internazionali non saranno più usati per armare tali cellule nell’eventuale dopo-Hamas, penso che Israele non ci penserebbe due volte a liberare se stesso e il popolo palestinese da quella terribile piaga.





Voci insistenti parlano di un attacco terrestre. Come ti senti all’idea di un’incursione di terra? E qual è il sentimento principale fra le truppe?

Le voci di un’imminente operazione di terra a Gaza sono fondate, e la cosa ci preoccupa e rattrista molto, perché sappiamo bene che Hamas non aspetta altro per poter colpire o peggio rapire ancora soldati. Questo è il loro obiettivo dichiarato e per portarlo a termine useranno come sempre anche l’indifesa popolazione palestinese sul territorio. D’altra parte, però, siamo perfettamente consapevoli del fatto che l’operazione - anche se a quanto pare sarà molto limitata e svolta in maniera “chirurgica” - è strettamente necessaria e inevitabile, se vogliamo andare a colpire le infrastrutture militari e soprattutto le postazioni lanciarazzi da cui bombardano continuamente il territorio israeliano, che sono nascoste nei vari ospedali, case, scuole. È per questo che non ci possiamo permettere di colpire solo con l’aviazione o l’artiglieria, perché ciò provocherebbe troppe vittime innocenti.



Non sarebbe meglio interrompere immediatamente le operazioni?

Interrompere le operazioni adesso renderebbe inutili i tremendi sacrifici fatti da entrambe le parti, come del resto hanno dimostrato le due precedenti operazioni (Piombo Fuso nel 2008-2009 e Pilastri della Difesa nel 2012, ndr), perché in questo modo tra un paio di anni saremmo punto e a capo. Questa volta vogliamo un cambiamento radicale e stabile, per il bene di Israele e dei poveri palestinesi, con la speranza di potere finalmente avviare un processo di pace duraturo che porti alla creazione di uno Stato palestinese pacifico e non interessato alla distruzione di Israele, come recita invece lo statuto di Hamas. Purtroppo, Hamas non si è dimostrato un valido interlocutore per questo processo di pace.



Qual è il profilo-tipo di un combattente di Hamas?

Mi piacerebbe poterlo definire un combattente per ideali puri, per un futuro migliore per il proprio popolo, per la libertà. Mi piacerebbe poterlo immaginare come un partigiano. Ma i fatti mostrano il contrario. Hamas rivendica la libertà da quello che loro definiscono “l’oppressore sionista a Gaza”, ma Israele ha lasciato completamente e unilateralmente Gaza nel 2005. Da allora, nemmeno un singolo soldato o colono è presente sul territorio. La verità è che il combattente di Hamas sembra piuttosto un terrorista indottrinato, guidato unicamente dalla voglia di distruzione in nome di Allah, e senza nessuno scrupolo nei confronti di alcuno
.



Tu sei giovane, hai trentacinque anni, ma da quando sei nato non hai mai visto una vera pace tra Israele e Palestina. Pensi che la tua generazione riuscirà a vederla?

Io ci spero, ma sono molto pessimista. Ci sono troppi interessi politico-economici legati alla questione. A volte ho l'impressione che la situazione attuale faccia comodo a troppi, che si preferisca che il conflitto continui a esistere e che non si voglia creare uno Stato palestinese. Il popolo palestinese è una vittima di tutti quelli che lo stanno usando come arma e come scusa ideologica per potersi in realtà arricchire o per sviluppare i loro veri ideali destabilizzatori e antisionisti.



A quali Paesi ti riferisci?

Mi riferisco all’Iran e alla Siria, su tutti. Ma forse è più corretto parlare di correnti di pensiero e non generalizzare riferendosi a interi Paesi.



In conclusione, pensi che in Italia ci sia molto antisemitismo?

