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10/02/2014, 12:11

Quando si dice che "Un altro mondo è possibile"...


La Grecia reinventa la sua economia: senza euro, senza intermediari e con autogestione operaia

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Nella foto della Reuters, raccolta dell’uva a Keratea, a est di Atene.

La Grecia lotta per reinventarsi. Sei anni di recessione e quattro di pesanti tagli hanno affondato le finanze del paese, che ha appena inaugurato ufficialmente la presidenza ellenica dell’Unione Europea, tra enormi misure di sicurezza che hanno trasformato Atene in una fortezza. Si è anche sgretolato lo spirito di una delle popolazioni più colpite d’Europa. In un paese con un tasso di disoccupazione superiore al 27% , dove negli ultimi cinque anni il numero dei poveri si è moltiplicato per sette, lo scoraggiamento non deve stupire.

Alcuni però si ribellano alla situazione. Il panorama favorisce la sperimentazione e i greci ne approfittano. Alcuni hanno poco da perdere, altri non hanno scelta: o trovano mezzi alternativi per guadagnarsi da vivere, o finiscono nell’indigenza.

Nelle città il lavoro scarseggia. Alcuni sono tornati nei villaggi dei padri o dei nonni, con l’obiettivo di cominciare una vita nuova e non pagare gli altissimi affitti delle grandi città. E’ il caso di Aristóteles Lucas, un greco corpulento che è passato dal completo giacca e cravatta a una tuta da lavoro grigia. Due anni fa lavorava nel campo farmaceutico; ora sta per finire un corso di agraria fuori Salonicco: “Se fossimo tutti indipendenti, i mercati che stanno affondando la Grecia crollerebbero”, spiega in un momento di riposo.

Secondo l’Associazione ellenica dei contadini, Aristóteles Lucas è uno degli oltre 40.000 greci che hanno affrontato la crisi tornando a lavorare la terra. Alcuni, come Aristóteles, hanno frequentato l’American Farm School, una nota scuola del paese, per perfezionare la loro tecnica. Negli ultimi anni la cosiddetta “università sul campo” ha visto triplicare i suoi studenti.

L’agricoltura è stata fondamentale per lo sviluppo dell’economia ellenica, ma ha perso importanza nei decenni di prosperità. Ora corrisponde solo al 3% del PIL, anche se il ritorno ai campi dei greci potrebbe elevare questa percentuale. Organizzarsi in cooperative rurali è ogni volta meno raro.

Altre alternative sono più estreme. Una decina di volontari si sono proposti di creare una comunità autosostenibile nell’isola di Eubea. Il loro obiettivo è non consumare più di quello di cui hanno bisogno e coprire queste necessità con ciò che offre la natura. Non scambiano le eccedenze, ma le regalano, nella speranza che in qualche momento torni loro un aiuto.

L’agricoltura non è l’unica che sta cambiando nel contesto della crisi: un altro pilastro del settore primario, la pesca, pare attrarre ogni volta più persone. Nel 2011 le licenze per sviluppare questa attività sono raddoppiate rispetto al 2010.

Mercati senza intermediari

Molti dei nuovi agricoltori e pescatori potranno vendere i loro prodotti in uno dei nuovi mercati dell’ormai famoso “movimento senza intermediari” greco. Si tratta di luoghi dove gli agricoltori vendono ciò che hanno raccolto nei campi. L’obiettivo è porre direttamente in contatto i produttori e i consumatori, evitando le reti commerciali tradizionali che aumentano i prezzi in modo eccessivo. L’idea è nata all’inizio del 2012 come forma di protesta contro l’indebolimento del potere d’acquisto.

Decine di comuni appoggiano l’iniziativa e permettono l’organizzazione di questo tipo di mercati. Alcuni produttori sono arrivati a creare siti dove il cittadino fa la sua richiesta e può passare a prendere le ordinazioni il giorno in cui si organizza la vendita.

“Secondo un detto greco, originario di Talete di Mileto, ‘non esiste forza propulsiva maggiore della necessità’. A mio parere tutti questi fenomeni sono reazioni salutari a una situazione di estrema necessità”, spiega a El Confidencial Jristos Emmanouilidis, economista dell’Università di Salonicco.

Un altro tipo di distribuzione alternativa è la proposta dei “centri di consumo cooperativo”. Vari supermercati inaugurati di recente ad Atene offrono ai loro soci beni di consumo con un 40% di sconto. Per diventare membro a vita bisogna pagare 20 euro. Qual è il segreto? Semplice: sono prodotti comprati direttamente dai produttori. In pratica è un’evoluzione del “movimento senza intermediari” a livello di quartiere.

Scambi senza moneta

Se nel mondo moderno vendere un prodotto faccia a faccia con il consumatore è già una novità, non è meno originale commerciare senza l’utilizzo di denaro. La città di Volos, situata a circa 200 km a sud di Salonicco, ha visto il ritorno dei greci a un sistema di baratto. Un gruppo di cittadini ha creato là una moneta alternativa all’euro chiamata TEM. Si organizza attraverso Internet e il suo uso è diventato popolare in tutta la regione. Funziona così: un’ora di lavoro di qualsiasi tipo equivale a sei TEM. Tutti cominciano con 300 TEM di saldo e possono indebitarsi fino a un massimo di altri 300. “Funziona come il baratto, ma con la possibilità di conservare il valore del tuo lavoro e coinvolgere centinaia di persone nell’intercambio”, spiega Christos Papaioannou, uno degli iniziatori.

La prima fabbrica autogestita del paese

Tutto si può scambiare, dai corsi di yoga ai massaggi, fino all’olio e agli ortaggi. E anche prodotti industriali: commerciare con i TEM è uno degli obiettivi degli operai della Vio-Me, acronimo di Buomijaniki Metalleftiki, la prima fabbrica autogestita della Grecia. Il loro movimento si è ispirato a quello degli operai argentini all’inizio del 2000.

La fabbrica, situata a Salonicco, andava bene, fino ad arrivare a 2,5 milioni di euro di utili tra il 2009 e il 2010. Un anno dopo è arrivata la crisi, la produzione è finita e si è giunti alla bancarotta. L’impresa ha chiuso nel 2011, lasciando per strada decine di persone, ma i lavoratori non si sono arresi, hanno occupato la fabbrica e iniziato un movimento per recuperare il loro impiego. Il governo e la direzione dell’impresa però hanno respinto tutte le alternative proposte.

