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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 03/02/2015, 18:44 
Atlanticus81 ha scritto:
Se le forze antieuro fossero in grado di unirsi tutte tra di loro si creerebbe una forza preponderante in grado di distruggere i pilastri su cui si regge la dittatura della UE

Cita:
Marine Le Pen: Yes! I Hope SYRIZA Wins

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French far-right politician and xenophobic Front National (FN) leader Marine Le Pen said earlier today that her party would rejoice if leftist main opposition SYRIZA wins the upcoming elections in Greece. As expected, the controversial statement caused numerous reactions in Greece, mostly from ruling New Democracy and its coalition government partner PASOK.

The daughter of longtime FN leader and founder Jean-Marie Le Pen, who led her father’s party to an unpredicted success during the latest 2014 European elections, managing to elect 23 out of a total of 74 French MEPs, argued that a SYRIZA win in the upcoming January 5 Greek elections would strengthen eurosceptics across the continent. “There is a revolt within Europe, led by people who are retaking control of power from the totalitarianism of the European Union and its allies,” Le Pen told French newspaper Le Monde earlier today. “This does not make me a far-left activist,” she added in relation to her support for SYRIZA.

“We do not agree with their entire program, specifically their immigration policy. But we would welcome their victory,” she said on the matter. SYRIZA, which is currently leading the opinion polls, just 5 days ahead of the snap general elections, has proclaimed it intents to cancel anti-popular austerity measures and renegotiate Greece’s debt and program, although it has declared it is willing to remain within the Eurozone.

On its behalf, FN is a clear anti-Eurozone party, calling Paris to drop the single currency, return to the national franc and toughen the country’s border controls with its European neighbors. Profiting from a wide distrust toward European institutions, the anti-immigration party managed to win the last European elections with 24.86% against 20.8% of Nicolas Sarkozy‘s conservative Union for a Popular Movement.

New Democracy commented that SYRIZA leader “Alexis Tsipras found his sole European ally in the face of Mrs. Le Pen,” underlining that “Mr. Tsipras and his party’s extreme components will isolate Greece,” while repeating that he is an accident that is not going to happen to the country. Coalition government partner PASOK said that it hopes SYRIZA will renounce the support of an extreme-right party, avoiding its inclusion in the parties that threaten the European family and its citizens’ democratic rights.

http://greece.greekreporter.com/2015/01 ... RK1kT.dpuf


E dopo la Grecia un altro paese potrebbe entrare presto nell'area antagonista alla Troijka... e poi un altro... e altri ancora seguiranno. Peccato per l'Italia che poteva essere avanguardista in questa fase di cambiamento, ma non ne è stata capace per via di un elettorato pigro, imbelle, ideologico e fondamentalmente incapace di ragionare e di una opposizione politica incapace di fare fronte comune come invece Tsipras ha dimostrato essere possibile.

Elezioni Spagna 2015, sondaggi: la sinistra radicale di Podemos primo partito
http://www.polisblog.it/post/286078/ele ... mo-partito

Francia, Le Pen in testa ai sondaggi: “Pronta a fare primo ministro di Hollande”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... e/1111635/

Anche il Portogallo ha il suo “Podemos”
http://informazioneconsapevole.blogspot ... demos.html

....

E l'Italia?! Cosa aspetta?!!?

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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 03/02/2015, 22:51 
l'italia non aspetta; siamo ormai atrofizzati dalla tv.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 05/02/2015, 00:52 
LA FINE DELL’EURO PASSA DA BERLINO, NON DA ATENE:
LA GERMANIA VUOLE SFASCIARE TUTTO E CI STA PER RIUSCIRE


ar_image_4027_l.jpg


http://www.ilnord.it/c-4027_LA_FINE_DEL ... R_RIUSCIRE

mercoledì 4 febbraio 2015

Che piaccia o meno quello che sta facendo il nuovo governo eletto in Grecia una settimana fa, un fatto è certo: nè ad Atene nè a Bruxelles e tanto meno a Francoforte, tutto rimarrà come prima delle elezioni. Può andare a finire in tanti modi, la crisi greca, tranne che un uno: lasciandola lì come stava col predente governo. Quelli del “tanto peggio, tanto meglio” in questi momenti attaccano l’esecutivo Tsipras perchè non ha detto chiaro e tondo che l’euro è da abbandonare, come se non lo sapessero, personaggi del calibro di Varoufakis, economonista di statura mondiale. O peggio, come se non lo volessero.

Cretinate un tanto al chilo.

La strategia del gruppo dirigente di Syriza al contrario è intelligente, solo che per comprenderla bisogna esserlo, un filo intelligenti. E magari capirne di politica. Tsipras sta gettando luce nelle stanze buie delle oligarchie finanziarie della Ue, che se fregano del popolo greco, della fame, della miseria, dei sucidi aumentati del 35% e passa in 3 anni. Loro, i banksters, guardano solo ai soldi e proprio per questo, Tsipras li sta smascherando, di più, li sta combattendo con le loro stesse armi, che sono le architteture finanziarie fatte di swap, perpetual bond, marchingegni d’alta finanza che usa proprio contro questa feroce alta finanza.

Imbarazzante, vero?

Inoltre, il nuovo governo ha stanato anche i governi servi dei banksters, come quello italiano e quello socialista francese. Varoufakis e Tsipras li sono andati a cercare, a casa loro. Li hanno messi con le spalle al muro, costringendoli a dire da che parte stanno, se da quella della troika o da quella del popolo, oggi greco, domani italiano, spagnolo, francese, portoghese. Renzi a denti stretti è stato costretto a riconoscere d’essere un servo degli oligarchi finanziari Ue. Varoufakis gli ha sbattuto in faccia la realtà dell’Italia: “avete rispettato le regole di bilancio che vuole Bruxelles, avete applicato le indicazioni della Ue, ma il vostro debito pubblico è insostenibile e continua a crescere. Le regole, quindi, sono sbagliate e proprio voi italiani ne siete la prova”. Renzi a balbettato che “il nostro governo è diverso dal vostro”, una scemenza ovviamente. Perchè nel merito dell’analisi di Varoufakis non ha potuto contestare nulla.

Vittoria di Pirro? Solo dialettica? Sbagliato.

La verità è che la Grecia ha vinto. Ha vinto perchè è “l’errore di sistema” che dimostra che il sistema stesso sia un errore e come tale andrà in pezzi. Il governo greco sa – e ha anche ammesso – che la Grecia “è in bancarotta”. Ma forse è una novità? E’ semplicemente una constatazione della realtà conosciuta da tutti i vertici della Ue e da tutti i governi della zona euro. Ma taciuta, nello stile rivoltante di questi governi corrotti e venduti.