Constatare come ancora nel 2014 l’antisemitismo, mascherato stavolta da antisionismo, sia così radicato mi fa venire i brividi. Mi piacerebbe che la gente cercasse di mantenere la calma, che non cedesse all'istinto dell’odio gratuito e andasse a informarsi di più su quanto sta succedendo. Chi riesce a farlo, si rende conto che le cose non sono come sembrano, che Israele ha diritto a esistere e il dovere di difendersi, e non vuole certo farlo a discapito del popolo palestinese. La pace e la coesistenza con uno Stato palestinese libero e pacifico sono l’obiettivo primario di Israele, il nemico comune invece si chiama Hamas. Il conflitto non è soltanto sul territorio, ma è ideologico, tra chi vuole la distruzione di Israele e chi no.

http://news.panorama.it/oltrefrontiera/ ... -al-fronte
Ultima modifica di Ufologo 555 il 18/07/2014, 16:14, modificato 1 volta in totale.

18/07/2014, 18:16

Ufologo 555 ha scritto:

Bene, allora leggetevi quest'altra ... parte (Shighé)! [;)]



Classe 1979, responsabile d’information security per una banca, Gabriele (nome di fantasia per la sua incolumità) ha doppia cittadinanza italiana e israeliana. In Israele dal 1998, dopo aver svolto il servizio militare obbligatorio, è stato appena richiamato al fronte come riservista. Oggi ci racconta le difficoltà, le delusioni e le aspettative per il futuro del suo Paese.



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“Prima di tutto, vorrei dire una cosa” esordisce molto amareggiato Gabriele, che Lookout News ha raggiunto durante una pausa. “Vedere le reazioni dell’opinione pubblica italiana è una cosa che ci fa molto male. Tutti noi quaggiù, italiani e non, proviamo un misto di rabbia, dispiacere e paura nel vedere come la disinformazione e i pregiudizi verso lo Stato di Israele vadano rafforzandosi di giorno in giorno. A volte, il volere per forza schierarsi con quello che appare il più debole, porta a un odio sfrenato che sfocia poi in orrori indescrivibili. Paragonare poi Israele alla Germania nazista, mi toglie il sonno la notte”.


Ah...un contributo trascendentale...hanno tritato più di 300 persone ma quelli deboli sarebbero loro! [xx(]

18/07/2014, 18:45

Ufologo 555 ha scritto:

Bene, allora leggetevi quest'altra ... parte (Shighé)! [;)]



Classe 1979, responsabile d’information security per una banca, Gabriele (nome di fantasia per la sua incolumità) ha doppia cittadinanza italiana e israeliana. In Israele dal 1998, dopo aver svolto il servizio militare obbligatorio, è stato appena richiamato al fronte come riservista. Oggi ci racconta le difficoltà, le delusioni e le aspettative per il futuro del suo Paese.



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“Prima di tutto, vorrei dire una cosa” esordisce molto amareggiato Gabriele, che Lookout News ha raggiunto durante una pausa. “Vedere le reazioni dell’opinione pubblica italiana è una cosa che ci fa molto male. Tutti noi quaggiù, italiani e non, proviamo un misto di rabbia, dispiacere e paura nel vedere come la disinformazione e i pregiudizi verso lo Stato di Israele vadano rafforzandosi di giorno in giorno. A volte, il volere per forza schierarsi con quello che appare il più debole, porta a un odio sfrenato che sfocia poi in orrori indescrivibili. Paragonare poi Israele alla Germania nazista, mi toglie il sonno la notte”.



Ti aspettavi di essere richiamato in servizio?

Me lo aspettavo, è normale. Avevo compreso subito che si sarebbe innescata un’escalation di violenza, a partire dal rapimento dei tre ragazzi israeliani. Infatti, poi siamo passati dal ritrovamento dei loro cadaveri all’uccisione del ragazzo arabo a Gerusalemme. Immaginavo anche che Hamas - che era molto indebolito politicamente - avrebbe sfruttato l’occasione al volo per tornare al centro della mappa politico-militare palestinese.



Su quale fronte ti hanno mandato?

Dopo che la pioggia di razzi da Gaza si era immediatamente intensificata, il governo israeliano aveva concesso all’IDF (Israel Defence Forces, ndr) il permesso di richiamare 40.000 riservisti. Anche se in un primo momento ne erano stati arruolati molti meno, sapevo che il mio gruppo sarebbe potuto essere tra quelli. Ma sapevo anche che non saremmo stati mandati a Gaza, per due semplici motivi: il primo è che l’IDF preferisce sempre mandare per primi i soldati di leva più “freschi”, e il secondo è che ogni gruppo viene mandato sempre nella propria regione di competenza. Quindi, noi siamo stati destinati nella Valle del Giordano, la zona che va da poco più a sud del lago di Tiberiade fino alla fine del Mar Morto, e che comprende gran parte del confine giordano, più alcune citta della West Bank (Cisgiordania, ndr) come Jerico.