Tutto è cambiato nell’ottobre 2012, quando è stata fondata una cooperativa di lavoratori sotto il controllo assoluto dell’assemblea degli operai. Da dieci mesi, diventati ormai un simbolo di resistenza per tutto il paese, hanno ripreso la produzione. “Abbiamo deciso di rispondere in questa maniera al fatto di essere rimasti senza lavoro, senza denaro e senza aiuto statale”, spiega Alekos Sideridis, uno dei lavoratori “ribelli” della Vio-Me.

L’ottimismo immotivato del governo

Iniziative simili si stanno portando avanti in tutti i settori economici greci. Alcuni esperti le guardano con scetticismo, altri con speranza. Non risolveranno la crisi, ma aiutano a resistere. “Si sa che nei sistemi biologici l’eterogeneità rende possibile la stabilità e la possibilità di sopravvivere”, commenta l’economista Emmanouilidis. “Così si facilitano le transazioni in situazioni caratterizzate da assenza di liquidità, forte disoccupazione e depressione economica”, aggiunge.

Non si può prevedere se sopravvivranno alla crisi. “Dipende da come si svilupperanno le difficoltà in futuro e dal successo che avranno tutte queste azioni nel soddisfare le necessità socio-economiche locali o generali durante la crisi”, spiega. “Perché movimenti come quello delle fabbriche occupate durino c’è bisogno di viabilità economica e competitività. E’ difficile immaginare come raggiungere questi obiettivi nell’attuale stato dell’economia. La stessa cosa succede con monete locali come il TEM”, riflette l’esperto.

Diverso è il caso dei movimenti senza intermediari e delle cooperative agricole, alcune delle quali esistevano già in precedenza, che possono avere un maggiore protagonismo in una crisi più duratura.

Nonostante l’ottimismo del governo, Emmanouilidis non si aspetta una ripresa economica nel 2014, in un paese dove un terzo della popolazione vive sotto la soglia di povertà.
Il primo ministro Antonis Samarás e il ministro dell’economia Yanis Stournaras hanno assicurato che il 2013 sarà l’ultimo anno di recessione. La generazione di un surplus (senza contare il pagamento degli interessi del debito) di circa 3 miliardi di euro ha portato al lancio di messaggi incoraggianti. “Capisco la necessità di creare un’atmosfera psicologica positiva, ma non ho ancora visto un modello che generi tanto ottimismo”, replica Emmanouilidis.

Alla Vio-Me sono coscienti delle difficoltà, ma pronti a tener duro. “Lotteremo e spereremo che le cose migliorino. E se non andrà così, per lo meno ci avremo provato”, dichiara a El Confidencial l’elettricista Nikolaidis, mentre risuona il rumore di fondo della sua fabbrica. Quella di tutti i suoi compagni.

http://www.pressenza.com/it/2014/01/la- ... e-operaia/

01/03/2014, 00:50

Alcune notizie sembrano fatte apposta per dimostrarci che non ci vuole una grande 'scienza' o chissà che cosa per riprenderci ciò che semplicemente ci spetta di diritto.

LA GRANDE CRESCITA DELL'UNGHERIA: CONTI PUBBLICI A POSTO BILANCIA DEI PAGAMENTI PERFETTA EXPORT ALLE STELLE. E' TRIONFO.

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Secondo le prime stime riportate dall'ufficio di statistica ungherese, nell’ultimo trimestre del 2013 il prodotto interno lordo è cresciuto del 2,7% rispetto allo stesso trimestre del 2012 e dello 0,6% se rapportato al terzo trimestre 2013.

Alla crescita hanno contribuito la produzione agricola, il settore manifatturiero e le costruzioni. I dati finali saranno pubblicati il prossimo 5 marzo. Complessivamente, nel 2013 la crescita è stata dell’1,1%. L’indice dei prezzi al consumo calcolato dall’Ufficio Centrale di Statistica (KSH), registra a gennaio un dato invariato su base annua. Rispetto a dicembre tuttavia l’inflazione risulta in leggera ripresa dello 0,3% a gennaio.

Positivo anche l’andamento del commercio estero. A dicembre la bilancia commerciale ungherese ha segnato un nuovo saldo in attivo a 150 milioni di euro con le esportazioni ungheresi e le importazioni cresciute rispettivamente del 9,5% e del 6,9% rispetto allo stesso mese del 2012.

Le prime stime indicano che tra gennaio e dicembre 2013 il volume delle esportazioni ungheresi è ammontato a 24.303 miliardi di fiorini (81,9 miliardi di euro), quello delle importazioni a 22.135 milioni di fiorini (74,6 miliardi di euro). Solo a dicembre il surplus della bilancia commerciale ha segnato la cifra di 87 miliardi di fiorini (circa 290 milioni di euro).

Fonte notizia: Il Sole 24 Ore - pubblicata anche da itlgroup.eu/magazine/

L'Ungheria, prima , prima di cacciare l'FMI, l'Unione Europea e la BCE fuori dai propri confini con una decisione senza precedenti, era semplicemente in ginocchio. Ora, grazie alla propria monetae al controllo della Banca di Stato a cui fa capo la valuta nazionale, a una politica economica accorta, e alla riduzione drastica dei costi interni (energia) e all'aumento delle pensioni e degli stipendi, sta vivendo uno sviluppo e una crescita che hanno pochi rivali in Europa. Certamente nessuno di questi: Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, Olanda, Belgio. Tutte nazioni devastate dall'euro e incatenate alla UE con politiche recessive folli.

http://www.ilnord.it/c-2590_LA_GRANDE_C ... _E_TRIONFO

Qualcuno gentilmente può dirmi per quale motivo l'Italia non possa fare come l'Ungheria?!?

01/03/2014, 03:17

Loro non si sono suicidati come noi erano ancora in uno stadio inetrmedio, noi ci siamo dentro fino al collo. Solo la secessione dal LAICO EUROPEO IMPERO può aiutarci; ma come fare?

01/03/2014, 09:57

MaxpoweR ha scritto:

Loro non si sono suicidati come noi erano ancora in uno stadio inetrmedio, noi ci siamo dentro fino al collo. Solo la secessione dal LAICO EUROPEO IMPERO può aiutarci; ma come fare?


