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MessaggioInviato: 18/08/2011, 12:42 
Cita:
sezione 9 ha scritto:

ma tirare fuori ancora che la colpa è di Prodi... Che tristezza...


Certo! Ci mancherebbe! E' lui che ci ha venduto con il cambio delll'Euro, amico ...! (E ... venduto ai tedeschi! Ora con la Cina ... dacinque anni!) [;)] [^] [:o)]



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U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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MessaggioInviato: 18/08/2011, 18:27 
FATTA LA LEGGE FATTO L'INGANNO


"” ACQUISTI PER TOCCARE QUOTA 1000
Roma - Vicino Pescara il sindaco di Roccamorice, 994 abitanti, pensa di dare casa a una famiglia di romeni. A Schiavi d’Abruzzo (Chieti), 992 residenti, si guarda ai compaesani “fuggiti” per non pagare l’IciEdizione completa
Stampa l'articolo Roma - Difficile rassegnarsi a scomparire quando mancano una manciata di residenti per arrivare a “quota mille”. E così i sindaci dei paesi a ridosso della soglia di sopravvivenza stabilita dalla manovra del governo corrono ai ripari. E Se a Filettino (in provincia di Frosinone), l’aspirazione-provocazione è di diventare principato, in Abruzzo, dove sono 106 i comuni a rischio, alcuni sindaci non sembrano intenzionati a subire passivamente il loro destino. E si attrezzano per dare battaglia quando sarà il tempo di far calare la scure dei tagli su giunte e consigli comunali. Come a Roccamorice, nel pescarese, 994 abitanti secondo i dati dello scorso fine settimana. L’aggiornamento lo ha chiesto all’ufficio amministrativo il primo cittadino, Antonio Carmine Del Pizzo, subito dopo il Consiglio dei ministri che ha varato la manovra correttiva. L’idea del sindaco, per quanto ancora a livello informale, è molto semplice: fare “campagna acquisti” per raggiungere i 1000 residenti. “Non dobbiamo fare grosse manovre, bastano azioni buona volontà - dice al VELINO Del Pizzo, eletto con una lista civica di centrodestra -. Ad esempio abbiamo saputo che in zona c’è una famiglia di romeni che andava in cerca di un’abitazione che non fosse troppo costosa. Stiamo valutando un’ipotesi del genere perché forse potremmo intervenire in tal senso”. Il sindaco di più non dice ma la soluzione, pare di capire, sarebbe una casa popolare o magari un contributo per l’affitto per invogliare la famiglia a stabilire a Roccamorice la residenza.

A quattro chilometri di distanza, a San Valentino in Abruzzo Citeriore, il sindaco Angelo D'Ottavio ha perfino scritto una lettera aperta a Silvio Berlusconi per convincerlo a cambiare idea. A Schiavi d’Abruzzo (Chieti), invece, il sindaco Luciano Piluso era convinto di essere al di sopra dell’asticella dei 1000 abitanti. Quando ieri l’altro ha chiesto la revisione dei dati statistici, però, ha avuto una doccia fredda: 992 residenti. Anche qui, tuttavia, il primo cittadino pare avere le idee chiare: “Puntiamo sui compaesani che sono ‘fuggiti’ sulla costa per non pagare l’Ici sulla casa ma che in realtà vivono qui - afferma al VELINO -. Abbiamo fatto accertamenti e sono una trentina di casi: se riuscissimo a recuperarne anche solo un terzo, saremmo salvi”.

Basta tuttavia allontanarsi pochi chilometri per trovare chi non sembra scomporsi affatto davanti al rischio soppressione. “È da vedere quali dati Istat saranno presi in considerazione - precisa il primo cittadino di Celenza sul Trigno, Andrea Venosini -. Noi siamo sempre stati al di sopra quota mille e anche se ora siamo sotto di poco, nulla toglie che potrebbe esserci un’inversione di tendenza”. Le telefonate, il sindaco, anziché farle le ha ricevute da aspiranti residenti di ritorno: “Mi hanno chiamato conoscenti che si sono trasferiti a Roma o a Pescara e che si sono detti disponibili a trasferirsi di nuovo qui”. A ogni modo, nessuna intenzione di campagna acquisti, assicura Venosini: “Aspettiamo di vedere il testo, perché non è nemmeno detto che poi questo taglio dei comuni ci sarà davvero. Guardi come è andata a finire per le comunità montane…”

http://www.ilvelino.it/articolo.php?idA ... quota_1000


ORMAI SIAMO AL MERCANTE IN FIERA


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MessaggioInviato: 18/08/2011, 18:51 
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http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 18930.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 18/08/2011, 19:00 
Allora, la storia delle Province è stata architettata, per me, proprio per creare confusione. In teoria, "soppressione" significa che nel territorio ci saranno solo comuni e regione, non si parla nè di fusione nè di assorbimento nè di passaggio di competenze. In teoria, TUTTE le strutture provinciali dovrebbero sparire: poste, ospedali, tribunali, dovrebbero o chiudere o essere declassati (quindi con perdita di molti servizi). In teoria. In pratica, non si sa. C'è talmente tanto casino, che perfino le province vicine a quelle che devono sparire sono in allarme. Padova e Verona non vogliono che Rovigo sparisca, perchè, in ogni caso, avrebbero costi maggiori derivanti dai territori "declassati".