L’italiano medio oggi ha “scoperto” che i governi Monti-Letta-Renzi hanno “prestato” 40 miliardi di euro alla Grecia. Peccato sia una menzogna, una bufala se preferite. L’Italia non ha prestato un solo centesimo, alla Grecia. La Ue ha estorto 40 miliardi di euro all’Italia – denaro che neppure aveva – e li ha piazzati nel Fondo salva stati (dicitura anch’essa falsa e fuorviante) per poi “prestarli” alla Grecia che a sua volta li ha girati ai creditori esteri, ovvero alle banche tedesche, francesi, di mezza Europa (tranne che italiane, rimaste intelligentemente fuori dagli affari in Grecia), che vantavano crediti da banche greche. Punto. Così, quelli che erano debiti finanziari tra istituti di credito privati, sono diventati debiti “europei” in capo alla Ue, alla Bce e all’Fmi (questi ultimi in minima parte, rispetto il totale).

E le casse dello stato greco sono sempre rimaste vuote. Giroconti, artifici contabili, marchiati dall’usura, con tassi usurai che oggi giustamente fanno dire al ministro Varuofakis “noi siamo disposti a ripagare il debito primario, ma gli interessi vanno congelati e rinegoziati” Apriti cielo! Gli interessi rappresentano tra il 30 e il 40% del totale. Tassi d’interesse da camorristi, da criminali della banda della Magliana.

Così l’Italia se vuole davvero indietro questi 40 miliardi, li pretenda da chi se li è messi in tasca, la Ue, per farne quello che ha voluto senza chiedere di sicuro il permesso al governo italiano. D’altra parte, s’è mai visto un padrone chiedere permesso a un servo? Appunto.

Allora vedete che le cose stanno diversamente da come ve le raccontano. Non c’è dubbio alcuno che la situazione greca evolverà e cambierà radicalmente, in un modo o nell’altro e con un punto fermo: nè la Ue nè l’euro come moneta rimarranno come sono adesso.

La Germania intende respingere tutte le proposte della Grecia, quindi le probabilità della bancarotta dello Stato ellenico sono molto alte. Così pure, sono molto alte le probabilità che l’euro subisca un terremoto. Difficilmente supererà il default di Atene indenne. E non si tratta di un deprezzamento, che sarebbe per altro buona cosa, ma del suo smembramento. I danni finanziari che verranno inferti alla Bce e alla Ue come istituzione, saranno formidabili e impossibili da ripianare senza una radicale modificazione della valuta unica europea.

Poi, espellere la Grecia dall’euro significa anche espellerla dall’Unione europea. Laddove si rompesse il vincolo di solidarietà – che concetto misterioso, vero? – tra i Paesi dell’eurozona, che senso mai avrebbe che rimasse nella Ue, dentro lo scatolone vuoto d’ogni valore e significato che non sia finanziario?

Berlino sta giocando una partita mortale. Nella quale nessuno dei giocatori vincerà. Come avevamo previsto già un anno fa, la fine dell’euro viaggia veloce, come un missile termonucleare. Ma questa fine sarà la peggiore di tutte le possibili, sarà sgangherata e velenosa, produrrà contrasti e divergenze che non si risolveranno in un breve arco temporale.

Se il governo italiano avesse un minimo di intelligenza politica, oggi dovrebbe fare anche l’impossibile per avviare un percorso di scioglimento dell’euro che non passi dalle mannaie tedesche.

Ma non accadrà. La storia si ripete. L’Italia seguì la Germania già un’altra volta. E finì male. Molto male, se avete mai letto un libro di storia.

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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 17/02/2015, 14:14 
Come la vedete questa cosa?

Un messaggio inquietante... Una dichiarazione che sembra essere un segnale inequivocabile, il preludio al disastro che sta per compiersi nel nostro continente.

Gli ebrei devono lasciare l'Europa? Polemica dopo l'invito di Netanyahu
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/giu ... 94592.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 17/02/2015, 14:18 
E' partito il "si salvi chi può" :) Evidentemente c'è qualcosa che bolle in pentola, come nel caso del 9\11



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 17/02/2015, 15:09 
Atlanticus81 ha scritto:
Come la vedete questa cosa?
Gli ebrei devono lasciare l'Europa? Polemica dopo l'invito di Netanyahu
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/giu ... 94592.html


Sembrerebbe ricondurre ad una strategia del terrore tesa a "favorire" la migrazione in Israele.

[:291]

In fin dei conti sarebbe proprio l'obiettivo principale del movimento sionista, fin dalla sua istituzione.

[:291]



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 17/02/2015, 15:56 
Mi sembra ci siano profezie legate alla fine dei tempi anche a parlare di questo aspetto... o sbaglio?

Profezie connesse alla "riedificazione del tempio di Gerusalemme", forse da leggere e interpretare in chiave metaforica.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 17/02/2015, 15:58 
Direi che su questo non ci piove.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 18/02/2015, 20:49 
La partita a scacchi dell’Eurozona è entrata nella sua terza e ultima fase. La Germania ne esce vincitrice in tre mosse - Euro, deflazione e acquisti di debito pubblico da parte della BCE (QE) – con cui in questi anni ha saputo massimizzare i suoi profitti e azzerare i suoi rischi di creditore d’Europa.

I rischi della Germania
Proviamo ad analizzare i problemi dell’Eurozona puramente per quello che sono: problemi di interessi contrastanti tra creditori e debitori regolati da domanda e offerta. Nel momento in cui concedi un prestito al tuo vicino puoi andare incontro a tre rischi:
• Che te lo ripaghi in una moneta diversa e magari svalutata se non vi siete messi d’accordo prima su quale moneta utilizzare per la restituzione (rischio di valuta);
• Che con la somma che riceverai indietro ci comprerai meno beni e accumulerai meno patrimonio (rischio di inflazione);
• Che tu non abbia nè il primo nè tanto meno il secondo dei problemi perchè il tuo vicino semplicemente fallirà e quindi perderai tutto (rischio di capitale).

Come lucra la Germania
La Germania e’ l’unico grande creditore dell’Eurozona per circa 600miliardi di euro verso vari paesi soprattutto periferici dell’Eurozona, inclusa l’Italia. L’euro le ha dato questo status invidiabile. Se produci tanto mentre consumi e investi pochissimo tenendo salari e prezzi bassi a casa tua, ti restera’ sempre merce a buon prezzo non consumata nel tuo paese da vendere ai tuoi vicini. E potrai anche lucrare sul credito che loro probabilmente ti chiederanno per poter acquistare i tuoi beni tanto belli e a buon mercato. Questa è la posizione della Germania, un atteggiamento mercantilista che in realtà ha sempre avuto nelle faccende europee sin dal 1870 e che affonda le sue radici nel calvinismo. Vendere e prestare alla periferia d’Europa è stata dunque l’attività economica preferita della Germania quando tutto andava bene, prima della crisi del 2008. Rientrare di tali crediti e tutelarne il potere d’acquisto e’ invece diventato l’unico obiettivo da li in poi. L’euro ha dunque certamente risolto il primo dei rischi di ogni creditore, quello del cambio. Con l’introduzione dell’euro infatti la Germania ha fatto la prima mossa sulla scacchiera e ha potuto aprire il rubinetto dei suoi prestiti all’Eurozona e inondarla delle sue ottime merci, certa di ricevere indietro la stessa valuta forte che prestava. Con lo scoppio della crisi nel 2008 era appunto arrivato il momento per la Germania di fare la seconda mossa e rientrare dei suoi capitali, certa si di riaverli in moneta non svalutata, l’euro appunto, ma con tempi e modi tutti da gestire tra banche al collasso e Grecia prossima al fallimento.

