Lascia stare
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Cita:
“Noi, soldati malati di Covid e minacciati dai superiori”
Ci hanno detto che se non avessimo
cambiato la nostra deposizione,
avremmo passato
dei guai. Pressioni e minacce
mirate a insabbiare la verità
dei fatti: cioè che siamo stati
mandati negli ospedali colmi
di pazienti Covid sprovvisti di
protezioni e nozioni basilari”.
La denuncia arriva dal reparto
di medicina del comando
dell’Aeronautica Militare
di Linate, nella zona sud-est
di Milano. Chi parla sono alcuni
giovani medici militari,
risultati positivi al tampone,
forse proprio a causa delle
precarie condizioni lavorative
con cui l’Aeronautica a inizio
emergenza sanitaria li
ha piazzati nelle corsie degli
ospedali di Alzano Lombardo,
Lodi e Milano.
Una mancanza di protezioni
e formazione tecnica
che due di questi medici, entrambi
specializzandi in medicina,
hanno tentato di far em
e r g e r e ,
scontrandosi
però con le int
im i d az i on i
d e i v e r t i c i
d el l’I st it ut o
di Medicina
A er o s pa z i al e
d el l ’Ae r o na utica
Militare.
Precisamente con il colonnello
Emanuele Garzia e il generale
Giuseppe Ciniglio Appiani,
che in più fasi - secondo
la versione dei soldati - e con
modi discutibili avrebbero
tentato di far cambiare idea ai
due medici sulle dichiarazioni
da fare e sulle responsabilità
da attribuire.
Dopo aver prestato servizio
negli ospedali lombardi,
infatti, i due medici militari,
ai primi sintomi riconducibili
al coronavirus sono dovuti
rientrare al campo base di
Milano. Seguendo la prassi
per i casi di contagio, ai due è
stato fatto il tampone - risultato
poi positivo - e successivamente
sono stati messi in
quarantena, prima presso
l’Ospedale di Baggio a Milano
e poi nelle loro abitazioni,
per più di due settimane. Al
termine delle quali sono stati
visitati per costatarne la guarigione
o meno.
E proprio nell’in fe r me ri a
del campo militare, durante
la visita medica post quarantena,
che i due operatori sanitari,
in presenza del capo
infermeria e di altri operatori
dell’Aeronautica, prendono
coraggio e denunciano le
condizioni di lavoro negli ospedali
lombardi. “L’Ae r onautica
Militare non aveva
fornito i dispositivi di protezione
individuale, né tantomeno
informazioni riguardo
i comportamenti da tenere
per evitare l’infezione. I nostri
nostri alloggi consistevano
in camere da 3-4 persone,
con bagni in comune e ambienti
molto ristretti. Non
tutti i colleghi usavano le mascherine,
anzi ci era stata fornita
una sola mascherina chirurgica
per tutta la giornata, e
nessuno indossava guanti” si
legge nella dichiarazione di
uno dei medici.
IL RAPPORTO medico stilato
dal Capo infermiere nel quale
i due medici si espongono, e
dove si chiede di prolungarne
la convalescenza perché visibilmente
dimagriti e debilitati
dall’attacco del Covid-19, passa
come di norma ai vertici
dell ’Istituto di Medicina Aerospaziale,
cui fanno capo gli
stessi medici.
La risposta dell’Istituto, però,
non è quella che i medici si
aspettavano. Vista la responsabilità
diretta che il comando
ha quando manda un suo medico
militare al centro di un’e
mergenza sanitaria, le dichiarazioni
dei due medici sono
u n’accusa troppo evidente
per il colonnello Garzia e il generale
Ciniglio. E così i due superiori
decidono di intervenire,
con le buone o con le cattive.
In un colloquio diretto
con i due medici - di cui il Fatto
ha ascoltato le registrazioni -,
quelli che inizialmente sembrano
consigli paterni, diventano
minacce. L’obiettivo è far
togliere dai due referti medici
la parte dove si indica l’Aero -
nautica Militare come responsabile
per non aver fornito
dispositivi di protezione e
formazione tecnica ai due operatori
sanitari. “Tu hai dichiarato
questa cosa, e adesso
chiamo il tuo professore di
specializzazione e gli dico
questo e questo, magari denunciandolo
visto che anche
lui ha delle responsabilità nei
tuoi confronti” dice il generale
Ciniglio quando uno dei due
medici gli presenta il referto
medico.
Garzia decide di adottare
un metodo più fisico: il colonnello
chiude uno dei medici in
una stanza isolata, ordinandogli
di cambiare quanto scritto
nel referto direttamente in
sua presenza. I due medici però
tengono duro e si rifiutano
di modificare le proprie dichiarazioni,
o quantomeno di
farlo seduta stante. Colonnello
e generale decidono quindi
di mostrarsi ‘c arita tevol i’,
dandogli altro tempo per ripensare
a quanto scrivere e facendo
finta di “non aver mai
visto i due referti originali”. Il
primo rifiuto però non basta a
frenare il colonnello Garzia,
che non demorde e da subito
comincia a chiamare al cellulare
uno dei due medici. A ogni
ora del giorno, qualsiasi giorno
della settimana, festivi e
mattina di Pasqua inclusi, raccontano
i soldati. La richiesta
è una sola: vuole la nuova deposizione
rivista, pulita e priva
delle parti sconvenienti per
il comando. Così da archiviare
il fascicolo e poter tornare
tutti al più presto nei reparti, i
due medici compresi. Oltre
allo scarico di responsabilità,
di fatto, l’obiettivo del colonnello
e del generale è anche
un’equello
di recuperare i due medici
per poi rimandarli in corsia.
Nonostante le condizioni
fisiche precarie, la febbre
molto alta registrata durante
la quarantena e il referto
d e ll ’infermeria nel quale si
diagnostica un ulteriore “pe -
riodo di convalescenza”, per i
due ufficiali oggi i medici sono
idonei per tornare in servizio.
E per confutarlo applicano
anche qui un modo sbrigativo:
senza la visita medica prevista
per legge ma soltanto con un
secco “sei guarito, puoi tornare
operativo”.
SOLLECITATO dal Fatto, lo Stato
Maggiore della Difesa fa sapere
che la responsabilità delle
condizioni di lavoro dei suoi
medici era degli ospedali,
mentre stenta a credere alle
pressioni fatte dagli ufficiali. I
due operatori sanitari, nel
frattempo, tramite mail perchè
preoccupati dal dover ripresentarsi
davanti ai superiori,
hanno nuovamente recapitato
le proprie versioni,
immutate.
Fonte: Il fatto quotidiano del 4 MArzo
Sembra un poema ma l'ho copiato direttamente dal pdf del giornale
ovviamente preso aggratis sui famosi canali telegram di cui ho scoperto l'esistenza dopo che ne han parlato per denunciarli hahahahaha