E il bello è che, mentre parlano sottovoce di nuovo scudo fiscale, mentre la borsa continua a precipitare, l'economia a rallentare, e mentre ti tagliano le feste NAZIONALI (con sommo piacere di fascisti e leghisti) e l'art. 18 (che non viene toccato, ma sarà applicato a scelta delle parti...) noi povero pirloni italioti stiamo discutendo di campanilismo provinciale e/o comunale, e, soprattutto, di CALCIO...


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MessaggioInviato: 18/08/2011, 19:18 
quando la realta'supera la piu fervida delle fantasie,certo che i politici legiferano in base al loro cervello

Due sedute pubbliche molto animate, progetti esclusi e riammessi dopo misurazioni accuratissime, polemiche, accuse e sospetti
BAGNARA: PRIGIONIERI DELLA BUROCRAZIA
Nessuna busta è regolare, si rifà il bando

Slitta l’ampliamento della scuola media per una vicenda che ha del surreale
di Maurizio Andreoli
BAGNARA. Scene di (ordinaria?) burocrazia. Momenti così esilaranti e surreali nella loro involontaria comicità che avrebbero fatto la gioia di un Kafka o di un Gogol. È successo nel piccolo comune di Bagnara di Romagna. Fa un po’ meno sorridere se si pensa che a farne le spese siamo, ancora una volta e come sempre, tutti noi. Intesi come cittadini.
I plichi e le buste. Visualizzate mentalmente questa immagine: alcune persone febbrilmente impegnate a misurare e rimisurare 18 buste (o meglio 18 plichi) mentre una platea interessata e sospettosa assiste all’operazione. Con tanto di metro, da ogni lato, confrontandosi, dissertando, perfino polemizzando sul significato di plico o di busta, ragionando su fogli A3 che devono essere contenuti in buste A3 a loro volta infilate dentro plichi A3: mica facile, basta pensarci sopra un attimo. È andata avanti così per un’intera mattinata, giovedì 4 agosto, finché è arrivata la decisione: concorso annullato, si ricomincia da capo.
Il bando. Bisogna innanzitutto spiegare di cosa si trattava. Era il concorso pubblico di progettazione architettonica bandito dal Comune di Bagnara per l’ampliamento del plesso scolastico di via Matteotti. Almeno due aule, un’aula insegnanti, i servizi igienici, laboratori e depositi. Importo complessivo non superiore a 546.500 euro. Previsto un premio di 3mila euro al primo classificato; mille euro a testa al secondo e al terzo. Niente di trascendentale, ma la crisi si fa sentire anche per gli studi tecnici, se è vero che a partecipare sono stati in 18. E poi c’è sempre la possibilità che al vincitore sia affidato il progetto definitivo.
La prima seduta. Come previsto dal bando, il 4 luglio si riunisce in seduta pubblica per la prima volta la commissione. Ha il compito di verificare la corretta presentazione dei plichi che, per assicurare la massima regolarità e trasparenza, devono apparire assolutamente anonimi e rispettare le prescrizioni. Ed ecco le prime esclusioni: sette plichi «non erano conformi per formato e/o colore». Così si procede ad aprire solo la busta (A4) di quei plichi, contenente la documentazione amministrativa, per poter informare gli studi interessati della loro esclusione.
La seconda seduta. L’appuntamento successivo è per il 14 luglio. In quella occasione la commissione, in una riunione non aperta al pubblico, apre le 11 buste superstiti e procede a una prima valutazione dei progetti presentati.
La terza seduta. E siamo alla seduta decisiva, che si svolge davanti a una folta platea di persone interessate al concorso. Solo che qualche altra cosa nel frattempo è successa. Sono arrivate alcune «lettere di sollecitazione», tradotto proteste e magari anche minacce di ricorsi, per cui tutto è ritornato in discussione. Dunque tutti i plichi sono di nuovo in gioco. E spunta il metro. Dalle 9 a mezzogiorno si va avanti tra misurazioni, discussioni, polemiche. Vola anche qualche parola grossa. Pare che praticamente nessuna busta, pardon plico, sia conforme al bando. Del resto provateci voi, se siete capaci, a mettere dei fogli dentro a una busta a sua volta inserita in un plico, tutti esattamente delle stesse dimensioni. Alla fine la commissione decide che «l’unica soluzione in grado di garantire la par condicio dei concorrenti risulta quella di procedere in via di autotutela ad escludere tutti i plichi difformi ovvero tutti quelli presentati che risultano difformi dalle prescrizioni del bando».
Tutto da rifare. Dunque concorso annullato, si ricomincia da zero. Toccherà all’amministrazione comunale aprire «in tempi brevi» una nuova procedura. E chissà che stavolta le misure dei plichi e delle buste non siano meglio specificate. Qualcuno fa notare che nel frattempo la commissione è a conoscenza di sette nominativi (e non dei loro progetti) e di undici progetti (e non dei rispettivi nominativi). Qualcun altro avanza anche maliziose ipotesi su progetti che sarebbero stati particolarmente “attesi” e chissà se facevano o meno parte dei sette subito esclusi. Accuse vigorosamente smentite. Del resto è «nel nome dell’interesse pubblico» che la procedura per l’ampliamento della scuola è stata rinviata a data da destinarsi. Magari qualche perplessità, su cosa si intenda in questo caso per «interesse pubblico» è lecito averla.

