mik.300 ha scritto:
capito?
altro che rifugiati..
nemmeno clandestini,
ma infiltrati = cioè nemici dello stato..
e noi fessi che gli paghiamo la vacanza in italia..
Personalmente non ho capito e credo che la questione sia molto ma molto complessa... segnalo dei pezzi di articoli che forse fanno intuire cosa intendono veramente con il termine "infiltrati"...
Cita:
Zone dormitorio, veri e proprie ghetti sociali così lontani (eppur vicinissimi a piedi) da quella Tel Aviv esaltata da brochure turistiche e dai vari cantori internazionali dei prodigi israeliani. Saviano in testa. Parliamo di Shapira, Tikva, Neve Sha’anan
dove le tensioni tra i residenti locali ebrei e la comunità di immigrati e richiedenti asilo (che nel 2012 diedero vita ad una serie di pogrom fascisti dei primi contro i secondi) restano vive anche nei periodi di relativa calma come quelli attuali.
Netanyahu, accompagnato dai ministri della pubblica sicurezza Gilad Erdan e della cultura Miri Regev, ha agito secondo un collaudato copione: di fronte ad una popolazione emarginata economicamente e socialmente e impaurita dal “pericolo” del forestiero (“sono loro i responsabili dei crimini” hanno ribadito ieri i residenti) Bibi ha ostentato sicurezza. Così, come da prassi in questi casi, sono stati utilizzati toni bellici: “Il governo restituirà i quartieri ai suoi residenti israeliani”. È una guerra: i territori “occupati” (non quelli palestinesi, sia chiaro) vanno ripuliti. Anzi, con un tecnicismo, vanno “bonificati”.
“Siamo qui in missione per riportare il sud di Tel Aviv ai suoi cittadini” ha tuonato Bibi ribadendo la metafora della spedizione militare. “Ascolto gli abitanti e quel che sento è dolore e crisi. Le persone hanno paura di lasciare le loro case”. A dargli manforte è la ministra Regev che ha costruito la sua carriera politica attaccando i cittadini israeliani. Ovviamente quelli indesiderati: i palestinesi. Lo scenario tinteggiato da Regev è apocalittico: “La gente qui è rifugiata nel loro Paese” ha subito esclamato prendendo facili applausi. Come se gli abitanti di Tikva, Shapira potessero essere paragonabili agli sfollati interni siriani o yemeniti. O perché no? Palestinesi.
“Questi [i richiedenti asilo, ndr] non sono rifugiati, sono mistanenim, infiltrati. Abbiamo bisogno di leggi contro i datori di lavoro che pagano i salari agli infiltrati che impiegano. Dobbiamo far sì che i proprietari di case che affittano i loro appartamenti agli infiltrati non lo facciano permettendo a questi, senza alcun controllo, di fare delle loro proprietà quello che vogliono”.
Il governo, ha poi annunciato Netanyahu, si muoverà su tre piani per risolvere questo “problema”: la recinzione di sicurezza lungo il confine con l’Egitto che ha già avuto un significativo successo nel ridurre il numero degli immigrati giunti in Israele dall’Africa; pene più dure per datori di lavori che assumano i “clandestini” e per quest’ultimi che violano la legge. Terzo e ultimo punto: la creazione di una commissione ministeriale che sarà guidata dal premier in persona.
FonteCita:
11 febbraio 2018
Israele, il piano di Netanyahu per accogliere solo ebreiLe migliaia di richieste d'asilo rifiutate o ignorate. La grande prigione nel deserto per stranieri. Il prelievo del 20% sui loro stipendi. Ora l'espulsione di massa in Africa di 40 mila profughi. Verso la Libia e Lampedusa.
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Operazione Mosè, 8000 ebrei etiopi salvi in Israele
5 gennaio 2015
Di Carla Ardizzone
Operazione Mosè, 8000 ebrei etiopi falasha salvi in IsraeleOggi, 5 gennaio, si ricorda l’ Operazione Mosè con cui i servizi segreti israeliani
permisero ad 8000 falasha, gli ebrei etiopi, di entrare in Israele per salvarsi dalla carestia. Era il 1984, anno di carestia in Etiopia,
quando migliaia di ebrei in attesa di un intervento del governo israeliano cercarono rifugio nei campi profughi sudanesi, al fianco di musulmani e cristiani. L’intervento arrivò e, dal 21 novembre 1984 al 5 gennaio 1985, gli aerei della El Al trasportarono segretamente 8000 Falascia in Israele. I voli vennero autorizzati dal governo sudanese ma furono effettuati di nascosto, in piena notte. Purtroppo furono tanti coloro che, cercando di andare via a piedi, trovarono la morte per stenti. Gli stati arabi, essendo venuti a conoscenza dell’Operazione Mosè, costrinsero il Sudan a ritirare l’autorizzazione e così circa 1000 ebrei etiopi restarono in Sudan. A completare la fase di immigrazione arrivò l’Operazione Salomone.
Una volta giunti a destinazione, i Falascia venivano controllati con massima attenzione per evitare che vi fossero tra loro eventuali rifugiati non ebrei. I Falascia, a cui i rabbini attribuirono discendenza ebraica da parte della Regina di Saba, vennero inizialmente emarginati perché ritenuti non ebrei e soprattutto portatori di malattie. Questo tipo di distanza tra gli ebrei di Israele e i Falascia va ancora avanti soprattutto sulla questione relativa al loro credo religioso.
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