Quali sono i vostri ordini?

Il nostro compito è prendere in consegna e mantenere l’ordine in tutta la parte di territorio sotto nostra responsabilità, senza dare a nessuno la possibilità di destabilizzare inutilmente anche quelle zone. Questo significa non cedere ad alcuna eventuale provocazione e permettere agli altri reparti dell’IDF di restare concentrati sulle zone più calde del conflitto in corso. Nel caso specifico del mio plotone, abbiamo dato il cambio ai soldati del Tavor, quelli specializzati nelle evacuazioni e nel recupero post-calamità (gli stessi che sono stati già inviati in varie aree di crisi nel mondo, come ad Haiti nel dopo terremoto, nella Thailandia del post-tsunami, e pure a L’Aquila, ndr).



Ritieni che il confine con la Giordania che state pattugliando sia tranquillo?

C’è una stretta collaborazione sia tra Israele e Giordania sul confine, sia con l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ndr) nella West Bank. Noi dobbiamo solo impedire che questa collaborazione non venga turbata da destabilizzatori di stampo terroristico, Hamas in primis.



In quanti siete là?

Riguardo ai numeri precisi, non mi posso esprimere più di tanto. Nella piccola base specifica dove mi trovo, io siamo una ventina di soldati.



Temete il coinvolgimento di altri attori regionali, penso a Hezbollah ma anche a ISIS? Quanto è seria e quanto viene presa in considerazione dal comando militare questa possibilità?

Purtroppo, lo temiamo anche troppo. Il governo israeliano sa benissimo che Hamas fa male a tutti, a Israele ma soprattutto ai palestinesi, e quindi va eliminato. Israele possiede anche i mezzi per farlo, ma il grosso dilemma e la paura principale è quello che potrebbe succedere nel dopo-Hamas. Il vuoto che si creerebbe potrebbe essere anche molto peggio dello scenario attuale e la minaccia di organizzazioni forti come l’ISIS (i sunniti dello Stato Islamico che hanno imposto il Califfato tra Siria e Iraq, ndr) non lo considero nemmeno il peggior scenario. La vera paura è che Gaza diventi davvero una terra di nessuno, con decine di cellule terroristiche indipendenti e incontrollabili.



Servirebbe un controllo internazionale, a tuo parere?

Se ci fosse una reale garanzia da parte della comunità internazionale della volontà di evitare l'infiltrazione di vari attori terroristici e se potessero assicurare che i vari aiuti monetari internazionali non saranno più usati per armare tali cellule nell’eventuale dopo-Hamas, penso che Israele non ci penserebbe due volte a liberare se stesso e il popolo palestinese da quella terribile piaga.





Voci insistenti parlano di un attacco terrestre. Come ti senti all’idea di un’incursione di terra? E qual è il sentimento principale fra le truppe?

Le voci di un’imminente operazione di terra a Gaza sono fondate, e la cosa ci preoccupa e rattrista molto, perché sappiamo bene che Hamas non aspetta altro per poter colpire o peggio rapire ancora soldati. Questo è il loro obiettivo dichiarato e per portarlo a termine useranno come sempre anche l’indifesa popolazione palestinese sul territorio. D’altra parte, però, siamo perfettamente consapevoli del fatto che l’operazione - anche se a quanto pare sarà molto limitata e svolta in maniera “chirurgica” - è strettamente necessaria e inevitabile, se vogliamo andare a colpire le infrastrutture militari e soprattutto le postazioni lanciarazzi da cui bombardano continuamente il territorio israeliano, che sono nascoste nei vari ospedali, case, scuole. È per questo che non ci possiamo permettere di colpire solo con l’aviazione o l’artiglieria, perché ciò provocherebbe troppe vittime innocenti.