http://www.corriereromagna.it/lugo/2011 ... f-il-bando

tutto cio' mentre chi veramente viene sacrificato e' il cittadino che vede sperperato il suo denaro. [:(!] [:(!]


Ultima modifica di ubatuba il 18/08/2011, 19:21, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 18/08/2011, 20:18 
<h3> nuova finanziaria</h3>





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SORPRESA LAS SUPERTASSA NASCONDE UNA BEFFA

RISULTATO? DOVREMO PAGARE ANCORA DI PIU'

Ipotesi: semplificare i pagamenti togliendo le deduzioni e abbassando le aliquote, ma non si fgarebbe altro che peggiorare il contributo.

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La soluzione è in tasca, ma rischia di essere una nuova beffa sui contribuenti. Il contributo di solidarietà sui redditi superiori ai 90 e ai 150 mila euro sarà abbassato e semplificato, accogliendo il pressing dei frondisti Pdl che minacciano di non votare la manovra così come è. La nuova ipotesi è di fare scendere dal 5 al 3% il prelievo straordinario triennale sui redditi fra 90 e 150 mila euro e di tagliare dal 10 al 6% quello sopra i 150.001 euro. Entrambi i contributi però non saranno deducibili dal reddito nella versione ridotta, per semplificare le procedure. Il risultato però sarebbe una beffa: senza deducibilità (che pochi contribuenti hanno compreso) alla fine la supertassa sarà perfino un pizzico più cara per i contribuenti e darà un po’ più di incasso allo Stato (Antonio Martino, intervistato da Barbara Romano, indice un corteo anti-tasse a cui invita anche Silvio Berlusconi, ndr).

Perché pagando il 5% e deducendo il contributo dall’Irpef dovuta alla fine i possessori di reddito fra 90 e 150 mila euro verseranno il 2,765% di tasse in più nette. Quelli sopra i 150 mila euro e fino a 545 mila euro pagheranno il 10%, dedurranno e si troveranno a versare il 5,53% netto di tasse in più. Sopra i 545 mila euro grazie alla clausola di salvaguardia inserita in decreto (in alternativa al contributo si può scegliere un’aliquota Irpef del 48% a partire da 75 mila euro), con la versione attuale del decreto legge si verserà il 5% netto di tasse in più. Portare i due contributi dal 5 al 3% e dal 10 al 6% sulla carta dunque farebbe dire: hanno vinto i ribelli del Pdl, riuscendo a fare quasi dimezzare le nuove tasse scappate di mano al governo. Togliendo la deducibilità del contributo certo si semplificherebbero le operazioni per i contribuenti, non costringendoli a fare la fila davanti a studi di commercialisti o ai Caaf dei sindacati (che avrebbero nuovo business), ma alla fine la nuova tassa sarebbe identica a prima, se non un filo più cara.

Il vero problema del contributo di solidarietà sui redditi del ceto medio-alto è che la vera misura certa e significativa della manovra triennale appena varata. Quelle entrate (3,8 miliardi) sono certe, e poche altre danno la stessa certezza: tutte quelle più discusse. Non c’è ad esempio alcuna sicurezza sugli incassi reali che verranno dall’innalzamento dell’aliquota sui capital gain dal 12,5 al 20% : dipenderà dall’andamento dei mercati finanziari, e se continueranno a scendere i guadagni non ci saranno e le tasse saranno inutili. Mentre sono sicuri i tagli ai trasferimenti agli enti locali e il rinvio della liquidazione degli statali di 24 mesi: lo Stato si limita a non pagare, quindi è certo di risparmiare.

Nonostante sia l’asse portante della manovra, il contributo di solidarietà è nato proprio durante le ultime ore del decreto. La norma è stata pensata quasi come vendetta verso i contribuenti privati dai grand commis dello Stato per cui era già stato deciso analogo taglio degli stipendi dei dirigenti pubblici. La norma era stata prevista da un decreto legge del 31 maggio 2010, poi la Ragioneria generale dello Stato ha emanato con tutto comodo le regole per tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici, varando la circolare applicativa n. 12 nell’aprile 2011, a quasi un anno di distanza. Il taglio agli stipendi pubblici di fatto è scattato sui redditi più alti per la prima volta nelle buste paga di luglio. Quando i grand commis le hanno viste, è scattata la vendetta nei confronti dei dipendenti privati, ed è nato quel contributo di solidarietà mal pensato e ancora peggio scritto nel decreto legge (con errori macroscopici).