Secondo me noi non possiamo più fare niente, se vai a fare una rivoluzione di piazza, te la infiltrano di gente che commetterà i peggio "reati fascisti" (tema al quale siamo più sensibili) in modo da scioglierla come neve al sole.
L'unica speranza sarebbe una classe politica internazionale che riesca almeno a creare un "euro del sud" con una politica monetaria svalutativa e inflattiva che causi il rientro dei milioni di posti di lavoro delocalizzati all'estero nel tempo, e con quell'aumento di pil fare investimenti energetici per liberarsi dalla dipendenza estera visto che a quel punto l'energia la pagheresti più cara.

In ogni caso secondo me, se esci da solo dall'euro l'FMI e i poteri collegati ti massacrano, ci vuole un alleanza internazionale.

02/03/2014, 19:47

Sono d'accordo. Non esiste alcuno strumento :)

02/03/2014, 21:11

L'Europa è una dittatura, bisogna uscirne il prima possibile. Senza chiedersi cosa sarà della bolletta della luce o della rata del mutuo, perché non ci lasceranno né luce né casa. Siamo in mano a dei pazzi furiosi

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L’unica cosa amaramente buona di questa crisi è che ho capito come nascono le dittature, che SI, è proprio vero, più che da una violenza dei padroni derivano dalla tentazione dei servi, dall’ignoranza dalla mediocrità e dall’ignavia della gente (…); e a cosa dovrebbe servire la cultura umanistica: ad insegnarti con chi hai a che fare affinché tu possa fare/ripetere meno errori possibili. Infatti è per questo che l’hanno piano piano distrutta.

Evidentemente stiamo riflettendo un po’ tutti sulla stessa cosa: sta nascendo una dittatura, in Europa? A volte, mentre sento le notizie, ho dei flash di voci future “Ma noi non sapevamo, ma noi non volevamo!”, chissà se è la sindrome di Cassandra, o soltanto memorie di un passato ancora recente.

Lo stesso concetto di dittatura non è antico: nessuno si sognava di chiamare “dittatori” il re Sole, il Papa o l’imperatore di turno. E’ un concetto nuovo.
Fatto sta che l’abbiamo introiettato molto bene, al punto che vediamo dittatori dovunque, persino in leader democraticamente eletti (vedi Chavez o Ahmadinejad) o addirittura in comici col blog. Ma quando si tratta di noi, ehh: la dittatura è l’elefante nella stanza. Nessuno riesce ad accorgersene.

Forse perché si tratta di una declinazione di dittatura finora inedita. Nell’immaginario, il dittatore ha una faccia cattiva, impone le sue idee al popolo con gli eserciti, e sbatte i dissidenti in gabbia o alle torture. Ora sembra che non ce ne sia più alcun bisogno: il dittatore non ha un nome e cognome, anzi si nasconde in una massa amorfa di oscuri burocrati. L’esercito di cui si serve? Stampa, media e politici compiacenti o corrotti. L’arma principale? La shock economy, eventi che terrorizzano i cittadini e li rendono consenzienti a qualsiasi nefasto provvedimento passi per indispensabile. I dissidenti? Nessun problema: li si lascia a sbraitare nel recinto di Internet, che danno vuoi che facciano. Una dittatura il cui scopo è l’impoverimento generalizzato e il controllo da esso derivante, non ha bisogno di sparare un colpo: stiamo consegnando tutto senza fiatare.

Qualcuno obietterà che non è vero, che tanti si stanno accorgendo di ciò che accade. Ah si? Beh io non credo. Come scrive ancora Bagnai nel suo libro, quando i partigiani andarono in montagna non si preoccuparono dell’inflazione, della perdita di potere d’acquisto, del mutuo in euro. Quando c’è da combattere si combatte, costi quel che costi. Noi non siamo ancora pronti. Siamo ancora come quelle famiglie ebree che nel ‘36 consegnavano l’oro, consegnavano i pianoforti, pensando che presto sarebbe finita e peggio di così non poteva andare. E invece, si è visto com’è andata.
Noi stiamo consegnando oro e pianoforti per paura dei finti mostri che ci hanno dipinto, e alla fine perderemo tutto senza avere più nulla per cui combattere. Vogliamo davvero ridurci così?

L’Europa è una dittatura, bisogna uscirne il prima possibile. Senza chiedersi cosa sarà della bolletta della luce o della rata del mutuo, perché non ci lasceranno né luce né casa. Siamo in mano a dei pazzi furiosi e l’unica è svignarsela, le difficoltà successive le affronteremo poi, ci penseremo dopo come si sono detti i partigiani scalando la montagna. Ora il pensiero è uno, e uno solo, e questo dobbiamo chiedere con forza a chi ci rappresenta:

Fuggite, sciocchi!

http://crisis.blogosfere.it/2013/03/eur ... occhi.html

04/03/2014, 13:30

La battaglia dell’Ecuador per non pagare debiti illegittimi

In Ecuador Jubileo 2000, un movimento sorto nel 2000 in occasione del Giubileo cristiano cattolico, è riuscito a far ratificare al governo un audit cittadino sul debito. Si tratta di una revisione dei contratti di debito che l’Ecuador ha sottoscritto in 30 anni, dal 1976 al 2006, che ha permesso di capire come il debito si fosse formato e che cosa si stesse pagando annualmente, in termini di interessi e di politica economica sottratta al diretto controllo del paese da parte delle istituzioni finanziarie internazionali.

Un risultato ottenuto nel 2007 dopo una campagna di sensibilizzazione durata 7 anni, partita dall’Università di Scienze Economiche di Guayaquil ad opera del prof. Ricardo Patiño, diventato poi ministro dell’Economia e attualmente ministro degli Affari Esteri della Repubblica ecuadoriana.

Quella di Jubileo 2000, che negli anni ha costruito una rete internazionale con altre associazioni, è stata una battaglia per la trasparenza e la legittimità del debito. Dalla revisione sono stati evidenziati ad esempio diversi casi di anatocismo, ovvero interessi pagati sugli interessi di debiti precedentemente contratti, dichiarati poi illegittimi. E i risultati di questo audit sono stati eclatanti: un taglio del debito pubblico del 30% e la rottura dei rapporti con Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.