Non sarebbe meglio interrompere immediatamente le operazioni?

Interrompere le operazioni adesso renderebbe inutili i tremendi sacrifici fatti da entrambe le parti, come del resto hanno dimostrato le due precedenti operazioni (Piombo Fuso nel 2008-2009 e Pilastri della Difesa nel 2012, ndr), perché in questo modo tra un paio di anni saremmo punto e a capo. Questa volta vogliamo un cambiamento radicale e stabile, per il bene di Israele e dei poveri palestinesi, con la speranza di potere finalmente avviare un processo di pace duraturo che porti alla creazione di uno Stato palestinese pacifico e non interessato alla distruzione di Israele, come recita invece lo statuto di Hamas. Purtroppo, Hamas non si è dimostrato un valido interlocutore per questo processo di pace.



Qual è il profilo-tipo di un combattente di Hamas?

Mi piacerebbe poterlo definire un combattente per ideali puri, per un futuro migliore per il proprio popolo, per la libertà. Mi piacerebbe poterlo immaginare come un partigiano. Ma i fatti mostrano il contrario. Hamas rivendica la libertà da quello che loro definiscono “l’oppressore sionista a Gaza”, ma Israele ha lasciato completamente e unilateralmente Gaza nel 2005. Da allora, nemmeno un singolo soldato o colono è presente sul territorio. La verità è che il combattente di Hamas sembra piuttosto un terrorista indottrinato, guidato unicamente dalla voglia di distruzione in nome di Allah, e senza nessuno scrupolo nei confronti di alcuno
.



Tu sei giovane, hai trentacinque anni, ma da quando sei nato non hai mai visto una vera pace tra Israele e Palestina. Pensi che la tua generazione riuscirà a vederla?

Io ci spero, ma sono molto pessimista. Ci sono troppi interessi politico-economici legati alla questione. A volte ho l'impressione che la situazione attuale faccia comodo a troppi, che si preferisca che il conflitto continui a esistere e che non si voglia creare uno Stato palestinese. Il popolo palestinese è una vittima di tutti quelli che lo stanno usando come arma e come scusa ideologica per potersi in realtà arricchire o per sviluppare i loro veri ideali destabilizzatori e antisionisti.



A quali Paesi ti riferisci?

Mi riferisco all’Iran e alla Siria, su tutti. Ma forse è più corretto parlare di correnti di pensiero e non generalizzare riferendosi a interi Paesi.



In conclusione, pensi che in Italia ci sia molto antisemitismo?

Constatare come ancora nel 2014 l’antisemitismo, mascherato stavolta da antisionismo, sia così radicato mi fa venire i brividi. Mi piacerebbe che la gente cercasse di mantenere la calma, che non cedesse all'istinto dell’odio gratuito e andasse a informarsi di più su quanto sta succedendo. Chi riesce a farlo, si rende conto che le cose non sono come sembrano, che Israele ha diritto a esistere e il dovere di difendersi, e non vuole certo farlo a discapito del popolo palestinese. La pace e la coesistenza con uno Stato palestinese libero e pacifico sono l’obiettivo primario di Israele, il nemico comune invece si chiama Hamas. Il conflitto non è soltanto sul territorio, ma è ideologico, tra chi vuole la distruzione di Israele e chi no.

http://news.panorama.it/oltrefrontiera/ ... -al-fronte


Massime' a me sembrano domande ad oc e altrettante risposte ad oc, come cu.lo e camicia e... la propaganda continua... [xx(]

ps: ma secondo te cosa poteva dichiarare un povero soldato, la verità ?? [8]

18/07/2014, 19:15

E secondo te, un poveraccio di palestinese cosa dovrebbe dire? Io lo saprei:"Annatevene via de quà!" a quelli di "Hamas"!!!!!!! [8D]
Ah, lo sapevi che "La striscia di Gaza" è una delle più popolose al mondo? Traine le (tragiche) conseguenze!

18/07/2014, 19:36

A proposito d'indignazioni varie, nessuno ricorda l'alto dirigente iraniano che disse che non c'è stata nessuna "shoa"? Ah, già, quelli sono dei ..."nostri"!
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