Anche un bambino avrebbe capito che sarebbe stato più semplice avere quello stesso incasso mettendo un tetto più basso al contributo di solidarietà senza avventurarsi nel gran pasticcio della sua deduzione dal reddito imponibile. Non è stato fatto proprio perché si voleva colpire i dipendenti privati nello stesso identico modo con cui si erano colpiti i dipendenti pubblici. Ai grand commis era stato tagliato lo stipendio del 5% sopra i 90 mila euro e del 10% sopra i 150 mila. Ma poi l’Irpef veniva calcolata sul nuovo stipendio tosato, come se il taglio fosse stato dedotto dal reddito. Quindi è stata imposta ai singoli contribuenti dipendenti privati o lavoratori autonomi la stessa identica fatica che è toccata a chi doveva fare le buste paga dei dirigenti pubblici. Pura e squisita vendetta. Forse comprensibile in un paese in cui è esplosa con virulenza la guerra delle caste. Che poi il governo in un momento tanto delicato si sia prestato a questo regolamento di conti, è altro affare.

di Franco Bechis

http://www.libero-news.it/news/804505/S ... C3%B9.html


Ultima modifica di Ufologo 555 il 18/08/2011, 20:30, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 19/08/2011, 10:01 
Vi ricordate quella lettera di un padre che esortava al figlio a lasciare l'Italia? (si era trattato l'argomento anche in questo forum..ovviamente)

Ebbene quel figlio ora è stato assunto in Italia, alla Ferrari.

http://www.ilgiornale.it/interni/il_figlio_celli_non_espatria_piu_ha_assunto_ferrari/19-08-2011/articolo-id=540729-page=0-comments=1

Il padre non è certo un pincopallino qualunque ma bensì Pier Luigi cELLI, attualmente direttore generale della LUIS e in passato ha ricoperto i seguenti ruoli:

Direttore Risorse Umane dell’Eni dal 1985 al 1993.

Direttore del Personale e Organizzazione in Enel dal 1996 al 1998.

#8232;General Manager dello start-up di Omnitel e Wind.

Direttore Generale della RAI dal 1998 al 2001.

Presidente di Ipse2000 dal 2001 al 2002.

#8232;Responsabile della Direzione Corporate Identity della Unicredit dal 2002 al 2005.


il padre in quella lettera di fine novembre 2009 , scriveva tra le altre cose:

«Figlio mio, lascia questo Paese. Il tuo Paese non ti merita. Finiti i tuoi studi, scegli di andare dove hanno ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati»
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/celli-lettera/celli-lettera/celli-lettera.html


Naturale chiedersi se a parità di merito e percorso formativo, un qualsiasi altro ragazzo avrebbe trovato lo stesso lavoro...

..ovviamente il padre afferma di non aver minimamente interferito per quell'assunzione in Ferrari...


sarà un caso, ma io conosco personalmente almeno una decina di ingegneri meccanici , laureati nei 5 anni accademici e con 110+ eppure nessuno di loro lavora in Ferrari o in altre prestigiose aziende...
[8D]


Ultima modifica di rmnd il 19/08/2011, 10:05, modificato 1 volta in totale.


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[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
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MessaggioInviato: 19/08/2011, 10:46 
La casta non vuole lavorare: tanto vale dimezzarla


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L'esecutivo ha annunciato la sforbiciata delle poltrone, ma finché i provvedimenti non diventano realtà c'è ragione di dubitarne. Intanto in Aula vanno solo undici senatori. Poi provano a giustificarsi: "Seduta poco importante". La verità? Vanno ridotti

Niente, non c’è niente da fare. Non lo vogliono capire. Fuori dai loro palazzi privilegiati c’è un paese che non ne può più della Casta e questi che fanno? Bigiano la seduta del Senato, quella introduttiva alla manovra lacrime e sangue. Imbarazzante, per non dire penoso. Come le scuse che tirano fuori per giustificare quel vuoto di poltrone impressionante.

«Ma non era una seduta importante», hanno balbettato un po’ tutti. Come se un dipendente o un dirigente potesse andare a lavorare solo quando ci sono cose importanti da fare o da decidere! Nella vita lavorativa capitano giornate più o meno impegnative; talune lo possono essere fino a spaccare la schiena (ma non è mai il caso dei politici, tranquilli…) e altre non lo sono affatto. Però al lavoro si va lo stesso. In parlamento evidentemente no: ognuno fa quello che gli pare. Vanno e vengono, ci sono o non ci sono: dipende da come si svegliano la mattina. Ieri l’altro è stata l’apoteosi: solo undici senatori in aula. Altre assenze però ci sono state anche in passato; non poche volte il governo è persino andato sotto in aula per la mancanza dei deputati.

