Fumagalli (Niguarda): «Un paziente grave su tre moriva, ora gli ultimi due stanno guarendo»Il racconto del direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Milano: «Nel momento peggiore abbiamo avuto 74 intubati»Nel reparto «Corona-5» di Niguarda sono rimasti due pazienti. Erano positivi a Sars-CoV-2, gravissimi: il ricovero è durato mesi. Hanno 46 e 70 anni. Il più giovane è entrato in ospedale 87 giorni fa e solo da 72 ore respira autonomamente. Prima era attaccato all’Ecmo, una macchina per la circolazione extracorporea usata nell’insufficienza cardiaca o respiratoria. Ogni giorno migliora un po’, non rischia più la morte ma ha combattuto una battaglia all’ultimo sangue. Roberto Fumagalli, direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Niguarda di Milano e professore all’Università Bicocca, i malati di Covid li ha visti, ha condiviso la sofferenza di chi moriva senza poter abbracciare i parenti, ma anche la gioia sconfinata di chi è guarito.
Professore, com’è oggi il suo reparto a Niguarda?«Quasi Covid-free, da tre settimane non vediamo più persone con problemi respiratori. Abbiamo due positivi non gravi, e altri due pazienti, ora negativi, entrati per Covid, che stanno guarendo».
Ci racconti cosa è successo nei mesi scorsi.«A marzo-aprile arrivavano ogni giorno 4-5 persone con insufficienza respiratoria acuta da Covid, una condizione potenzialmente letale. Nel momento peggiore abbiamo avuto 74 pazienti intubati. Dai 35 posti che avevamo in Rianimazione siamo passati a 100, convertendo ogni spazio possibile (per esempio le sale operatorie). Siamo riusciti ad accogliere tutti i pazienti e ne abbiamo presi alcuni da altri ospedali, come Bergamo e Crema».
Come descriverebbe i pazienti che ha curato?«Soggetti con una grave insufficienza respiratoria, cioè con poco ossigeno nel sangue: per le profonde lesioni ai polmoni avevano un danno di tutti gli organi vitali, come reni e cuore. La mortalità qui a Niguarda è stata del 35% tra i pazienti più critici, gli altri ci hanno messo 2-3 settimane a guarire».
C’erano tanti anziani?«Nella prima fase dell’epidemia sì, poi man mano sono arrivati anche pazienti più giovani. L’età media dei nostri ricoverati è stata di 62-63 anni, ma la stragrande maggioranza aveva più di 50 anni. E quasi tutti coloro che hanno avuto forme gravi soffrivano di altre patologie: diabete, ipertensione, broncopneumopatia cronica ostruttiva».
Come li avete curati?«Con idrossiclorochina e diversi antivirali, tra cui il remdesivir. In molti casi è stato fondamentale il cortisone. E poi l’enoxaparina, un anticoagulante, su cui Niguarda ha avviato un trial clinico: l’abbiamo usata fin dall’inizio, ben prima che diventasse una terapia standard per Covid. Ci siamo resi conto, grazie a un valore alterato del sangue (D-dimero), che in molti malati l’infezione era associata a embolia polmonare e che esisteva un rischio elevato di trombosi venosa profonda».
Due pazienti gravi su tre li avete salvati: come ha vissuto questi mesi?«Mi viene in mente solo una parola: fatica. La colgo ancora oggi negli occhi dei miei colleghi, medici e infermieri, insieme alla paura. Abbiamo visto persone morire sole, facevamo il possibile per trasmettere i loro messaggi ai parenti e viceversa. L’epidemia ci è costata tanto umanamente. Abbiamo temuto di ammalarci, contagiare le famiglie. Io non potevo abbracciare i miei nipoti, è stata la cosa che mi è mancata di più. Ma non c’è solo amarezza: ricorderò per sempre la gioia profonda e quasi incredula dei guariti, la riconoscenza nei nostri confronti».
Qual è la cosa di cui è più soddisfatto?«Il lavoro di squadra: ognuno in ospedale ha fatto la sua parte. In una Terapia intensiva non bastano i posti letto e i ventilatori. Servono bravi medici e infermieri, ma anche ausiliari che puliscano tutto accuratamente per prevenire altre infezioni. È l’insieme di questi e altri fattori che può salvare la vita ai pazienti».
Come vede il futuro?«Penso che dobbiamo essere positivi, ma anche attenti e continuare a usare le mascherine, evitare assembramenti, lavare le mani. Sars-CoV-2 ci ha ingannato più volte, tutte le previsioni si sono rivelate sbagliate. Ma non siamo stati sopraffatti».
https://www.corriere.it/salute/cardiolo ... 042a.shtmlQuando leggo queste testimonianze dirette di medici che sono sul campo, mi viene da pensare come ci possa essere gente che ancora dice che il Sars-CoV-2 sia una semplice influenza o addirittura che non esista....... sta gente andrebbe infettata per fargli provare i brividi della situazione!!