Il controllo dell'inflazione
Controllare il secondo rischio, l’inflazione, diventava dunque prioritario per i tedeschi. L’inflazione infatti fa si che il valore reale del denaro diminuisca nel tempo, proprio quel tempo di cui aveva invece bisogno la Germania per rientrare. Non le bastava dunque riprendersi quei 600 miliardi con cui aveva ‘drogato’ la periferia d’Europa, il che già sarebbe stato un bell’affare viste le condizioni attuali dell’eurozona. Ingorda invece, la Germania non si è fatta scrupoli dei propri debitori pur di non perderci 1-2% di inflazione che avrebbe dato loro un po’ di respiro. ‘Tutto e subito’ è stato il motto di Berlino che così dal 2008 non fa altro che comprare più tempo possibile cercando di pagarlo il meno possibile grazie al regime di austerità imposto ai suoi debitori così scaricando su di loro il costo del suo atteggiamento egemone. La Grecia e la deflazione sono appunto due di questi costi.

L'agonia della Grecia
La Grecia era fallita nel 2010 ma riconoscerlo significava imporre perdite pesanti alle banche francesi e tedesche esposte a quel tempo per circa 100 miliardi di euro. Si è preferita invece la lenta agonia del paese sotto la Troika in modo da avere il tempo per trasferire le esposizioni dalle banche private ai fondi di salvataggio europei a cui contribuisce anche l’Italia. Così la Germania ha privatizzato nelle sue banche i guadagni fatti nel fornire steoridi all’economia greca prima della crisi per poi socializzare le perdite ed imporle a tutti i cittadini europei, italiani inclusi, quando il giocattolo si è rotto. Quanto ci è costato questo scherzetto? Non lo sappiamo ancora, dipendera’ dalla trattativa che sta conducendo Tsipras. Abbiamo 40 milardi di esposizione alla Grecia a rischio nel Fondo Salvastati. Se va bene ci sono dai 10 ai 15 milardi di perdite che Deutsche Bank anziche’ imporre ai suoi azionisti nel 2010 ha cortesemente trasferito a noi oggi grazie a Frau Merkel ed al governo Monti di allora.

Il circolo vizioso della deflazione
La deflazione è un costo meno tangibile e quantificabile di quello del fallimento greco ma certamente maggiore. A prima vista la deflazione sembrerebbe ideale: pago meno la merce che consumo e dunque risparmio di più. Il problema è che non calano solo i prezzi ma anche i redditi. Spendo meno ma anche gli altri non comprano quello che io produco quindi guadagno meno e dunque spendo ancora meno. Il circolo vizioso si crea proprio perchè con la deflazione aumenta il valore reale del denaro nel tempo, se ne spende dunque meno rinviando consumi e investimenti. A fronte di un reddito che cala però gli interessi da riconoscere sul proprio mutuo restano invariati e diventano piu’ problematici da corrispondere visto il proprio reddito in calo. E quindi il carico del debito aumenta. Ecco in che modo il nostro rapporto debito / PIL sia andato da 110% nel 2008 a 140% oggi.

Germania "chiagni e fotti"
La BCE è stato il crocevia delle decisioni prese negli ultimi anni tra gli interessi dei creditori e quelli dei debitori. La sostanza è che finora ha stravinto la Germania nel ritardare con la sua seconda mossa sullo scacchiere sia il fallimento della Grecia che l’intervento di acquisti di debito pubblico con moneta nuova di stampa (QE) da parte di Draghi, foriero, si teme in Germania, di inflazione appunto. Abbiamo dovuto attendere l’inflazione in negativo per dare alla BCE la forza di imporre il QE alla Germania, nonostante l’obiettivo dichiarato della BCE sia un’inflazione prossima al 2%. Di nuovo la Germania ha comprato piu’ tempo che ha potuto rendendo l’intervento di Draghi tardivo di almeno due anni e anche per questo destinato all’insuccesso nel suo obiettivo di stimolare la crescita. ‘Meglio di niente, si obiettera’, intanto ora abbiamo il QE con la Banca Centrale che finalmente puo’ comprare titoli di stato e svalutare l’Euro per il beneficio del nostro export. La Germania per una volta è all’angolo. Non è così. Sarà ancora una volta la Germania a beneficiare dal nuovo corso di Draghi mentre fa finta di lamentarsene sui media di regime in perfetta continuità con l’approccio ‘chiagni e fotti’ che ha seguito fino ad ora.

La svalutazione dell'euro avvantaggia la Germania
Innazitutto la svalutazione dell’Euro ci dirà tra un anno che la quota di export tedesco rispetto a quello italiano è aumentata. L’Euro aiuta le nostre merci ma ancor di piu’ quelle tedesche. La svalutazione dell’euro non solo non risolverà gli squilibri infra eurozona, ma li aggraverà rendendo più forte chi già lo è. Ma soprattutto con il QE siamo entrati nella terza e ultima mossa della Germania: tutelarsi dal terzo rischio, quello appunto di fallimento dei suoi debitori. Come interpretare altrimenti la mancata condivisione del rischio all’interno del QE? Secondo il programma di Draghi a settembre del 2016 la nostra Banca d’Italia avra’ comprato circa 100 miliardi di BTP con soldi stampati in BCE. Il rischio pero’ su tale acquisto restera’ italiano e quindi quando arrivera’ il default, perche’ avverra’ e lo sappiamo tutti, sara’ il capitale di Banca d’Italia e cioe’ noi a dover coprire la perdita. Ci saranno due modi: o con maggiori tasse o vendendo le nostre riserve auree in Banca d’Italia - ammesso che siano ancora nostre adesso che la Banca d’Italia e’ stata privatizzata e venduta alle banche.