Oggi l’economia ecuadoriana vive un periodo di boom, ma alcuni credono che il paese sia ora sotto la minaccia di un nuovo creditore: la Repubblica Popolare Cinese, che investe nel paese per accaparrarsi i diritti futuri di sfruttamento delle risorse petrolifere. Un nuovo spunto per l’associazione Jubileo 2000, che anche in questa nuova situazione di indebitamento vuole vederci chiaro.

http://www.corriere.it/inchieste/report ... 2379.shtml
Ultima modifica di Atlanticus81 il 04/03/2014, 13:32, modificato 1 volta in totale.

04/03/2014, 13:33

non male :) Ma immagino che certe INIZIATIVE soprattutto in ambito accademico in italia siano tabù, soprattutto sentendo parlare di queste cose molti miei amici economisti o sedicenti tali.

05/03/2014, 12:20

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20/03/2014, 09:28

Se davvero scoppierà la guerra, bisognerà darsi da fare per ricostruire un mondo migliore...

Essere Natura - Ecologia Profonda

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Il progresso, l’apparenza e la ricchezza sono i valori caratteristici della nostra società. Non si ricerca l’armonia attraverso la cooperazione, ma la sopraffazione dell’altro per mezzo della competizione. In questo scenario, sempre più globale e per questo meno definibile come solamente occidentale, la Natura, decomposta in tante piccole parti, diviene un semplice oggetto nelle mani degli uomini, i quali, immersi egoisticamente nelle loro occupazioni, probabilmente stanno ignorando il senso della vita.

Quando si pensa all’Ecologia, una disciplina di studio nata nella seconda metà del ‘900, di solito si fa riferimento a tutte quelle misure ambientali necessarie, perché in un certo senso utili all’uomo, come la riduzione dell’inquinamento e la salvaguardia di specie animali e vegetali in via d’estinzione.

Di fatto, queste proposte sono solamente un accorgimento alla realtà contemporanea, industriale e materialista, caratterizzata dalla presunta superiorità della specie umana rispetto al resto del vivente. La concezione antropocentrica del mondo, che vede nell’essere umano il dominatore del Pianeta, continua ad alimentare una crisi, prima che economica, filosofica ed esistenziale.

Questo primo concetto di Ecologia, definita “di superficie”, è stata ampliata e superata quando, nel 1973, il filosofo norvegese Arne Naess, coniò il termine “Ecologia profonda”: non si parla più di piccole modifiche dal punto di vista umano, ma di una vera e propria rivoluzione culturale, che segna il passaggio da una prospettiva antropocentrica ad una eco-centrica. Nella “Piattaforma dell’Ecologia profonda”, Naess elenca, in otto punti, le caratteristiche di questa nuova eco-filosofia. Particolarmente significativo è il primo: “il benessere e il fiorire della Terra e delle sue innumerevoli parti organiche/inorganiche hanno un valore in sé (ovvero intrinseco). Questi valori sono indipendenti dall’utilità del mondo non-umano per scopi umani”.

Così, l’umanità non è collocata al vertice della piramide sociale, ma al pari delle altre specie, ridivenendo parte integrante della Natura nel suo insieme. In questo senso, ciò che conta maggiormente, non sono le singole parti, ma l’armonia del Tutto. Risulta evidente, come questa visione olistica della realtà è in netta contrapposizione, ai caratteri riduzionistici e meccanicistici della modernità.

Bisogna sottolineare, come questa filosofia vuole preservare, al pari delle differenze in Natura, le diversità culturali, minate, oggi più che mai, dalla globalizzazione. In diverse parti del globo infatti, ci sono moltissimi tipi di società che, seppur inconsapevolmente, hanno messo in pratica i principi dell’Ecologia profonda. L’esempio più lampante è rintracciabile nelle culture animiste. Definibili anche come “tradizionali”, queste sono armonizzate totalmente nel proprio habitat, al punto che risulta difficile parlare di ambiente “esterno”.

Piuttosto, la totalità del vivente, rappresentata dall’idea del “Grande Spirito” immanente nel mondo, diviene un organismo non solamente fisico, ma anche e soprattutto spirituale: “quando dunque parliamo di suolo, non parliamo di una proprietà terriera, di un luogo e neppure del pezzo di terra su cui sorgono le nostre case e dove crescono i nostri raccolti. Parliamo invece di un qualcosa di veramente sacro”. Queste parole di un indiano Cherokee testimoniano come, per il suo popolo, il benessere materiale non conti nulla rispetto alla crescita interiore, determinata dal rapporto diretto con la Terra, o per meglio dire, dalla consapevolezza di essere Natura.

Questi elementi si ritrovano nel Buddhismo e più precisamente nella teoria anatta, secondo la quale, non essendoci alcuna anima o sé individuale e permanente, tutto è in connessione a tutto, crescendo o declinando insieme: “ciò che importa è la rete degli individui, più che gli individui stessi; la relazione, più che gli elementi collegati; l’intreccio, più che i nodi” (J. Galtung).

In occidente, non volendo andare troppo in là con il tempo, è evidente come il capitalismo, ovvero il modello dominante da almeno due secoli, sia in antitesi rispetto a questi principi. Il progresso, l’apparenza e la ricchezza sono i valori caratteristici della nostra società. Non si ricerca l’armonia attraverso la cooperazione, ma la sopraffazione dell’altro per mezzo della competizione. In questo scenario, sempre più globale e per questo meno definibile come solamente occidentale, la Natura, decomposta in tante piccole parti, diviene un semplice oggetto nelle mani degli uomini, i quali, immersi egoisticamente nelle loro occupazioni, probabilmente stanno ignorando il senso della vita. Intorno alla metà del 1880, Henry David Thoreau, in “Walden, vita nei boschi”, si esprimeva così: “Andai nei boschi perché volevo vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita. Per non scoprire in punto di morte di non aver mai vissuto.”

Nessun altro pensiero si propone come così attuale e necessario. Tuttavia, oggi nel mondo del consumismo e dello sviluppo materiale, sembra difficile pensare delle prospettive incoraggianti per l’Ecologia profonda. Ma mettere in discussione le proprie certezze ed ampliare i proprie pensieri rappresentano il primo passo necessario per comprendere ed attuare questa filosofia. Numerosi sono i movimenti che stanno lavorando in questo senso, sia a livello locale che globale. Significative, inoltre, sono le esperienze degli Eco-villaggi, che permettono esperienze di vita a contatto con la Natura, in un clima di solidarietà verso gli altri esseri umani.