COSE EVIDENTI
A questo punto appaiono evidenti due cose. La prima è che un parlamento di circa mille politici mestieranti non serve a nulla, è un dispendio di soldi pubblici inutile. Perché se gli scranni sono vuoti, il Senato comunque gira a pieno con tutti i suoi costi di personale e di funzionamento vario. E chi lo paga il conto? Noi, cioè quegli stessi cittadini contribuenti che da anni chiediamo un dimagrimento della Cosa pubblica ma che ci ritroviamo solo l’ennesima batosta fiscale da pagare.

Anticipo l’obiezione: in questa manovra c’è una forte riduzione della politica. L’ho già scritto: non credo finché non vedo. È davvero difficile fidarsi di chi dall’oggi al domani perderebbe di colpo una serie di privilegi. E veniamo al secondo punto: le tasse noi dobbiamo versarle subito, i tagli alla politica invece necessitano sempre di una commissione che valuti, che rifletta, che non penalizzi eccetera eccetera. Che ci vuole a scrivere due righe secche: a partire dalla prossima legislatura i parlamentari saranno la metà di quelli attuali. Non dico di abolire il bicameralismo perfetto (ci avevano provato, va ammesso) in quattro e quattr’otto ma almeno dimezzare gli onorevoli, questo va fatto e pure alla svelta. Con progressiva normalizzazione pure del personale che gira attorno al parlamento.

MANCA LA VOLONTA'
Diciamo che non c’è la volontà. E la sfacciataggine con cui i parlamentari umiliano le istituzioni (quelle istituzioni che diventano sacre quando c’è da salvaguardare la poltrona) ne è la prova. Al lavoro si va quando si ha genio, il ristorante con prezzi da mensa dei poveri ma con menu da ristorante per ricchi. E poi i privilegi, pensioni e vitalizi, insomma tutte voci che ci hanno promesso mille volte di togliere e invece restano lì perché quando una mano li toglie l’altra li rimette. Si può andare avanti così? No.

Con che spirito, domando, la classe politica pensa di affrontare gli affanni dell’Italia quando coi fatti dimostra di essersi messa su un piedistallo? Forse non se ne sono resi conto ma nel Paese sta montando la rabbia. La politica dimostri di essere umile, si ricordi di essere al servizio del Paese e non al traino. E soprattutto si rassegni a dimagrire: la velocità con cui le Borse e gli andamenti economici mettono a soqquadro il pianeta si scontra con la lentezza della Casta.

di Gianluigi Paragone

http://www.libero-news.it/news/805109/L ... zarla.html



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La manovra di Nichi, eroe anticasta? Assumere la nipote di Napolitano.

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La ricetta anticrisi di Vendola: un ufficio ad hoc per la sua portavoce, Susanna Napolitano, e il raddoppio della task force per l’occupazione (5 esperti che diventano 10. Tutto a spese nostre. I giornali locali zittiscono l'opposizione che grida allo scandalo