Lo scacco matto della Germania
Il QE dara’ insomma alla Germania il tempo necessario per raggiungere l’ultimo obiettivo che le rimane per lo scacco matto: levarci giurisdizione nazionale su piu’ debito possibile e dunque ridurre il piu’ possibile il suo rischio in conto capitale. Solo il debito emesso sotto giurisdizione italiana e’ ridenominabile in una nuova valuta e quindi in grado di imporre perdite ai creditori esteri, Germania in primis, via svalutazione della nuova moneta di conto. Oggi tale quota e’ circa 93%. Significa che solo il 7%, non piu’ di 150 miliardi di debito pubblico, non e’ ridenominabile e va dunque da contratto rimborsato in euro. Assumendo una svalutazione del 30% implica che il costo dell’Euroexit per l’Italia sul suo debito pubblico non era maggiore di circa 50 miliardi di euro prima del QE. Con il QE di fatto questo numero e’ salito a circa 80 miliardi visto che in caso di fallimento il costo di un haircut diciamo al 30% su 100 miliardi di BTP che comprera’ Via Nazionale graverebbe tutto su di noi. Ristrutturazione del nostro debito o uscita con svalutazione della nuova moneta sono infatti lo stesso rischio di capitale agli occhi del creditore teutonico.
Da adesso in poi dunque l’unica cosa che conterà per noi italiani nella partita ‘creditore contro debitore’ è non perdere giurisdizione sul nostro debito, mantenendo il diritto di poterlo ridenominare e dunque il beneficio in caso di uscita. L’obiettivo della Germania sarà esattamente l’opposto: levarci giurisdizione sul debito in modo da far aumentare il costo di una uscita per noi a proprio vantaggio, continuando cosi’ a tutelare gli interessi dei creditori, la cosa che sa fare meglio.
Se attendiamo troppo ad uscire dall’Euro la Germania darà scacco matto e dopo aver incassato i benefici del nostro ingresso nell’Euro incasserà anche quelli di una nostra uscita.



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 18/02/2015, 22:52 
Olanda al voto in marzo, in testa il PVV di Wilders

LONDRA – Probabilmente sono in pochi a sapere che il 18 marzo prossimo gli elettori olandesi andranno alle urne per rinnovare i 12 consigli provinciali.

Queste elezioni non hanno solo una valenza politica locale, ma avranno anche un risvolto nazionale visto che a maggio tali assemblee dovranno rinnovare la camera alta del parlamento di Amsterdam, che ha diritto di veto sulle leggi votate dalla camera bassa.

Queste elezioni potrebbero sembrare di poca importanza se non fosse per il fatto che ad essere in testa ai sondaggi e’ il Partito della Liberta’ di Geert Wilders il quale avrebbe il 20% dei consensi, un aumento enorme rispetto alle elezioni europee del 2014 dove aveva ottenuto il 13,3%.

Infatti una vittoria di Wilders alle elezioni locali creerebbe problemi enormi al governo visto che il suo partito potrebbe porre il veto su tutti gli atti legislativi approvati dalla camera alta e cosi facendo paralizzerebbe i lavori dell’esecutivo.

Come e’ facile immaginare, i motivi di questa enorme popolarita’ sono da ricercarsi nell’opposizione all’euro e alle politiche di austerita’ imposte dall’Unione Europea nonche’ nella volonta’ degli olandesi di porre fine all’arrivo di immigrati provenienti dai paesi musulmani.

Ovviamente non e’ un caso che la popolarita’ di Wilders abbia raggiunto il picco dopo l’attentato terroristico di Parigi e giustamente gli olandesi hanno deciso di appoggiare l’unico politico, che da anni chiede di chiudere le frontiere ai musulmani e cacciare via tutti coloro che non si vogliono integrare, perche’ sono stufi di questa situazione e vogliono dare un segnale fortissimo alla classe dirigente olandese e ai parassiti di Bruxelles.

Non c’e’ che dire, il vento dell’euroscetticismo soffia sempre piu’ forte e da parte nostra ci auguriamo che possa diventare presto un uragano e possa spazzare via non solo l’Unione Europea ma anche tutte le classi politiche corrotte che hanno danneggiato enormemente la povera gente.

http://www.piovegovernoladro.info/2015/ ... -dalleuro/



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MessaggioInviato: 20/02/2015, 16:07 
Dal declino dell'Europa può nascere una nuova speranza!

‘Non mi piace che la sovranità militare dell’Europa dipenda dalla NATO’, Pablo Iglesias, leader di Podemos

Il leader del partito Podemos, Pablo Iglesias, si dice contrario che “la sovranità militare dell’Europa dipenda dalla NATO.” Il politico sostiene che il continente ha bisogno di un sistema europeo di protezione della pace.

“Penso che abbiamo bisogno di una nuova leadership per difendere la pace . (…) Non mi piace la sovranità militare in Europa dipenderà NATO. Penso che dobbiamo proteggere la pace “, ha detto politico spagnolo in una intervista concessa al portale ‘DemocracyNow’.

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Iglesias ha anche detto che “la politica degli Stati Uniti per quanto riguarda il Medio Oriente a volte porta più problemi che soluzioni”, aggiungendo che “lo strumento militare per affrontare il terrorismo a volte non è utile “.

Nelle sue parole, il conflitto tra Israele e Palestina “è un disastro completo.” “Israele viola il diritto internazionale e penso che la comunità internazionale dovrebbe esercitare una certa pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale”

Allo stesso modo, il leader di Podemos ha sottolineato che l’Europa ha bisogno di buone relazioni con la Russia. “Alcune potenze europee hanno sostenuto un colpo di stato in Ucraina , e questa non è una buona mossa. E ora gli europei sono in pericolo”, ha detto.

http://www.sapereeundovere.it/non-mi-pi ... i-podemos/



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 24/02/2015, 20:17 
Esteri

Ucraina, Grecia, Libia, e ora (di nuovo) i Balcani. L’Europa non è mai stata così divisa da quando è unita


La crisi ucraina, la Grecia a rischio default, la Spagna e la Gran Bretagna. L’immigrazione scaricata sulle spalle dell’Italia e il Califfato alle porte. Tutte i dossier che rischiano di mandare l’Europa in cocci



Non per menar gramo, ma la prima grande espansione islamica fuori dalla penisola arabica, quella che ebbe luogo fra il 632 e il 661, fu resa possibile da una congiuntura storica molto particolare: la crisi contemporanea dei due grandi imperi dell’area, quello bizantino e quello persiano, esausti dopo un secolo di guerre combattute fra di loro. I fino ad allora militarmente insignificanti predoni beduini divennero un’armata di conquistatori inarrestabili grazie al combinato disposto della loro integrazione politica, religiosa e militare nell’islam e del dissanguamento finanziario e militare di persiani e bizantini. Vedere oggi la Nato e la Russia agitarsi sul ciglio del burrone ucraino, esposte alla mossa falsa che potrebbe trascinarle in una guerra rovinosa, mentre sull’altra sponda del Mediterraneo appaiono le prime bandiere nere fedeli al Califfato proclamato otto mesi fa in Iraq, qualche brivido lo fa venire. Sembra la ripetizione della coincidenza storica che quattordici secoli fa favorì l’ascesa del Califfato, quello vero. Sembra.