In conclusione, è bene ricordare che L’Ecologia profonda non è una dottrina, ma una visione del mondo assimilabile da tutte le discipline. Così si esprime il fisico Fritjof Capra: “l’universo non è visto più come una macchina composta da una moltitudine di oggetti, ma deve essere raffigurato come un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse e possono essere intese solo come strutture di un processo cosmico”. La questione, adesso più che mai, è nelle mani dell’uomo. La risposta, che consiste nel trasformare l’ego-centrismo in Eco-centrismo, deve essere immediata. Del resto, è la Terra che ce lo chiede. [Fonte]

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Ecovillaggi

Il fenomeno degli ecovillaggi è assai più diffuso di quanto si possa immaginare e questo è il segnale inequivocabile che una buona parte di NOI, consapevole della decadenza in cui riversa l'attuale società, si sta già orientando verso uno stile di vita più adeguato..

Vivere in modo olistico ed ecosostenibile, senza inutili preoccupazioni, con rinnovato spirito e a contatto con la natura è possibile. Persino vivere senza denaro è possibile, ma tutto questo può funzionare e si può realizzare solo se la coscienza personale di chi è disposto al cambiamento è abbastanza matura e indipendente da affrontare un simile salto di qualità, sbarazzandosi di tutto ciò che condiziona l'ego e rigettando le tipiche convizioni da "suddito". Benché sia ormai una consuetudine dare un PREZZO a qualsiasi cosa, a questa possibilità, sarebbe forse più opportuno dare un VALORE.

Ritorno alla natura senza padroni

Una scelta scaturita da una precisa presa di coscienza, dalla volontà di trasformare radicalmente la propria esperienza di vita in qualcosa di "nuovo", di stimolante e appagante. Soffermandosi un momento sull'idea di coabitare in una comunità dove tutti collaborano in assenza di gerarchie e nel totale rispetto dell'ambiente, dove si ha il tempo di concentrarsi su se stessi e di riscoprirsi assieme agli altri, è facile intuire come un simile ideale di vita esprima in realtà il "ritorno alle radici" dalle quali ci hanno lentamente strappato.

Vivere in un ecovillaggio

In una società profondamente individualistica, l’idea di vivere insieme condividendo professionalità, esperienze, affetti, risorse economiche e intellettuali certo meraviglia. Abituati a vivere le nostre vite in anonimi condomini, stupisce che sia possibile condividere fuori della cerchia ristretta dei legami parentali l’educazione dei propri figli, la preparazione dei pasti, le pulizie, il lavoro.

Eppure si tratta di scelte che oltre a migliorare la qualità della vita, perché liberano il tempo e aumentano la socialità, portano a una riduzione sensibile dei costi economici e ambientali. Provate a immaginare quanti televisori, lavatrici, lavastoviglie, scaldabagni, automobili ci sono in un normale condominio.

Se le stesse persone decidessero di “vivere in comunità” invece di dieci lavatrici, ne potrebbe bastare una, magari più capiente; e così per la caldaia, il televisore o la lavastoviglie e forse invece di dieci auto ne basterebbero tre o quattro.

Non più utopia

Ma un ecovillaggio è qualcosa di più della semplice condivisione di uno spazio e di qualche elettrodomestico, si tratta di condividere una visione e sperimentare concretamente nel quotidiano uno stile di vita in armonia con la natura basato sui valori di solidarietà, partecipazione, ecosostenibilità e sobrietà.

Provate a immaginare diciotto adulti di età e professionalità diverse: insegnanti, agronomi, ingegneri informatici, agricoltori, baristi, muratori che versano in una cassa comune i propri stipendi e poi una volta prelevato una “paga uguale per tutti” di 150 euro, utilizzano tutte le risorse per le spese comuni (spese mediche, educazioni dei bambini, trasporto, spese energetiche, cibo, abitazioni ecc.).

Un’utopia? Eppure è quanto avviene nella Comune di Bagnaia, nei pressi di Siena. Provate a immaginare dei bambini che hanno la possibilità di crescere in compagnia di loro coetanei e con il sostegno anche di altri genitori adulti che a turno fanno da animatori fuori degli orari di scuola, e soprattutto che possono giocare nella natura con anatre, conigli, capre. Solo fantasia? No, è quanto avviene ogni giorno presso l’ecovillaggio di Torri Superiore, a Ventimiglia...

Bisogno di cambiare vita

Eppure chi interpreta l’esperienza degli ecovillaggi come una sorta di fuga dalla società o come scelta individualistica si sbaglia. Dietro il vuoto di valori vomitato quotidianamente dalle tv, pubbliche e private, si nasconde un bisogno diffuso di una nuova socialità..
E l’interesse crescente per il movimento degli ecovillaggi è una prova concreta di questo desiderio di cambiamento. La prospettiva di investire la propria vita nell’assurdo ritornello: “lavora-consuma-produci-crepa” sembra affascinare sempre meno.

Le parole di chi vuol cambiare

“Sono felicemente sposato da quattro anni e padre da due - mi confessava Gianni M. di Milano, qualche giorno fa - ma l’idea di passare tutta la mia vita nel mio bellissimo appartamento, senza nessuno rapporto con i vicini e con l’unica prospettiva di aspettare le ferie e qualche ponte per uscire dalla routine quotidiana mi fa capire che ho sbagliato qualcosa. L’idea dell’ecovillaggio mi piace perché penso sia una dimensione più umana soprattutto per i bambini che in questa società hanno sempre meno spazio.”

“Mi sono laureata in ingegneria lo scorso anno - racconta Lucia B. di Napoli - ma non ho nessuna intenzione di mettere il mio sapere nelle mani di qualche multinazionale o di qualche azienda privata che pur di vedere crescere i propri utili è disposta a devastare l’ambiente. Mi piacerebbe potere lavorare a favore non contro la natura e possibilmente in un contesto di confronto e di collaborazione con altre persone. Non sopporto il clima competitivo che si respira nel mondo del lavoro convenzionale. Ho vissuto per due mesi nella comunità di Findhorn e assaporato il piacere di lavorare in armonia e con piacere.”.