Roma - Il precariato questa brutta rogna che qualche leader combatte per davvero, non a ciance. Prendete Nichi Vendola. Anche ad agosto, invece di aprire ricci e cozze in riva al mare, si occupa di lavoro. Eccome se ne occupa. Ha persino raddoppiato la task force sull’occupazione in Puglia (5 esperti che diventano 10) e ha creato un ufficio ad hoc per la sua portavoce, Susanna Napolitano. Tra presidenze illustri ci sarà pure del feeling, ma la parentela è solo un caso, una coincidenza che la bravissima nipote del presidente della Repubblica lavori per il presidente della Puglia. Un governatore che prometteva primavere che però tardano a sbocciare. L’allenatore nel pallone Oronzo Canà ormai lo stacca di molte posizioni nella classifica dei pugliesi più amati da quelli che tweettano, cliccano «mi piace» su Facebook e Youtube. Nichi Vendola, il poeta con la «s» sifula, il governatore nel pallone, è ormai «tallonato» - riporta famecount.com - pure da certa Emma, una salentina che cantava ad Amici (ecco forse Vendola farà un salto dalla De Filippi, come fece Fassino, per ingraziarsi le massaie conservatrici pro domo sua?). «Vendola e la rete, il feeling è più soft» riassume morbidamente il Corriere del Mezzogiorno, solitamente tenero col governatore, che gode di molta stampa amica. Nessuno dei giornali pugliesi ha dato spago all’opposizione in Regione che da qualche giorno mitraglia comunicati stampa sulle ultime «duplicazioni» del mago Vendola. Due raddoppi, come si diceva: quello della comunicazione della regione Puglia, e quello della «task force per l’occupazione», cioè gli esperti chiamati ad aiutare chi cerca lavoro, e che nel frattempo hanno risolto il loro. «Poche migliaia di euro - dice l’assessore di Vendola - per affrontare con professionalità crisi aziendali difficili». Ma il Pdl pugliese fa l’ironico: «Il raddoppio della task force contribuisce direttamente alla soluzione della questione che dovrebbe affrontare...».
L’altra polemichetta pugliese riguarda la comunicazione. Il 3 agosto scorso il direttore dell’«Organizzazione» della Regione Puglia ha vergato una «Determinazione» che «configura» «due uffici non dirigenziali, stampa del Presidente e stampa della Giunta regionale, con il sottoelencato contingente per ciascuno di essi: n. 1 caporedattore, n. 2 giornalisti». Da uno, due. Di nuovo l’ironia del Pdl locale: «Vendola istituisce ex novo un Ufficio stampa, previa onerosa scissione di quello già esistente, tutto e solo per il Presidente, al quale pure non si può dire manchi l’attenzione continua ed adorante dei mass media». I due capiredattori per i due uffici sono già belli e pronti. Chi altri mettere alla guida dell’Ufficio stampa del Presidente Vendola, se non la sua attuale portavoce (già inquadrata come caporedattore a 91.701 euro lordi l’anno), Susanna Napolitano? Che ci va per tre mesi, fino a «disegno normativo ad hoc». Per gli altri 4 posti così creati (due giornalisti per ognuno dei due uffici stampa) invece «si provvederà con successiva disposizione alla copertura dei posti vacanti», chiarisce il dirigente.
Non abbastanza per l’opposizione, coadiuvata in altri casi anche da Idv e Udc, come nel terzultimo «raddoppio», la nomina (del 2 agosto, mese fervido per la Regione Puglia) di sette consulenti per il Nucleo di valutazione degli investimenti pubblici regionali. Costo: un milione e mezzo in tre anni. E potevano farlo internamente. Chiedere a Vendola? Sarebbe insensato. Come spiegò in un suo appassionante libro, «non sono la persona deputata alle risposte, posso solo allargare l’ambito delle domande».

http://www.ilgiornale.it/interni/vendol ... comments=1

MAGNA TU CHE MAGNO ANCH'IO, E UNA MANO LAVA L'ALTRA!

(C'è ancora qualcuno che non è convinto che SONO TUTTI UGUALI ?) [:257] [:246]



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MessaggioInviato: 19/08/2011, 11:04 
so' soddisfazioni grosse....cialtroni in fuga [:D]

Lega contestata, Bossi “scappa” nella notte

Dopo due giorni di insulti e proteste, il leader del Carroccio decide di lasciare il Cadore. "Brutto, brutto, brutto: andiamo via", si sfoga con pochi intimi all'interno di un hotel Ferrovia blindato. Il clima è talmente pesante che la cena per il 64esimo compleanno di Tremonti è spostato all'ultimo secondo nella baita a Lorenzago del ministro dell'economia

“Brutto, brutto, brutto: andiamo via”. Umberto Bossi nella notte decide di lasciare l’hotel Ferrovia di Calalzo di Cadore per timore di altre proteste. Ci sono voluti due giorni di contestazioni dell’ormai ex popolo leghista bellunese e decine di insulti dei passanti, per far comprendere al leader del Carroccio che la base ha superato il limite di sopportazione. Tornare indietro ora è difficile. Da contadino della politica quale è, Bossi ha compreso che non più salvarsi dal Titanic: affonderà insieme a Silvio Berlusconi.

Mercoledì sera ha dovuto cancellare il comizio in piazza per timore delle proteste leghiste, capitanate dal presidente della Provincia di Belluno che si è presentato con la bandiera dell’ente listata a lutto. Ieri ha ricevuto insulti dalle auto che passavano davanti all’albergo. Si è nascosto per tutto il giorno all’interno insieme a Roberto Calderoli. E i dieci minuti che è uscito per accogliere l’amico Giulio Tremonti, i tre sono stati costretti a farsi circondare da una decina di uomini della scorta. Prigionieri a casa loro. Tanto che ieri sera la tradizionale festa di compleanno del ministro dell’economia all’hotel Ferrovia è stata trasferita all’ultimo minuto (nella speranza di depistare proteste e giornalisti) nella baita di Tremonti a Lorenzago. La stessa baita dove i quattro saggi del centrodestra stilarono il federalismo che fu poi bocciato dagli elettori con il referendum.