Il logoramento reciproco fra imperi stanchi che apre le porte all’imprevisto storico di un nuovo sistema politico, religioso e militare barbaro – a quel tempo la barbarie fu solo iniziale, seguì una fiorente civiltà; cosa succederebbe oggi è meglio non pensarci – può essere un’illusione ottica o una suggestione giornalistica. Invece l’ennesima dinamica di dis-integrazione europea che l’azzardo ucraino ha messo in moto è un’evidenza sotto gli occhi di tutti. Non è colpa della Mogherini o di Donald Tusk se le massime cariche dell’Unione Europea sono state completamente ignorate da Angela Merkel quando settimana scorsa la cancelliera tedesca ha preso in mano le redini della gestione della crisi ucraina e ha incontrato gli attori decisivi del conflitto a Kiev, Mosca e Washington, condizione inevitabile di una mediazione che portasse al cessate il fuoco. Per salvare le apparenze di una certa qual solidarietà e leadership collettiva europea si è portata dietro (a Mosca ma non a Washington) François Hollande, imbarazzato nel ruolo della spalla francese del primattore tedesco. Ma stavolta nessuno può accusare la Germania di arroganza: solo il paese guida dell’Unione poteva prendere l’iniziativa, perché a Bruxelles non c’è affatto unanimità sulla linea da seguire.

Tutti e 28 i paesi a suo tempo incoraggiarono l’accordo di associazione con l’Ucraina e ignorarono i mal di pancia russi. Ma adesso che l’accordo è firmato ed è già costato la secessione di una regione (la Crimea), un’insurrezione separatista in altre due (il Donbass) e il coinvolgimento delle forze armate russe nella crisi, l’Unione Europea si spacca come una mela sul da farsi. Si ripropone, con pochi cambiamenti di allineamento, il dualismo fra paesi della Vecchia Europa e paesi della Nuova Europa che tormentò l’Unione al tempo dell’intervento anglo-americano in Iraq. Ci sono i falchi che vorrebbero armare l’esercito ucraino e magari inviare reparti Nato sul posto per fermare quella che definiscono un’aggressione russa; e ci sono le colombe che vorrebbero fare concessioni alla Russia per mettere fine alla crisi il prima possibile. Nel primo elenco compaiono Polonia, i tre paesi baltici, Finlandia, Svezia, Norvegia (che non è Ue ma è Nato), Danimarca, Olanda, Regno Unito e Romania; nel secondo Germania, Francia, Italia, Spagna, Ungheria, Austria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Grecia, Cipro e Bulgaria.

Immagine

Il giochetto di russi e americani

Dividere gli europei e giocarli gli uni contro gli altri è sempre stato lo sport preferito di americani e russi (e sovietici prima di loro); Washington e Mosca amano l’Europa unita solo nella misura in cui quell’unità può essere usata per relativizzare la potenza del rispettivo avversario egemonico. Ma al di là delle logiche delle superpotenze (o ex superpotenze) c’è il dato di fatto che la crisi ucraina ha rivelato una linea di faglia obiettiva all’interno dell’Unione Europea per quanto riguarda i rapporti con la Russia: per le grandi economie dell’Europa centro-occidentale (Germania, Francia, Italia, Spagna) Mosca rappresenta una grande opportunità di sviluppo economico nell’ottica dello scambio energia-prodotti industriali finiti, e di riequilibrio strategico del rapporto di dipendenza dagli Stati Uniti; per Polonia, Finlandia, paesi baltici, Ucraina e Romania, invece, la Russia semplicemente non dovrebbe esistere come centro politico e militare, perché questa sarebbe l’unica vera garanzia di esistenza duratura dei loro paesi nella forma dello Stato nazione indipendente. Che governino gli zar, i bolscevichi oppure Putin, non cambia nulla: per loro la Russia è il paese che prima o poi cercherà di espandere la propria schiacciante influenza o i propri confini dentro ai loro territori. La Storia è lì a giustificare questa convinzione.

Il dramma dell’Unione Europa è che la dinamica di disintegrazione messa in moto dalla questione del rapporto con la Russia va ad aggiungersi ad altre dinamiche di disintegrazione che potrebbero toccare il loro acme tutte nel corso del 2015: la disintegrazione finanziaria (vedi la Grecia a rischio di default e di uscita dall’euro), la disintegrazione politica (vedi l’indizione di un referendum per l’uscita del Regno Unito da Bruxelles nel 2017 se il governo conservatore uscente di David Cameron vincerà le elezioni politiche quest’anno) e la disintegrazione militare (vedi l’uscita della Spagna dalla Nato se Podemos vincerà le elezioni del prossimo novembre). Gli ottimisti dichiarano che, anche nella peggiore delle ipotesi (cioè il contemporaneo avverarsi di Grexit, preludio del Brexit e vittoria di Podemos in Spagna), il nucleo restante di Unione Europea uscirebbe rafforzato dalla cura di dimagrimento, perché «risulterebbe meno arduo porre in essere politiche comuni», come ha scritto Giuseppe Sacco su Limes dell’ottobre scorso. Ma con la svalutazione dello yuan cinese alle porte, il braccio di ferro con Mosca in corso, l’Isis affacciato sulla sponda sud del Mediterraneo è molto più facile che disintegrazione produca altra disintegrazione.

Tsipras non ha minacciato l’uscita della Grecia dalla Nato come fa Pablo Iglesias in Spagna, ma il primo ambasciatore straniero che ha incontrato dopo la vittoria elettorale è stato quello russo, ha manifestato la contrarietà greca a nuove sanzioni contro Mosca (e il voto contrario di Atene corrisponderebbe a un veto) e il suo ministro degli Esteri è volato nella capitale russa per farsi fotografare con Lavrov, mentre quello della Difesa (Panos Kammenos, il leader della destra nella coalizione rosso-nera) spiega che la Grecia, snobbata da Bruxelles, può ancora scegliere se chiedere prestiti agli Usa, alla Russia o alla Cina.

L’afflusso di immigrati clandestini attraverso il Mediterraneo non è mai stato un argomento che abbia favorito l’integrazione europea, anzi: l’Italia e Bruxelles da sempre tirano a fregarsi, la seconda trattando il fenomeno come un affare principalmente italiano in ragione del dettato della convenzione di Dublino, la prima lasciando passare sul suo territorio senza controlli centinaia di migliaia di stranieri che hanno per meta finale non il Belpaese ma le aree nordiche. Il peggioramento della situazione in Libia non farà che acuire le tensioni, gli appelli alla solidarietà continentale di fronte alla minaccia del consolidamento delle posizioni dello Stato islamico sulle coste libiche gioveranno a poco. Minaccia che in realtà è sbarcata da tempo sul suolo europeo. Non solo sotto forma di terroristi isolati che colpiscono dalla Francia alla Danimarca (più quelli coinvolti negli attacchi sventati in una mezza dozzina di paesi), ma di controllo del territorio: è di dieci giorni fa la notizia delle bandiere dell’Isis issate sopra le case del villaggio di Gornja Maoca, nel nord-est della Bosnia.