“Voglio svegliarmi la mattina e incontrare facce amiche - scrive Marta C. di Urbino in un’accorata e-mail - e soprattutto andare a letto la sera con la coscienza serena di aver fatto qualcosa di utile per il pianeta. Mi sembra assurdo consumare la mia vita e le mie energie per acquistare l’auto, poi la casa, poi la villetta al mare. Mi piacerebbe costruire, insieme ad altri, qualcosa di utile per le generazioni che seguiranno”.

http://freeondarevolution.blogspot.it/2 ... .html#more
Ultima modifica di Atlanticus81 il 20/03/2014, 09:30, modificato 1 volta in totale.

26/03/2014, 11:00

Eccovi la prima isola al di fuori del Nuovo Ordine Mondiale

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Energia pulita, imponenti montagne e rigogliose vallate… potrebbe sembrare la descrizione di un romanzo di fantasia, di un film romantico o pure utopia, ma non è così!!.
Nel nostro pianeta, infatti, esiste un posto che sta per diventare autosufficiente al 100%…sì, avete capito bene, AUTOSUFFICIENTE al 100%!!.

L’Isola di Eigg, in Scozia, con i più svariati sistemi alternativi sostenibili riesce ad ottenere oltre il 90% della sua energia da fonti rinnovabili..

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Grazie al suo paesaggio incontaminato e all’installazione su tutta l’isola di centrali idroelettriche, turbine eoliche e pannelli solari, può garantire il fabbisogno energetico di quasi tutti i suoi abitanti..

Il forte vento e l’abbondante sole, condizioni geografiche che per molti sarebbero considerate “difficili” da sopportare, sono state invece viste dagli abitanti dell’Isola come un potente mezzo che gli ha permesso di trarne un grande vantaggio, garantendo anche il riscaldamento gratuito di spazi pubblici, come chiese e centri sociali..
eigg

La rete elettrica costata 2.640 mila dollari, è stata avviata nel 2008 ed è stata resa indipendente dalla rete nazionale del Regno Unito. L’isola usa la propria energia, non quella delle “grandi compagnie”, mantenendo un consumo inferiore ai 5 chilowatt, con un massimo di 10 chilowatt per le aziende..

Ma la cosa sorprendente è un’altra: l’isola è di proprietà dei suoi abitanti!!.

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Infatti dal 1997 chi vive sull’isola per più di sei mesi diventa un membro del comitato dei residenti ed è parte attiva e integrante per le decisioni che riguardano la gestione della propria città..

In questo modo gli scozzesi ci stanno offrendo una nuova visione su come possiamo concepire la natura, il mondo e le sue risorse, ma soprattutto ci permettono di vedere concretamente e di toccare con mano quelli che sono i mezzi per vivere bene, in un ambiente naturale, sano, ecologico e senza l’utilizzo di combustibili fossili..

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Non tutti potremo andare ad abitare sull’Isola di Eigg, ma possiamo trarne un grande insegnamento che ci permette di riflettere, acquisire nuove idee e nuovi modi di vivere..

http://blog.saltoquantico.org/prima-iso ... -mondiale/

26/03/2014, 14:22

Si ma quanti abitanti sono 15? -_- non è un modello fattibile su scala planetaria. A meno di non prendere qualche kmq in qualche deserto e costruirci enormi centrali ad energia solare

16/04/2014, 17:09

La morale degli schiavi
- di Anne Archet -

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A mio nonno, bravo tipo dritto come un fuso, piaceva punzecchiarmi quand’ero bambina. Un giorno che ero andata a trovarlo, mentre prendevo posto a tavola per il pranzo, mi chiese: «hai lavorato oggi?». Avevo solo sei anni, cosicché gli ho ovviamente risposto di no. Allora mi levò il piatto dicendomi: «chi non lavora, non mangia». È ovvio che per lui si trattava solo di uno scherzo senza conseguenze, ma io che adoravo i piatti cucinati da mia nonna scoppiai in lacrime. Quella imposizione mi sembrò così crudele, così ingiusta, che non riuscivo a credere che un uomo che amavo potesse pensare una cosa simile, che potesse rifiutare ad una bambina affamata il cibo con il pretesto che aveva trascorso la sua giornata a giocare, allorché la pentola era piena di buona zuppa e ce n’era senz’altro abbastanza per tutti.

Mia madre, consolandomi, cominciò a litigare con suo padre chiedendogli cosa gli passasse per la testa di farmi uno scherzo così idiota. Egli rispose semplicemente: «Bisognerà pure che un giorno impari che nella vita non si ottiene nulla per nulla».

Fu la mia prima lezione di morale degli schiavi.

Se considerate normale che si vincoli la sopravvivenza al lavoro, che si faccia di noi tutti dei lavoratori, che si ostacoli la nostra libertà d’azione e di movimento, che ci venga imposta la frequentazione di persone con cui non abbiamo alcuna affinità, che ci venga dettato ciò che possiamo portare oppure no, ciò che possiamo dire oppure no, ovvero ciò che si può o non si può pensare – se trovate che tutto ciò sia naturale e vi domandate come mai ci sono tante persone recalcitranti che non lo tollerano, è perché la vostra mente è stata contaminata dalla morale degli schiavi.

Come volervene? Esattamente come a me, vi è stata inculcata questa morale fin dalla più tenera età, ve l’hanno ficcata in testa sui banchi e nei cortili di scuola, ve l’hanno schiaffata in faccia durante tutte quelle ore di televisione che avete passivamente ingurgitato, ve l’hanno fatta capire in modo spartano quando avete lasciato il nido materno per volare con le vostre ali. Se pensate che «chi non lavora, non mangia» abbia un fondo di verità, se trovate che il lavoro sia non solo una necessità naturale dell’esistenza, ma anche la sola via verso la redenzione, se ritenete che gli individui che non lavorano siano degni di disprezzo e meritino la fame, è perché vivete sotto l’influenza della morale degli schiavi.

La morale è il dominio del bene e del male, contrariamente alla logica che si interessa solo al vero e al falso. Non c’è alcuna verità da aspettarsi dalla morale, se non valori e regole di comportamento imposti ad un particolare gruppo sociale e ad ogni singolo individuo, in una data epoca. La morale degli schiavi è la nostra, quella che ci tiene al guinzaglio giorno dopo giorno, in ogni ora di sonno o di veglia, fino alla morte. È la morale degli schiavi che rende perpetuo l’orrore senza nome chiamato «società», che le permette di presentarsi come minimo come un male necessario anche verso i più ribelli fra noi.