La baita è raggiungibile solo attraversando un cancello ovviamente ieri notte sigillato e sotto stretta sorveglianza. Nascosti nella loro terra, in fuga dagli ex elettori che per venti anni hanno regalato alla Lega la sensazione di potere e immortalità che adesso comincia a franare. Alberto da Giussano non può fare nulla, l’inesistente padania comincia a essere ridimensionata agli occhi di Bossi. Le proteste fanno male. Anche ieri per tutto il giorno è stato un continuo susseguirsi di manifestazioni e contestazioni davanti all’albergo. Dal sindaco Pdl del Comune di Calalzo al presidente provinciale di Confcommercio, dagli ex leghisti e autonomisti, al Pd ai cittadini. Qui era impensabile fino a pochi mesi fa che qualcuno potesse criticare il Capo. All’hotel Ferrovia di Gino Mondin era un continuo pellegrinaggio di complimenti, mani da stringere, baci e foto ricordo tutti sorridenti col ministro leghista di turno. Dalle macchine che passavano davanti all’albergo è sempre stato un “viva Bossi, viva la Lega”. Da due giorni invece la strada è piena di contestatori e manifestanti. E dalle auto il conducente più delicato gli ha gridato contro “cialtrone”.

Il livello di sopportazione è ampiamente superato, ma la realtà non ha ancora preso forma nella mente del Carroccio. Il nervosismo è palpabile. A un giornalista della Rai regionale che lo segue imperterrito persino all’inaugurazione di una piccolissima centrale elettrica, Bossi si mostra molto infastidito. “*********, siete anche qui”.

Così, dopo essersi nascosto per tre giorni, Bossi sceglie di scappare. Lo fa di notte. Mentre cenava nella baita, poco dopo le una di questa mattina, i sei uomini della scorta del leader leghista hanno pagato il conto dell’albergo (che era prenotato per Bossi fino a venerdì), fatto le valigie, caricato le macchine. Poi sono andati a prelevare il Capo e lo hanno portato lontano dalle contestazioni. Presumibilmente a Gemonio, a casa sua. Dove almeno una bandiera della Lega rimarrà alta: quella che ha nel suo giardino.

Calderoli è invece rimasto a dormire in albergo perché G., il figlio della compagna Gianna Gancia (presidente della Provincia di Cuneo) ha undici anni ed era stanco. Partiranno all’alba, ha fatto sapere il ministro per la semplificazione. Quando i giornalisti presumibilmente dormono e, soprattutto, i contestatori non saranno tornati qui davanti.

A ripercorrere gli eventi di questi tre giorni appare evidente come la Lega deve fare i conti con una inaspettata realtà: non ha più il polso del territorio. La base è stanca, non ne può più di leggi ad personam, nuove tasse. Da mesi gli elettori del Carroccio chiedono a Bossi di staccare la spina al governo e lasciare Berlusconi. La base lo ha chiesto talmente ad alta voce attraverso i canali consueti, che il Carroccio invece di dialogare con i malpancisti, ha preferisco censurarli chiudendo persino gli interventi liberi a Radio Padania. Ora è troppo tardi. Berlusconi non si può più scaricare. Ed è lo stesso Senatùr ad averlo compreso. “Silvio ha vinto grazie a noi e ora noi perdiamo grazie a lui”, si è confidato in uno sprazzo di spietata lucidità. Il gioco è finito. Le proteste fanno male. Meglio tornare a casa, durante la notte. Al buio, di soppiatto, senza farsi vedere da nessuno

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08 ... te/152269/

bossi impersonera' la claretta petacci della situazione,ovviamente in senso figurato


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Allora TUTTI dovrebbero scappare! Una specie di "8 settembre", ma fatto come si deve! (Solo che al peggio non c'è mai fine!)



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Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Allora TUTTI dovrebbero scappare! Una specie di "8 settembre", ma fatto come si deve! (Solo che al peggio non c'è mai fine!)


è vero...ma i leghisti sembravano piu' "fedeli" che elettori...sembra quasi un'apostasia di massa...


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(Sempre da ... sinistra, provenivano; almeno , molti ...) [:D]
Hanno cambiato tipo di "cellula": da rossa a ... verde! [:246]


Ultima modifica di Ufologo 555 il 19/08/2011, 11:31, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 19/08/2011, 11:42 
Cita:
aethiopicus ha scritto:

so' soddisfazioni grosse....cialtroni in fuga [:D]

Lega contestata, Bossi “scappa” nella notte

Dopo due giorni di insulti e proteste, il leader del Carroccio decide di lasciare il Cadore. "Brutto, brutto, brutto: andiamo via", si sfoga con pochi intimi all'interno di un hotel Ferrovia blindato. Il clima è talmente pesante che la cena per il 64esimo compleanno di Tremonti è spostato all'ultimo secondo nella baita a Lorenzago del ministro dell'economia

“Brutto, brutto, brutto: andiamo via”. Umberto Bossi nella notte decide di lasciare l’hotel Ferrovia di Calalzo di Cadore per timore di altre proteste. Ci sono voluti due giorni di contestazioni dell’ormai ex popolo leghista bellunese e decine di insulti dei passanti, per far comprendere al leader del Carroccio che la base ha superato il limite di sopportazione. Tornare indietro ora è difficile. Da contadino della politica quale è, Bossi ha compreso che non più salvarsi dal Titanic: affonderà insieme a Silvio Berlusconi.