Bosnia significa Balcani. Ed è qui – e non nella regione dei paesi baltici, come tanti, compresa la Nato, pronosticano – che dobbiamo aspettarci l’avvio di nuovi processi di disintegrazione favoriti dalla Russia per ritorsione all’accordo di associazione dell’Ucraina all’Unione Europea. Lo hanno capito bene i tedeschi, i più interessati all’integrazione dei Balcani nell’Unione. Ha spiegato Elmar Brock, l’europarlamentare della Cdu presidente della Commissione affari Esteri: «Lo scopo di Putin è di esercitare sugli stati balcanici una pressione sufficiente a farli rinunciare all’adesione a Bruxelles, oppure a far sì che, una volta membri, influenzino le risoluzioni europee in senso pro-russo».

Serbia, Bosnia e Montenegro, candidati all’accesso all’Unione, sono al centro delle attenzioni di Mosca che le corteggia con un misto di retorica panslavista, memoria storica antinazista e investimenti imprenditoriali e infrastrutturali. Questi ultimi significano che un terzo delle imprese del Montenegro è di proprietà di soggetti russi e che in Serbia l’ammodernamento del sistema ferroviario, la gestione delle stazioni di servizio del carburante per autoveicoli e le forniture di gas sono in mani russe. Ma soprattutto lo sono i cuori e le menti: nell’ottobre scorso a Belgrado le celebrazioni per la liberazione dall’occupazione nazista sono state anticipate di quattro giorni per farle coincidere con la visita di Stato di Vladimir Putin, il quale è stato insignito della più alta onorificenza dello stato. Tutto ciò all’indomani dell’annessione della Crimea alla Russia, che la Serbia ha formalmente condannato e per la quale approva il regime di sanzioni europee contro Mosca.

La pazienza strategica

Infine c’è il cavallo di Troia della Russia nell’Unione Europea: la Bulgaria. Il paese dipende da Mosca per l’85 per cento delle sue forniture di gas e per il totale di quelle di energia nucleare; la Lukoil possiede l’unica raffineria del paese e 300 mila russi hanno acquistato proprietà immobiliari nel paese negli ultimi anni. Se Sofia pone il veto, politiche energetiche europee volte a ridurre la dipendenza europea dal gas russo restano al palo.

Di fronte alle sfide attuali la politica promossa dalla Germania coincide con la «pazienza strategica» recentemente predicata da Obama: l’Europa deve convincere greci e britannici, spagnoli e balcanici, che l’integrazione europea resta la scelta migliore per difendere il loro interesse nazionale. E in Ucraina deve congelare il conflitto e puntare sullo sviluppo economico e istituzionale di Kiev per mostrare ai separatisti del Donbass che la loro scelta filo-russa è sbagliata. Resta il fatto che la crisi ucraina vede la responsabilità di Berlino in primo piano: sono stati i tedeschi, e non gli americani, ad accelerare il processo di associazione dell’Ucraina all’Unione, per potersi accaparrare quel mercato sottraendolo a Mosca. Ancora una volta l’egoismo nazionale tedesco ha danneggiato l’integrazione europea.

http://www.tempi.it/ucraina-grecia-libi ... OzMrY6GVmM



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 02/03/2015, 16:15 
SALTA UNA BANCA AUSTRIACA E PAGHERANNO I RISPARMIATORI. POTREBBEACCADERE ANCHE IN ITALIA
Vi ricordate le nuove regole di risoluzione delle crisi bancarie in Eurozona, secondo le quali, in caso di dissesto di qualche banca, saranno i risparmiatori a pagarne le conseguenze? Pare che sia l'Austria ad inaugurare la stagione dei salvataggi bancari a carico dei risparmiatori. Quello che c'è da sapere al riguardo, avete avuto modo di leggerlo già in questi pixel. E' qualcosa che potrebbe accadere anche in Italia? SI
Vi ricordo che non tutte le banche sono uguali e scegliersi la banca giusta è fattore fondamentale per salvaguardare i risparmi e l'integrità del patrimonio.



Il ministero delle finanze austriaco ha deciso di non supportare la bad bank Heta dell'istituto di credito Hypo Alpe Adria dopo che questa ha dovuto far emergere perdite di 8,7 miliardi di euro. E' quanto informa la Bloomberg, secondo cui si applicheranno così per la prima volta le regole europee del 'bail in' che impongono perdite anche ai creditori.

In particolare l'autorità di vigilanza austriaca Fma ha ordinato una moratoria dei debiti della Heta fino al 31 maggio 2016. L'Heta, la band bank dell'istituto Hipo Alpe-Adria finito in gravi difficoltà finanziarie, ha un bond da 450 milioni in scadenza venerdì e uno da 500 il 20 marzo. Questi rimborsi non saranno rispettati, La Heta ha già presentato un conto da 5,5 miliardi ai cittadini austriaci, ma ne avrebbe avuti bisogno altri 7,6 miliardi oltre a quelli.

Il ministro delle Finanze ha spiegato che la decisione è stata presa dopo i primi risultati di un'analisi degli asset della banca. La Hypo Alpe Adria era stata nazionalizzata nel 2009, dopo che aveva realizzato insopportabili svalutazioni su crediti di cattiva qualità nei Balcani. Le autorità di Vienna hanno informato che rispetteranno le garanzie per 1 miliardo di euro su un debito subordinato emesso da Heta nel 2012. Fonte: Repubblica

Da Il Sole 24 Ore
Il ministero delle finanze austriaco ha deciso di non supportare la bad bank Heta dell'istituto di credito Hypo Alpe Adria dopo che questa ha dovuto far emergere perdite di 8,7 miliardi di euro. E' quanto informa la Bloomberg secondo cui si applicheranno così per la prima volta le regole europee del “bail in” che impongono perdite anche ai creditori. In particolare l'autorità di vigilanza austriaca Fma ha ordinato una moratoria dei debiti della Heta fino al 31 maggio 2016.
L'Heta, la band bank dell'istituto Hypo Alpe-Adria finito in gravi difficoltà finanziarie, ha un bond da 450 milioni in scadenza venerdì e uno da 500 il 20 marzo. Le autorità di Vienna hanno informato che rispetteranno le garanzie per 1 miliardo di euro su un debito subordinato emesso da Heta nel 2012. Fonte: Il Sole 24 Ore

http://www.vincitorievinti.com/2015/03/ ... ranno.html

..strano,ma nessuno di questa faccenda ne ha parlato...sara' pure questo un caso,o forse l'assoggettamento dell'informazione a poteri + forti................ [:294] [:294] [:287] [:287]


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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 06/03/2015, 09:37 
Le lobby in Europa sostituiscono la sovranità popolare: le conseguenze sui cittadini

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http://www.informarexresistere.fr/2015/ ... cittadini/

Le lobby condizionano scelte, direttive, regolamenti, comunicazioni della Commissione Europea
e non solo: ecco cosa può fare il popolo per difendersi avvalendosi del diritto di iniziativa.