La morale degli schiavi è il sostegno ideologico dell’ingranaggio sociale che ci opprime, quale che sia il regime politico sotto cui soggiaciamo.

Ci obbligano a lavorare per avere il diritto di sopravvivere. Allo stesso tempo, esigono da noi che mentre lo facciamo lasciamo la nostra coscienza e le nostre convinzioni al guardaroba, nel nome della lealtà, del rispetto, dell’obbedienza e della disciplina che (sembra) sono dovute all’istituzione che ha la «generosità» di foraggiarci ogni due settimane.

Dopo, hanno la faccia tosta di dirci di fare i bagagli, di andare a vivere o a lavorare altrove se non siamo contenti, se le regole che ci vengono imposte arbitrariamente non fanno per noi, se le attività del nostro datore di lavoro ci fanno schifo. Infine, si scandalizzano e ci gettano in prigione se, opponendoci allo Stato e all’impresa privata e non avendo un «altrove» dove andare a venderci, rubiamo la nostra pietanza invece di attendere che ci venga versata nella scodella con disprezzo.

Il mercato del lavoro è il mercato degli schiavi.

L’etica del lavoro è la morale degli schiavi.

http://www.informarexresistere.fr/2014/ ... i-schiavi/

05/05/2014, 10:35

GIOVANI: SE CAPITE QUESTO FARETE LE BARRICATE.

Questo è per voi, il giovane, la giovane, italiani. Vi guardate intorno persi nella nebbia perché milioni di voi già dai 16 anni hanno capito che semplicemente il futuro non c’è. Liceo, università, specializzazione, quello che vi pare, ma la strada finisce in un mini-job part-time verticale apprendistato gratis, i fortunati 800 euro al mese. Cioè: Albania, Romania, o Tanzania.

Ma vi faccio questa domanda:

QUALCUNO DI VOI SI E’ MAI…… VOLTATO INDIETRO?

Voltatevi indietro un attimo, per favore, ecco, così: cosa si vede? Si vede un Paese, l’Italia, le cui donne 70 anni fa non avevano le calze, sedevano su cumuli di macerie e si chiedevano perché le truppe americane non facessero rumore quando camminavano. Povere donne, non conoscevano l’esistenza della scarpe di gomma. Non c’era nulla, l’Italia aveva il PIL del Bangladesh.

Poi cosa si vede? Si vede che i vostri nonni/e, padri e madri HANNO FATTO I COMPITI A CASA. Dopo 35 anni dai cumuli di macerie e dai mandarini solo due volte all’anno in tavola, l’Italia diventa la quinta potenza mondiale, il primo Paese al mondo per risparmio privato e per ricchezza privata pro-capite. Scese Cristo e moltiplicò i pesci? No no. Tuo nonno e tuo padre fecero i compiti a casa, e arriviamo al 1994, quando le agenzie di rating ci definivano “Economia leader d’Europa”, quando stracciavamo la Germania sia in produzione che export. Ricchi, ricchissimi, e arrivate voi.

I giovani italiani si presentano dal Notaio dopo il 1994 per reclamare LA GIUSTA EREDITA’ del quinto Paese più ricco del mondo, quindi lavoro garantito, stipendi per casa, matrimonio e bei risparmi. No? Il Notaio apre le carte e dice: NON C’E’ PIU’ NULLA, MI DISPIACE.

Nulla? Eh???? DOVE SONO FINITI I SOLDI, IL 5° PIL DEL MONDO, GLI ENORMI RISPARMI, LA 1a RICCHEZZA PRIVATA DEL MONDO, IL LAVORO, CIOE’ TUTTA L’EREDITA’ DEI 70 ANNI DI LAVORO DI TUO NONNO E DI TUO PADRE?

Ancora giratevi indietro ragazzi. Cosa si vede? Si vede che i padri fondatori dell’Italia si erano seduti sulle macerie della guerra e avevano scritto la PIU’ AVANZATA COSTITUZIONE nell’interesse pubblico del mondo. Anno 1948. Diritti garantiti, Stato sovrano, Parlamento sovrano, Costituzione sovrana. Una legislazione del lavoro che era invidiata da tutto il Pianeta.

I giovani italiani si presentano oggi dal Notaio per reclamare LA SECONDA GIUSTA EREDITA’: si chiama DIRITTI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA GA-RAN-TI-TI. Il Notaio apre le carte e dice: NON C’E’ PIU’ NULLA, MI DISPIACE.

Nulla? Eh???? Sì, nulla. Non vi avevano detto che nel 1993 dei tecnocrati europei che nessun italiano ha mai eletto avevano creato il Trattato di Maastricht, poi nel 2007 quello di Lisbona, che hanno esautorato il Parlamento del tutto, hanno tolto all’Italia la sovranità monetaria, e hanno persino soppresso la nostra Costituzione. Risultato: NON AVETE NESSUN DIRITTO CHE L’ITALIA POSSA OGGI DIFENDERE PER VOI.

Shock.

Ricapitoliamo: Esistevano per voi giovani, DUE EREDITA’ CAPITALI, costruite per voi dai vostri nonni, padri, madri, e Padri Fondatori, che vi avrebbero garantito il futuro di dignità e prosperità e democrazia. Erano lì fino al 1999! Oggi non ci sono più.

MA COME E’ POSSIBILE? Come accade che 70 anni di lavoro per voi svaniscano nel nulla negli ultimi 5 minuti? Chi…

… VI HA RUBATO IL FUTURO E LA VITA STESSA QUANDO VI SPETTAVA DI DIRITTO IN EREDITA’ DOPO 70 DI LAVORO, VITA, LOTTA E MORTE DEI VOSTRI NONNI, GENITORI E PADRI FONDATORI?

Risposta: Unione Europea dei Tecnocrati non eletti che lavorano per un pugno di speculatori Neofeudali, primi fra tutti i tedeschi, che vogliono divorare l’Italia. Chi vi scrive pubblica da 5 anni le prove su prove su prove di questo crimine contro di voi, perpetrato attraverso la creazione dell’Eurozona coi suoi Trattati di cui sopra.

Soluzione: LE DUE EREDITA’ SONO VOSTRE! RIPRENDETELE, IN DUE MODI:

A) Assediare il Parlamento, che s’inginocchi a chiedere scusa agli italiani, stracci i Trattati UE della rapina storica contro l’Italia, riporti la sovranità monetaria e costituzionale in Italia.