Mercoledì sera ha dovuto cancellare il comizio in piazza per timore delle proteste leghiste, capitanate dal presidente della Provincia di Belluno che si è presentato con la bandiera dell’ente listata a lutto. Ieri ha ricevuto insulti dalle auto che passavano davanti all’albergo. Si è nascosto per tutto il giorno all’interno insieme a Roberto Calderoli. E i dieci minuti che è uscito per accogliere l’amico Giulio Tremonti, i tre sono stati costretti a farsi circondare da una decina di uomini della scorta. Prigionieri a casa loro. Tanto che ieri sera la tradizionale festa di compleanno del ministro dell’economia all’hotel Ferrovia è stata trasferita all’ultimo minuto (nella speranza di depistare proteste e giornalisti) nella baita di Tremonti a Lorenzago. La stessa baita dove i quattro saggi del centrodestra stilarono il federalismo che fu poi bocciato dagli elettori con il referendum.

La baita è raggiungibile solo attraversando un cancello ovviamente ieri notte sigillato e sotto stretta sorveglianza. Nascosti nella loro terra, in fuga dagli ex elettori che per venti anni hanno regalato alla Lega la sensazione di potere e immortalità che adesso comincia a franare. Alberto da Giussano non può fare nulla, l’inesistente padania comincia a essere ridimensionata agli occhi di Bossi. Le proteste fanno male. Anche ieri per tutto il giorno è stato un continuo susseguirsi di manifestazioni e contestazioni davanti all’albergo. Dal sindaco Pdl del Comune di Calalzo al presidente provinciale di Confcommercio, dagli ex leghisti e autonomisti, al Pd ai cittadini. Qui era impensabile fino a pochi mesi fa che qualcuno potesse criticare il Capo. All’hotel Ferrovia di Gino Mondin era un continuo pellegrinaggio di complimenti, mani da stringere, baci e foto ricordo tutti sorridenti col ministro leghista di turno. Dalle macchine che passavano davanti all’albergo è sempre stato un “viva Bossi, viva la Lega”. Da due giorni invece la strada è piena di contestatori e manifestanti. E dalle auto il conducente più delicato gli ha gridato contro “cialtrone”.

Il livello di sopportazione è ampiamente superato, ma la realtà non ha ancora preso forma nella mente del Carroccio. Il nervosismo è palpabile. A un giornalista della Rai regionale che lo segue imperterrito persino all’inaugurazione di una piccolissima centrale elettrica, Bossi si mostra molto infastidito. “*********, siete anche qui”.

Così, dopo essersi nascosto per tre giorni, Bossi sceglie di scappare. Lo fa di notte. Mentre cenava nella baita, poco dopo le una di questa mattina, i sei uomini della scorta del leader leghista hanno pagato il conto dell’albergo (che era prenotato per Bossi fino a venerdì), fatto le valigie, caricato le macchine. Poi sono andati a prelevare il Capo e lo hanno portato lontano dalle contestazioni. Presumibilmente a Gemonio, a casa sua. Dove almeno una bandiera della Lega rimarrà alta: quella che ha nel suo giardino.

Calderoli è invece rimasto a dormire in albergo perché G., il figlio della compagna Gianna Gancia (presidente della Provincia di Cuneo) ha undici anni ed era stanco. Partiranno all’alba, ha fatto sapere il ministro per la semplificazione. Quando i giornalisti presumibilmente dormono e, soprattutto, i contestatori non saranno tornati qui davanti.

A ripercorrere gli eventi di questi tre giorni appare evidente come la Lega deve fare i conti con una inaspettata realtà: non ha più il polso del territorio. La base è stanca, non ne può più di leggi ad personam, nuove tasse. Da mesi gli elettori del Carroccio chiedono a Bossi di staccare la spina al governo e lasciare Berlusconi. La base lo ha chiesto talmente ad alta voce attraverso i canali consueti, che il Carroccio invece di dialogare con i malpancisti, ha preferisco censurarli chiudendo persino gli interventi liberi a Radio Padania. Ora è troppo tardi. Berlusconi non si può più scaricare. Ed è lo stesso Senatùr ad averlo compreso. “Silvio ha vinto grazie a noi e ora noi perdiamo grazie a lui”, si è confidato in uno sprazzo di spietata lucidità. Il gioco è finito. Le proteste fanno male. Meglio tornare a casa, durante la notte. Al buio, di soppiatto, senza farsi vedere da nessuno

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Bossi è stato contestato da militanti del PD, dal gruppo autonomista della provincia di belluno e dalla confcommercio locale.
Non è scappato nella notte, ma semplicemente era conclusa la sua breve vacanza, organizzata per festeggiare il compleanno di Tremonti.
le notizie vanno date per quello che sono e non per come uno spera che siano.
Che ci sia malcontento nella base leghista è ovvio, ma non siamo come quelle banderuole che si gettano sul carro del vincitore appena possibile.
contestiamo, discutiamo, ma siamo coerenti con le nostre scelte.



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