Le Istituzioni comunitarie sono fondate sulle scelte fatte dagli esecutivi – ovvero Commissione e Consiglio d’Europa – e da un parlamento chiamato nella maggior parte dei casi a legittimare le scelte della Commissione.

Un potere lobbystico con 2600 uffici a Bruxelles condiziona scelte, direttive, regolamenti , comunicazioni.

L’unica lobby muta è quella dei cittadini il cui unico strumento di azione sul piano legislativo è il «diritto d’iniziativa» ai sensi dell’art.11 del TUE e art. 24 del TUEF.

Le discriminazioni si hanno anche nell’applicazione dei Trattati e nella elaborazione normativa.
La procedura per deficit scatta per il superamento del 3% del PIL e non si comprende perché la stessa scatti per il 6% di surplus commerciale.
La Germania da tre anni ha un surplus delle partite correnti che supera il 7,5% ma nei suoi confronti il Trattato non trova applicazione.

L’Unione Europea è governata da lobby e banchieri, che hanno stravolto l’idea originaria di unione tra popoli e questo “golpe” è scritto anche nei Trattati.

Il Parlamento Europeo che non conta nulla tranne che per costi e guarentigie, superato solo da una dissoluta burocrazia comunitaria.

La politica di austerità è connessa organicamente ai Trattati (TUE, TUEF).
I principi dei Trattati sono “interpretati e declinati” dalla Commissione, dal Consiglio d’Europa e dal Parlamento nelle aree di sua competenza.

Tutta l’architettura istituzionale comunitaria è strumentale alla realizzazione dei Trattati, compreso questo fantomatico Parlamento europeo, che è obbligato a muoversi e approvare quello che gli propone la Commissione UE.

La Commissione Europea, che svolge rigorosamente quanto scritto nell’art 17 del Trattato sull’Unione, “vigila sull’applicazione dei Trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei Trattati”.

Ma quali sarebbero gli obiettivi di questa Europa? Sono scritti pomposamente negli art. 2 e 3, ma sistematicamente nella realtà negati perché gli articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione (TUEF), che segnano questa Europa sono il 119 e il 120:

“GLI STATI MEMBRI E L’UNIONE AGISCONO NEL RISPETTO DEI PRINCIPI DI UN’ECONOMIA DI MERCATO APERTA E IN LIBERA CONCORRENZA”.

Oltre che dei banchieri, il potere reale in ambito UE è dei lobbysti che amano essere chiamati “consulenti in affari pubblici”.

Tempo fa una giornalista specializzata in inchieste sull’UE fece una ricerca scoprendo che i lobbysti avevano 2600 uffici a Bruxelles, ed erano 15 mila.
L’accusa mossa ai lobbysti è di essere loro i veri suggeritori della Commissione , di come fare le leggi promuovendo gli interessi di grandi gruppi industriali e finanziari.

Riscontri evidenti di comportamenti condizionanti o sostitutivi di chi detiene il monopolio della proposta d’iniziativa normativa è il caso della lobby delle sigarette, che dispone di 100 affiliati e le cui imprese hanno avuto una forte eco mediatico nella vicenda della regolamentazione più severa nell’uso del tabacco, e ostacolata da alcuni vertici burocratici della Commissione come la segretaria generale.

Rallentamenti e ostacoli che portarono alle dimissioni del commissario alla salute e sospetti sul presidente della Commissione e sull’Ufficio antifrode.

Forse la migliore rappresentazione di questa Unione della austerità espansiva ce l’ha donata anni fa un giornalista francese di nome Ruffin:

“ IL POPOLO HA IL VOTO, GLI INDUSTRIALI LE LOBBY. GRUPPI DI PRESSIONE CHE INDOTTRINANO GLI ELETTI E INFLUENZANO LA COMMISSIONE EUROPEA”.

Ruffin elabora questa rappresentazione dei rapporti in ambito UE partendo dalle dichiarazioni dell’uomo che per tre volte fu presidente della Commissione UE, Jacques Delors:

“I DIRIGENTI DELL’ERT (EUROPEAN ROUND TABLE OF INDUSTRIALISTS) SONO STATI ALL’AVANGUARDIA NEL SOSTENERE LA MIA IDEA”.

La grande idea di Delors? Lo sviluppo economico europeo affidato a un gruppo di grandi industriali, aggirando i parlamenti nazionali ed evitando di valutare le conseguenze sui milioni di cittadini del continente.

Nell’ultimo Rapporto dell’OCSE sul sistema lobbistico si legge che solo in cinque Paesi appartenenti all’UE hanno adottato il regolamento sulle lobby.

Piani di salvataggio bancari scaricati sui bilanci pubblici, direttive ammorbidite sulle questioni ambientali, ritardi inconcepibili nel deferimento alla Corte di Giustizia di Stati tacciono su reiterati comportamenti del sistema industriale che pregiudicano – e a volte attentano – alla vita delle persone; l’esito di un sistema lobbistico opaco, ma altamente efficiente.

Sarà un caso che un “serbatoio di pensiero” (think-tank) come Bruegel, che si occupa di economia internazionale, ha sede a Bruxelles come anche un gruppo dirigente di esponenti di 28 multinazionali e 16 Stati?

Alcuni nomi?
Microsoft, Google, Goldman Sachs, Samsung, Unicredit, il monopolista francese del gas Gdf, la Borsa di New York (Nyse).

Questi ingredienti dimostrano più di mille dibattiti.

Il baricentro delle politiche economiche sono gli artt. 119 e 120 dei Trattati, che rappresentano la dogmatica quanto utopica autoregolazione dei mercati, che si sono liberati sia dagli Stati che dal diritto.

La sovranità popolare è stata sostituita da quella dei mercati equilibrati da potentissime lobby e dai “ serbatoi di pensiero” generati da multinazionali.

In tale contesto appaiono patetici coloro che aspettano interventi a tutela degli interessi vitali di aree territoriali da parte di una partigiana Commissione Europea e di un Parlamento europeo, che tranne il giorno del voto non contano assolutamente nulla.

L’unica via percorribile è la costituzione di una lobby dei cittadini che dal basso, attraverso l’uso del diritto di iniziativa sancito nel Trattato di Lisbona, si riappropri della sovranità scippata .

Un numero minimo di firme raccolte pari a un milione, in 5 Stati e su specifiche proposte di legge possono rappresentare l’inizio di quella compartecipazione dal basso ad un processo legislativo dedicato alla salvaguardia di diritti fondamentali e di cittadinanza.

Iniziando da quello a tutela della salute.

Sabato ho partecipato alla 5° Conferenza Internazionale Update su Salute Ambientale Globale apprendendo dalla responsabile europea di Oms dati agghiaccianti sulla crescita delle patologie gravi che colpiscono sistematicamente tutte le fasce di età e che hanno la loro genesi primaria negli inquinati ambientali, che nel regno sovrano ed anarchico dei mercati sono considerati mere esternalità anche se uccidono.