B) Gridare alle forze armate della Repubblica di arrestare Giorgio Napolitano, principale complice della rapina storica in Italia, dissolvere il governo di Renzi servo dei tedeschi distruttori dell'Italia, e che riportino la sovranità monetaria, parlamentare e costituzionale in Italia. Fuori dall’Eurozona. Le forze armate hanno giurato fedeltà alla Costituzione, devono farlo.

Poi tornate dal Notaio e reclamate le vostre EREDITA’, questa volta nel nome dei vostri nonni, padri e madri, che ve l’avevano lasciata.

Alzate la testa ragazzi, la piazza è vostra, ma non per fare casino. Per reclamare CIO' CHE VI SPETTA IN EREDITA'.

http://paolobarnard.info/intervento_mos ... php?id=843

04/06/2014, 17:43

Piccoli passi verso l'economia del dono.

Food-sharing: condividere il cibo per evitarne lo spreco
Combattere lo spreco di cibo con il food-sharing. È stata lanciata in alcune città tedesche una piattaforma web per mettere in rete il cibo che non si riesce a consumare. Il principio è quello della condivisione degli alimenti che altrimenti finirebbero nella spazzatura.

di Laura Pavesi - 4 Gennaio 2013

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La prima esperienza di food-sharing è nata qualche mese fa in Germania attraverso il passaparola

Se possiamo condividere un’auto attraverso il car-pooling e il car-sharing ed evitare così inutili emissioni di CO2 in atmosfera, salvaguardare la qualità dell’aria e la salute pubblica, tutelare l’ambiente e risparmiare denaro, perché non applicare lo stesso principio anche al cibo?

Un gruppo di famiglie tedesche si è posto, qualche mese fa, la stessa domanda e ha dato vita ad un’iniziativa chiamata “food-sharing”: la condivisione degli alimenti freschi e/o cucinati in giornata che una famiglia non riesce a consumare interamente e che, altrimenti, finirebbero nella pattumiera domestica. A chi di noi, infatti, non è mai capitato di dover staccare il frigorifero prima di partire per le vacanze e regalare alimenti ancora commestibili a parenti e amici? Oppure scoprire di aver acquistato cibi in eccesso e di non essere in grado di consumarli tutti? Ed ecco che il food-sharing può essere la soluzione. Un’idea semplice e di buon senso.

La prima esperienza è nata qualche mese fa in Germania attraverso il passaparola, nelle città di Berlino, Colonia, Monaco di Baviera, Ludwigsburg (cittadina del Baden-Wuettemberg) e Chemnitz (città della Sassonia). Ma, in poco tempo, domanda e offerta sono diventate così numerose che il fai-da-te ha lasciato il posto ad una piattaforma online alla quale chiunque può iscriversi per scambiare gli alimenti in esubero con quelli di cui ha necessità o, semplicemente, per offrire ad altri le proprie eccedenze alimentari.

Il principio che ne sta alla base del food-sharing è spingere le persone a spartirsi il cibo, anziché gettarlo nella spazzatura. Il 'valore commerciale' degli alimenti offerti non ha alcuna importanza, perché ciò che conta davvero è il 'valore etico' della condivisione. Grazie al food-sharing, però, tutti possono fare qualcosa di concreto per impedire lo spreco di alimenti ancora perfettamente commestibili.

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Il principio che ne sta alla base del food-sharing è spingere le persone a spartirsi il cibo, anziché gettarlo nella spazzatura

Il portale web spiega come, nella sola Germania, lo spreco pro-capite sia di circa 82 kg di alimenti all’anno e come 500.000 tonnellate di cibo commestibile ogni anno siano dirette alla discarica (ad es. un panino su 5 e un ortaggio su 2 finiscono nella pattumiera), mentre un miliardo di persone nel mondo soffre la fame e un bambino malnutrito muore ogni 15 secondi.

Sulla piattaforma si possono trovare i più disparati generi alimentari: riso, pasta (anche fatta in casa), omogeneizzati per bambini, latte, cornflakes, cioccolato, caffè, marmellate, formaggi, birra, vino, biscotti, frutta e verdura km zero – queste ultime rigorosamente di stagione. Ogni offerta alimentare indica la città, la tipologia e la quantità del cibo, la data di scadenza e la data in cui i prodotti scelti possono essere ritirati.

Anche le date di scadenza dei cibi sono le più varie: si va da un giorno a qualche giorno, fino ad arrivare ad alcune settimane o mesi. Naturalmente, per poter offrire alimenti quali carne fresca, latte e latticini, pesce, pollame, uova, cibi già cucinati, ecc. il portale chiede a tutti gli iscritti il rispetto della catena del freddo e di precise norme igienico-sanitarie e di conservazione.

Ma non è tutto. Il food-sharing, infatti, non si rivolge esclusivamente a singoli cittadini dotati di buona volontà, ma anche ad aziende alimentari, produttori, esercizi commerciali, società di ristorazione e associazioni che si occupano di recupero e gestione delle eccedenze alimentari.

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Il portale chiede a tutti gli iscritti il rispetto della catena del freddo e di precise norme igienico-sanitarie e di conservazione

Il food-sharing “non è solo condividere il cibo con i bisognosi, ma con tutti. Dobbiamo superare l’imbarazzo e le inibizioni che ci impediscono di accettare cibo da altri”, spiega l'attivista Raphael Fellmer. "Non si tratta semplicemente di offrire il cibo eccedente, ma di creare un nuovo modello sociale. Per questo collaboriamo anche con i supermercati e, a Berlino, con i produttori bio”. Il cibo non è una merce al pari delle altre: condividere le eccedenze alimentari significa anche evitare lo spreco di risorse e la produzione di rifiuti.

Il servizio di food-sharing - che è online dallo scorso 12 dicembre 2012 - per il momento è disponibile soli in alcune città tedesche (Berlino, Colonia, Monaco di Baviera, Ludwigsburg e Chemnitz), ma a breve il portale sarà online anche in Svizzera e Austria e, nel corso del 2013, in altri paesi europei.

Recenti studi hanno reso noto che il 2012 è stato l’anno del car-sharing in Italia: auguriamoci, quindi, che il 2013 sia l’anno del food-sharing.

http://www.ilcambiamento.it/stili_di_vi ... mania.html
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