Fonte: www.forexinfo.it



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 Oggetto del messaggio: Re: Il declino dell'Unione Europea
MessaggioInviato: 08/03/2015, 16:40 
Il mega-flop delle élite europee

Il Grande Progetto delle élite europee è fallito. Il piano di realizzare un super-stato europeo a colpi di trattati redatti da tecnocrati ed élite è affondato. La teoria di Monnet e dei funzionalisti, spinta all’estremo, ha fatto flop. L’idea era grandiosa, complessa e un po’ folle, come spesso accade ai politici francesi. Pochi in Italia la conoscono (nessuno la spiega sui grandi media); rinfreschiamoci la memoria.

Nella visione dei fondatori l’integrazione non era il risultato di un processo democratico, ma il prodotto della volontà di un élite illuminata. L’idea di Robert Schumann, Jean Monnet e dei funzionalisti era che la delega di alcune funzioni statali al livello sovranazionale avrebbe creato ulteriore spinta all’integrazione, sia grazie agli effetti positivi (che spingerebbero gli elettori a desiderare maggiore integrazione) sia per gli effetti negativi (integrazioni parziali mal funzionanti che richiederebbero ulteriore integrazione).

« L’Europa si farà attraverso le crisi e sarà la somma delle soluzioni apportate a queste crisi » Jean Monnet, Mémoires (1976)


Temo che Monnet non avesse idea della dimensione della crisi prodotta dai suoi epigoni …

Da un bel sito di politica si ricava il metodo dell’integrazione europea:

“Il principio era semplice: l’integrazione in specifici settori dell’economia o dell’amministrazione avrebbe portato all’integrazione in aree contigue attraverso un effetto che oggi chiameremmo di spill over; processi distanti, misteriosi, gestiti da tecnici e che si sottraevano – e tutt’oggi si sottraggono – al giudizio di cittadini e governanti. (…) Ciò che divideva Monnet da Altiero Spinelli (…) era il diverso modo di concepire le basi della legittimità della costruzione europea: che questa potesse esser calata dall’alto, giustificata ex-post dai risultati ottenuti, era nella logica stessa del funzionalismo. Dietro l’approccio monnettiano – che sin da allora ha diretto il processo di integrazione – era la sfiducia nelle opinioni pubbliche nazionali e nei governi dei Paesi membri; era lo scetticismo del burocrate del Quai d’Orsay – del tutto fondato – sulla possibilità di un’adesione spontanea dei cittadini d’Europa all’unione politica a spingerlo a cercare un processo che si sarebbe alimentato da sé, un processo che avrebbe reso inevitabile l’unificazione del continente lungo una linea che, di fatto, si sottraeva alla politica.”


Chiaro? In sintesi: freghiamocene dell’opinione dei cittadini, noi élite sappiamo meglio di loro cosa va fatto per il loro bene. Se i governi nazionali fanno resistenza li sostituiamo con tecnocrati ubbidienti a Bruxelles. Se i cittadini si ribellano, tramortiamo quegli imbecilli con strette monetarie, consolidamenti fiscali e deflazioni salariali. E per contorno una bella campagna di terrore sul mondo infernale fuori dall’UE e dall’euro, sul peccato originale di nascere in un paese di fannulloni e corrotti e sul luminoso esempio di nazioni nordiche virtuose e prospere grazie alle “riforme”.

Ancora, il compianto Padoa-Schioppa su euro:

« La strada verso la moneta unica assomiglia a una reazione a catena nella quale ogni passo ha risolto una contraddizione preesistente e ne ha generata una nuova che a sua volta ha richiesto un ulteriore passo avanti » Tomaso Padoa Schioppa, La lunga via per l’euro (2004)


Notare il tempo al passato, tutto ora è risolto …

Il metodo in pratica: con decisione autocefala delle élite e al di fuori di qualunque processo democratico sottraiamo agli Stati una funzione a capocchia (esempio: la sovranità monetaria). I cittadini apprezzeranno i benefici ma si incavoleranno per gli inevitabili problemi. La risposta altrettanto inevitabile delle élite all’incavolatura sarà sempre “più Europa”. Un circolo vizioso di cui tutte le élite nazionali sono socie (cit. Elio).

Disclaimer: Attenzione. lungi da me il criticare superficialmente Jean Monnet. Monnet era un grande personaggio, dalle grandi idee e dai risultati grandiosi (la Società delle Nazioni, la CECA, la CEE …). Sono i suoi mediocri imitatori a dover andare sul banco degli imputati. Mediocri imitatori che ben sapevano che il metodo Monnet aveva fatto il suo tempo, e che hanno continuato pervicacemente ad adottarlo pro domo sua. Ecco al proposito un rapporto di Dominique Strauss-Kahn consegnato a Romano Prodi nel marzo 2004:

« Oggi il metodo Monnet è arrivato all’esaurimento. Il disequilibrio che ha prodotto – competenze politiche via via più importanti affidate ad una istituzione di natura tecnica – provoca una crisi istituzionale profonda: l’Unione Europea è ammalata del suo deficit democratico » – Dominique Strauss-Kahn, 2004


Tutto chiaro. Non commento qui i disastri di questa politica della crisi permanente, i lutti e le rovine che sta ancora spargendo nel continente. Su Scenari Economici troverete materiale in abbondanza.

Vediamo invece cosa ne pensano i cittadini europei. Nella formula dei funzionalisti i cittadini avrebbero dovuto essere sempre più felici per i benefici dell’integrazione e sempre più europeisti come reazione alle “crisi”. Non è stato proprio così. Un bellissimo grafico estratto da qui (leggete tutto il report, ne vale la pena):

Immagine

E’ l’evoluzione della fiducia nell’Unione Europea, aggregata per aree geografiche, tra 1997 e 2013. Disastroso, nevvero? Il Sud Europa è passato dal 75% di fiducia nella UE del 2001 al 20% del 2013. Un mega-flop.

Del resto guardate alla vostra cerchia di conoscenti: persone che erano europeiste convinte oggi hanno perso ogni fiducia nell’Europa, in QUESTA Europa. Ed è così in tutta Europa.

Amici, prendiamone atto. La politica di Monnet e dei padri fondatori dell’Europa applicata in modo folle dai loro squallidi epigoni sta distruggendo il sentimento europeo e la fiducia nelle istituzioni europee. Il sentimento dominante in Europa è che le élite facciano solo gli interessi delle élite.

Salvare i banchieri dalle crisi bancarie, non i cittadini. Salvare i politici dalle crisi politiche delle nazioni in recessione per mantenere lo status quo. Salvare i fondi d’investimento dalle crisi immobiliari, non chi ha investito nella propria casa. Salvare l’euro, non le imprese e i lavoratori.

In breve: proteggere le élite dalla reazione democratica dei cittadini europei.

La situazione è pessima. E la risposta non potrà più essere il meccanico “più Europa” degli ultimi 20 anni, visti i risultati disastrosi.

http://scenarieconomici.it/mega-flop-de ... e-europee/



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